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Incontro con Georg Northoff. Roma, 24 febbraio 2018. Report a cura di Cristiana Pirrongelli

27/03/18
Incontro con Georg Northoff. Roma, 24 febbraio 2018. Report a cura di Cristiana Pirrongelli

Report relazione Northoff CdPR sabato 24 febbraio

Titolo della giornata:

La nascita del Sé: processi neuro-biologici e sviluppo psichico del sé.

Incontro con Georg  Northoff

 

Georg Northoff, filosofo, neuroscienziato e psichiatra, è stato il protagonista di una giornata molto affollata, grazie alla sua fama di prolifico scienziato che persegue un approccio «neurofilosofico», alla ricerca di un modello non riduzionista della mente che cerchi di integrare «il concetto con il fatto» (Northoff, 2011, 2004). Tale ricerca «potrebbe essere considerata veramente transdisciplinare piuttosto che intradisciplinare» (Northoff, 2010). Gli interessi che guidano le ricerche di Northoff riguardano essenzialmente il modo in cui il cervello costruisce fenomeni soggettivi come il Sé, la coscienza, le emozioni e si collegano alla sua teoria di una «psicopatologia spazio-temporale».

 

In apertura, Anna Maria Nicolò, Presidente della SPI, ha sottolineato come, a cominciare da Eric Kandel (1999), i neuroscienziati abbiano dimostrato interesse e apertura verso la psicoanalisi e come finalmente anche il mondo psicoanalitico, dopo anni di diffidenza e isolazionismo, si sia aperto a sua volta verso le neuroscienze, al punto di nominare Chair dell’IPA Research Commitee, un neuroscienziato come Mark Solms. Anna Nicolò ha ricordato come il dialogo tra neuroscienze e psicoanalisi abbia già portato a fondamentali integrazioni, come le scoperte sui diversi tipi di memoria (Mancia, 2006; Solms, 2002), la differenza tra aspetti impliciti ed espliciti (Mancia, 2007; Merciai 2014), gli effetti del trauma e quelli della psicoterapia (LeDoux, 2002; Merciai, 2014). Rientrano in questo ambito anche gli importanti studi di Northoff sul Sé e sui disordini dell’esperienza del tempo. Ciò è in linea con il desiderio più volte espresso da Freud di trovare un punto di contatto con la biologia (Freud, 1913 p. 265) e con la sua certezza che questo sarebbe avvenuto. Di qui, ha sottolineato con forza il Presidente SPI, l’importanza e il proposito di aprire definitivamente le porte alla neuropsicoanalisi, incrementando il lavoro di ricerca e di studio da parte degli psicoanalisti della SPI, e l’annuncio per il 2019 di un congresso internazionale sul Sé.

Giuseppe Moccia, segretario della Commissione Neuroscienze della SPI, ha passato in rassegna l’evoluzione concettuale della psicoanalisi sulla nascita e lo sviluppo del Sé, ripercorrendo il pensiero di autori come Freud, Winnicott, Hartmann, Kohut e i teorici della scuola inglese delle relazioni d’oggetto (Klein, Bowlby, Guntrip, Fairbain etc.). Moccia si è soffermato in particolare sulle ricerche empiriche iniziate negli anni ‘80 da Stern e Tronik sul ruolo della sincronizzazione madre-bambino e sulla presenza di «un’innata tendenza nel neonato a cercare l’interazione sociale e stimolazioni sensoriali, a distinguere e conservare in memoria le diverse esperienze affettive sulla base della piacevolezza dell’esperienza e sull’innata tendenza a cercare un senso» al proprio essere al mondo. E’ la capacità materna di rêverie, di risposta a tutti i vari livelli di esperienza che il neonato attivamente o passivamente sperimenta (es. i movimenti viscerali, le interferenze relazionali etc.), che accenderà e disegnerà le sue mappe somatosensoriali e motorie, «che si depositeranno in tracce mnestiche, formando lo scheletro di un iniziale sentimento del Sé» («proto-Sé» per Damasio; «proto-coscienza affettiva» per Solms e Panksepp). Un Sé che inizia nel tronco encefalico e solo alla fine, salendo verso i più alti livelli corticali, arriverà a costituire un Sé autobiografico.

