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Convegno Nazionale Bambini – Adolescenti 2019. Report di M. Galeota

23/12/19

Il 22 e 23 novembre scorso si è tenuto a Bologna il V Convegno Nazionale sul lavoro psicoanalitico con bambini e adolescenti dal titolo “Sviluppo del Sé e perversità in adolescenza: attraversamenti, deviazioni, esiti”. Per l’occasione sono stati invitati Teresa Olmos de Paz (presidente Ass. Psicoanalitica di Madrid) e Francois Richard della Società Psicoanalitica di Parigi.

L’evento è stato articolato su due giorni: il venerdì pomeriggio e l’intera giornata del sabato   dedicata a seminari multipli proponenti argomenti inerenti alle tematiche del Convegno medesimo (vedi programma).  Altra novità importante è stata la proiezione, nella serata di venerdì, di un filmato: “Boez, andiamo via” regia di Roberta Cortella e Marco Leopardi (vedi recensione di R.Rizzitelli).

L’incontro sia per le tematiche affrontate che per l’organizzazione è stato interessante e stimolante.

Il convegno è stato pensato con ospiti stranieri dai referenti b/a, dalla commissione scientifica e dall’esecutivo nella prosecuzione della tradizione dei colloqui, per es. italo-francesi e italo spagnoli, attraverso i quali era possibile un confronto con altri vertici della cultura psicoanalitica europea.   Con questo convegno si è ripreso tale confronto soffermandosi sugli aspetti teorico-clinici dell’adolescenza, specificamente la Olmos, nella sua relazione “Alcune difficoltà nel percorso di passaggio alla mascolinità: Martin la carenza dell’identificazione maschile” ha invitato ad un lavoro di riflessione e di dialogo, di riformulazione e di ridefinizione di alcuni concetti.

François Richard nel suo intervento: Perversione di vita, perversione di morte si interroga su cosa sia la perversione, sottolineando che l’oscillazione maschile-femminile ed eterosessualità-omosessualità costituisce un sistema di intermittenze e permette una variazione che comprende moltissime possibilità.

Il terzo intervento è stato di Irene Ruggiero che, ricoprendo il ruolo di discussant, ha cercato di coniugare le due relazioni cogliendo somiglianze e discordanze, per meglio sottolineare le specificità e le identità di entrambi i relatori.

Sono stati sottolineati alcuni concetti propri delle problematiche inerenti all’adolescenza:

1) la riappropriazione della propria storia infantile, da parte dell’adolescente, in un progetto fondamentalmente sessuale, che costringe ad una nuova articolazione tra le istanze psichiche, coinvolgendo il processo di simbolizzazione. (Olmos de Paz T., 2001).

2) il processo di soggettivazione, momento in cui si ri-significa e si ri-simbolizza la storia significante del soggetto. In questa età emerge uno straripamento pulsionale e si genera un movimento regressivo-progressivo e così si sviluppa la passione. Il dispiegarsi della passione è il linguaggio della pulsione. Nella passione, l’Io subisce la pulsione e noi osserviamo il funzionamento della pulsione in atto. Questa è la “follia” che è nel cuore dell’adolescente, che non è appannaggio esclusivo della psicopatologia.

3) il lavoro di ri-simbolizzazione, appoggiato sull’ estraneità corporea. Importante è tener conto dei funzionamenti psichici intrusivi dello stato mentale adolescente da distinguere dai funzionamenti perversi, che implicano una de-soggettivazione dell’altro.

4) Il lavoro del lutto in adolescenza come lavoro psichico di un “lutto speciale”, perché le perdite coesistono con una rinascita e un desiderio di cambiamento. In adolescenza il paradosso è: bisogna identificarsi per essere Io e si deve compiere una de-costruzione/ri-costruzione delle identificazioni per terminare di costituirsi come soggetto desiderante. La funzione dell’altro è una condizione necessaria affinché i processi psichici possano strutturarsi.

