La Cura

La cura non abita più qui. U. Sabatello

16/12/22
Bozza automatica 44

CRISTIANE LOHR

Parole chiave: Diagnosi; età evolutiva; soggettivazione; Salute Mentale

LA CURA NON ABITA PIU’ QUI

Ugo Sabatello

 “I medici somministrano farmaci che conoscono poco, per trattare malattie che conoscono ancora meno, a pazienti di cui non sanno nulla”

(attribuito a Voltaire, François-Marie Arouet detto. Parigi 1694 – ivi 1778)

La frequenza delle manifestazioni del malessere psichico di bambini e adolescenti è sicuramente aumentata negli ultimi anni. Un ulteriore aggravamento si è verificato poi durante l’era del COVID. Infatti, dopo una prima riduzione degli accessi al PS, osservata all’inizio delle settimane di restrizioni (Davico Ch. et al., 2021)(2) è stato registrato, almeno nella nostra regione, un aumento molto significativo dei casi afferenti ai DEA, (Dipartimento d’emergenza, il Pronto Soccorso) con quadri spesso molto simili, gravi e con una età di esordio inferiore (3).

Quali sono i percorsi di diagnosi e cura psichiatrica oggi percorribili per un bambino o un adolescente? E come tali percorsi rispondono al bisogno di salute psichica in età evolutiva?

Cominciamo con delle distinzioni a livello regionale. Vi sono Regioni in cui sono previsti reparti specialistici psichiatrici per adolescenti, vi sono Regioni in cui vi sono solo reparti misti neurologici e psichiatrici per l’età evolutiva. Ed infine vi sono Regioni privi di reparti specifici per la NPI con i minori che vengono accettati in Reparti aspecifici (Pediatria) o trasferiti in altre Regioni.

Il punto di accesso al SSN rimane per tutti il DEA in quanto i tempi e le risorse della psichiatria territoriale per l’età evolutiva non permettono altri percorsi possibili di intercettazione del malessere, fatta eccezione per gli sportelli di ascolto psicologico presso alcune scuole (a cui difficilmente accedono gli adolescenti…) e rare situazioni virtuose di alcune ASL che, almeno in termini ambulatoriali o di HD, hanno delle valenze specifiche.

Una volta entrato in PS il minore viene esaminato da un NPI il quale deciderà in caso -e sempre che vi sia disponibilità di un posto letto- per il ricovero. Infine, prescriverà un primo intervento farmacologico oltre quello già, a volte, somministrato in PS.

Nell’eventualità del ricovero specialistico, questo dovrà essere il più breve possibile per evidenti esigenze legate alla necessità del posto letto; in alcune situazioni si attiverà il cosiddetto fenomeno della “revolving door,” annoso problema che vede i pazienti sottoposti a ripetuti ricoveri a volte ridicolmente brevi o a reiterati accessi ai PS di diversi nosocomi.

Non che i ricoveri più lunghi (30-60gg) siano invece sufficienti ad attivare adeguati percorsi di cura: non sempre bastano a contenere l’acuzie e, soprattutto, non incidono sull’ambiente di vita nel quale è insorta la patologia (3).

Per evitare che il minore ritorni nell’ambiente stressogeno da cui è giunto, in alcune Regioni sono disponibili delle strutture (poche) di ricovero di media intensità con periodi intensivi di circa due mesi. Se questo tempo non è sufficiente – come spesso non è – si

 può ricorrere alle strutture a bassa intensità, che garantiscono periodi di ricovero sino a due anni.

Nelle Regioni in cui tali strutture intermedie non esistono, la Toscana ad esempio, il minore rientra sotto la giurisdizione della ASL territoriale che se ne prenderà cura, nei limiti delle sue possibilità, in regime ambulatoriale.

Un intervento così descritto sembrerebbe rivolto solo alle emergenze, escludendo qualsiasi possibile azione preventiva ed entrando in palese contraddizione con i principi cardine della stessa salute mentale. Le cosiddette “emergenze,” infatti sorgono da realtà relazionali e personali semplicemente oscure e sconosciute, ma che possono e devono essere viste attraverso l’atto estremo: il taglio, il tentativo di suicidio, la crisi irrelativa.  