Moccia ha inoltre introdotto quanto dimostrato da Northoff riguardo all’importanza delle strutture corticali della linea mediana (CMS) per la formazione del Sé, attivate da stimoli specifici che risultino significativi sul piano soggettivo, e come queste strutture siano integrate con processi sottocorticali. Questa comunicazione corticale-subcorticale delle strutture della linea mediana, è pensata come un «sistema facilitante che promuove l’organizzazione di vari stimoli lungo un gradiente che va dallo stimolo più riferito al Sé a quello meno specifico». Tale sistema di comunicazione sarebbe fondamentale per integrare e organizzare i vari elementi che vanno a costruire la nostra identità, e un suo malfunzionamento potrebbe essere cruciale in tutte le patologie dell’identità e del confine psichico.

 

Moccia ha quindi dato la parola a Georg Northoff il quale, con l’ausilio di slides (vedi oltre), ha dapprima introdotto la sua visione del funzionamento cerebrale, paragonandolo ad un’automobile che si muova spontaneamente in varie direzioni, secondo traiettorie spazio-temporali e non, come penseremmo, secondo la direzione e la velocità impressa dal guidatore. E’ il cervello a determinare se e come lo stimolo, che interagisce prima con l’attività intrinseca del cervello (resting state), sarà percepito a livello di coscienza o influenzerà il Sé. Gli esperimenti per valutare il funzionamento del Sé si avvalgono d’indagini di risonanza magnetica funzionale (RMf, rsfMI, RMS, dRMI) e di elettroencefalografia mentre, nell’ottica di una first person neuroscience, al soggetto, preventivamente sottoposto a numerosi test psicodiagnostici, così come tutti gli esaminatori, vengono chieste una serie d’informazioni personali ed eventi autobiografici.

Northoff ha mostrato quindi una slide nella quale ha mappato le zone delle strutture corticali della linea mediana e i loro domini di competenza, confluenti in gradi e modi diversi, a seconda del soggetto, nella percezione del proprio Sé o degli altri. Tali domini possono essere emozionali, motori, mnemonici, spaziali, verbali e sociali, questi ultimi legati alla capacità di distinguere il Sé dall’altro (Northoff, 2006). Il Sé si configura come qualcosa di emergente, assolutamente soggettivo e distinto sia da ciò che pertiene al cervello che al resto del mondo esterno, e ci si aspetta che la sua attività a livello neuronale sia in grado di distinguerlo dall’attività spontanea cerebrale. Il Sé è sempre presente nonostante i continui cambiamenti di attività a livello cerebrale, nel corpo e nel mondo, mentre la continuità temporale dell’attività neuronale spontanea a livello delle CMS indicherebbe un’attività di decodifica a favore del Self.

Il tempo interno si è visto mantenere una sua specifica e soggettiva modalità di attivazione. La sua frequenza a livello della corteccia prefrontale mediale è in grado di darci previsioni sul grado di coscienza e percezione del nostro Sé. Northoff ha sottolineato come alcuni suoi studi abbiamo dimostrato che l’attività spontanea neuronale di base e le caratteristiche biochimiche che si configureranno in modo stabile, siano dipendenti da quanto esperito precocemente dal soggetto. Esperienze traumatiche infantili sarebbero in grado di modificare un network motorio corticale prefrontale a livello dell’insula. Alcuni studi, che hanno utilizzato sofisticate indagini diagnostiche rsfMI, fRMI, MRS, DMI, hanno mostrato come il trauma precoce moduli il resting state nell’adulto in modo simile a quel che avviene nell’entropia: creando uno stato di disordine se non di caos nell’attività neurale a riposo.

Lo studioso tedesco, naturalizzato canadese, ha poi introdotto la sua «psicopatologia spazio-temporale», di cui considera caratteristiche distintive il «binding temporale» e «l’integrazione», che si differenzia dalla psicopatologia fenomenologica, da quella affettiva, dalla psichiatria biologica e dalla psicopatologia cognitiva. Secondo tale approccio, infatti, le alterazioni cognitive presenti in un disturbo psichico non sarebbero tanto legate al contenuto alterato, quanto all’anomala organizzazione spaziotemporale nel cui contesto il contenuto viene calato. Un suo articolo del 2011 mostra come nella patologia narcisistica di alto grado, vi siano alterazioni a livello dell’insula, una regione tipicamente legata al feeling. Meno attività spontanea è presente a livello dell’insula anteriore, meno alta è la capacità empatica di entrare in contatto con gli altri e più alto il livello di narcisismo. Un altro studio del 2011 mostra come, ad una più lenta attività intrinseca cerebrale e ad una più bassa soglia di attivazione di risposta agli stimoli esterni, corrisponda un più alto livello di grandiosità narcisistica.