5) Il lavoro clinico con gli adolescenti mostra l’importanza fondamentale delle funzioni genitoriali. Nel processo di identificazione, la funzione materna è essenziale, per immettere un terzo, il padre, nella relazione, stimolando la separazione da questo oggetto primario.  Il lavoro di simbolizzazione, essenziale nelle trasformazioni mentali che l’adolescente deve compiere, richiede il reale dell’oggetto, rimandando alla necessità dell’esperienza della perdita per la rappresentazione dell’assenza. L’auto-simbolizzazione suppone un’attività rappresentativa, il soggetto “teorizza” se stesso e si “auto-simbolizza” (Laplanche J. 1987).

Teresa Olmos sottolinea che per quanto l’adolescenza sia un evento individuale, si svolge in uno specifico ambiente culturale, sociale e storico che segna le caratteristiche di ciascun adolescente. I cambiamenti nella nozione di tempo, la velocità, la globalizzazione, la crescita del neoliberalismo hanno creato un tipo di soggettività sociale che si distingue per una serie di peculiarità: la perentoria necessità di immediatezza, la permanente ricerca del successo, la pressione per competere ed essere sempre al posto dei vincitori. Il rifiuto della sensazione di dolore e la sostituzione del piacere e del dolore con le categorie di successo o di fallimento. La Olmos nell’affrontare la tematica della perversità – tema del convegno – ritiene fondamentale il contributo dei Tre Saggi della Teoria Sessuale (Freud S., 1905).   Questo apporto basilare è collegato, fin dall’inizio, alla proposta di una sessualità in due tempi della sessualità umana che corrispondono a due diverse sessualità. Una dischiusa dalle cure precoci, che produce eccitazioni, che trova percorsi di collegamento e di scarica in forme parziali e un’altra, subordinata al primato genitale, introdotta dalla pubertà e situata nel percorso maturativo che consente l’assemblaggio genitale. Quest’ultima non costituisce una semplice riedizione dell’acme della sessualità infantile, bensì una modalità di ricomposizione nello stato mentale dell’adolescente, guidato dall’esistenza di un primato di carattere genitale.

Il polimorfismo perverso dell’infanzia è un modo di funzionamento della sessualità infantile che comporta una “potenzialità” di perversione, che non deve essere confusa con l’indifferenziazione di genere, né tantomeno con la perversione in senso clinico.

Uno dei rischi che presenta, talvolta, la direzione che assume la categoria di genere è la tendenza a collocare il sesso dal lato biologico e il genere dal lato sociale, dimenticando così che tra l’uno e l’altro si costituiscono le rappresentazioni sessuali tanto della sessualità allargata, pre-genitale, quanto delle relazioni tra i sessi. Ciò che caratterizza la perversione è la de-soggettivazione dell’altro e il corpo parzializzato serve come luogo di godimento; è un processo in cui il godimento è coinvolto a partire dalla de-soggettivazione dell’altro.

Fondamentale è il riconoscimento dell’intersoggettività   che dà accesso al piacere condiviso e lega il sadismo, attraverso cui la pulsione parziale esercita la sua scarica a partire dall’avvenuto riconoscimento dell’altro  Da una prospettiva psicoanalitica, la sessualità non si riduce alle forme di organizzazione maschile-femminile, è necessario stabilire la differenza tra movimenti desideranti, pulsionali, che permeano la sessualità durante tutta la vita (sia genitali che pregenitali), e ciò che è dell’ordine dell’identità sessuale. Altrimenti detto, le forme mediante cui un soggetto si riconosce come appartenente all’uno o all’altro sesso.

L’identità sessuale si posiziona dalla parte dell’Io.  È interessante la proposizione di Laplanche (2003) secondo cui il sessuale, che è multiplo e polimorfo, “è il residuo inconscio della rimozione-simbolizzazione del genere mediante il sesso”. Teresa Olmos, ripensando al suo lavoro clinico sottolinea la presenza di un’angoscia di intromissione, molto più intensa dell’angoscia di castrazione.  Quest’ultima ha a che fare con la differenza anatomica dei sessi, implica un funzionamento psichico di indifferenziazione tra il soggetto e l’altro. E oltre tutto impedisce la differenziazione delle istanze psichiche in formazione, introducendo all’interno dello psichismo “un elemento ribelle a tutta la simbolizzazione”. (Laplanche J., 1992) L’intromissione è principalmente correlata all’analità e all’oralità.  Questo tempo costitutivo dell’identità sarà il supporto del nucleo dell’Io, delle identificazioni secondarie nel corso dei tempi successivi.

