Elenco Interventi (in ordine di inserimento).
Il materiale clinico, quando presente, è stato opportunamente mascherato e la pubblicazione autorizzata dagli interessati
Anna Nicolò,
Andrea Marzi e Giuseppe Fiorentini,
Gabriella Giustino che dialoga con Jill Scharff,
INTRODUZIONE DELLA PRESIDENTE DELLA SPI ANNA NICOLO’
Questo mio brevissimo intervento vuole spiegare perché con l’esecutivo abbiamo ritenuto necessario avviare un dibattito tra i soci della SPI sul tema della psicoanalisi in remoto, esperienza che attualmente in molte società psicoanalitiche del mondo e anche in Italia ,si sta svolgendo.
Il corona virus si è precipitato imprevedibilmente nelle nostre vite da poche settimane. Gli psicoanalisti lo hanno dovuto fronteggiare, anche nel loro lavoro giornaliero. La persecuzione di qualcosa di invisibile, capace di colpirti alle spalle quando meno te lo aspetti, si è materializzata nei continui annunci televisivi, nei decreti legge, e naturalmente anche nelle angosce e incubi dei nostri pazienti.
Quasi tutto il mondo psicoanalitico si è, con paura e circospezione, avvicinato ad uno strumento che da anni, per altro, l’IPA sta studiando e cioè il lavoro in remoto, per telefono, skype , zoom e altre piattaforme. Qualcuno di noi lo usa in situazioni particolari, ad esempio nel caso di un adolescente partito per frequentare la scuola all’estero o di un paziente lontano e malato che necessita del nostro aiuto . Molti analisti in Europa o negli Stati Uniti lo utilizzano nella supervisione ed anche nella clinica con analizzandi di paesi come la Cina o l’Australia, dove è impossibile trovare, a poche ore di distanza, un analista di training. D’altronde negli ultimi decenni le modificazioni del setting sono state frequenti e intere società psicoanalitiche sono nate grazie ad esempio alla Shuttle Analysis.
Tuttavia l’analisi in remoto, la tele analisi comportano una vera e propria rivoluzione, rispetto alla quale tutte le altre variazioni impallidiscono. Per questo motivo suscita attacchi perentori, rifiuti drastici, senza se e senza ma. Ma che fare quando il corona virus si intromette nei nostri setting? Possiamo rimettere in discussione l’abnegazione dello psicoanalista e la sua disciplina nel fornire lo spazio e il tempo e tutte le condizioni necessarie allo svolgimento del lavoro? Che rapporto c’è tra il setting concreto e l’assetto mentale dell’analista al lavoro? Freud è esplicito nel suo riferimento alle condizioni ottimali della situazione analitica, ma certo ci potremmo chiedere se la psicoanalisi è definita solo da regolamentazioni concrete, anche perché, proprio quando Freud menziona, a proposito dell’ambiente analitico, l’importanza delle “misure precauzionali” adottate dal chirurgo “ambiente adatto, buona luce, assistenza, esclusione dei congiunti ecc.” (Freud, 1915-1917), poco dopo afferma che “Il lavoro analitico richiede di essere intrapreso nelle condizioni che ne garantiscano al massimo il successo.” (Freud, 1915-1917).
Il fatto è che tali condizioni possono variare a causa di particolari congiunture. Ce ne stiamo proprio accorgendo. Abbiamo allora bisogno di fornirci di strumenti adeguati a pensare tutto questo.
Naturalmente il dibattito intenso che si è sviluppato in questi anni a questo proposito ha messo in luce posizioni contrastanti e moltissime sono le domande che ognuno di noi si sta ponendo in questi giorni, sia che decida di usare la tele analisi o le sedute per telefono sia che prenda opzioni contrarie.
Certo potremmo scegliere di interrompere le sedute. Ma questo non è sempre possibile. Pazienti bisognosi, incapaci di contenere le angosce forse non tollererebbero una separazione così brusca e in un contesto così persecutorio. Oppure possiamo scegliere di continuare il lavoro in persona malgrado i decreti ministeriali e il contagio. A questo proposito dovremmo anche considerare, estrapolando per lo psicoanalista l’avvertenza contenuta nel giuramento di Ippocrate, che il compito di chi cura, anzitutto, prima che curare, è “non nocere “, non nuocere, non danneggiare. Possiamo essere sicuri che con la nostra presenza continua, paziente dopo paziente, non diventiamo noi stessi veicolo di infezione? Una miriade di domande si affacciano perciò alla nostra mente e necessitiamo di un pensiero gruppale per approfondire un tema così vasto, spinoso e nuovo, che non riguarda solo se accettare questa variazione, ma anche ammesso che la accettiamo, dobbiamo capire a quali condizioni, con quali accortezze, con quali modalità e infine se i risultati che possiamo conseguire sono paragonabili al lavoro in persona e se, malgrado tante drastiche differenze, il lavoro sull’inconscio resta possibile.
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INTRODUZIONE DELLA PRESIDENTE DELLA SPI ANNA NICOLO’
Questo mio brevissimo intervento vuole spiegare perché con l’esecutivo abbiamo ritenuto necessario avviare un dibattito tra i soci della SPI sul tema della psicoanalisi in remoto, esperienza che attualmente in molte società psicoanalitiche del mondo e anche in Italia ,si sta svolgendo.
Il corona virus si è precipitato imprevedibilmente nelle nostre vite da poche settimane. Gli psicoanalisti lo hanno dovuto fronteggiare, anche nel loro lavoro giornaliero. La persecuzione di qualcosa di invisibile, capace di colpirti alle spalle quando meno te lo aspetti, si è materializzata nei continui annunci televisivi, nei decreti legge, e naturalmente anche nelle angosce e incubi dei nostri pazienti.
Quasi tutto il mondo psicoanalitico si è, con paura e circospezione, avvicinato ad uno strumento che da anni, per altro, l’IPA sta studiando e cioè il lavoro in remoto, per telefono, skype , zoom e altre piattaforme. Qualcuno di noi lo usa in situazioni particolari, ad esempio nel caso di un adolescente partito per frequentare la scuola all’estero o di un paziente lontano e malato che necessita del nostro aiuto . Molti analisti in Europa o negli Stati Uniti lo utilizzano nella supervisione ed anche nella clinica con analizzandi di paesi come la Cina o l’Australia, dove è impossibile trovare, a poche ore di distanza, un analista di training. D’altronde negli ultimi decenni le modificazioni del setting sono state frequenti e intere società psicoanalitiche sono nate grazie ad esempio alla Shuttle Analysis.
