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“Rotture evolutive”di A. M. Nicolò. Recensione di C. Riva Crugnola

20/06/21
LIECHTENSTEIN

LIECHTENSTEIN

“Rotture evolutive. Psicoanalisi dei breakdown e delle soluzioni difensive”

di Anna Maria Nicolò

(Raffaello Cortina ed., 2021)

Recensione a cura di Cristina Riva Crugnola

 

Il volume appena pubblicato di Anna Maria Nicolò costituisce senza dubbio un punto di riferimento importante e significativo per la comprensione della psicopatologia dell’adolescenza e, dunque, per tutti coloro psicoanalisti, psicoterapeuti e neuropsichiatri infantili che lavorano con una prospettiva clinica psicoanalitica con gli adolescenti, ancora di più in questo periodo in cui la pandemia ha fatto emergere e reso maggiormente visibile il disagio adolescenziale. L’autrice mette al servizio del lettore la sua lunga e approfondita esperienza clinica con gli adolescenti e le loro famiglie, ma anche di studio e ricerca e di partecipazione a importanti committee come quello volto ad organizzare il Forum per la psicoanalisi degli adolescenti della European Psychoanalytical Federation.

"Rotture evolutive" di A. M. NicolòA partire dal titolo “Rotture evolutive” l’autrice ci offre una chiave di lettura del disagio adolescenziale che attraversa tutto il volume. L’adolescenza viene cioè vista come una condizione particolarmente rilevante nel ciclo di vita da considerarsi “come un agente organizzatore della mente” in quanto implica una complessa riorganizzazione in senso evolutivo e trasformativo della personalità e dell’identità che si esplica attraverso processi di soggettivazione e di simbolizzazione del corpo sessuato e di integrazione dell’aggressività insieme a quelli di disidentificazione dalle figure genitoriali dell’infanzia. Tali processi possono tuttavia incontrare ostacoli nel loro sviluppo, dando luogo a manifestazioni psicopatologiche che vari autori hanno definito breakdown evolutivi e che Nicolò definisce più propriamente rotture o crisi evolutive a segnalarne il potenziale trasformativo: da breakdown/crollo a breakthrough/apertura, riprendendo la sua citazione di Laing a proposito della follia.

Interessante a questo proposito notare che la posizione assunta dall’autrice si inserisce in un filone di pensiero sempre più ampio nell’ambito dell’orientamento psicoanalitico e psicodinamico che, a partire dalla corrente della Developmental Psychopatology (Cicchetti, Cohen, 2006), evidenzia l’importanza di considerare il disagio psicopatologico collocandolo nei diversi periodi del ciclo di vita e valutandolo rispetto ai compiti evolutivi di ciascun periodo. Vedi a questo proposito ad es. il PDM-2 (Lingiardi, McWilliams, 2017) che differenzia per quanto riguarda la valutazione diagnostica oltre che i bambini e gli adolescenti rispetto agli adulti, anche i soggetti anziani rispetto a questi ultimi. Riguardo all’adolescenza alcuni, d’altra parte, considerano rilevante differenziare la giovane età adulta o meglio quella che viene definita emerging adulthood (Arnett, 2016) evidenziandone alcune specificità rispetto alla psicopatologia e al trattamento (Grant, Potenza, 2010; Riva Crugnola, 2017).

Seguendo questa prospettiva, i capitoli centrali del volume affrontano il tema della valutazione delle diverse forme di disagio alla base di tali breakdown, siano esse sentimenti di depersonalizzazione e di derealizzazione, fantasie paranoidi o ideazioni suicidarie, etc., mettendo in luce come tali forme nel corso dell’adolescenza possano avere caratteristiche maggiormente fluide e dunque potenzialmente evolutive rispetto ad altri periodi, sfuggendo in questo modo in larga parte alla definizione di manifestazioni psicotiche.

Ripercorrendo a questo riguardo alcuni autori centrali rispetto al tema del breakdown, dai Laufer a Ladame a Cahn, a Novelletto, per citarne solo alcuni, fino allo scritto magistrale di Winnicott (1963) La paura del crollo, Nicolò ci fornisce una sua chiave originale di lettura di tali crisi, evidenziando alcuni punti cardine ineludibili che si delineano preziose linee guida per comprenderle e valutarle.

In primo luogo, il tema del corpo affrontato nel capitolo intitolato “Il corpo negato ripudiato, persecutorio” dove l’autrice evidenzia come l’adolescente debba operare un complesso processo di integrazione tra l’investimento libidico del proprio corpo infantile mediato dalle esperienze sensoriali/sensuali delle cure materne e di quello sessuato della pubertà. Se tale processo di risimbolizzazione si interrompe o abortisce, spesso a fronte di carenze affettive precoci, il corpo viene ripudiato e vissuto come persecutorio dall’adolescente, dando luogo a differenti manifestazioni psicopatologiche, dai disturbi alimentari, ai vissuti disformofici alle modalità di self-cutting.