Quindi il lavoro della Olmos si conclude con un caso clinico: Martín e il fallimento delle identificazioni maschili.

 

François Richard evidenzia quanto l’adolescente appaia infestato da fantasie che percepisce «perverse» e che gli fanno temere di impazzire (E. e M. Laufer, 1989). L’esito frequente consiste in una desessualizzazione paradossale. Le trasformazioni nel contrario traducono il timore che hanno gli adolescenti di attaccare e distruggere i loro oggetti edipici interni sia maschili sia femminili, cui risponde un genere deliberatamente unisex neutralizzato o modi ipersessuali altrettanto sintomatici.

Taluni psicoanalisti limitano la qualifica di perversione alle situazioni in cui una persona sensibile è costretta a sottoporsi a un rituale non genitale povero e ripetitivo per accedere al piacere; altri invece la ascrivono a un bisogno irrefrenabile di reiterare un’attività sessuale, genitale o meno, che è stata peraltro appagante, alla ricerca di un inedito piacere sconosciuto ancora maggiore; mentre altri la riservano alla designazione di una perversità psichica manipolatoria e distruttiva dell’altro che utilizza una qualche forma di sessualità come un mezzo tra altri a tal fine. La perversione d’origine polimorfa infantile – nel senso freudiano di seduzione che insidia le difese dell’altro – non comporta un giudizio morale.La dimensione «psichica» della bisessualità designa l’esperienza, nell’amore, dell’enigma della qualità dell’orgasmo dell’altro che non si riduce a sensazioni più o meno attive o passive, dandone soltanto un’approssimazione. La sessualità degli oggetti parziali non conosce la differenza dei sessi, Richard rimarca che le sessualità degli oggetti parziali siano vissute nella sfumatura sottilissima in cui è l’apparentemente identico a rivelare appunto di non essere la stessa cosa – è in realtà un uso parziale dell’oggetto – anche solo nella soggettività dei partner: questo si chiama erotismo. Quindi evidenzia che ciò appartiene ad una sessualità adulta, inesistente in adolescenza, come pure in molti adulti, perché una perversione primaria è consustanziale all’origine infantile della pulsione.

Quando ci si accosta all’origine tutte le distinzioni dileguano, c’è soltanto una materia indifferenziata, un «tratto primario di perversione» (Freud 1919), il polimorfismo della sessualità infantile, senza «primato» genitale o pregenitale fallico, ma soltanto una combinatoria in cui la differenza tra generi sembra avere la meglio sulla differenza tra i sessi.

Richard quindi dà rilievo all’Edipo e afferma, attraverso vari passaggi, che l’organizzazione edipica si riassorbe, ma la pregnanza bisessuale autoerotica, senz’altro derealizzante (B. Chervet, 2018), costituisce un impedimento al crollo perché articola un dualismo significante.

L’invasione della genitalità da parte del polimorfismo perverso dell’infanzia, facilitato dalla debolezza dell’organizzazione edipica, vale di per sé qui, poiché l’erotizzazione mette in scacco la simbolizzazione.

Richard menziona la perversione di vita e la perversione di morte (versante oggettuale e versante narcisistico):  ciò che distingue questi due tipi di perversione è l’accesso o meno all’amore oggettuale e alla funzione paterna, accanto a strutturazioni identificative diverse, problema che riguarda anche la sessualità detta normale, poiché vi si ritrova questa stessa dicotomia strutturale: è semplicemente più manifesta nella fenomenologia dell’agire perverso caratterizzato, in cui il narcisismo sembra dissociarsi tra un polo di pienezza e un polo di vuoto psichico siderante (Green, 1983).