Tuttavia l’analisi in remoto, la tele analisi comportano una vera e propria rivoluzione, rispetto alla quale tutte le altre variazioni impallidiscono. Per questo motivo suscita attacchi perentori, rifiuti drastici, senza se e senza ma. Ma che fare quando il corona virus si intromette nei nostri setting? Possiamo rimettere in discussione l’abnegazione dello psicoanalista e la sua disciplina nel fornire lo spazio e il tempo e tutte le condizioni necessarie allo svolgimento del lavoro? Che rapporto c’è tra il setting concreto e l’assetto mentale dell’analista al lavoro? Freud è esplicito nel suo riferimento alle condizioni ottimali della situazione analitica, ma certo ci potremmo chiedere se la psicoanalisi è definita solo da regolamentazioni concrete, anche perché, proprio quando Freud menziona, a proposito dell’ambiente analitico, l’importanza delle “misure precauzionali” adottate dal chirurgo “ambiente adatto, buona luce, assistenza, esclusione dei congiunti ecc.” (Freud, 1915-1917), poco dopo afferma che “Il lavoro analitico richiede di essere intrapreso nelle condizioni che ne garantiscano al massimo il successo.” (Freud, 1915-1917).
Il fatto è che tali condizioni possono variare a causa di particolari congiunture. Ce ne stiamo proprio accorgendo. Abbiamo allora bisogno di fornirci di strumenti adeguati a pensare tutto questo.
Naturalmente il dibattito intenso che si è sviluppato in questi anni a questo proposito ha messo in luce posizioni contrastanti e moltissime sono le domande che ognuno di noi si sta ponendo in questi giorni, sia che decida di usare la tele analisi o le sedute per telefono sia che prenda opzioni contrarie.
Certo potremmo scegliere di interrompere le sedute. Ma questo non è sempre possibile. Pazienti bisognosi, incapaci di contenere le angosce forse non tollererebbero una separazione così brusca e in un contesto così persecutorio. Oppure possiamo scegliere di continuare il lavoro in persona malgrado i decreti ministeriali e il contagio. A questo proposito dovremmo anche considerare, estrapolando per lo psicoanalista l’avvertenza contenuta nel giuramento di Ippocrate, che il compito di chi cura, anzitutto, prima che curare, è “non nocere “, non nuocere, non danneggiare. Possiamo essere sicuri che con la nostra presenza continua, paziente dopo paziente, non diventiamo noi stessi veicolo di infezione? Una miriade di domande si affacciano perciò alla nostra mente e necessitiamo di un pensiero gruppale per approfondire un tema così vasto, spinoso e nuovo, che non riguarda solo se accettare questa variazione, ma anche ammesso che la accettiamo, dobbiamo capire a quali condizioni, con quali accortezze, con quali modalità e infine se i risultati che possiamo conseguire sono paragonabili al lavoro in persona e se, malgrado tante drastiche differenze, il lavoro sull’inconscio resta possibile.
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Light and shadow in online psychoanalysis.
Andrea Marzi, Giuseppe Fiorentini (2017).
In: Scharff J. S. (ed.) Psychoanalysis on line. Vol. 3. London, Karnac.
Versione ridotta e rivista per il dibattito on line
Sulla tele analisi è attualmente in corso un dibattito acceso di alto valore teorico e tecnico per la nostra disciplina.
Siamo chiamati a studiare e confrontarci per comprendere meglio questa nuova frontiera, cogliere le possibilità del suo utilizzo, e valutare criticamente una evidente tendenza al dilagare di certe pratiche .
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Gabriella Giustino, Segretario Nazionale della SPI, dialoga con Jill Savege Scharff (1).
GG: Le sedute da remoto sono una valida alternativa alle sedute di persona?
JS: Le sedute da remoto sono state a lungo oggetto di forti controversie e hanno rappresentato un’alternativa di ripiego. Adesso l’American Psychoanalytic Association (ApsaA) ha raccomandato agli analisti di passare all’analisi remota con i pazienti in risposta alle limitazioni sugli spostamenti degli individui dovute al COVID-19. La risposta al COVID-19 del gruppo dell’ApsaA di cui faccio parte offre risorse sull’adattamento dell’analisi mediata dalla tecnologia per favorire un trattamento equivalente ai pazienti che prima si vedevano in studio https://apsa.org/content/coronavirus-information-providers
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“Analisi e psicoterapie in internet o per telefono al tempo del coronavirus”
Rari nantes in gurgite vasto
Roberto Politi
Con il rapido succedersi degli attuali eventi epidemici, ho preso la decisione di sospendere l’abituale attività di ricevimento presso il mio studio, così come hanno fatto, in tempi diversi, i miei colleghi. Siamo stati tutti sorpresi da un naufragio condiviso in cui a nessuno è data la sicurezza di rimanere semplici spettatori. Abbiamo assistito a un progressivo e rapido sovvertimento della normalità, che ha portato alla scomparsa di quello che davamo per scontato e garantito: mi è risuonato spesso nella mente il termine con cui i Rom e i Sinti definiscono lo sterminio subìto nel secondo conflitto mondiale: Porrajmos, il Divoramento. Attività, abitudini e ruoli sociali sembrano essere stati inghiottiti, svuotati l’uno dopo l’altro, attorno a me, lasciando nel mio quartiere strade vuote, negozi chiusi, silenzio.
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LA PRATICA PSICOANALITICA AI TEMPI DI CORONAVIRUS O COME IL MONDO INTERO DIVENTO MACONDO
Lillian Silva Bustamante
All’improvviso il sipario cade e le luci si accendono. Si è interrotto in modo brusco lo scenario della realtà esterna nella vita di tutti. Paradossalmente allo spegnere lo scenario esterno, si sono accese le luci interne, proprio del mondo interno, una volta che il rumore assordante è cessato, la marcia frenetica si è fermata e la paura della malattia si è sparsa.