Passando poi ai disturbi bipolari e alla schizofrenia, Northoff ha mostrato una serie di studi, sempre suffragati da indagini di fMR e metodi affini, che mostrano un’alterazione della percezione del tempo esterno nei due poli affettivi e anche nella schizofrenia. Nel depresso si avrà la percezione che il tempo esterno scorra troppo veloce, perché il tempo interno è più lento rispetto alla norma e viceversa nell’attivazione euforica maniacale. Northoff riporta l’esempio di una giovane depressa che lamentava che la madre parlasse «troppo velocemente» per lei, al fine di mostrare come le mancate sincronizzazioni precoci possano favorire tali alterazioni. La velocità del tempo interno (inner time) diventa misura e riferimento per la coscienza o la percezione della «velocità del tempo esterno». Il tempo interno, in tali patologie, mostra una disregolazione dell’equilibrio fra due network: il Default Mode Network (le CSM ne fanno parte) e il Central Executive Network.

Nella schizofrenia, la disorganizzazione spaziotemporale e il deficit di allineamento arriverebbero a creare una difficoltà nel distinguere il Sé dall’altro, il proprio mondo interno dagli stimoli provenienti da fuori con i sintomi noti (delirio, allucinazioni etc.) Northoff, alla luce della sua ipotesi di una psicopatologia spazio-temporale, suggerisce tra i metodi terapeutici la musicoterapia, la psicoterapia e la stimolazione cerebrale.

 

Angela Iannitelli, psicoanalista SPI e ricercatrice neuroscientifica, prima discussant, affronta il tema della psicopatologia fenomenologica confrontando quest’ultima, che vede tradizionalmente  all’origine dei sintomi l’esperienza soggettiva e il suo riverberarsi attraverso le esperienze col mondo interno ed esterno, compreso il corpo e la percezione di Sé, del tempo e dello spazio, con la  «psicopatologia spaziotemporale». Questa, pur non disconoscendo la visione fenomenologica, ritiene che l’attività spontanea neuronale organizzi  e costruisca una base di percezione dello spazio e del tempo interno (inner time) e che questo fornisca le basi neuronali sulle quali si modelleranno le nostre esperienze (come appunto la percezione del tempo, dello spazio, di Sé, del corpo e del mondo). Northoff a parere di Iannitelli, probabilmente per la sua formazione filosofica, insoddisfatto «delle precedenti teorie sulla descrizione eziopatogenetica e sugli interventi di cura delle due colonne kraepeliniane, la malattia maniaco-depressiva e la dementia praecox» si spinge «a cercare un senso all’esistenza nel fango di cui siamo fatti, nel biologico, al cuore della vita, per citare Amaisen». u

Iannitelli ha riportato come, secondo la teorizzazione di Northoff, la sintomatologia depressiva sia caratterizzata da un impairment dell’«integrazione spaziotemporale» riconoscibile sul piano strutturale da due condizioni:

 

  1. Un disequilibrio dell’attività in condizioni di riposo delle regioni mediali e laterali corticali del cervello, in particolare uno sbilanciamento nel senso dell’iperattivazione delle regioni corticali e subcorticali del Default Mode Network (DMN). Questa rete viene generalmente attivata durante le ore di riposo e di attività «passive», è legata all’attivazione della memoria episodica autobiografica, alla capacità d’introspezione e di empatia, di riflettere sugli stati mentali propri e altrui, di riconoscere stimoli familiari e non, di provare emozioni in situazioni sociali che riguardano noi e gli altri, di valutare le proprie e le altrui relazioni in situazioni emotive.
  2. Invece, le regioni del Central Executive Network (CEN), che inibisce il DMN, stimola l’attività del pensare e mantiene l’attenzione su un obiettivo prioritario, risultano ipoattive nel quadro depressivo.

