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“Abitare una casa” di L. F. Bianchi e P. Conti. Recensione di C. Cassardo

12/05/22
"Abitare una casa" di L. F. Bianchi e P. Conti

“Abitare una casa. Il lavoro clinico con gli adolescenti nei servizi di neuropsichiatria”

A cura di Luigi Federico Bianchi e Patrizia Conti

(Mimesis ed., 2022)

Recensione a cura di Claudio Cassardo.

Durante l’Esodo dall’Egitto verso la Terra Promessa, l’esercito ebreo si trovò a combattere contro il soldati del Comandante Amalek … Mosè salì su una collina e alzò le braccia per invocare l’aiuto del Signore. Quando egli aveva le braccia tese verso il cielo il suo popolo vinceva; quando egli stanco le abbassava, il popolo perdeva. Allora Mosè fu affiancato da due sodati che sorreggevano le sue braccia e così il popolo d’Israele potè vincere il potente Amalek. Così  Farcas nel lavoro condiviso con Marchesini, indica il tema essenziale che  attraversa il lavoro con gli adolescenti difficili a cui sono impegnati gli autori del libro curato da Federico Bianchi e Patrizia Conti. 

In questo volume appassionante sono descritti gli sforzi quotidiani che i suoi autori esercitano nel loro mandato di aiutare i ragazzi in grave difficolta e le loro famiglie, a ritrovare un legame perduto con la vita. E in particolare possiamo vedere con chiarezza il fatto che per svolgere questo compito è necessario operare su due piani:  usare le risorse che solo il gruppo di lavoro, la rete dei colleghi coinvolti, la cooperazione delle diverse professionalità e delle diverse competenze possono fornire; e al contempo lavorare con la famiglia e non solo con il giovane, coinvolgere la famiglia come un partner della cura essenziale e come una presenza nel corso della consultazione. Sono stati considerati dagli autori di questo interessante volume i diversi modelli di lavoro con gli adolescenti e le loro famiglie, senza retorica, ma con l’obiettivo di tracciare le linee di un possibile luogo per la trasformazione. 

Siamo lontani dal paradigma della cura a due fornita da un esperto a un malato, e siamo nel campo di una cura possibile solo a patto che sia svolta da una equipe di persone capaci di rinunciare allo scettro del sapere, e di scoprire che solo una comunione dei saperi può affrontare con speranza e sentimento di fiducia situazioni esistenziali personali e familiari devastanti. 

In capo a questo nuovo paradigma  della cura, gli autori ci mostrano come sia necessario il contributo degli educatori, degli assistenti sociali, degli psicologi, degli psichiatri, e al contempo dei familiari, per aiutare i giovani a uscire per quanto possibile dai loro drammi intimi, dalla loro rinuncia alla relazione, dalla loro incapacità di accedere alla “misura”. 

E non solo, ma ci mostrano come sia necessario aderire ad una nuova visuale nei confronti delle diverse tecniche di cura e dei diversi orientamenti, per arrivare a vedere l’importanza di ciascuno di essi e l’importanza di farli coesistere, di trovare un modo efficace di integrarli, con un atteggiamento opposto alle classiche e note diatribe tra psicoanalisi e cognitivismo, lettino e poltrona, setting individuale e setting di gruppo, programmi di cura svolti con un setting per volta e un curante per volta. È l’importanza di creare uno scenario di cura in maniera sartoriale, evitando l’ingenua idea che esista un modo di procedere adatto ad una determinata diagnosi e ad una determinata età, e abbracciando l’idea che sia inevitabile e necessario usare al contempo tutti i più recenti dispositivi terapeutici studiati, per fermare la corsa drammatica dell’adolescente afflitto da  spettri patologici complessi segnati da sofferenze articolate tra disturbi borderline di personalità, disturbi dell’umore, disturbi del comportamento alimentare, disturbi psicotici.

Il ricovero, il programma di presa in carico intensiva, la cura al domicilio, la seduta di marca psicodinamica, i programmi di cura individuale e di gruppo,  gli interventi psicoeducativi alternati a interventi educatoriali, le degenze ad hoc, la mindfulness, i gruppi composti da tutti i curanti e tutti i familiari, e poi in particolare le equipe dei curanti per studiare il lavoro in corso e per riunire le parti scisse del paziente e le identificazioni proiettive e i transfert e i controtransfert che il paziente mette in atto e induce con ciascuno di essi, ebbene questo insieme di esperienze e di interventi, praticati con libertà  di  scelta, insieme e non in alternativa all’altro si disegnano come un modo di usare la progressiva competenza in campo clinico di grande interesse. E soprattutto si disegnano come un modo di fornire al giovane in difficolta, in linea con il titolo del libro, un ambiente, una casa da abitare che gli permetta di avere in mente un nuovo oggetto interno fondamentale per salvarsi, legato alla idea che esiste un luogo dove si può trovare rifugio e la sufficiente sicurezza per poter pensare e non solo reagire.

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