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Modifiche e costanti: la psicoanalisi attraverso il Coronavirus
Alberto Codazzi
La drammatica realtà che stiamo vivendo ci sta ponendo di fronte a orizzonti indefiniti nei tempi e nelle dimensioni. Come tale, sovverte inevitabilmente i nostri abituali modi di vivere le relazioni con i nostri pazienti, ci spinge a interrogarci ancora una volta sul senso del setting, oggi così sollecitato nelle sue costanti di cura ambientale. Con l’inevitabile passaggio alla modalità telematica e telefonica, la relazione si priva di molte percezioni sensoriali, essenziali nella loro funzione strutturante. Non ci sono più il corpo e i silenti movimenti abitudinari. Non ci sono gli odori. Le sfumature sonore sono filtrate, decurtate, talvolta distorte dallo strumento concreto, il ‘terzo’ in questo caso necessario seppur alieno, con cui abbiamo la necessità di familiarizzare, di digerire e rendere digeribile.
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SOLO VOCE
Donatella Lisciotto
Il momento che stiamo vivendo apre un nuovo dialogo in relazione a molteplici aspetti. Per quello che concerne questo dibattito intervengo per esprimere le mie impressioni circa la bontà del lavoro “in remoto”.
Comincerei col dire che il termine “remoto” non mi sembra appropriato al nostro lavoro. E’ stonato. Lo abbiamo “copiato” ma dovremmo trovarne uno che sia più appropriato. In questo contributo nominerò col termine teleanalisisia le sedute sul lettino che quelle vis a vis.
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PSICOANALISI A DISTANZA: SKYPE O TELEFONO?
François RICHARD
(Membro ordinario con funzioni di training della Société psychanalytique de Paris)
Cari amici italiani, vi propongo una riflessione sui problemi posti alla pratica psicoanalitica dall’attuale crisi sociosanitaria. Se l’imperativo della sicurezza e l’urgenza delle cure, a fronte del coronavirus, prevalgono sulle considerazioni di clinica psicoanalitica, possiamo però mantenere vivo il legame con i nostri pazienti.
Nel contesto presente la maggior parte degli psicoanalisti e dei pazienti preferiscono sospendere, per tutto il tempo necessario, i loro incontri abituali e ricorrere a degli espedienti – skype e/o telefono. I due protagonisti della situazione analitica non si incontrano più. Viene meno la vicinanza tra il Nebenmensch freudiano e il bambino, pur essendoci comunicazione (via skype o telefono).
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Tecnologie come estensioni della mente: considerazioni tra filosofia e psicoanalisi
Gabriele Serio
A proposito del recente dibattito che si è sviluppato intorno al tema della psicoterapia attraverso internet o telefono, vorrei proporre alcune considerazioni più teoriche rispetto al ruolo che gran parte della tecnologia che utilizziamo quotidianamente riveste nel nostro funzionamento psichico e senso di identità personale. Queste considerazioni si basano sul modello della mente estesa (Clark & Chalmers, 1998), un modello nato nel contesto della filosofia della mente contemporanea e che interpreta il pensiero umano come risultato di interazioni complesse che coinvolgono cervello, corpo e ambiente, considerando possibile che artefatti tecnologici e culturali partecipino talvolta attivamente alla costituzione della mente individuale.
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Nuove tecnologie e psicoanalisi con bambini e adolescenti al tempo del Covid
Elisabetta Papuzza
Spesso, nel mio usuale (pre-Covid) lavoro analitico con bambini piccoli, alla fine delle sedute, al momento di salutarsi compare un cellulare, di plastica, di carta, o simulato, pronto all’uso, per esprimere la fantasia di una contatto prolungato, il bisogno di una connessione, a fronte di un’ansia o angoscia di separazione. Oggi quella fantasia è diventata realtà. La “realtà ha superato la fantasia” si dice spesso. Mai avrei immaginato che l’online diventasse in cosi poco tempo onlife, nella mia vita privata e professionale, individuale e collettiva, cioè che la relazione con l’altro, anche quella analitica, fosse mediata da una connessione tecnologica che da strumentale diventa essenziale, addirittura esistenziale, e il confine tra vicinanza e lontananza, tra interno ed esterno, tra Sè e Altro da Sè, tra reale e virtuale, diventasse ancora più labile. Uno smartphone, usato per telefonare o videochiamare, che da semplice mezzo diventa generatore di realtà e tessuto connettivo (Pellizzari).
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“Corona setting”
Giuseppe Riefolo
Proposta.
In margine a sollecitazioni dovute alle attuali circostanze che ci costringono ad adottare nette “modificazioni” di setting viene da pensare alle caratteristiche particolari dei setting in cui siamo costretti e soprattutto alle funzioni “attive” del setting rispetto alle speciali particolarità del processo analitico che realizzano. Ci si potrebbe illudere che “nonostante i cambiamenti del setting, ci sia la possibilità di limitare al minimo le interferenze sul setting”. Si potrebbe temere, di contro, che le gravi imposizioni a cui il setting deve sottostare, determineranno gravi , quanto auspicate transitorie limitazioni. In questo contesto particolare mi sono trovato a più riprese a riflettere su due posizioni teoriche riguardanti il setting:
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Gemma Zontini
La pandemia ha determinato la necessità di restare chiusi in casa che, a sua volta, ha determinato la necessità di affrontare in modo esteso e non solo puntiforme la questione del lavoro da remoto. Ciò che ci era familiare è diventato inconsueto, la definizione freudiana di perturbante (Freud, 1919). C’è un perturbante fuori dai nostri studi: le nostri abitudini quotidiane, i modi a noi familiari di gestire l’esistenza, sono diventati inconsueti, governati dalla necessità di disaggregazione sociale. Allo stesso modo, secondo me, aspetti perturbanti si sono insinuati nel nostro lavoro, uno dei quali è l’uso dei dispositivi informatici.