 

Per Iannitelli è «Interessante sottolineare che le regioni che nella depressione presentano una attività a riposo iperattiva, sono invece ipoattive nella schizofrenia». Il sopraindicato sbilanciamento tra DMN e CEN, farebbe sì che il paziente con depressione maggiore faccia esperienza di un aumento dei contenuti del Sé somaticamente guidati, come pensieri centrati su se stessi e ruminazioni, o su sintomi somatici non specifici o sintomi vegetativi, fino ad arrivare a forme estreme come la sindrome di Cotard. Inoltre, questo sbilanciamento comporterebbe una riduzione del focus sull’ambiente esterno con conseguente ritiro sociale e riduzione della motivazione. Nel disturbo bipolare, invece, secondo alcuni studi (Mantini, 2007) avverrebbero cambiamenti del resting state in differenti network tra cui il DMN e la rete sensomotoria (SMN): nelle fasi depressive del disturbo si osserverebbe un aumento della variabilità neuronale nel DMN e una riduzione nel SMN (responsabile del ritardo psicomotorio). L’opposto nelle fasi maniacali del disturbo, dove l’aumento dell’attività nel SMN sarebbe responsabile dello stato di  agitazione. La discussant ha elencato quindi alcune questioni a suo giudizio ancora da chiarire:

 

  1. la necessità di investigare l’impatto che differenti tipi di stimoli (neurali, propriocettivi, esterocettivi) e la loro interazione hanno sul resting state.
  2. la necessità di verificare come il «binding spazio-temporale» e l’«integrazione spazio-temporale» lavorino su specifiche dimensioni psicopatologiche, non solo sulla ruminazione, sul ritiro sociale, e sull’a-volizione, ma sulle altre dimensioni implicate nelle psicosi maggiori.
  3. il bisogno di valutare come la storia del paziente modifichi i network implicati in questa teorizzazione, essendo noto che le reti neurali DMN e CEN presentano delle variabilità individuali non necessariamente legate a un quadro psicopatologico.
  4. la necessità di valutare i meccanismi neuronali che sottostanno al resting state e che sono alterati nella psicopatologia spazio-temporale.

A proposito delle tecniche elettivamente usate da Northoff nelle sue ricerche, che sono quelle di neuroimaging, Iannitelli ha proposto un atteggiamento di prudenza, riportando l’appello di Weinberger («R-SCAN: Why we should care!», Weinberger et al., 2016), riguardo al rischio potenziale di una lettura semplicistica degli studi di RMN, che potrebbe a volte risultare confondente e in ultima analisi riduzionistica. Iannitelli ha auspicato che si mantenga l’attenzione sull’ indicazione di Northoff della necessità di una first person neuroscience, approccio che mira a preservare gli elementi di soggettività delle due o più persone coinvolte in un setting, che sia quello di una ricerca neuroscientifica con fMR, o quello dei complessi livelli di comunicazione della stanza di analisi.

 

Anatolia Salone, psicoanalista SPI e psichiatra, seconda discussant, collaboratrice di Northoff in diversi lavori, ha sottolineato come questi, da sempre, abbia tracciato la stretta relazione tra Self e livelli emotivi e l’inscindibilità dell’esperienza soggettiva dalla relazione con l’altro, indagando il rapporto tra stati neuronali e mentali nel dare origine a fenomeni soggettivi come il Sé, la coscienza e le emozioni. Anche Salone ha sottolineato l’importanza della first person neuroscience, sostenuta da Northoff come metodo finalizzato a radicare nell’esperienza soggettiva il proprio impianto teorico, non escludendo da ciò il dialogo con le teorie psicoanalitiche.  La discussant si è quindi soffermata sugli aspetti innovativi nel pensiero di Northoff, in primis la sua spatio-temporal psychopatology, punto di unione tra attività cerebrale ed esperienza psichica: «Le alterazioni cognitive in un disturbo psichico, non sarebbero legate tanto al contenuto alterato quanto all’anomala organizzazione spazio-temporale in cui il contenuto è calato». Riguardo al trauma precoce, anch’esso verrebbe codificato in termini di specifiche caratteristiche spazio-temporali, che possono essere rilevate nell’età adulta al livello di alterazioni dell’attività spontanea cerebrale nelle sue caratteristiche spazio-temporali.

