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“Hans e gli altri” di M. Innamorati. Recensione di P. Ferri e G. Gentile

9/10/23
"Hans e gli altri" di M. Innamorati. Recensione di P. Ferri e G. Gentile


Parole chiave: Psicoanalisi; Psicoanalisi Infantile; Freud; Klein; Bion; Winnicott; Kohut
 

HANS E GLI ALTRI

Dieci bambini che hanno cambiato la storia della psicoanalisi di Marco Innamorati

(Raffaello Cortina ed. 2023)

Recensione a cura di Paola Ferri e Gabriella Gentile

Scriviamo una breve recensione in merito al libro Hans e gli altri, di Marco Innamorati, psicologo psicoterapeuta, docente di psicologia dinamica all’Università di Tor Vergata (Roma): l’autore scrive in maniera semplice e divulgativa ma molto appassionata, di dieci celebri casi della psicoanalisi o meglio della psicologia infantile, a partire dal piccolo Hans, trattato da Freud attraverso il padre, conoscente e frequentatore degli ambienti psicoanalitici.

Seguono Erich, figlio di Melanie klein, con cui fece il suo ingresso nella Società Psicoanalitica Britannica; la famosa Piggle di Winnicott; Anne, paziente di Ernst Kris, facente parte del gruppo degli Psicoanalisti dell’Io americani; e per contraltare ad Hans e alle teorie freudiane il piccolo Albert, trattato secondo metodo comportamentale da John B Watson, tra i primi 5 casi.

Seguono Stanley con Margaret Mahler, Laura con Bowlby e Robertson, Mary con la Fraiberg, Joey con Stern, ed Elliott con Beatrice Beebe.

Si notano non solo stili differenti tra psicoanalisti e non, ma differenti impostazioni anche tra gli psicoanalisti; soprattutto un grosso distacco tra le teorie pulsionali di Freud, e quelle relazionali sviluppatesi a partire da Melanie Klein. La quale può essere considerata la inventrice della psicoanalisi infantile, la scopritrice di quel setting unico e particolare che si sviluppa con il bambino nella stanza con il terapeuta.

Molte articolazioni e contrapposizioni si verificheranno a partire dal pensiero kleiniano, molte variazioni o estensioni di setting ( madre-bambino, genitori con o senza l’adolescente, interventi saltuari e di consultazione, anche relativamente al necessario adattamento all’interno delle istituzioni); ma Klein rimane la capostipite, colei che si approccia alla presenza e al riconoscimento dell’altro, della madre, non solo fantasticata e proiettata , ma anche personificante l’oggetto più o meno frustrante nei confronti dei bisogni e delle aspettative del bambino. Dà il via alla psicoanalisi oggettuale e relazionale, che avrà sviluppi attraverso Winnicott, agli psicoanalisti del Sè, fino ad arrivare al pensiero Bioniano e post bioniano attuali.

Partiamo quindi da Hans, trattato per la famosa fobia dei cavalli, attraverso il padre, che racconta a Freud gli accadimenti del piccolo e le interpretazioni fornitegli. Freud lo vedrà qualche volta, rimandandogli il desiderio pulsionale verso la madre e il senso di colpa che deriva dalla necessità di castrare il padre; lo spostamento sul cavallo diventa poi identificazione con lui, fino al riconoscimento del desiderio di “fare bambini con la madre”. Tutto finirà bene, con risoluzione della fobia, ma il giovane Hans, adulto, non si ricorderà nulla del trattamento.

Melanie Klen farà il suo ingresso nella Società di Londra attraverso il racconto dell’Osservazione del figlio, cosa oggi impensabile; ma costituisce fatto interessante l’introduzione del gioco come base del trattamento ( che ancora perdura) per interpretare vissuti di angoscia e aggressività nei confronti del seno materno, e la scoperta dell’istinto epistemofilico derivante dalla curiosità sessuale, che rende possibile qualsiasi processo conoscitivo. Erich modificherà il suo nome in Eric per sfuggire all’odio antisemita e dichiarerà che quella con la madre non era stata un’esperienza particolarmente piacevole ( un’ora tutte le sere prima di dormire), ma che non le serba alcun rancore.