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Metodo psicoanalitico e pratica clinica al tempo del covid-19
Nicolino Rossi
Il tema del trattamento psicoanalitico effettuato attraverso mezzi di comunicazione a distanza è ampio e complesso e continuerà ad essere oggetto di un dibattito molto vivace nella nostra comunità; il quale, come tutti i dibattiti, porta con sé considerazioni e motivazioni di ordine scientifico, clinico, ma anche emotivo ed ideologico. Un confronto da cui emergeranno risposte (inevitabilmente influenzate anche da circostanze che appartengono al versante della necessità, della opportunità, della convenienza e così via) che condizioneranno il futuro della nostra pratica professionale. La sciagurata occasione del contagio da coronavirus lo ha solo riproposto, anzi imposto, in modo urgente, incalzante, angosciato.
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ALIBI ET NUNC
SENSORIALITA’ E ANALISI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Franca Munari
La particolarissima situazione che stiamo vivendo comporta delle modificazioni dell’ambiente nel quale siamo immersi che non sono sostanziali, nel senso che non ci espongono a grandi quote di estraneità, quanto invece a grandi quote di perturbante, cioè siamo continuamente confrontati all’emergere di piccole quote di estraneità proprio nel familiare. Siamo nelle nostre case, non ci manca nulla, possiamo conservare moltissime delle nostre consuete abitudini. Eppure da tutto questo, in tutto questo, avvertiamo, sentiamo, siamo costretti a percepire delle differenze, magari minime, ma in grado di alterare il nostro assetto sensoriale.
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Associazioni ed esperienze al tempo dello Spallanzani
Valentina Marchesin
Il virus di oggi si è dimostrato molto democratico, ha esposto tutti in egual misura, alle proprie paure e difese più profonde. Chiusi in casa, esposti al continuo susseguirsi di notizie sul dilagarsi del contagio e sui cluster di sintomi che ci fanno ascoltare con più angoscia la qualità del nostro respiro, ecco che il pensiero della morte come parte della nostra vita ci appare alla mente come qualcosa di perturbante.
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Franca Munari – II Intervento
Consideravamo con Giorgio Bambini in uno scambio di mail, come sia nello spazio del dibattito su spiweb, sia, ho notato, nelle varie riunioni via skype cui mi è capitato di partecipare, sia difficile avviare un “vero dibattito” relativamente a questo cambiamento, “stravolgimento” del setting. Alla sua sollecitazione ho reagito con questa ipotesi: “Tutti quanti hanno, abbiamo, “bisogno” in questo momento di descrivere quello che capita a loro, a noi e le considerazioni che ne hanno, abbiamo, fatto. Anzi quello che dicono gli altri è spesso “tollerato”, nell’attesa di poter dire la nostra…
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Sarantis Thanopulos
Nei nostri discorsi si intrecciano livelli diversi e di diverso significato. Sento dunque l’esigenza di differenziarli.
- 1. L’uso della comunicazione a distanza come sostituzione della seduta analitica.
Appartengo al gruppo dei colleghi che hanno spostato tutti i loro analizzandi sul “remoto”. Mi è stato molto difficile separarmi fisicamente da tre miei pazienti, quelli a rischio psichico più serio. Uno di loro non ha accettato lo spostamento e mantengo con lui una corrispondenza via email.
Avendo affidato loro la scelta, la maggioranza dei miei pazienti ha preferito la comunicazione telefonica alla videochiamata. Essa riproduce il perdere di vista l’analista tipico della seduta analitica.
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In effigie
Davide Cavagna
Nel noto passo a conclusione dello scritto di tecnica del 1912 dedicato alla dinamica del transfert, Freud scrive: “Checché se ne dica, nessuno può essere battuto [lett. erschlagen: “ucciso”] in absentia o in effigie”. La metafora bellica che pervade il testo freudiano è temperata nella traduzione, sfumando la questione di chi potrebbe risultare ucciso. Di questi tempi, essere in praesentia corrisponde angosciosamente alla possibilità di contagio; di contro, stare in remoto è quasi la versione postmoderna dell’operare in effigie. Viviamo un tempo in cui Krieg e Kulturnon sono così nettamente distinti: si sente sovente parlare di “guerra al coronavirus”, mentre d’altra parte pazienti e terapeuti considerano che, pur essendo “a casa” (at home, nel loro ambiente heimlich), percepiscono uno scenario unheimlichdi una “guerra che non è guerra”.
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Navigazione a vista: provvisorietà ed incertezze dei paradigmi teorici in statu nascendi.
Ronny Jaffè
Premessa necessaria
E’ necessario anticipare che non ho quasi mai fatto uso delle piattaforme telematiche per le analisi e le psicoterapie.
In soli due casi ho svolto alcuni incontri via skype con due pazienti che si sono dovuti trasferire all’estero per lavoro; lo scopo era quello di un accompagnamento verso una presa in carico con un altro collega. Si è quindi trattato di un micro-assaggio peraltro assai lontano nel tempo; ricordo una certa frustrazione non solo perché si era dovuta interrompere la l’analisi ma anche perché lo strumento utilizzato lasciava un senso di incompletezza nella seduta. Dilazionare il nostro commiato attraverso la piattaforma telematica non ha consentito quel necessario rito di conclusione – peraltro precoce – di due persone in una stanza.
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Pensieri sparsi
Chiara Rosso
Leggo con interesse i vari contributi e noto che oscillano tra la comunicazione spontanea e l’esigenza di formulare una riflessione più approfondita magari con bibliografia allegata. Talvolta vi è una via di mezzo tra le due attitudini; sono tutti preziosi frammenti di un mosaico che ci restituiscono un’immagine collettiva di quello che pensiamo e proviamo in questo momento. E forse per affrontare tale momento bisogna adottare una posizione paradossale che è quella dell’ “abitare il transitorio“ rinunciando allo sguardo nostalgico del come era o di vivere nella trepidante attesa di come sarà, verso un ritorno alla ´normalità dai tratti non ancora ben definiti.
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Riflettendo su una “terza realtà”
Giovanna Cerotto Mazza
In questo momento si sta facendo strada fuori e dentro di noi quella che ho immaginato come “terza realtà”; uno spazio virtuale che abita le nostre vite da almeno un decennio. Immagino che una delle ragioni per cui lo spazio virtuale sia stato spesso percepito come minaccioso, possa essere legata all’assenza di confini ben definiti e alla sensazione che tutto ciò che ha luogo in quello spazio avvenga alla velocità della luce. Tutto molto diverso dallo spazio e dal tempo come si configurano nella stanza d’analisi.
