La Cura

I have a dream (Teoria e clinica in tempi di guerra). G. Gentile

28/11/22
I have a dream (Teoria e clinica in tempi di guerra)

BANKSY

Parole chiave: Guerra, età evolutiva, speranza

I   HAVE A DREAM

(Teoria e clinica in tempi di guerra)

Elena (bimba di 6  anni e mezzo) cucciola d’uomo, insieme ai suoi amici cuccioli animali, costruisce una casa con attenzione, amore e dovizia di particolari: tende , vasi fioriti, ma un dinosauro distrugge tutto. Per più volte ritentano.

Mi chiedo perché questi cuccioli sono soli e chi rappresenta questo dinosauro? A scuola di Elena sono stati inseriti i bimbi ucraini profughi di guerra. Ma all’improvviso Elena si gira e guardandomi in modo penetrante dice “ perché VOI grandi non sapete fare come noi,? litighiamo ci facciamo la guerra un po’ per finta e poi facciamo pace Non c’è tempo , la seduta è finita, dico che ne parleremo la prossima volta se vorrà, ma sono sollevata.

Lo stesso giorno ,perché ci sono giorni così, poche ore più tardi,  un quattordicenne infuriato mi urla “ma VOI, voi adulti chi vi credete di essere, siete  meno di un granello di sabbia nell’universo e vi sentite Dio, sentite di poter dare la morte”. Anche stavolta sto in silenzio oggi non posso , non riesco. Mi offro come contenitore di angosce più di questo non so fare. Neanche il tepore della mia casa riesce a sollevarmi. Quel VOI adulti occupa la mia mente per ore e ore, per tutta la notte. E nella disperazione mi rifugio nella conoscenza dei tanti articoli letti.

Freud parla della violenza  e della guerra in molti suoi saggi avendo attraversato la Prima Guerra Mondiale  con la partenza dei suoi figli al fronte e con la paura che la sua creatura , la psicoanalisi  potesse scomparire . In una lettera a Ferenczi scrive “La voce della psicoanalisi nel mondo  viene coperta dal tuono dei cannoni”.( Freud 1914) . Vivrà la preparazione alla Seconda, morendo poco prima del suo inizio.

in questo periodo si inserisce la famosa lettera rivoltagli da Einstein  (1932).  Il grande fisico pone una domanda “Perchè la guerra?”  Non questa guerra ma perchè  esiste la guerra di per se stessa. Preoccupato che le sue grandi scoperte possano servire a scopi bellici chiede a Freud, grande conoscitore degli istinti umani, cosa spinge l’uomo, ormai consapevole dei disastri che la guerra procura a vincitori e vinti, a ricaderci ciclicamente ?   C’è un “modo per liberare l’uomo dalla fatalità della guerra?”

Nella lunga e articolata  risposta Freud evidenza che  gli istinti alla base del comportamento  conflittuale sono di due sole specie: ”quelle che tendono a conservare ed unire°, da noi chiamate sia erotiche sia sessuali estendendo intenzionalmente il concetto popolare di sessualità- e quelle che tendono a distruggere; queste ultime: le comprendiamo tutte nella denominazione di “pulsione aggressiva o distruttiva”. Freud le considera entrambe indispensabili poiché la vita si basa sul loro concorso e contrasto. Tali forze non possono essere soppresse, ma deviate cercando di creare legami emotivi , facendo prevalere la ragione. Ammette però che tutto ciò è molto difficile da raggiungere, e sconsolato scrive “E’ triste pensare a mulini che macinano talmente adagio che la gente muore di fame prima di averla ricevuta.”

Molti analisti hanno vissuto le due guerre. Winnicott incontra la Prima mentre è studente in medicina e per questo non viene arruolato. Perderà molti amici  e si arruolerà nel 1917 . Nel 1935 verrà assunto come consulente nell’Oxfordshire dove erano nati istituti per bambini evacuati nelle città. Questa esperienza avrà una grande influenza  sul suo essere psicoanalista e sulle sue scoperte scientifiche.

Anche Bion partecipò giovanissimo alla Prima Guerra Mondiale . “Sono morto l’8 agosto 1918”  (Bion 1918) continuerà a ripetere dopo il suo congedo.  Le conseguenze dei suoi vissuti lo accompagneranno per tutta l’esistenza, nei sogni, negli incubi, nei ricordi che talvolta affioravano, nelle immagini di volti coperti dal fango. Tali angosce e paure, la descrizione degli stati alterati della mente, produrranno scoperte quali il terrore senza nome , la reverie e il lavoro sui gruppi .

La sfida alla distruttività umana per Bion passa attraverso l’attenzione agli aspetti emotivi inconsci. E con i gruppi esplora dall’interno i conflitti sociali definendo il gruppo come una rappresentazione esterna drammatizzata della gruppalità interna dei suoi membri. Il conflitto individuo-società è per Bion in primo luogo intrapsichico e come tale può essere affrontato e risolto nel gruppo.