Le poche risorse e il depauperamento del SSN fanno sì che il paziente esista solo in quanto malato e solo la sua “gravità”, non i molteplici fattori di rischio, ne determinano l’intervento.

Con logica analoga i tempi relativamente brevi del ricovero e, soprattutto, la frustrazione di un rapido rinvio ad un territorio già esausto, fanno sì che la cura sia essenzialmente farmacologica, giustificata dalla gravità stessa delle manifestazioni e dalle necessità di un rapido contenimento dei sintomi.

Nei diversi passaggi viene a eclissarsi ogni possibilità di continuità terapeutica, con uno scarico di responsabilità e deleghe che rendono impossibile un “prendersi cura” in modo prolungato del medesimo paziente da parte dello stesso terapeuta o équipe terapeutica. Questo riduce in modo drammatico i fattori trasformativi (transfert, relazione, contenimento, interpretazione, confrontazione, elaborazione etc) dell’intervento.

Sembrerebbe in primis mancare il tempo e lo spazio per l’elaborazione. Infatti, come scrivono Catarci e Lucantoni (2005, pag.7) “…se l’elaborazione è un processo che ha bisogno di tempo, di spazio e di profondità, quale elaborazione può avvenire, ed avviene, in trattamenti segnati talvolta da interruzioni premature, da ritmi per lo più non intensi, da setting dove è spesso arduo, per il terapeuta, muoversi nella sottile linea d’ombra che separa ed unisce realtà interna e realtà esterna?”(5)

Se la realtà interna appare opaca, non considerabile in tali contesti, osserviamo che nel lavoro con bambini e adolescenti anche la patologia manifesta è mutevole e non definita: sicuramente i nostri ragazzi o bambini, non sono perlopiù schizofrenici (6), forse sono portatori di sintomi che mimano, temporaneamente, un disturbo mentale, che potrà strutturarsi nel tempo, complici l’ambiente e le cure.

Se dei pazienti non sappiamo nulla, o veramente troppo poco, altrettanto poco sappiamo dei farmaci, della loro effettiva efficacia e utilità e degli effetti a lungo termine nel prevenire le recidive in età evolutiva (molti studi di Benedetto Vitiello sono su questi temi)

Il medico, più che un dispensatore di cure, sembra diventato un affannato “catcher in the rye”(7) in cui la numerosità dei pazienti sembra negare ogni soggettivizzazione (Chan, R. 1998; Monniello G. 2016)(8 e 9). Se un compito dell’adolescenza é diventare la persona che pensa i propri pensieri e sente i propri sentimenti, sembra di trovarsi di fronte ad un échec generazionale (10) in cui la somiglianza delle condotte e la scarsità di una motivazione personale, pare negare ogni individualità.

“La cura del dolore nel campo della Salute Mentale pubblica è in crisi. Il dominio del modello biomedico l’ha inaridita. L’approccio puramente farmacologico alla “sofferenza mentale” e, tendenzialmente, a tutte le problematiche esistenziali, appiattisce sulla biologia i nostri desideri, sentimenti, pensieri e azioni, facendo leva su un obsoleto determinismo naturalistico. Esso ha creduto di potersi accreditare scientificamente a forza di “evidenze”, costruite a sua immagine e somiglianza, ma l’aver perso di vista l’esperienza soggettiva l’ha condotto a risultati deludenti. Ci sono state tante ricerche, investite grandi risorse finanziarie, sono stati pubblicati molti articoli, ma non sono stati ridotti i suicidi, i ricoveri e non sono stati migliorati gli esiti di guarigione delle persone con problemi di salute mentale”(11).