Un altro concetto innovativo che la discussant ha sottolineato, è quello di «binding spazio-temporale» che descrive come, a seconda di come vengano legati sul piano spazio-temporale gli stimoli esterocettivi e neurali a quelli enterocettivi, si possano presentare alla coscienza contenuti diversi. Le strutture corticali della linea mediana (CMS), alla base di tale fenomeno, sono strutture connesse al Sé e sono responsabili dell’integrazione di molti stimoli e della loro trasformazione in diversi contenuti, a seconda dello stato di base in cui si trovano quando lo stimolo viene esperito. Sia l’alterazione che il binding spazio-temporale sono «aspetti precoci e legati ai livelli emotivi di base, centrali nella costituzione del nostro pensiero e nella cognizione, frutto di un Sé basico precocemente strutturato e inconscio». Questa prospettiva, ha fatto osservare Salone, sarebbe opposta al paradigma cognitivo imperante, con ricadute diagnostiche e terapeutiche, quali quelle presentate da Northoff (disregolazione dell’equilibrio DMN e CEN nella schizofrenia e depressione), di grande interesse. Nella schizofrenia, ad esempio, renderebbe ragione dell’impossibile codifica e distinzione tra stimoli interni ed esterni, a causa di un deficit primario della capacità di allineamento e di una discontinuità spazio-temporale tra ambiente e Self.

Il Sé viene da Northoff concepito come un sistema dinamico e non come una struttura, in interazione costante con il mondo interno e quello esterno, con un aspetto inconscio che interagisce e incorpora (embodiment) l’ambiente, ed un aspetto conscio, consapevole, che gli conferisce il senso di identità, la sensazione di stabilità nel tempo, la possibilità di ripensare a se stessi nel passato e progettarsi nel futuro. Il corpo come interfaccia tra mente e mondo esterno e il suo funzionamento (il brain) come responsabile di modellare la mente ad un livello inconsapevole, involontario, che precede la nostra consapevolezza. Quindi, per tornare alla first person neuroscience, è l’esperienza soggettiva in prima persona dei diversi aspetti citati, spazio e tempo, corpo, ambiente interno ed esterno e Sé, a costituire le basi della nostra struttura psichica, della nostra personalità e delle eventuali alterazioni in caso di disturbi psichici. Per Northoff, il senso di Identità è legato alla possibilità di percepire il proprio Self come continuo e stabile nel tempo, e anche in questo caso è fondamentale poter modulare e percepire il tempo soggettivo in modo sincronico, per poter accedere ad una percezione continua di noi stessi nel tempo, il dyachronic self.

La discussant ha chiarito come questo si traduca a livello di memoria procedurale. Tale approccio «porta con sé un diverso modo di intendere la memoria procedurale: ad essere immagazzinati non sarebbero tanto i contenuti, quanto la percezione di sé nel momento dell’evento». Questa sarebbe «la base sulla quale si edificherebbe la memoria tradizionale» legata ai contenuti ed altri dati evocabili. Le alterazioni spazio-temporali dovute a traumi precoci «si aggiungono alla già nota natura emozionale e intersoggettiva del Sé, influenzando altri processi cerebrali e mentali». Per creare un ponte, nel rispetto della diversità dei due ambiti, Salone ha proposto la teorizzazione di Winnicott come una delle teorie più integrabili con il pensiero di Northoff riguardo all’importanza della «sintonizzazione». La «madre ambiente» di Winnicott è capace di sintonizzarsi in modo «fine» con il bambino anche a livello di spazio e di tempo, è in grado di dargli tempo e modo di percepirsi, di distinguere tra sé e non sé, di acquisire un senso di identità continuo nello spazio e nel tempo. È su tale trama o matrice «che si inseriranno le successive esperienze di vita del bambino». Disequilibri in questo ambito, dovuti a interferenze ambientali eccessive (es. traumi e abusi) o a mancate sintonizzazioni, potranno alterare e modificare la percezione di tutte le future esperienze di vita e predisporre a sofferenze e patologie psichiche.

 

 

Domande dal pubblico:

 

Amedeo Falci, psicoanalista SPI e neuropsichiatra infantile, premettendo di non essere d’accordo con l’idea di correggere il pensiero della psicoanalisi sulla base dei dati «oggettivi», poiché a suo avviso i modelli delle neuroscienze confermerebbero i modelli psicoanalitici, ha formulato una domanda relativa al lavoro sui significati e sulla sintonizzazione, chiedendosi se sia più importante la sintonizzazione o il lavoro sui simboli e la ricerca dei significati. Falci ha affermato che il tema della temporalizzazione a lui sembra centrale e che la buona sintonizzazione temporale permette una rimodulazione del resting state. Non esisterebbe pertanto nell’approccio di Northoff un rischio riduzionistico, ma esisterebbe la necessità di studiare nuovi modelli che possano integrare o cambiare i nostri se in grado di dimostrare cose diverse.

