La Ricerca

9-12 Luglio 2015, Amsterdam – The 16th International Neuropsychoanalysis Congress – Plasticity and Repetition (and other topics). Resoconto di Cristiana Pirrongelli

15/09/15

9-12 Luglio 2015, Amsterdam – The 16th International Neuropsychoanalysis Congress – Plasticity and Repetition (and other topics). Resoconto di Cristiana Pirrongelli

 

 

Negli anni dell’abbandono del Progetto per una Psicologia scientifica, Freud scrive all’amico Fliess: “Non falliremo. Al posto del passaggio che cerchiamo, forse scopriremo oceani di cui i nostri successori dovranno spingere l’esplorazione ben più lontana”.  (Lettera di S.Freud  a Fliess, 3 Gennaio 1897)

Nel XVI Congresso di Neuropsicoanalisi ad Amsterdam la psicoanalisi è stata molto presente e sulla bilancia degli interventi congressuali ha pesato tanto quanto le scoperte neuroscientifiche. È stato bello percepire la dimensione profonda e tridimensionale donata da un simile sforzo integrativo.

La locandina così annunciava quello che il Congresso si proponeva di trattare:

“Nella psicoanalisi creiamo le condizioni per il cambiamento. Una cura riuscita porta a molti cambiamenti – nelle difese, nelle rappresentazioni di sé e dell’altro, e molto altro ancora. Vista la recente ricerca sulla plasticità nelle neuroscienze, cosa possiamo dire oggi sui meccanismi di cambiamento in psicanalisi? E come potrebbe questo far avanzare il nostro lavoro clinico?

D’altra parte, essere ottimisti sulla plasticità, porta il rischio di minimizzare quello che gli analisti sanno molto bene: le caratteristiche mentali personali sono in realtà notevolmente resistenti e tenaci.

Cosa possiamo dire oggi su questi meccanismi che si oppongono al cambiamento: staticità mentale e rigidità?”.

 

(  N.B. Essendo moltissimi gli interventi e i simposi paralleli, il presente report risente di qualche incompletezza e superficialità )

 

 

EDUCATIONAL DAY

 

A proposito di una maggiore presenza della psicoanalisi in questo congresso di neuropsicoanalisi, l’Educational Day è stato aperto dalla relazione di Anna Bentick Van Scoonheten (*) psicoanalista privata ad Amsterdam, la quale ha presentato due casi clinici in analisi, l’uno riguardante la comparsa di una tipica coazione a ripetere dopo un evento traumatico inaspettato, e, il secondo, la scomparsa di una simile sintomatologia durante un percorso analitico. Attraverso riflessioni sulle teorie di Freud, Strachey, Klein, Abraham e Green, la relatrice ha affrontato questioni di tecnica alla luce dell’evoluzione storica in psicoanalisi.

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(*) Scarica le sue diapositive (“Change in the Personality, Repetition and Psychoanalytic Technique in the History of Psychoanalysis“)

 

Marianne Leuzinger-Bohleber, psicoanalista, universitaria e ricercatrice,ha inveceportato irisultati di uno studio comparato a lungo termine (LAC), su pazienti depressi in psicoterapia analitica o cognitivo comportamentale mostrando risultati analoghi tra i due approcci già a un anno dall’inizio del trattamento. Sono stati illustrati i vari strumenti di ricerca clinici ed extra clinici utilizzati per le valutazioni. Particolarmente interessante l’emergere, nel 70% dei pazienti trattati in analisi, di una serie di traumi cumulativi precoci non emersi nell’altro tipo di trattamento.

 

Yoram Yovell, uno dei padri della neuropsicoanalisi, ha portato una rassegna retrospettiva sui vari sistemi di memoria a partire da Brenda Miller sino agli studi più recenti. Ha illustrato la dicotomia tra memoria esplicita e implicita, e la loro relazione con la concezione neuroscientifica di inconscio, rimozione, trauma psichico e amnesia infantile. Tutti gli stadi dell’elaborazione della memoria – codificazione, immagazzinamento, consolidamento, rievocazione e riconsolidamento sono stati descritti anche alla luce dell’ effetto delle emozioni su tali processi. I falsi ricordi, i ricordi poco attendibili dei testimoni oculari, la suggestione nella memoria infantile, I molteplici modi in cui il trauma psichico viene ricordato e dimenticato, la rimozione, i ricordi di abuso falsi e quelli recuperati alla luce degli studi neuropsicanalitici recenti sono stati altri temi trattati.