Franco Fornari  (1964) è stato tra i primi a traslare l’insegnamento  psicoanalitico al campo sociale. Egli conclude  che “ la guerra è un’organizzazione di sicurezza non già perché permette di difenderci dai nemici reali, ma perchè riesce a trovare dei reali nemici da  uccidere: in caso contrario la società rischierebbe di lasciare gli uomini senza difesa di fronte all’emergenza del terrificante, alle loro angosce più profonde,  e al nemico interno”.  “ La guerra è un delitto individuale fantasticato individualmente e consumato collettivamente”.

E la mia angoscia aumenta .  MI sembra tutto così disperante e complesso  ma in quella stanza ci dovrò tornare. La domanda era rivolta a me , in quel VOI c’ero anch’io: tu che responsabilità hai ? Tu cosa hai fatto e fai perché questo non accada più e ci credi che non possa accadere più?

Ho bisogno di Speranza :“ la sola  dea rimasta quaggiù tra i mortali è Speranza; ci hanno lasciato gli altri , sono ascesi all’Olimpo” (Teognide VII-VI sec.a.C.).  “E se la speranza fosse un altro dei nostri sensi, come una specie di parte anatomica- non in senso fisico ma allegorico?”   ( Taussig 2013) una sorta di senso subliminale della speranza.

La speranza come una nascita “qualcosa che non nasce da cosa c’è stato prima, ma  nonostante quello che c’è stato prima”. (Lingis 2013)

La mia mente si espande e ritrova un bellissimo lavoro : “ l’odio, il desiderio di morte, il terrore  trovano  terreno fertile laddove nel bambino vi è stata una deprivazione affettiva e una mancanza di cure fisiche e psicologiche da parte della madre”  (Renata Gaddini 2003) ma anche “Il punto centrale, per me, è quell’intuizione che valorizza come punto di partenza “quello che c’è”, anche se molto povero e “sgangherato”.E’ quella voce interiore che dice: “C’è sempre qualcosa da fare. La dimensione della “speranza” è molto presente nel mio lavoro perché anima il pensiero che, in qualsiasi condizione ci si trovi, qualcosa si può sempre fare. “Quello che c’è” a volte non riesci a vederlo subito, e allora devi umilmente accedervi attraverso un lungo lavoro colmo di speranza.”  (Vallino 2012)

Anche le neuroscienze hanno dimostrato che le  parole   empatiche, di fiducia infondono speranza. “le parole sono delle potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello…attivano le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina” (Benedetti 2018)

Sono passati due lunghi, interminabili giorni ed Elena torna ed io sono pronta.

Ricomincia il suo gioco: una casa piena di cuccioli attaccata dal grande dinosauro ,che ora penso sia una immagine combinata di tutti gli adulti assenti. Riparte l’attacco.

“La casa è una sostituzione del ventre materno, della prima dimora cui con ogni probabilità gli uomini non cessano di anelare, giacchè in essa si sentivano al  sicuro e a proprio agio” (Freud 1929) E’ anche il luogo degli affetti, dei legami, dei conflitti, del cambiamento e della crescita ma è anche un sentimento: “quando diciamo mi sento a casa , ci riferiamo ad una qualità della relazione in cui ci si sente compresi e riconosciuti, si può essere spontanei, al posto giusto, nei propri panni” (Civitarese 2016). Era dai tempi del terremoto del 2009  che non vedevo  attaccata la casa in questo modo nel gioco.

Già il gioco. IL gioco permette di andare incontro all’ignoto e  libero da pressioni apre alla curiosità, alla scoperta, e accende la creatività. Permette di accostarsi  a contenuti angoscianti con il “far finta”. Recitare permette di essere in due posti contemporaneamente, barcamenandosi su due diversi stati del sé, un ponte dal percettivo all’immaginario che equipara e differenzia diversi stati del sé, aiutandoci a differenziare il mondo esterno dal mondo interno. Winnicott faceva notare che il gioco va in scena nel mondo esterno e quindi un pensiero privato diventa azione, e definiva  la psicoanalisi come “una forma altamente specializzata di gioco  al servizio della comunicazione con se stessi e con gli altri. (Winnicott  1971). Lo stesso Ferenczi  (1931) ben prima di Winnicott aveva notato come la terapia degli adulti fosse spesso una terapia basata sul gioco.

Guardo Elena : “ ehi guarda  finalmente arrivano i grandi? Forse lavoravano…ma i cuccioli non dovrebbero essere lasciati da soli” e avvicino una coppia. Mi sorride e il mio cuore si riapre e sostituisce il dinosauro con uno più piccolo ed erbivoro ma ancora  violento. “E se facciamo una bella taverna  sotto casa con il camino, la cucina ” aggiungo –“come quella della nonna”, commenta. E stavolta il dinosauro non ce la fa ad arrivare alla taverna.

Intanto arrivano anche altri adulti della razza animale. Elena si avvicina poggiando la sua testolina sulla mia schiena per poi sussurrarmi all’orecchio “adesso possiamo andare a prendere gli altri piccoli”.