Ciò che fa la differenza proviene indubbiamente dai vissuti dell’infanzia, in cui il soggetto non ha interiorizzato l’immagine mnestica dell’oggetto appagante, il che ha favorito la scarica pulsionale più che la fantasia (Squirès, 2019).

I residui persistenti cercherebbero di simbolizzarsi grazie all’agire perverso posto in forma di racconto (per se stessi o per un interlocutore): incompiutezza più che perversione, situazione che si incontra nella nevrosi sotto forma di inibizione o normopatia. Nell’incompiutezza si scorge un bisogno di piacere-scarica-soddisfacimento più che nella soggettivazione felice del desiderio-tensione. Richard si interroga sul significato di perversione e riflette che vi sono perversioni di cui talune sono patologie miste: zona intermedia tra nevrosi e perversione, copertura di un funzionamento borderline o di un nucleo psicotico. Richard ad esplicitazione della sua teorizzazione menziona due casi clinici e conclude sul concetto di perversione psichica: perversione psichica, intesa come pensiero feticista che ammette la possibilità di coesistenza di una cosa e del suo contrario – a partire da una negazione sottile del suo sentimento di confusione e della sua angoscia di castrazione recenti. Nel feticismo i contrari tendono a fondersi senza equivalersi: il bambino sa che la donna è castrata «e» non lo sa, il diniego rappresenta la castrazione tanto quanto la rifiuta, nostalgicamente orientato verso l’oggetto materno primario.

Irene Ruggiero nella sua discussione evidenzia che pur nelle loro differenze di impostazione e di linguaggio, i lavori di Olmos e Richard si occupano entrambi del processo di costruzione della sessualità, prevalentemente di quella maschile, cercando di definire la natura ed il peso reciproco delle vicende pulsionali e relazionali in gioco. Afferma che si interrogano sulla patogenesi dei funzionamenti perversi e sul ruolo che in essa svolgono le esperienze traumatiche.

Una prima questione, secondo la Ruggiero, posta da entrambi i relatori, concerne l’introduzione del tema diagnostico e dei confini definitori, e investe il senso che la parola perversione assume oggi, essendo così cambiate, rispetto ai tempi di Freud, la morale e la concezione della sessualità, ed essendo così diverse le condizioni socio-culturali in cui si snoda il processo adolescenziale. Distinguere i processi di ri-significazione delle forme costitutive della sessualità, fulcro del lavoro psichico dell’adolescente, dai funzionamenti psichici perversi si fa sempre più difficile in una cultura come quella odierna, improntata all’effimero, al consumo rapido e all’intercambiabilità, che sostiene la ricerca di sensazioni fine a se stesse, e contribuisce alla scissione tra sessualità e sensorialità e alla frammentazione della vita amorosa. La discussant  sottolinea quanto, secondo Richard, il concetto freudiano di serie sessuale istituisca, sul fondamento del polimorfismo infantile, la possibilità una normale flessibilità psichica che consente variazioni che includono infinite possibilità e conclude che non esiste la perversione, bensì le perversioni. La Ruggiero  evidenzia quanto la visione dei due relatori sia complementare a proposito del ruolo dell’oggetto e, quindi, l’importanza che l’area del reale e del traumatico  hanno nella genesi della perversione .

L’interesse di Richard è prevalentemente rivolto alle vicende pulsionali; mentre il discorso della Olmos si pone sulla  centralità dell’oggetto e sul ruolo cruciale del più ampio ambiente socioculturale di appartenenza sullo sviluppo della soggettività individuale, la cui matrice è fin dall’inizio intersoggettiva.