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L’ANALISI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Riccardo Romano
Il titolo è una parafrasi del titolo del libro L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez, e come nel romanzo l’amore supera il tempo e l’epidemia, così oggi la cura psicoanalitica può contribuire a superare l’angoscia della gestione dello spazio e dei risvolti psicopatologici dell’epidemia. Infatti, se è vero che il virus attacca e distrugge più facilmente il fisico delle persone senza forti difese perché debilitate, è altrettanto vero che il virus attacca più facilmente le menti sofferenti e problematiche perché colme di angosce senza nome il cui contenuto è inconscio. Ma questo è un lavoro appartenente alla cura psicoanalitica capace di trasformare i sintomi in pensieri, non certo della psicologia da soccorso a distanza che considera l’essenza e la motivazione della psicologia esaurirsi nel buon comportamento e nella consolazione.
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Risposta al Dr. Riccardo Romano
Daniela Scotto di Fasano
Scrivo perché penso che intervenire nel dibattito inevitabilmente suscitato dall’intervento del dr. Romano sia per certi versi addirittura d’obbligo per invitare lui come tutti noi a osservare le regole, tutte le regole, quelle dello Stato come quella del setting, del buio al cinematografo o del silenzio durante un concerto, come ebbe a dire Flegenheimer molto tempo fa per descrivere il setting.
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Risposta a Riccardo Romano
Roberto Goisis
Egregio Dottor Romano,
ammetto di essere rimasto letteralmente sconvolto dopo la lettura del suo intervento nel dibattito su spiweb.
Ho letto e riletto le sue parole (sono uno psicoanalista, rifletto, do del tempo alle mie emozioni per essere elaborate, concedo sempre a ogni persona il diritto di espressione dei propri pensieri, li ascolto o leggo con attenzione e mettendo in discussione in primo luogo me stesso, ecc, ecc) proprio per verificare e validare la mia reazione.
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Il lavoro psicoanalitico durante le sedute a distanza imposte dal lockdown
Bernard Chervet
Atmosfera
Parigi è vuota; veramente vuota…
Quattro settimane di lockdown.
Predomina il sentimento di estraneità, quello del silenzio, delle strade deserte, delle visioni oniriche.
Dalla finestra, per strada, i luoghi familiari sono diventati estranei. Ma dove sono finite le persone? Che cosa è accaduto? Che scomparsa! Gli scomparsi, il dolore!
Estraneità di un vuoto, la sua bellezza; l’effetto estetico viene evocato. Ma è altresì estraneità inquietante dovuta a un timore diffuso, una paura il cui oggetto nominato è invisibile, ignoto, contagioso, dagli effetti mortali. E l’impotenza.
Leggi tutto il TESTO IN FRANCESE
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Riflessioni in pandemia
Stefano Bolognini
La drammatica irruzione della pandemia sulla scena clinica internazionale ha prodotto nei nostri studi professionali un rapido effetto a cascata, simile a quello di un violentissimo temporale che sorprende gruppi di specialisti all’esterno di un convegno, intenti fino a quel momento a discutere fini questioni di teoria e di tecnica; e che, sommersi da una violenta e improvvisa bomba d’acqua, smettono immediatamente di discutere e si rifugiano dove si può, aprendo gli ombrelli e riparandosi sotto alle tettoie.
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Analisi e psicoterapie in internet o per telefono al tempo del coronavirus
Maria Ponsi
Mi riconosco pienamente in quanto dice Stefano Bolognini nel suo intervento.Per quanto invece riguarda l’intervento di Riccardo Romano, vorrei dire, come dice Roberto Goisis, che rispetto, pur non condividendole, le sue opinioni sui trattamenti analitici online. Mi lascia invece decisamente interdetta ciò che Romano afferma in un passaggio del suo intervento – questo:
È ormai dato come accettabile scientificamente, per una serie ….
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Realtà sociale esterna e realtà psichica
Rielaborazione e adattamento di Simonetta Diena ad uno scritto di Janine Puget “Il principio di incertezza” (2001)
Ci sono esperienze che non si possono evitare. Possono essere considerate universali, sebbene abbiano un particolare significato per ogni individuo. Ma ce ne sono altre che tendiamo a non pensare oppure che, se siamo costretti a viverle, cerchiamo di ignorare, ricorrendo al diniego ed a vari meccanismi di difesa.
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Commento all’intervento di Riccardo Romano
Maria Patrizia Salatiello
Ho aspettato diversi giorni prima di dire qualcosa sull’intervento di Riccardo Romano e sui commenti di Dana e Goisis e questo perché in questo periodo surreale ho la sensazione di essere di continuo fraintesa. Sono rimasta turbata in profondità per il tenore molto violento, aggressivo, quasi minaccioso dei due commenti
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Riflessioni sulla “connessione”
Gaetano Filocamo
Ripensando la metafora della “tenda” (Bolognini, 2020), come nuovo setting con il quale ci siamo ritrovati a confrontarci in questo momento di emergenza, mi sono potuto accorgere di un’aspetto che era rimasto fino ad un certo punto silenzioso. Mi riferisco alle diverse modalità di connessione utilizzate con i diversi pazienti.
Di norma il setting è lo sfondo del processo che diventa figura ogni qualvolta il paziente decide di interrogarlo, oppure, come in questa situazione in cui la coppia analitica si è dovuta spostare in un contesto meno classico, da noi meno controllato, la tenda appunto.
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Elogio della duttilità e del rigore al tempo del Coronavirus
Cosimo Schinaia
“Se vogliamo vivere per sempre dobbiamo continuare ad adattare noi stessi al nostro ambiente e il nostro ambiente a noi stessi e dobbiamo inoltre prevedere e anticipare gli adattamenti che un giorno saranno necessari”.
Money-Kyrle, Le conseguenze remote della psicoanalisi sul comportamento individuale, sociale ed istintivo, 1931, pp. 150-151.
Nonostante l’emergenza non possa esser prevista per definizione e non possano essere prescritte regole di comportamento astratte e generali a priori,
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“In rerum natura’. Premesse scientifiche per un dibattito sulla psicoanalisi in tempi di emergenza.
