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La psicoanalisi è per i giovani? – Risponde il Segretario dell’Istituto Nazionale del Training della SPI, Anna Ferruta

17/02/14

origini 1ROTTre domande per il Congresso SPI

La psicoanalisi è per i giovani?

Intervista a cura di Stefania Nicasi
Risponde il Segretario dell’Istituto Nazionale del Training della SPI, Anna Ferruta
1 La formazione di uno psicoanalista richiede un grosso investimento di tempo e denaro. Perché questa formazione, che abilita gli allievi all’esercizio della psicoterapia, è di fatto più costosa e più lunga di tutte le altre?

La psicoanalisi è conosciuta come psicologia del profondo. Non si occupa dei vissuti e dei funzionamenti che stanno alla superficie della coscienza, ma ascolta sofferenze che sono aldilà dell’immediato, alla base della formazione delle strutture psichiche. Lo psicoanalista cura in un ambiente selezionato, la stanza di analisi, nella quale offre le sue competenze professionali e umane a un soggetto a cui dà la garanzia di essere accolto, senza preconcetti e senza pressioni condizionanti. Questo spazio di cura costituisce una contesto specializzato per una rinascita e per un nuovo inizio di sviluppo.
Lo psicoanalista nel fare questo entra in contatto con aspetti intimi dell’analizzando, che si trova esposto senza pelle, nella nudità, a esperienze emotive che sono in attesa di trovare una forma protettiva ed espressiva per potere vivere nel soggetto stesso e nelle relazioni con gli altri.
La formazione analitica è lunga e costosa perché riguarda il contatto emotivo con aspetti della psiche del paziente così delicati da richiedere una attenzione e una cautela paragonabili con quelle del chirurgo. Qui si lavora in vivo, e senza anestesia.
Due elementi essenziali dello strumentario psicoanalitico, la comunicazione tra inconsci e la ‘Assoluta necessità dell’altro’ per costruire se stessi, rendono l’impresa analitica ardua e complessa. L’analista cerca di raggiungere il paziente là dove si trova, talvolta perso nelle galassie delle sue costruzioni deliranti, o chiuso nelle torri dei suoi arroccamenti autodistruttivi.
Il compito è difficile e richiede di avere fatto un analogo percorso analitico personale, per avere, insieme alla formazione teorica, fermezza e compassione nella cura, evitando ammaestramenti o seduzioni distruttive.
La lunghezza e il costo della formazione psicoanalitica sono a garanzia del paziente e della sua integrità; richiedono un’attitudine personale ad occuparsi dell’alterità dell’altro sofferente e una passione conoscitiva verso i meccanismi e le dinamiche del funzionamento mentale.
Le questioni poste dalla sofferenza psichica profonda sono di tale portata che, per essere accostate, necessitano di una competenza adeguata: è l’oggetto di cui la psicoanalisi si occupa a richiedere una formazione altrettanto approfondita. Una semplificazione o un’accelerazione, a questi livelli, sarebbe una perdita di tempo e di denaro.
Certamente il percorso che si prospetta per i giovani che iniziano il training analitico è arduo: gli analisti esperti hanno la responsabilità di attivare forme di facilitazione che lo rendano più accessibile. Un impedimento a mio parere sta proprio nel fatto che la trasmissione della psicoanalisi tra le generazioni è ostacolata da un arroccamento degli analisti più anziani, che tendono a sentire la psicoanalisi come qualcosa che appartiene a loro e di cui ritengono di avere la responsabilità di conservare l’integrità piuttosto che trasmetterla alle nuove generazioni, con il rischio di contaminazioni e perdita di qualità peculiari.
2 Si sa che nelle società psicoanalitiche del mondo l’invecchiamento dei membri e lo scarso ricambio generazionale costituiscono un problema serio. Cosa succede nella SPI?

La questione del ricambio generazionale affligge la SPI come tutta la società italiana. Penso che proprio su questo terreno la psicoanalisi dei nostri giorni abbia delle cose importanti da dire e da fare. Il prossimo Congresso della SPI ‘Alle origini dell’esperienza psichica’ vuole proprio concentrare l’attenzione sull’irriducibile creatività del bambino, cioè sul fatto che lo sviluppo delle conoscenze avviene sempre a partire da una matrice che coinvolge le parti infantili del soggetto e a contatto con un’altra mente dotata di qualità generative. Questo aspetto aperto a sviluppi futuri, sia terapeutici, sia conoscitivi, è intrinsecamente dipendente dal contatto con il bambino, dentro e fuori di noi, quindi dal rapporto con le nuove generazioni che con la loro sete di affetti e conoscenze costringono i ‘grandi’ rimpiccioliti nei loro schemi ad alzarsi dai loro seggi e a cambiare. Questo elemento dello scambio vitale tra menti è l’aspetto più produttivo della psicoanalisi postfreudiana da Bion, a Winnicott, tutta la scuola dell’Infant Research e della psicoanalisi relazionale. Solo nel contatto con gli allievi riusciremo a sviluppare quello che Winnicott chiama, in un lavoro degli ultimi anni della sua vita, ‘my latest brain-child’: ogni nuova conoscenza è un bambino che nasce dall’incontro con un altro.
Quindi per rimediare all’invecchiamento della società psicoanalitica penso che occorra operare in due direzioni: rinnovamento teorico-clinico e provvedimenti economico-organizzativi che comportino sacrifici da parte degli anziani a favore dei più giovani (analisi a costo agevolato, invio di pazienti per analisi adatti alla formazione, gruppi di supervisione su casi diversi da quelli classici: bambini piccoli, famiglie, patologie narcisistiche, gruppi istituzionali).

3 Quali sono le qualità ideali di un candidato all’esercizio della professione di psicoanalista?

In questa ottica che guarda ‘A nord del futuro’ penso che le qualità migliori per un candidato alla professione di psicoanalista siano quelle potenziali, cioè, come dice Bollas. la capacità diventare attraverso l’incontro con altro e con altri quello che non pensavamo avremmo potuto essere. Bollas mette in luce che l’individuo è evocato dagli incontri con gli oggetti, che gli danno l’opportunità di esprimere e conoscere aspetti inconsci di sé: siamo iniziatori della nostra esperienza e anche iniziati dalla nostra esperienza, by desire and by chance. L’esistenza di una vita psichica inconscia che viene giocata nell’incontro con gli altri costituisce un patrimonio di valore inestimabile:
“Indipendentemente da quanto bene possiamo essere analizzati, noi saremo sempre un soggetto che solo, sempre parzialmente conosce. In parte conosce l’altro. In parte conosce se stesso. In parte conosce la vita. La maggior parte della nostra vita è vissuta inconsciamente, in dialogo con l’inconscio degli altri, all’interno del campo dei processi sociali inconsci. “(Bollas C. (1992). Essere un carattere, Borla, Roma,.
Le qualità analitiche potenziali fondamentali mi sembra possano essere la comprensione e il com-patire con l’altro da sé, la passione per il non conosciuto, la creatività produttiva di esperienze a contatto di ogni nuova percezione, la capacità di sviluppare la continuità del sé attraverso i cambiamenti.
lunedì 24 febbraio 2013

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