Richard ritiene, secondo la Ruggiero, che i concetti freudiani di bisessualità psichica e di serie sessuale costituiscano a tutt’oggi una base sicura per comprendere le svariate e variegate forme che la sessualità può assumere in adolescenza e oltre, e per affrontare gli interrogativi posti dalla perversione. Il discorso di Olmos si concentra sulla costituzione della mascolinità, che ritiene si strutturi sullo sfondo dell’omosessualità. Dalla sua concezione della perversione come de-soggettivazione dell’altro e parzializzazione del corpo come luogo di godimento, discende, coerentemente, che l’omosessualità non possa essere considerata una perversione. Viene altresì evidenziato che, nel discorso della Olmos, sussiste una inestricabile connessione tra pulsionale e relazionale nel delicato e fondamentale passaggio del maschietto dalla richiesta di sottomissione omosessuale al padre preedipico, insita nei bisogni di cure e rispecchiamenti primari, alla sua identificazione con il pene paterno mascolinizzante. Ma, in ogni caso, anche Richard non misconosce l’importanza del ruolo dell’oggetto, del trauma e delle vicende identificatorie. Dall’esposizione della Ruggiero emerge che nella psicoanalisi italiana, la concettualizzazione della perversione come patologia sostanzialmente intrapsichica – l’angoscia di castrazione “fissa” il bambino allo stadio perverso polimorfo infantile, mantenendo attive pulsioni parziali non integrate e sottratte al processo di rimozione – si è tendenzialmente spostata verso una concezione della perversione come patologia eminentemente relazionale, che coinvolge la realtà sia interna che esterna, e nella quale il trauma e l’area del reale giocano un ruolo preminente, ridimensionando parzialmente quello esclusivo dell’immaginario. La progressiva valorizzazione del ruolo dell’oggetto nella storia del futuro perverso ha determinato una attenzione sempre più puntuale alle vicende originarie della formazione del Sé e alle angosce di annichilimento e di perdita dei propri confini alle quali il lattante è esposto nelle relazioni primarie. Sulla scia del pensiero di Winnicott e del contributo di Masud Khan, la genesi della perversione viene collocata in un’area di fallimento dello sviluppo e dell’integrazione del Sé, originata da distorsioni specifiche nella relazione primaria madre-bambino, connesse ad una iper e/o ipo stimolazione che ostacolano la crescita emozionale e costringono il bambino a dipendere dalle prime stimolazioni corporee e a cercare con queste di riparare al danno avvenuto nello sviluppo del Sé. (De Masi e Freer, 2013). Infine, la Ruggiero, prendendo spunto dai casi clinici, generosamente descritti da entrambi gli autori, pone agli stessi, ma anche a tutti i partecipanti al convegno, nonché a se stessa, interrogativi sulla tecnica, sulla modalità di approcciare aspetti perversi/patologici, aspetti di sofferenza per aiutare i pazienti ad avvicinarsi ad aree traumatiche precoci.

 

BIBLIOGRAFIA

Chervet B., Autoérotisme, bisexualité et éprouvés sensoriels, Revue française de psychanalyse, t..LXXXII, 3, 2018

De Masi F. & Freer P. (2013). Perversione, scissione e piacere sovra sensuale. Il caso del feticismo. Relazione presentata al seminario di Formazione Psicoanalitica “Trauma, dissociazione, perversioni. Teoria e Tecnica”. Sabato 16 Nov. 2013

Freud S.:(1905) Tre saggi sulla teoria sessuale, Boringhieri Torino

Freud S. (1919), «Un bambino viene picchiato» (Contributo alla conoscenza dell’origine delle   perversioni sessuali), OSF 9.

Green A. (1980), Narcisismo di vita, narcisismo di morte, Milano, R. Cortina, 1983.

Laplanche J., 1987, Nouveaux fondements pour la psychoanalyse, Presses Universitaires de France,Paris (trad. it. Nuovi fondamenti per la psicoanalisi, Edizioni Borla, Roma, 1989).

Laplanche J., 1992,  Urphantasie. Phantasien über den Ursprung, Ursprünge der Phantasie,   FISCHER Taschenbuch, Berlin

Laplanche J., 2003, Jean Laplanche and the Theory of Seduction, John Fletcher (Editor)

Laufer E. et Laufer M., Adolescence et Rupture du développement, Paris, Puf, 1989.

Olmos de Paz, (2001) La construcción y la interpretación en Psicoanálisis con adolescentes. Rev de Psicoanálisis APM nº 34

Squirès C., De la nymphe à la nymphomanie, Adolescence, 2019/1, 103

Convegno Nazionale Bambini Adolescenti. Bologna 22-23/11/2019

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