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“Le fiabe nel giardino” di F. Feliziani e M. Manica. Recensione di M. P. Ferrigno

13/02/23
"Le fiabe nel giardino"di F. Feliziani e M. Manica. Recensione di M. P. Ferrigno

Parole chiave, sono le seguenti: Psicoanalisi infantile, Freud, Ferenczi, Klein, Winnicott, Meltzer.

“Le fiabe nel giardino. Esperienze di psicoanalisi infantile”

di Franca Feliziani e Mauro Manica

(ARPA Ed., 2022)

Recensione a cura di Maria Paola Ferrigno

Questo libro, che è anche un saggio, tiene insieme, in una polifonia di voci e di ritmi, diverse identità: è un libro di clinica, è un libro di teoria ma anche un racconto, delicato e poetico, una raccolta di fiabe, immagini e storie che nascono nella cura analitica dei pazienti, in questo caso bambini.

Le poesie, le filastrocche e i canti, inoltre, ne completano la struttura poetica.

Il saggio, come il suo titolo, è ispirato dalla lettura del classico per l’infanzia di Frances E. Hodgson Burnett, Il giardino segreto, un romanzo che narra di tre bambini feriti che ritrovano vitalità, fiducia e desiderio dedicandosi alla cura di un giardino abbandonato e segreto: la progressiva pulizia del terreno, la tenace cura delle radici, il costante e paziente lavoro quotidiano regalano, in primavera, una meravigliosa fioritura.

Su questa metafora si costruisce, pagina per pagina, il saggio di Feliziani e Manica in cui si susseguono ‘bambini alla ricerca del loro giardino segreto, dove poter entrare, accompagnati da qualcuno di cui imparano a fidarsi, per incontrare i tanti personaggi che li abitano e costruire con loro tante storie di vita’ (pag. 25)

Jacopo, Gaia, Mauro, Alma, e altri piccoli pazienti insieme a loro, ci presentano, attraverso mostri, dinosauri, coccodrilli, pipistrelli e serpenti, i loro fantasmi e le loro angosce, le loro paure e la loro rabbia e Franca Feliziani, con la pazienza e la fiducia di un esperto giardiniere, apre zolle indurite dal trauma, arieggia gli angoli bui della deprivazione, concima terreni resi sabbiosi dall’abbandono, spegne brulicare di parassiti in zone infiammate dall’esclusione, ossigena aree rese asfittiche da oggetti β non trasformati. Dialoghi vivaci o cupi silenzi, scambi proficui o frasi senza ritorni: tutto si svolge in un clima calmo dove setting esterno e setting interno collaborano tollerando le difficili soste ma anche affrontando ritmi allegri.

Mauro Manica, come in un controcanto, propone la teoria, anch’essa in una tessitura leggera seppure profonda costruendo una sorta di dialogo, in cui lui opera un costante lavoro di traduzione e collegamento, tra Freud, Ferenczi, Klein, Winnicott, Meltzer. Compare così la ‘re-visione del setting’, le ‘emozioni e il loro contenimento’, ‘ dal gioco dei ruoli all’unisono’, ‘curano le parole?’, uno sguardo sulla depressione infantile’ e, infine, il ‘playning ensemble’, in cui ‘le discese depressive trovano ali’.

Sembra che il ‘giocare’- quella funzione che sta al cuore del pensiero di Winnicott come una funzione che dà vita alla relazione della madre con il suo bambino e dell’analista con il suo paziente – si presenti in questo saggio sotto diverse forme: il ‘giocare’ di Feliziani con i suoi pazienti e con i loro genitori, quello di Manica con i costrutti teorici e quel giocare tra i due Autori che si coglie, scorrendo il libro, come una trama sottile e un intreccio di in implicito dialogare tra loro.

I disegni dei piccoli pazienti, poi, fanno una parte importante: presentano personaggi, storie, fumetti, colori violenti o appena sfumati, forme primitive e delicate rappresentazioni, tracce colorate di un processo verso la rappresentazione e la simbolizzazione.

Un libro dove il lettore diventa spettatore partecipe, ora emozionato, ora triste, ora fiducioso, di percorsi di cura e di guarigioni ‘possibili’, di giardini segreti che possono rifiorire mentre le pagine diventano suoni, odori, rumori ma anche musica.

Mentre Feliziani ci presenta i suoi pazienti e la loro cura, Manica, profondo conoscitore di Freud, Klein e degli Autori post-kleiniani, ci ‘racconta’ la teoria psicoanalitica con un linguaggio che la rende fruibile anche al lettore meno esperto e che, soprattutto, accende la curiosità.

Come psicoanalista di bambini, e mi pare che risulti evidente dalla mia recensione, ho molto apprezzato questo libro: si legge come un racconto, una fiaba e, al contempo, come un saggio di psicoanalisi che, con la metafora della scoperta e ripulitura del giardino segreto, evoca il lavoro costante e paziente che il terapeuta, non solo di bambini, è chiamato a fare nel lavoro della cura.

“A primavera, il giardino fiorisce, diventando quel luogo dove ferite incancellabili possono trovare consolazione e dove la speranza può germogliare, in forza dei legami che uniscono i protagonisti” (dalla quarta di copertina)

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