La Cura

Ansia da virus e bombe. Un manifesto per riaprire la porta alla vita, S.Thanopulos, Il Messaggero 10/03/22

10/03/22
ETTORE SPALLETTI 2001

ETTORE SPALLETTI 2001

Sarantis Thanopulos, presidente della Società Psicoanalitica Italiana, dice che, nonostante tutto, «non dobbiamo uscire dalla vita». Non dobbiamo, cioè, «lasciarci guidare dall’inerzia, la vera nemica dei sentimenti».
Pur nella fragilità che in questa epoca ci contraddistingue, tra virus e bombe, «è importante canalizzare le forze residue, mantenere i legami di solidarietà». «Veniamo da una situazione, quella iniziata con l’epidemia – spiega Thanopulos – che ha “imposto” un generale stato depressivo. Senza contatti, con relazioni interrotte, morte, speranze spezzate, vite blindate. Nel corpo e nell’anima. E adesso, l’attacco della Russia all’Ucraina ci trascina in una condizione persecutoria e paranoica. Una tragedia singola e collettiva alla quale non ci si può sottrarre barricandosi».
Ora è sicuramente complesso, anche per chi sa navigare nei meandri della psiche, trovare un sentiero illuminato che ci permetta di proteggerci da questo sovrapporsi di tragici fenomeni mondiali. Anche perché da quando si è iniziato ad analizzare gli effetti della pandemia sulla nostra mente si è sempre fatto riferimento ad una condizione simile a quella della guerra. Con il virus nemico, noi assaliti, le vittime e le armi da reperire. L’emergenza Covid-19 è stata trattata con un linguaggio bellico: “la trincea negli ospedali”, “il fronte del virus”, “l’economia di guerra”, “il coprifuoco”. Il vaccino come “arma” per fronteggiare il “conflitto” che si stava (si sta) combattendo.
«Un terzo dei pazienti mostra disturbi da stress post traumatico gravi o molto gravi che significa vivere con ricorrenti e involontari ricordi spiacevoli, che spesso non lasciano dormire la notte, che agiscono come se l’evento si stesse ripresentando – così parlava dopo mesi di emergenza Damiano Rizzi, Presidente di Fondazione Soleterre e psicologo nei reparti Covid-19 – Tali sintomi minacciano la concentrazione e attivano sensi di colpa che si dirigono su sé o sugli altri. Il tutto con un persistente stato emotivo negativo». I segni identificati come sovrapponibili a quelli che compaiono durante una guerra erano: depressione, ansia, rabbia, alterazioni del sonno e uso di sostanze.
E adesso? Quel linguaggio bellico, da più parti criticato perché considerato non adeguato alla situazione che si stava vivendo, continua a fornire le stesse metafore per disegnare la nuova tragedia. Che è divenuta realtà. Fatta, appunto, di armi, nemici, altri morti, trincee. Come ci rimandano le foto, i filmati, i racconti dei profughi. Una condizione che ci fa continuare ad avere la «paura in tasca», aggiunge Thanopulos.
«È una condizione di sovraccarico da stress emotivo che rischia di bruciare quelle energie psichiche che potevano derivare dall’abolizione delle mascherine all’aperto e quella prossima dello stato d’emergenza, con un ritorno alla normalità che appare già pregiudicato dall’incertezza sull’evoluzione del conflitto e dalla crisi delle risorse – commenta Massimo Di Giannantonio, presidente della Società italiana di Psichiatria – Il mix di guerra e pandemia rende le persone più instabili, e insicure, con il rischio di sviluppare un esaurimento emotivo da sovraccarico di stress e un aumento di ansia. Proprio mentre tornavamo a sperimentare sentimenti di fiducia e speranza».
Per avere la forza di affrontare gli effetti che potrebbe avere sulla psiche la compresenza di guerra e pandemia, gli psichiatri suggeriscono di ricercare un equilibrio nel normale svolgimento delle attività quotidiane, conciliandolo con un desiderio di essere informati senza eccedere nell’uso dei media e dei social network. Una regola, secondo gli esperti, potrebbe essere quella di seguire durante il giorno alcune finestre informative qualificate senza lasciarsi schiacciare dal flusso continuo.
E proprio per far sì che il futuro prossimo venturo veda la mente considerata alla stessa stregua del corpo un gruppo di addetti ai lavori ha appena redatto un “Manifesto della Salute Mentale”. Che vede come autori, oltre a Sarantis Thanopulos, Angelo Barbato, Istituto Mario Negri Milano, Antonello D’Elia, Presidente di Psichiatria Democratica,Pierluigi Politi, Ordinario di Psichiatria Università di Pavia, Fabrizio Starace, Presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica. Una revisione della strategia di diagnosi e cura a oltre 40 anni dalla legge Basaglia. E dopo ventiquattro mesi di pandemia.
“Il Manifesto – si legge – è un progetto scientifico, culturale e politico riguardo alla salute mentale che punta all’umanizzazione della cura psichica: perché il dolore acuto, destrutturante possa essere contenuto senza eccessi dì sedazione, perché si eviti la sua sorda cronicizzazione, perché le emozioni e i pensieri dì chi soffre abbiano ascolto e rappresentazione, perché il soggetto lacerato (ma vivo, resistente nonostante tutto) ritrovi il suo posto dì cittadino nella vita lavorativa, culturale e politica, perché si riappropri della sua espressione creativa. Questa non è un’utopia, è una spinta vitale, una scelta civile: la sofferenza, a cui siamo tutti esposti, può essere alleviata, elaborata, trasformata in desiderio di vivere”.

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