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25 gennaio 2014 CdPR “Psicoanalisi e società: Le nuove dipendenze”

8/04/14

La giornata ha affrontato il tema dal punto di vista di diverse discipline, esordendo con la relazione di F. Ferrarotti, che in una esposizione brillante, appassionata e trascinante ha descritto le trasformazioni del sociale a partire dai cambiamenti della comunicazione, affidata ai mezzi audiovisivi, e gli effetti sulla percezione della soggettività e della realtà stessa.

Alcuni spunti estrapolando brevi passaggi:
le nuove tecniche di comunicazione segnano il passaggio dalla modalità analogica, con un flusso di dati continui, alla digitalizzazione dei processi comunicativi, cioè ad una serie di dati discreti, separati l’uno rispetto all’altro; ciò provoca una frammentazione dei fenomeni e della loro percezione. Il tema della frammentazione è ripreso più avanti a proposito della rottura del legame tra memoria, esperienza e vissuto, e di come ne risenta non solo la comunicazione politica ma la stessa condizione di democrazia che, per l’ignoranza dell’antefatto e per essere la rappresentanza scaduta a rappresentazione, si esprime attraverso “ il teatrino della politica” .
Ogni dato e testo può essere isolato, manipolato, modificato e ricollocato, ogni testo originale ri-significato. I libri, estraniando l’individuo dalla quotidianità, avevano una funzione onirica, di evasione dalla realtà; i nuovi media, rimanendo paralleli all’esperienza quotidiana, ricreano una realtà, quella virtuale. Così anche i ruoli si trasformano: il docente scende dalla cattedra, da cui insegnava, solitario e separato, e diventa una sorta di mediatore dell’informazione, lo stesso accade per altri ruoli sociali fondamentali ed in questo trova la radice il disordine politico, amoroso e intellettuale. Il mondo non è più centralizzato né decentrato, ma acentrato ; è venuto meno il punto di riferimento.
E ancora, a proposito della logica della scrittura e della lettura e di quella dell’audiovisivo, Ferrarotti descrive come le prime esigono silenzio, sforzo individuale, concentrazione e l’uso del vincolo logico, scandito dalla consecutio temporum, custodito dalla memoria; mentre la logica dell’audiovisivo esalta l’emozione a scapito del ragionamento, non si svolge nel tempo ma è immediata, informa ma anche deforma e non forma.
Parla della predisposizione alla dipendenza di adolescenti, giovani, adulti ed anche anziani dai nuovi mezzi elettronici, come espressione anche del bisogno di certezza, di legarsi a miti e riti; e di come quelle che possono essere risorse diventano spesso una trappola che affascina e consuma pretendendo tutta l’attenzione, il tempo e l’energia, e richiedendo poi interventi correttivi a cui l’A. non risparmia il suo sarcasmo.
La socialità elettronica appare più ampia, in realtà è fredda; mancando il contatto personale ha eliminato il corpo e ciò comporta profonde trasformazioni nel processo di formazione delle immagini e quindi della percezione della realtà.
G. De Intinis con la sua esposizione ha portato il punto di vista psicoanalitico, precedendo con la lettura teorica la presentazione della parte clinica.
L’autrice prende in esame come il grande cambiamento tecnologico, le caratteristiche della comunicazione digitale e i videogiochi siano entrati nella stanza di analisi e nel lavoro con i bambini e gli adolescenti. Vengono proposte alcune riflessioni sulle modificazioni della socialità, dei differenti schemi di interpretazione della realtà, della reale efficacia cognitiva nei bambini e negli adolescenti di un tipo di apprendimento multitasking.
Il materiale clinico presentato è riferito a due adolescenti che avevano sviluppato una dipendenza da videogiochi. L’A. mostra come sia stato necessario entrare nella realtà virtuale dell’adolescente per accedere a sensazioni, tensioni ed eccitamenti che tentano di prendere forma ; ciò richiede un allargamento del concetto di tranfert come campo di gioco in cui ripristinare uno spazio di scambio e alfabetizzazione delle emozioni. Il materiale riferito ai videogiochi viene trattato come materiale onirico.
La Rosa considera “ nuove dipendenze” non solo quelle da Internet, gioco di azzardo, sesso e cibo, ma anche, riguardo alle dipendenze da sostanze, le nuove tipologie ed effetti dei principi attivi, la polidipendenza non solo da sostanze.. Si propone di partire dalle trasformazioni neurobiologiche delle strutture cerebrali in adolescenza per dimostrare la pericolosità delle relazioni tra i giovani e le droghe.