In secondo luogo, la necessità di allargare la valutazione del breakdown adolescenziale all’ambiente dell’adolescente e, in particolare, a quello famigliare dove si può trovare, nei casi più problematici, una vera e propria “organizzazione traumatica dei legami famigliari”. E questo è a mio parere uno dei punti più originali del volume, rispetto al quale l’autrice evidenzia l’importanza, per valutare la portata della crisi adolescenziale, di considerare le identificazioni alienanti transpersonali e transgenerazionali di cui l’adolescente è stato oggetto e, frequentemente, è tuttora oggetto e che ostacolano il suo processo di soggettivazione. Senza questa valutazione, può essere difficile o addirittura impossibile capire il disagio che l’adolescente manifesta. Infatti: “La messa in crisi del corpo dell’adolescente è parallela alla crisi di mezza età dei genitori con la perdita della creatività biologica e al lutto possibile dei nonni. La perdita dell’onnipotenza avverrà in parallelo nella mente dell’adolescente” (Nicolo, 2021, p.145). Tali legami possono svolgere una funzione antiedipica e antidepressiva – afferma l’autrice riprendendo Racamier – impedendo il processo di soggettivazione dell’adolescente che non è in grado da solo di appropriarsi e di metabolizzare tali proiezioni – spesso presenti come memorie traumatiche non consapevoli negli stessi genitori – disindentificandosi dai desiderata genitoriali.

Terzo punto cardine sono le soluzioni difensive che l’adolescente può trovare per fronteggiare il rischio di breakdown e che l’autrice considera nel dettaglio: dalle perversioni alle fantasticherie ruminative fino agli agiti violenti e al self-cutting, soluzioni che possono anch’esse avere tuttavia caratteristiche di fluidità e mobilità e dunque di trasformabilità.

Sullo sfondo di questi punti cardine è da collocarsi infine la comprensione del disagio adolescenziale nel quadro della società occidentale contemporanea che – come evidenzia l’autrice – costringe l’adolescente a perseguire il raggiungimento di un’identità “estetica” più che reale, rispetto alla quale fondamentale è la ricerca della continua – eppure superficiale – conferma della propria immagine da parte dell’altro.

Tutti i punti citati sono affrontati da Nicolò attraverso la presentazione di casi trattati personalmente o attraverso supervisioni che ci permettono di entrare nel vivo del mondo dell’adolescente e del suo disagio nonché di seguire passo passo l’andamento del processo terapeutico.

In questo panorama complesso e articolato tratteggiato dall’autrice, quale ruolo è assegnato all’analista? Sicuramente quello di fungere da oggetto evolutivo e soggettualizzante per l’adolescente, in modo di aiutarlo a riprendere il cammino interrotto. Per fare questo, coerentemente ai punti cardine segnalati sopra, è particolarmente importante per l’autrice comprendere anche i modelli relazionali della famiglia dell’adolescente, attivando quanto più possibile percorsi terapeutici, di coppia o individuali, a questi ultimi dedicati in grado di mobilizzarne possibili risorse e contrastarne spinte anti-evolutive.

Il trattamento del disagio adolescenziale si configura dunque un’occasione preziosa e imperdibile per l’analista – questo l’insegnamento prezioso del volume di Nicolò – il quale, a fronte della fluidità e della potenzialità trasformativa insita nelle crisi e nelle rotture dell’adolescenza, può contribuire alla loro ridefinizione in senso evolutivo e al contempo svolgere una cruciale funzione preventiva rispetto al loro cronicizzarsi, delineandosi “la persona dell’analista e la sua posizione nel setting fondamentali per la ripresa della speranza” (Nicolò, 2021, p.120).

 

Riferimenti bibliografici

Arnett, J.J. (Ed.) (2016). The Oxford Handbook of Emerging Adulthood. New York: Oxford University Press.

Cicchetti, D., Cohen, D.J. (2006). Developmental Psychopathology. New York: Wiley.

Grant, J. E., Potenza, M. N. (2010). Young Adult Mental Health. New York: Oxford University Press.

Lingiardi, V., McWilliams, N. (2017). PDM-2. Manuale diagnostico psicodinamico. Tr.it. Milano: Raffaello Cortina, 2020.

Riva Crugnola C (2017). Emerging adulthood: Modalità di intervento clinico. Psicologia Clinica dello Sviluppo, 21: 321–328.

Winnicott, D. (1963). La paura del crollo. Tr. it, in Winnicott, C., Sheperd, R., Davis, M. (a cura di) Esplorazioni psicoanalitiche. Milano: Raffaello Cortina, 2021.

 

 

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