La posizione di Elena mi ha fatto pensare alle mamme scudo, capaci di mettere il proprio corpo e la propria mente a protezione del fragile corpo e della fragile mente del bambino.

La mia giornata non è finita. Cosa dirò all’adolescente? Così lucido e feroce eppure così spaventato!

Quale posizione assumerò?

Mi sfida subito “non ha niente da dire vero sull’altra volta?”

Avrei tante cose da dire, ma non voglio. So che l’adolescente considera gli  adulti detentori di esperienze e di sapere che non riconosce come propri, ma teme con i suoi aspetti ancora infantili di essere abbandonato o  essere deludente o peggio ancora rifiutato.

L’adolescente in cerca di identità spazia tra ambizione, desiderio di riuscita ed , altruismo , visione cosmopolita, emotività. Questa spinta a cercare un mondo migliore, la propria realizzazione  e la consapevolezza della propria fragilità in questa fase di passaggio  gli fanno temere la regressione, e questo spesso provoca una crisi. L’analista deve affiancarlo in questa difficile ricerca, riconoscendolo, dandogli voce, aiutandolo a scoprire l’ambivalenza. “Egli si sta sempre più  rendendo conto di aver creduto troppo a lungo in falsi dei, ora delusivamente scoperti impotenti e bugiardi” (Longo 1996). E’ necessario allora approcciarsi loro in modo autentico e spontaneo, rendendo possibile il giocare per arrivare alla narrazione, perché di questo hanno bisogno, di raccontarsi.

“Tutto quello che i pazienti ci portano nella stanza è un bene prezioso. Ciò che arriva con gli adolescenti lo è ancora di più, come diamanti grezzi da custodire gelosamente e da valorizzare” (Goisis 2014).

Gli dico allora che sì, il suo pensiero mi ha provocato molte domande ma che non sono sicura di aver ben capito ma sono lì per questo,  per ascoltarlo ancora.

Anche oggi cammina nella stanza: la sua postura è la stessa: torace espanso come ad evidenziare la sua forza  le mani in tasca a mò di bullo. Ma dopo il mio intervento si sgonfia e le mani escono dalle tasche e si sfregano tra loro. Si siede “davvero ti interessa?(  ma non aspetta risposta) anche i ragazzi della mia età possono andare in guerra; è qui, vicina; e se scoppia una atomica…dopo due anni di pandemia? Perché? Perché pensate di risolvere  tutto con la guerra? Ho …abbiamo tanta paura e non è colpa nostra…siete voi a fare la guerra”.

Una frazione di secondo silenzioso…mi guarda e mi chiede cosa ho pensato in questi giorni. Gli racconto che mi sono sentita chiamata in causa come adulta, che ha ragione, abbiamo sbagliato qualcosa pur non in modo consapevole, se dobbiamo oggi fare i conti con una nuova guerra, con  un clima impazzito. Ma possiamo aiutare i giovani a portare avanti il desiderio di un mondo diverso. “Wau un adulto che chiede scusa è una notizia….comunque ho visto che la raccolta differenziata la fa” . 

Riprende la sua postura  strafottente e se ne va con un sorriso.

la psicoanalisi è un processo di una semplicità spaventosa: parla di come noi stando insieme riusciamo a metabolizzare la brutalità del reale”( Ferro 2017) .

BIBLIOGRAFIA

Benedetti F. –La speranza è un farmaco- Mondadori editore 2018

Bion W.R.- La lunga attesa .Autobiografia 1879-1919-Astrolabio Ubaldini Editore 1986

Civitarese G et al. -Le case dell’uomo. Abitare il mondo. Torino: UTET 2016

Ferenczi S.- Analisi  infantile con gli adulti (1931)– Opere vol.IV-Raffaello Cortina 2002

Ferro A.-Pensieri di un analista irriverente-Raffaello Cortina 2017

Freud S.- Ferenczi S. – Lettere (1908-1914 ).Cortina Raffaello Editore,1993

Freud S– Perché la guerra (Carteggio con Einstein 1932) in Opere vol.11 – Bollati Boringhieri Editore 1989

Freud S.- Il disagio della civiltà (1929) -Opere  vol.10-Bollati Boringhieri Editore 1989

Gaddini R.-La guerra al terrorismo comincia nella  culla-, “ANPEP, 4, 2003

Goisis P.R.- Costruire l’adolescenza tra immedesimazione e bisogni– Mimesis 2014

Longo M.- La psicoterapia psicoanalitica nell’adolescenza e la formazione dello psicoterapeuta– Psychomedia 1996

Winnicott D. – Gioco e realtà (1971)- Armando Editore,2006

Richard e Piggle –La casa: luogo degli affetti vol 2/2020 – Il Pensiero Scientifico Editore

Rodman R.F. Winnicott. Vita e Opere– Cortina Raffello Editore, 2014

Vallino D. – Sulla persona e sulla speranza in psicoanalisi infantile–   Archivio Associazione Dina Vallino 2012

Lingis, Taussin in Zournazi M. –Tutto sulla speranza– Moretti & Vitali 2013

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