Amedeo Falci
È in corso un dibattito articolato, tra soci, su un tema di grande importanza societaria: la psicoanalisi in tempi di emergenza. Il collega Riccardo Romano ha dato ampia diffusione di un suo intervento circa la correlazione tra stati di angoscia, funzionamento inconscio della mente e vulnerabilità all’affezione virale. Altri soci hanno invece molto eccepito sui contenuti e sull’impianto fortemente apodittico delle sue affermazioni.
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Commento a Riccardo Romano
Paola Ferri
Vinco la resistenza di entrare nel merito proprio in sede “dibattiti Spi”. Sebbene io sia abbastanza social, e sebbene mi esprima in ML, qui faccio fatica. Chissà perché.
In ogni caso ho appena letto l’intervento di Giuliana Barbieri, quello di di Romano a cui si fa riferimento, e poi Goisis.
Forse sono influenzata dal fatto di conoscerlo da tempo e di lavorarci insieme, ma sono d’accordo con Roberto su tutto. Il nostro nuovo intervento via skype …
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Commento a Riccardo Romano
Rossella Valdré
Solo poche parole. Sono abbastanza colpita dalla reazione di odio, non mi pare esagerata la parola, che il commento di Romano ha suscitato. Si può non essere d’accordo su molti o alcuni punti su cui già altri hanno argomentato, ma da quando non si può esprimere un’opinione apparentemente non maggioritaria (almeno tra coloro che scrivono e, bisogna dire, coraggiosamente si espongono) quale quella espressa da Romano?
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Commento su Riccardo Romano
Giuliana Barbieri
Penso che, nonostante il rispetto dovuto ad ogni persona, non sia possibile rispettare i pensieri espressi da Riccardo Romano; sono pensieri carichi di ignoranza scientifica, di presupposti preconcetti e, aggiungerei anche, di irresponsabilità a fronte della attuale urgenza di non diffondere il virus.
Penso anche che non sia opportuno che questa tipologia di pensieri incontri e partecipi alla formazione di giovani analisti.
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L’ELEMENTO LEGAME K DELL’ANALISTA QUANDO IL SETTING E’ DI NECESSITA’ MODIFICATO
Carmelo Conforto
Cercherò di presentare alcune considerazioni e una breve vignetta clinica per avvicinare i mutamento di Setting (nelle sue varie declinazioni) indotti dal passaggio alla seduta via Skype.
“La posizione interpretativa” dell’analista”, scrive Grotstein, (2009, p.10-11)1 richiede all’analista di “inquadrare” sia il setting analitico, sia il processo analitico e la funzione analitica presenti in se stesso, onde tutelare l’atmosfera analitica.
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BALLO IN MASCHERA OLTRE IL CARNEVALE
Guido Saltamerenda
Quando l’improvviso imprevisto imprevedibile scatena la paura per ciò che è nuovo, assolutamente incerto, non controllabile, c’è il rischio di andare esclusivamente verso una chiusura, che porta dalla vita alla morte.
Ma se ciò è in parte un’utile difesa strategica, va però accompagnata da un percorso opposto, un’apertura che va dalla morte alla vita attraverso il pensiero costruttivo.
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Come vento, come onda.
Daniela Scotto di Fasano
μιλήστε για το καλό και το καλό θα έρθει
Parla del bene e il bene verrà, ha sempre detto mia madre nei momenti duri che in famiglia abbiamo attraversato. In altri termini, pensa positivo, ma con un accento supplementare: te lo chiami, il bene, se lo vuoi. Questo proverbio greco ci chiama a mio parere in causa. Stiamo attraversando un momento duro. A mio avviso forse per alcuni versi più duro di quelli -alcuni peraltro ai limiti dell’umamamente tollerabile, ad esempio in Argentina -che generazioni di analisti, Freud in testa, hanno dovuto affrontare. La fuga, l’esilio, in alcuni
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I sogni durante la teleanalisi.
Donatella Lisciotto
Alcuni pazienti affermano che le sedute d’analisi fatte per telefono attivino un sentimento di vicinanza e di maggiore intimità, rispetto a quelle in studio. Sebbene molti riferiscono di sentire la mancanza degli odori e della luce, delle penombre dello studio e persino del portiere dello stabile, la “seduta telefonica” attiva un vissuto di familiarità poiché molti – dicono – al telefono si parla con la migliora amica o coi genitori.
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ALCUNE OSSERVAZIONI CLINICHE SUL TRATTAMENTO ANALITICO DA REMOTO IN TEMPI DI COVID-19
Michele Stuflesser
La situazione d’emergenza che stiamo attraversando soprattutto in Lombardia ha indotto moltissimi di noi a farsi carico di un atteggiamento di grande e partecipata recettività e di utilizzo di strumenti molto diversi dal nostro abituale setting. Tali strumenti per lo più freddi ed anonimi, vengono usati nelle tele-audio sedute, mettendo tutti noi di fronte ad un’esperienza di grande cambiamento e di altrettanta flessibilità non disgiunta dalle regole imposte dall’esterno.
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LA PANDEMIA E L’ETICA PSICOANALITICA
Nicola Nociforo
L’etica psicoanalitica si fonda essenzialmente sulla felicità che deriva dalla responsabilità di essere se stessi (Romano R, 1993 e 2013). Ne consegue che lo specifico della cura psicoanalitica, caratterizzata da elementi come l’accoglienza dell’inconscio, l’identificazione con i pazienti e la loro sofferenza, l’analisi degli oggetti del campo analitico, l’elaborazione e la trasformazione, sia essenzialmente e radicalmente antitetico rispetto al giudicare, funzione molto più prossima alla deontologia.
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Problemi di setting da remoto: dalla stanza dell’analista, sempre uguale, alla stanza del paziente sempre variabile
Carlo Pasino
Per iniziare alcuni esempi.
Beppe, in analisi con tre sedute settimanali, è passato senza problemi su skype dopo il lockdown. È solito sistemare il telefono in modo tale che io lo possa vedere, si sdraia su un letto che è talvolta diverso. Quando il figlio è dalla madre, da cui è separato, Lui preferisce la stanza e il letto del figlio. Le sedute però cambiano molto secondo la stanza adottata, come se a un concertista cambiassero gli strumenti musicali che di volta in volta devono essere accordati.