Riporto in estrema sintesi, a partire dal concetto di “plasticità” del cervello, in particolare delle trasformazioni che interessano i neuro circuiti nell’età infantile e adolescenziale, quando i soggetti sono naturalmente più portati ad usare l’”io emotivo”, biologicamente collocato nelle strutture sottocorticali, e meno l’”io raziocinante”- riconducibile alle strutture della corteccia prefrontale ( PFC) , essendo queste ancora in via di maturazione e quindi solo parzialmente in grado di esercitare una funzione di controllo sugli impulsi.
Il comportamento adolescenziale ha tra le sue basi neurobiologiche il livello di alcuni neurotrasmettitori che sono la serotonina( regola l’umore, l’ansia ed il controllo degli impulsi) che in adolescenza tende a decrescere, contribuendo al discontrollo degli impulsi; la melatonina ( che regola il ritmo sonno-veglia), il cui incremento è responsabile dell’aumento del bisogno delle ore di sonno nei ragazzi; e soprattutto la dopamina che ha un ruolo centrale in diverse funzioni, tra cui i meccanismi del piacere ma anche quelli che regolano l’attenzione sugli stimoli ambientali, utilizzando la memoria e non gli impulsi. Il “rinforzo” dei circuiti dopaminergici a livello del lobo frontale porta ad un accrescimento delle capacità ideative: se però le strutture sono ancora immature e gli stimoli eccessivi, come avviene nelle dipendenze, da sostanze e non, la PCF perderà il controllo della situazione e si potranno avere comportamenti come acting, rabbia, impulsività, condotte suicidarie ( incidenti stradali, promiscuità sessuale). Il meccanismo per cui si passa dalla impulsività alla dipendenza coinvolge le strutture cerebrali del cosidetto “circuito della ricompensa” : quando viene registrato un evento che dà piacere l’amigdala immette nel circuito dopamina mentre l’ippocampo mantiene la memoria di ciò che si prova e si vorrà riprovare. Si passa così dalla impulsività alla compulsione e, se rimane attivo il bombardamento artificiale del sistema della ricompensa su strutture immature, alla dipendenza.
Alle domande: perché alcuni diventano dipendenti ed altri no ? c’è una relazione, e quale, tra uso di cannabis in adolescenza e slatentizzazione della schizofrenia? numerosi studi forniscono risposte complesse e non definitive.
L’A. conclude sottolineando la complessità dei trattamenti rivolti alle dipendenze e alle loro conseguenze cliniche, e la necessità di effettuare interventi integrati.
T. Giacolini nel suo lavoro evidenzia come l’adolescenza sia un osservatorio privilegiato per lo studio dei sistemi motivazionali che regolano la vita di relazione e sono intimamente implicati nelle dinamiche delle dipendenze.
Alla pubertà il sistema motivazionale agonistico subentra a quello dell’attaccamento nel regolare le interazioni tra il soggetto e gli altri componenti il gruppo di appartenenza ( pari, insegnanti etc). In tutte le specie animali, compresa quella umana, il sistema agonistico organizza la competizione, la quale è funzione di due sottosistemi motivazionali\emozionali, il sistema della rabbia che attiva il desiderio di vincere per appropriarsi di una qualche risorsa, e il sistema della paura che attiva la fuga quando il soggetto giudica di essere inferiore all’avversario, inibendo così il sistema aggressivo del contendente. La competizione agonistica nella specie umana è resa estremamente più complessa dal bisogno, derivante dal sistema di attaccamento, di rimanere in relazione con gli altri membri del gruppo, con una conseguente “condanna”che deriva dalla coesistenza del bisogno di stare insieme e di quello di competere. Il prezzo di questa situazione è molto elevato. Così, ad esempio, il ragazzo che si riconosce perdente ( per difficoltà scolastiche o scarse capacità relazionali), non potendo sottrarsi con la fuga ma essendo costretto a rimanere vicino a chi lo ha sconfitto ( professori a cui mostrare un recupero di competenza, pari di cui sostenere le critiche), subisce l’attivazione sia del sistema dopaminergico che dell’asse dello stress, che psicologicamente si manifestano attraverso la vergogna, l’ansia di prestazione, la paura del giudizio, la depressività. Moltissime ricerche hanno evidenziato come l’esperienza dell’essere perdente renda il soggetto vulnerabile sia ai disturbi del tono dell’umore che a tutto lo spettro delle dipendenze,dall’uso di sostanze ai videogiochi.
Nel dibattito che è seguito a conclusione della giornata abbiamo partecipato ad un felice fenomeno che spesso la clinica ci regala, cioè la possibilità di integrare aspetti apparentemente molto lontani tra loro, come in fondo rappresentato dalla varietà delle voci ascoltate. Così le problematiche dell’adolescente riportate nel significativo caso clinico hanno trovato un’ulteriore, coerente lettura nei sistemi motivazionali, e le considerazioni sulla necessità di affinare gli strumenti di cura sono state unanimemente condivise.
Quanto agli spunti forniti dalla relazione di F. Ferrarotti … se ne riparlerà!

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