Donald W. Winnicott con  Piggle introduce un setting molto elastico e adattabile alle circostanze ( la vede su richiesta anche una volta ogni qualche tempo), introduce un elemento affettivo e relazionale forte (anche con interpretazioni che non ci sogneremmo mai di fare oggi), ed usa il gioco per definire uno spazio relazionale reciproco e condiviso. Piggle divetterà psicoterapeuta e ricorda, in ulteriore consultazione analitica verso il 60 anni ( nel 2015) di non ricordare bene le sedute, ma sicuramente la presenza viva e rassicurante di Winnicott, e di essersi occupata anche di coloro che sono socialmente svantaggiati, proprio come il suo primo analista.

John Watson, comportamentista, ridefinirà il caso di Hans in termini non pulsionali, non senza contraddizioni, come illustra l’autore, ma avrà sicuramente il merito di risvegliare da un certo sonno dogmatico gli analisti degli anni 60.

Ernst Kris, psicoanalista dell’Io ci parla di Anne, che viene seguita presso una struttura ospedaliera pediatrica in consultazione per i primi tre anni, e diventa forse, uno dei primi fautori dell’infant observation: la bambina viene seguita nell’interazione con la madre dalla nascita, e se ne delinea una certa problematicità proprio a partire dalla difficoltà emotiva di quest’ultima, e dalla quasi totale assenza paterna, essendo il padre completamente concentrato sul lavoro.

La madre si mostrerà problematica rispetto al contatto fisico e affettivo con la bambina e molto frustrata dal suo ideale di madre perfetta, che non potrà mai assolvere, perché è un ideale impossibile, e perchè non seguirà i consigli di tornare al lavoro, che costituiva importante parte della sua identità. In una prima fase la bambina, Anne, avrà qualche ritardo cognitivo, in buona parte recuperato quando la madre potrà con la figlia svolgere quel ruolo da maestra che le è più confacente rispetto a quello di madre affettuosa, e quando nascerà finalmente un figlio maschio, da lei decisamente preferito. Purtroppo non si hanno notizie della bambina dopo i tre anni, né scritti precisi relativi al dopo i primi 15 mesi. Interessante l’integrazione che ne fa Lichtenberg, appartenente alla stessa scuola di pensiero.

Margaret Scorenberger (Malher) e la psicosi di Stanley

La Malher racconta che la relazione amorevole tra la sorella e la madre, da cui si era sentita non voluta, la spinsero verso lo studio della pediatria e della psicoanalisi. Costretta all’immigrazione si stabilì a New York, dove venne messa a capo del servizio di Psichiatria Infantile del New York State Psychiatric Institute.. Nella sua storia lavorativa un posto particolare occupa il caso di Stanley, un bambino psicotico che entra in analisi a sei anni e come tutti i bambini psicotici si caratterizzava per una memoria favolosa; pur sembrando questa una caratteristica positiva “in realtà esprime una grave patologia dell’io nel più cruciale è importante meccanismo di difesa: la rimozione”. Anche grazie a questo caso propone una teoria dello sviluppo psicologico che prevede una fase iniziale definibile come fase autistica normale in cui il bambino è inconsapevole del mondo esterno. Dopo qualche settimana entrerebbe in una fase simbiotica dove l’unico oggetto presente è la madre. Non vi è ancora una nascita psicologica che avverrà con l’inizio della fase di separazione- individuazione intorno al 4°-5° mese di vita.

John Bowlby, James Robertson e Laura all’ospedale da sola

Bowlby è il principale artefice della teoria dell’attaccamento. Figlio di una famiglia alto borghese, con una madre chiusa in se stessa e un padre preso dalla carriera, non a caso darà molto valore all’ambiente di accudimento, rovesciando la prospettiva psicoanalitica classica centrata sul mondo interiore del bambino. Durante la seconda guerra mondiale redige un rapporto sui problemi di salute mentale nei bambini senza casa, una vera e propria emergenza . La tesi fondamentale era che non solo i bambini soffrissero per la deprivazione materna, ma che una deprivazione prolungata inducesse danni permanenti. Robertson con Bowlby seguì una ricerca sulla separazione dalla madre nella prima infanzia e fu straziato dalla quantità di bambini che piangevano negli ospedali; e chi piangeva era considerato un caso atipico. Individuarono cosa accadeva nelle separazioni dai 18 ai 36 mesi di età: si attraversa una fase di protesta, perché la madre ritorni, seguita da una fase di negazione del bisogno della madre.