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Suggestioni davanti all’ignoto
Pietruzza Bucolo
Mio figlio di 5 anni, qualche pomeriggio fa mi ha detto mentre disegnava: “I fiori nascono nel mare”. Il tempo che stiamo vivendo è inatteso, inimmaginabile, sospeso e spaventoso. Una pandemia: generazioni intere hanno dimenticato per un secolo il significato di una parola che sembrava necessario accantonare. Invece mi ritrovo seduta alla scrivania dello studio medico nel reparto di psichiatria di un ospedale di una città di provincia del nord ovest dell’Italia, conosciuta per i vini, coperta dalla testa ai piedi da dispositivi di sicurezza
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La relazione analitica in assetto variabile
Sebastiano Anastasi
Un percorso “fuori strada”, osservazioni eccentriche, un confronto con aspetti paradossali: sono alcune condizioni probabili dell’esperienza della cura psicoanalitica ai tempi del coronavirus.
Queste specifiche condizioni possono innanzitutto suscitare una reazione di curiosità che – con tutte le cautele e i dubbi legittimi scaturiti da una messa in discussione così radicale di assetti consolidati – accompagni la nuova esperienza, garantendo la continuità di una relazione analitica, caratterizzata da una costante partecipazione affettiva dell’analista alle vicissitudini del paziente.
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NATURAL BORN CYBORGS
Gabriele Serio
Martedì sera la Casa della Cultura di Milano ha ospitato un interessante confronto tra il direttore Ferruccio Capelli, il Dr. Jaffè e la Dr.ssa Ferruta sul concetto di “futuro” e la sua pensabilità: in generale nel clima culturale attuale –apparentementesempre più orientato verso un eterno e astorico presente –ma in particolare in questo momento dove la quarantena e le limitazioni del quotidiano sembrano aver contratto non solo la dimensione esistenziale ma anche quella temporale, inevitabilmente intrecciate l’una all’altra.
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Riflessioni sulla psicoanalisi
Alessandra Astorina e Angelo Garigliano
Cari colleghi,
siamo due psicoanalisti associati da diversi anni alla Società Psicoanalitica Italiana.
Non ci siamo mai risparmiati, nel corso del nostro training, né economicamente, né fisicamente e siamo grati a chi ci ha insegnato la psicoanalisi, sostenendoci quando eravamo sfiduciati e incoraggiandoci ad andare avanti, a proporre con determinazione le quattro sedute, ad indicarci la strada quando alcuni pazienti gravi ci hanno messo alla prova. Riconosciamo di aver dato molto alla psicoanalisi, al pari di quanto abbiamo da essa ricevuto.
A partire da ciò ci preme condividere alcune riflessioni a proposito delle recenti comunicazioni dell’esecutivo.
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UN CONTRIBUTO DA CATANIA
Andrea Rapisarda
Lavoro e vivo a Catania.
Sono uno Psicoanalista e un Medico.
Come tutti mi confronto con apprensione con questi momenti difficili e inediti, ancor più considerando la mia frequentazione per lavoro, con una posizione di responsabilità, di reparti ospedalieri, P.S. e attività di assistenza sul territorio, dove si avverte ad ogni passo il timore dell’incontro “vis a vis” con il COVID econ pochi dispositivi di protezione.
In Sicilia e a Catania le cose stanno molto meglio ma alla stessa maniera mi arrabbio, e non poco, quando sento parlare di eroismi. Sento piuttosto la fatica di questo evento drammatico
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Un pensiero fuori dal setting … un pensiero senza introduzione, citazioni, bibliografia, e tutto ciò “secondo vuole il rito … minuzioso, infinito” (Turandot).
Luca Trabucco
Il setting lo vedo come qualcosa di paradossale: è fatto della stessa sostanza di cui è fatto il mistero per cui una madre che allatta e nutre col latte, concreto, il suo bambino e lo fa crescere fisicamente, così produce amore e nutrimento mentale, astratto, che fa crescere psichicamente il suo bambino. Una madre può creare l’ambiente per questo paradosso nella tranquillità della propria stanza, ma vediamo madri che riescono a ricreare la stessa atmosfera in un parco, in un ristorante
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IL SETTING UNIVERSALE: la pandemia
Diletta La Torre
Ho fatto passare del tempo prima di scrivere, ho voluto sostare a contatto e dentro questa nuova realtà, in ascolto degli altri e di me stessa, in ascolto anche delle parti di me più sconosciute che sono venute in visita anche sollecitate da questo dibattito, per cui ringrazio tutti.
Come ringrazio i pazienti, come e più di prima, sia quelli che hanno preferito interrompere, sia quelli che, dopo una pausa che comunque ho voluto concedere a me stessa e a loro, hanno proseguito su skype o telefono, consentendo quella continuità e anche quella discontinuità, ensemble intrinseco alla vicenda analitica, un ensemble giocato su un’altra scena.
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Acquisire l’immunità per via psicoanalitica ?
Maria Ponsi
Circa dieci giorni fa, all’interno di questo dibattito (v. Ponsi), chiedevo al dr. R.Romano, membro della SPI con funzioni didattiche, di chiarire quanto aveva espresso nel suo intervento (v. Romano) a fronte di una sua affermazione che mi aveva sconcertato.
Nel suo intervento il dr. Romano 1) contestava la legittimità dei trattamenti analitici condotti ‘in remoto’, che a suo parere non andavano più considerati più autentica ‘psicoanalisi’ e 2) sosteneva che certe dinamiche gruppali indeboliscono psichicamente gli individui che ne fanno parte rendendoli vulnerabili all’attacco del virus.
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Pensieri notturni sparsi sul nostro dibattito
Maria Patrizia Salatiello
L’ultimo incontro che ho avuto oggi è stato, dalle 20,10 alle 21, una video chiamata con una mia giovane paziente di 47 anni, con una grave handicap motorio, ma dall’intelligenza vividissima. P. non vive a Palermo, bensì in un piccolo paese non molto lontano dalla mia città. I suoi genitori sono molto anziani. In questo periodo così surreale le è di certo impossibile venire in studio. La conosco da quando aveva un anno e veniva all’Istituto di Neuropsichiatria infantile per dei controlli neurologici. All’inizio della sua pre-adolescenza.