 

Giorgio Mattana, psicoanalista SPI e filosofo, chiede a Northoff se non si sia sbarazzato troppo velocemente delle sue radici filosofiche, dicendo di non essere né kantiano né realista. Soprattutto in relazione a Kant, gli è sembrato che ciò che aveva presentato si prestasse ad essere interpretato come un «kantismo neurobiologico». Nelle CSM sembrerebbe infatti collocarsi il soggetto trascendentale kantiano, con le sue «forme a priori dell’intuizione sensibile», cioè le strutture dello spazio e soprattutto del tempo. Se queste sono alterate, è alterata la percezione del mondo esterno e de Sé: non tutte le bambine che hanno una mamma che parla veloce si ammutoliscono o si deprimono. Le forme a priori (in una prospettiva kantiana) sono vuote senza i dati dell’esperienza, così come i dati sono ciechi senza le forme a priori (e le categorie), ma il modo in cui questi ultimi sono recepiti dipende dalle strutture a priori: se queste sono alterate, ne è alterata la ricezione. Nell’esempio in oggetto non sembra tanto il «dato empirico» del parlare della madre a determinare un’alterazione del vissuto della temporalità, ma viceversa un’alterazione (a priori) di questo a determinare le conseguenze nella figlia del parlare della madre.

 

Northoff, rispondendo in primis a Mattana, dice che dieci anni prima gli avrebbe dato ragione su Kant (che rimane comunque il punto di ingresso), ma che le sue idee ora sono cambiate. Kant considera il tempo dal punto di vista fenomenologico. Si ferma all’estetica trascendentale, ambito nel quale lui (Northoff) non lo segue. Kant sostiene che la metafisica non possa assurgere a scienza. Lui invece ontologizza Kant passando ad un’ontologia basata sulle relazioni. L’approccio spazio-temporale cambia la filosofia e diventa metapsicologia. Kant attacca la metapsicologia che pure deriva dalla filosofia. Gli americani con la loro psicopatologia cognitiva si occupano di mappature che non porteranno da nessuna parte.

Alla domanda di Falci se si possano ridurre i modelli psicoanalitici al substrato neurobiologico, risponde che la metapsicologia e la psicologia sono esplicative, ma non sono ontologiche. Per lui la domanda se possano essere ridotte alla struttura non ha senso. Northoff afferma che se avesse fatto tale discorso in Nord America, metà della platea si sarebbe scandalizzata e metà avrebbe detto di buttare la psicoanalisi dalla finestra. Invece, per lui è utilissimo lavorare sui meccanismi di difesa o sulle teorie di Winnicott. Ma non è affatto d’accordo sul valore dell’interpretazione: lo è invece sul valore della descrizione. Si rifiuta di parlare di riduzionismo a favore del termine «rapporto iterativo». Fa un esempio: Roma è costruita su strati che poggiano su altri strati. È quello che c’è sotto che permette di lavorare su quello che c’è sopra e viceversa. Si può procedere iterativamente e provocare e promuovere dei cambiamenti di conseguenza.

Northoff accenna quindi a cosa sia possibile fare, su un piano terapeutico, a proposito di patologie della sincronizzazione, dell’allineamento spazio-temporale e della sintonizzazione. Un gruppo che lavora con lui sta facendo un lavoro attraverso la musica, lo stato meditativo (che può favorire l’allineamento) e il cinema. Altra cosa da tenere presente è che ognuno di noi ha un profilo spazio-temporale diverso, con la conseguenza che non tutti i pazienti sono adatti a tutti gli psicoanalisti o psicoterapeuti. Per quanto riguarda il narcisismo, Northoff pensa che tali pazienti non siano sincronizzati forse per traumi infantili e che tale sfasatura si possa osservare con chiara evidenza nei politici e nei professori universitari.

 

 

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CdPR e CPdR: Incontro con Georg Northoff 24 febbraio 2018

Report di Anatolia Salone su “La nascita del sé: processi neuro-biologici e sviluppo psichico del sé”. Incontro con Georg Northoff (24 febbraio 2018)

 

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