Non abbiamo dati di follow up su questa particolare conduzione dei processi di “recovery” (12) per l’età evolutiva. L’impressione, e mi si scusi la percezione del tutto idiosincrasica sull’evoluzione psichica e clinica dei nostri adolescenti é che, solo casi gravi e drammatici riescano a trovare un qualche sollievo e cambiamento nei tempi lunghi delle strutture a bassa intensità in cui, di necessità, si realizzano a volte, continuità e soggettivizzazione della cura.

Per tutti gli altri avremo la “revolving door” dei ripetuti ricoveri, l’immutabilità dell’ambiente di vita e, per chi può permetterselo, un ricorso alla cura privata spesso insufficiente di fronte all’acuzie e alle dimensioni epidemiche dell’attuale malessere

Ugo Sabatello, Psicoanalista Spi-Ipa, Neuropsichiatra Infantile, Sapienza Università di Roma.

NOTE E BIBLIOGRAFIA

  1. Davico C, Marcotulli D, Lux C, et al. Impact of the COVID-19 pandemic on child and adolescent psychiatric emergencies. J Clin Psychiatry. 2021;82(3):20m13467.
  2. U. Sabatello; C. Rogora (2021) L’adolescente e la pandemia da Covid -19; Intervista al Prof. Ugo Sabatello. Psicobiettivo, vol XLI-3-2021-DOCUMENTI
  3. Il problema non é la durata dei ricoveri, ma il prima (prevenzione primaria) che non c’é e il dopo (prevenzione secondaria e terziaria) che non esiste. Lo spazio del ricovero emergenziale è di per sé patogeno, già dalla 180 é stato chiaramente definito.
  4. Paola Catarci e Cinzia Lucantoni (2005) La cura psicoanalitica con gli adolescenti: quale elaborazione? Rivista Psicoanal., (51)(4):1027-1047
  5. Dobbiamo come sempre a Paolo Migone una sintesi chiara e informata dei rapporti tra cura psicoanalitica e schizofrenia. Paolo Migone (2022) Passato e presente della ricerca clinica sulla terapia psicoanalitica individuale delle psicosi. Psychomedia Telematic Review
  6. Il riferimento é sicuramente a “il Giovane Holden” di Salinger ma anche ad un articolo di Marco Lombardo Radice pubblicato in “Una concretissima utopia” Edizioni dell’Asino 2010. Parafrasando Salinger, Lombardo Radice immaginava il compito del NPI come quello di afferrare i ragazzini prima che cadessero, al di là della collina. A differenza di lui sentiamo più il nostro affanno, visto il numero di pazienti e di situazioni, che la possibilità di essere realmente utili.
  7. Raymond Cahn (1998) descrive la soggettivazione come il processo che porta all’instaurarsi di un Io autonomo: il nucleo stesso del soggetto. Cahn, R. (1998). L’adolescente nella psicoanalisi. Roma: Borla Editore.
  8. Gianluigi Monniello: (2016) Soggettivazione e principio di realtà in adolescenza. Rivista di Psicoanalisi 2016/4.
  9. I fattori di complessità sono molteplici e questo solo un elenco parziale. L’era digitale, il cui impatto sul funzionamento psichico dei bb e adolescenti é tutto da valutare; l’offerta assistenziale prima e dopo il ricovero che é diversa nelle diverse regioni ma perlopiù insufficiente; la trasformazione della scuola in senso competitivo, associata a genitorialità poco competenti; la scomparsa dei luoghi fisici di riunione per lo svago e il tempo libero e altro ancora.
  10. “LA CURA PSICHICA E’ VALORE DEMOCRATICO. ”Manifesto per la salute mentalea cura di:Angelo Barbato  Istituto Mario Negri Milano; Antonello D’Elia   Presidente di Psichiatria Democratica; Pierluigi Politi Ordinario di Psichiatria Università di Pavia; Fabrizio Starace   Presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica; Sarantis ThanopulosPresidente della Società Psicoanalitica Italiana  Psicoterapia e Scienze Umane. 1, 2022, Volume 56 (pp 27-30)
  11. Recovery. Nuovi paradigmi per la salute mentale (2015) a cura di : A. Maone e B. D’Avanzo. Raffaello Cortina editore

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