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Risposta a Riccardo Romano
Antonio Alberto Semi
Caro Riccardo,
provo a scriverti qualcosa a proposito del tuo scritto su “L’analisi ai tempi del coronavirus”. Mentre scrivo non so ancora se lo manderò solo a te o invece alla mailing list o al sito della SPI. È che sui mezzi telematici le emozioni appaiono forti ma poi spariscono e mi piacerebbe invece scrivere qualcosa di ragionevole, psicoanalitico e perciò pieno di affetti. Soprattutto, mi piacerebbe poter parlare con te di persona ma so che non è possibile ora come ora.
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Spillover
Paola Orofino
Anche il mio intervento sarà molto breve. In questi giorni mi accorgo che nel mio studio c’è più disordine rispetto a quando accolgo i pazienti .Prima ogni cosa appariva più ordinata e più neutra. Mi accorgo che a rassicurare i pazienti, dall’altro lato dello schermo, è la mia posizione fissa al computer che inquadra dietro le mie spalle la libreria. Viene spesso riconosciuta dai pazienti che regolarmente venivano in studio. come un elemento rassicurante: “qualcosa non è cambiato”
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L’analista e il suo paziente assente. Breve nota semiseria.
Massimo Nardi
L’emergenza coranavirus sollecita, anzi preme l’analista verso il gravoso compito di elaborare, ma potrebbe anche evitare di farlo, il lutto provvisorio del suo paziente ora assente (fino a quando? Potrebbe persino sparire…) per lo meno dallo studio nel quale lo incontrava familiarmente. Solitamente siamo più inclini a pensare che lo sforzo, l’impresa emotiva citata, riguardi piuttosto le parti in posizione invertita, che sia cioè il paziente a lamentare l’assenza dell’analista e non il contrario
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DISIMPASTO
Cinzia Carroccio
E’ passato poco più di un mese, ma sembra una vita, da quando è stata istituita la quarantena globale per isolare un patogeno sconosciuto. Immediato e potente, da allora, dilaga un sentimento di perdita catastrofica per la drammaticità di tale operazione. Ho in mente i cento anni dalla pubblicazione di “Al di là del Principio di Piacere”, in cui Freud ha posto preziose basi per valutare e studiare i fenomeni sociali, come appunto questa quarantena, e il loro impatto nella dinamica di impasto/disimpasto delle pulsioni, nell’ottica di ciò che è piacere e dispiacere, di ciò che ci muove in quanto animali sociali.
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Rischi e speranze al tempo del coronavirus
Sisto Vecchio
«In questo tempo di spaesato isolamento, l’impensato, il non conosciuto, l’imprevisto ha assunto il volto minaccioso di un nemico reale, ambasciatore di morte. Gli avamposti dell’intelligence ne hanno tracciato l’identikit: una specie di inflorescenza carnivora dalle mille bocche pronte ad affondare la presa sulla «carne del mondo»; la carne-spesso in oblio -di cui pure da sempre siamo fatti. Questa minaccia violenta, riapre la piega dell’oblio, scompagina gli involucri psichici protesici del nostro stare al mondo, le stratificazioni, le cesure, esponendoci alla visione di «essere prima di ogni altra cosa un Io-corpo» (Freud).
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L’impatto dell’emergenza Covid-19 su due trattamenti che già si svolgevano a distanza
Gabriele Cassullo
Illustrerò brevemente come il Covid-19, e le misure emergenziali messe in atto per arginarne la diffusione, abbiano impattato su due trattamenti che già si svolgevano a distanza.
Sofia e Altea
Sofia è una giovane donna di 28 anni che vive da 5 anni con il compagno in Irlanda. È una “expat” che lavora nel settore della ristorazione, ed è originaria della Sardegna,
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RITORNO AL FUTURO
Cosimo Schinaia
In questa fase di allentamento delle misure di isolamento per l’epidemia di Covid-19, da un lato si cerca di fare il punto sull’esperienza accumulatasi nei mesi passati e dall’altro si cerca di riflettere sugli scenari futuri.
Gli psicoanalisti definibili negazionisti, coloro cioè che non hanno voluto prendere atto della grave pericolosità della situazione e che hanno continuato a vedere i pazienti in studio, sono pochi.
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Analisi e psicoterapie in internet o per telefono ai tempi del coronavirus
Barbara Piovano
Mi inserisco nel dibattito focalizzando il mio intervento sulla mia esperienza con tre pazienti in analisi che proseguono la terapia con Skype per mostrare come questo cambiamento di setting in tempi di coronavirus possa offrire l’occasione di fare una nuova esperienza con l’analista nel corso dell’analisi che contiene un potenziale trasformativo. In tutti e tre casi si tratta di analisi avanzate.
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IL NEGAZIONISMO DELLA PAURA
Riccardo Romano
Avevo deciso di non intervenire più sul dibattito, ma l’alzata di cresta di quelli che si sentono vincitori (poi vincitori di che?) mi hanno convinto a parlare a nome di quello 0,1% che ha difeso la psicoanalisi e che mi riempie di orgoglio. Non abbiamo negato alcun pericolo,
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Psicoanalisi e Setting
Alexandridis Αthanasios
Association Psychanalytique de France (APF), Hellenic Psychoanalytic Society (HPS) & International Psychoanalytical Association (IPA)
Traduzione Malidelis Dimitris Psicologo Clinico MSc Social Psychiatry / Psicoanalista – Membro della Società Psicoanalitica Ellenica (HPS) & International Psychoanalytical Association (IPA)
La comunità psicoanalitica durante questo ultimo mezzo secolo – a causa della necessità e del desiderio di testare le capacità terapeutiche relative, oltre che alle nevrosi, anche alle cosiddette “nuove patologie” (psicosi, dipendenze, disturbo borderline, situazioni psicosomatiche e narcisistiche e più di recente anche disturbi dell’identità e del genere) – è stata obbligata ad apportare numerose modifiche lavorando principalmente alla teorizzazione continua del setting psicoanalitico. Questa teorizzazione viene spesso effettuata con grandi ma, a mio avviso, fruttuose controversie. In sintesi, il “setting” è una questione aperta e in particolar modo quello relativo alla psicoanalisi in remoto
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