La Ricerca

“Una città sul lettino” di A. Battistini. Recensione di P. Moressa

9/01/23
"Una città sul lettino" di

Angelo Battistini

“Una città sul lettino – Psicoanalisi e vita quotidiana”

A cura di Cinzia Carnevali e Simona Lucantoni

Prefazione di Sarantis Thanopulos

(Alpes ed., 2022)

Recensione a cura di Pierluigi Moressa

“Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quello che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l’imperatore dei tartari continua ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità e attenzione che ogni suo altro messo o esploratore”. L’incipt con cui Italo Calvino introduce il testo de “Le città invisibili” fa pensare a come il luogo da cui muove Battistini ne “Una città sul lettino” debba essere ascritto alla medesima categoria degli spazi urbani concepiti dallo scrittore: anch’essa città invisibile, dunque, tanto da essere collocata sul lettino dello psicoanalista e ascoltata con l’attenzione fluttuante che si riserva alle libere associazioni dei pazienti. Così, Battistini si trasforma in esploratore di uno spazio sospeso fra notizia e riflessione che dalla Rimini delle cronache si dilata al mondo contemporaneo, agli aspetti più vari della società e del costume con attenzione a ciò che può riservare uno spessore di pensiero a volte inatteso, mai scontato e banale. Il volume fa seguito a un precedente testo, “Il Resto del Lettino”, edito nel 2008, e raccoglie gli articoli che negli anni successivi, ogni mercoledì, Battistini ha pubblicato su Il Resto del Carlino entro le pagine della cronaca locale. Per questo, il punto di vista psicoanalitico è potuto giungere a tutti i lettori del giornale, non certamente un pubblico specialistico, ma una grande platea che si è mostrata disponibile a cogliere la qualità di un messaggio originale. Battistini ha posto attenzione a non cadere in un tentativo di interpretazione o di formulazione calata dall’alto. La sua scrittura è, infatti, attenta a presentare idee che risultano il frutto di una lunga frequenza dell’inconscio tanto da poter trarre fili di congetture e ipotesi capaci di suscitare nuovi interrogativi. La città di Battistini è, allora, un punto di partenza per ulteriori approfondimenti e tentativi di conoscenza condotti con l’umiltà del ricercatore che sa di poter non essere creduto, ma cerca di offrire un resoconto attendibile ed esauriente. Uno dei pregi del testo è la chiarezza dell’esposizione e la capacità di far comprendere come nuclei di verità soggettiva possano essere colti entro le pieghe della realtà, anche in quei fatti che, apparentemente inspiegabili, riescono a trovare possibili risposte e avvincenti chiavi di lettura. Suddiviso in dodici sezioni, il libro rende l’idea di come Battistini abbia inteso sviluppare il lungo discorso con i lettori: le prime sette sono dedicate ad approfondire aspetti sociali con uno sguardo ai frequenti fenomeni di violenza (stalking, stupro, stragi, femminicidio), all’uso dei social media, all’espressione dei sentimenti in un mondo caratterizzato da “mutazioni antropologiche”; seguono sezioni dedicate al cinema, ai confronti fra ieri e oggi, alle relazioni tra società e cultura; le ultime due sezioni esplorano il “Pianeta psiche” e l’“Esperienza psicoanalitica”. Di fatto, nel segmento dedicato al proprio lavoro quotidiano, Battistini affronta l’impegno di non rinunciare “a spiegare anche i concetti psicoanalitici più complessi”. Ciò che risulta è un breve compendio a uso del lettore medio, dove la psicoanalisi scende dal lettino per farsi esperienza umanamente possibile; in questo modo, sulle colonne del Carlino si è potuto trattare di resistenze, libere associazioni, nuovi scenari terapeutici, interpretazione dei sogni. Ritengo che il testo possa risultare utile anche a chi, tra i professionisti della salute mentale, intenda rendere meglio accessibile e rappresentabile l’idea di una cura mediata dalle parole e fondata sulla relazione. La sintesi che Battistini compie nella Lettera di commiato è una constatazione: si può trasmettere una cultura più alta, avvicinare molti a un trattamento ritenuto una esperienza d’élite, compiere una lettura dei fenomeni alla luce (per quanto possibile) dei fattori inconsci. Questa scommessa, come l’autore annota, è stata vinta; io aggiungerei che, col suo libro, Battistini ha aperto una via agli analisti perché possano intessere in maniera convincente un dialogo con l’esterno, possibilità concreta di diffondere la conoscenza e di trasmettere la vitalità dell’esperienza psicoanalitica, segno di una permanenza, oltre il tempo, di quella città interiore che il libro ci ha svelato: “solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti”.

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