Nonostante Laura fosse una bambina normale nel giro di pochi giorni dopo la separazione, mostra comportamenti anomali. Bowlby si avvicina all’evoluzionismo e all’etologia: la ricerca della vicinanza fisica è di per sé il risultato di una selezione genetica; è più probabile che un piccolo sopravviva nell’ambiente se mantiene a lungo la vicinanza del genitore che lo accudisce, grazie ad un insieme di comportamenti coordinati e volti a ottenere risposte da parte dei caregiver.

Selma Fraiberg e il pianto di Mary

Le sue ricerche hanno contribuito in modo fondamentale a diversi aspetti della psicologia dell’età evolutiva. Arrivò alla psicoanalisi dalla professione di assistente sociale. Aveva quindi una particolare sensibilità per le fasce più svantaggiate della popolazione. Creò una modalità del tutto nuova di trattamento: la psicoterapia genitore-bambino. Sempre a lei si deve una teoria originale sulla trasmissione intergenerazionale della patologia. il suo primo testo “Gli anni magici” era una sorta di manuale pratico per i genitori, per comprendere i primi anni di vita come un periodo caratterizzato da un pensiero magico instabile e primitivo, senza un’immagine obiettiva della realtà. Per questo la proposta di limite, l’imposizione dei confini costituivano un compito imprescindibile per genitori responsabili. Nel progetto “Mental Health Program” incontra la bimba Mary e la madre.  Si tratta di una madre molto disturbata, con un tentativo di suicidio alle spalle, incapace di fronteggiare la vita quotidiana. Mary, anche se nutrita in modo sufficiente, pulita,  non aveva mai lasciato la culla. Non mostrava  nessun interesse per il mondo circostante, né cercava il contatto visivo e fisico con la madre neanche nei momenti di difficoltà. Quando qualcuno avrà ascoltato il pianto della madre, la madre sarà finalmente in grado di ascoltare il pianto della figlia, e così lentamente accadde.

Daniel Stern e il mondo immaginario di Joey

Stern costituisce un ponte tra l’ultima vera rivoluzione teorica della psicoanalisi, tra la psicologia del sé e l’infant research. La psicologia del sé nasce con Kohut che battezzò disturbo narcisistico la patologia derivante dalla mancata soddisfazione nel corso dei primi anni di vita. Stern concentrò la propria attenzione sull’età evolutiva ed abbracciò la teoria kouthiana. Nel diario di un bambino racconta momenti di vita che costituiscono i differenti sensi del sé.

Beatrice Beebe e i tre volti di Eliott

Le sue ricerche saranno una naturale prosecuzione dei lavori di Stern. Incontro fondamentale fu quello con Frank Lachman, uno degli esponenti della psicoanalisi intersoggettiva. Dalla loro collaborazione nasce l’idea di un campo bipersonale che organizzi l’esperienza sin dall’inizio. Formulò un’ipotesi affascinante delle aspettative che il bambino forma riguardo alle esperienze di prevedibilità della propria condotta e di quella del partner di interazione. L’azione terapeutica può esplicarsi in forma implicita, e non solo attraverso comunicazioni esplicite e verbali.

In questo prezioso libro è evidente come i progressi teorici clinici della Psicoanalisi nascano dallo studio e dal lavoro con l’infantile, sia che ci riferiamo a questa in senso stretto, sia che ci riferiamo a modelli di psicologia più generali. I bambini sono al centro di una rivoluzione nel modo di lavorare, nella definizione dei setting, e nello sviluppo di  formulazioni clinico-teoriche.

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