 

Per ultima Cristina Alberini, direttrice alla N.Y. University di un laboratorio che si occupa di ricerca sulla memoria, ha affrontato il tema del riconsolidamento della memoria cioè la serie di eventi che questa attraversa, nel momento in cui il ricordo viene rievocato, dapprima trovandosi in uno stato di fragilità temporanea per poi riconsolidarsi. Ha mostrato come gli ultimi studi neuroscientifici abbiano individuato diversi confini, limiti di riconsolidamento, circuiti e caratteristiche specifiche per i diversi tipi di memoria. Ha riportato alcuni studi sulle memorie traumatiche che mirano a identificare meccanismi e approcci che possano favorire un più mirato intervento psicanalitico. La relatrice disserta su quanto, la conoscenza del meccanismo del riconsolidamento, visto l’effetto di questo sulla complessità dei ricordi umani, sia utile alla psicoanalisi e anche alla psichiatria.

 

 

 

APERTURA DEL CONGRESSO –  Giovedì 9 Luglio

Benvenuto del Preside e Commenti di apertura di Mark Solms

 

Norman Doidge – Riflessioni sulla Rivoluzione della Neuroplasticità e Psicoanalisi

Norman Doidge, personaggio molto eclettico, psichiatra, poeta, giornalista, divulgatore e ricercatore in psicologia e psicanalisi (Columbia e Toronto University) autore de “Il cervello infinito. Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello” ha trattato il suo tema preferito, quello della neuroplasticità e ha esposto casi neurologici che hanno potuto ben recuperare deficit, grazie al fatto di non avere precedentemente appreso a usare parti o funzioni del . , stimolate nella “riabilitazione” Secondo un approccio assolutamente anti-locazionista, Doidge è fermamente convinto delle capacità neuroplastiche cerebrali.  Ha tracciato ipotesi di cura anche in ambito psicoanalitico, differenziando alcuni ostacoli in corso di trattamento, considerabili un tempo come fenomeni di resistenza, visti ora come necessità di nuovi apprendimenti e sviluppo di nuove capacità grazie alla neuroplasticità cerebrale. Ha descritto come, comportamenti e pensieri rigidi, non siano necessariamente prova di assenza di plasticità del cervello, ma, in alcuni casi, addirittura prova della sua presenza.

 

 

Venerdì 10 Luglio  –  Sessione Plenaria (Presidente: Andrea Clarici)

Cristina Alberini – La traccia fragile della memoria: consolidamento, riconsolidamento e psicoanalisi.

Cristina Alberini ha riproposto sostanzialmente quanto già esposto nell’educational day riguardo ai ricordi. Un ricordo a lungo termine appena formato è inizialmente labile e passa attraverso un processo conosciuto come consolidamento per poi diventare stabile e persistente. Una volta stabilizzato, il ricordo può ancora una volta diventare fragile e passibile di cambiamento se viene ricordato o riattivato per poi subire un processo di ristabilizzazione conosciuto come riconsolidamento della memoria. Ha evidenziato il ruolo di diverse molecole tra le quali la proteina IGF2 e il lattato nei processi di consolidamento e riconsolidamento. Inutile dire quanto la fragilità temporale di ricordi ricuperati sia importante in psicoanalisi perché offre nuove informazioni che possono essere utili per disegnare nuovi approcci terapeutici. La relatrice ha trattato le nuove acquisizioni e, in particolare, quelle che rivestono importanza per le teorie psicoanalitiche e nuovi approcci terapeutici.

C.Alberini è Professore al centro di scienze neurologiche presso la N. Y. University e Prof. Aggiunto presso il Dipartimento di Neuroscienze, Psichiatria, Biochimica presso l’ICAN School di Medicina del Monte Sinai di N.Y. da più di vent’anni studia i meccanismi biologici della memoria a lungo termine e del disturbo post – traumatico. Ha vinto importantissimi premi scientifici.

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di C.Alberini v., su questo sito:

Alberini C. (2015). Consolidamento della memoria. Registrazione audio della relazione tenuta presso la Casa della Cultura, Milano,15 Giu 2015
Alberini C. (2011). The role of reconsolidation and the dynamic process of long term memory formation and storage Front.Behav.Neurosci. March 2011

 

 

Francois Ansermet– Plasticità neuronale: paradossi di un cervello che sempre cambia

F. Ansermet psicoanalista, membro della Scuola per la causa freudiana, della NLS e dell’Associazione Mondiale della Psicoanalisi. Professore di psichiatria infantile all’università di Ginevra e Capo del Dipartimento di infanzie e adolescenza presso l’Ospedale universitario di Ginevra. Allo stesso tempo lavora sulle nuove scoperte nella Biotecnologia perinatale, in particolar modo nella procreazione medicalmente assistita, attribuzione di sesso in caso di ambiguità genitale, medicina genetica e predittiva. In collaborazione con Pierre Magistretti, cerca, a partire dal paradigma della plasticità neuronale, un link tra neuroscienze e psicoanalisi

François Ansermet, sostiene che i network neurali sono costituzionalmente dotati della capacità di rimanere aperti al cambiamento e modificare se stessi di fronte ad una nuova esperienza e che il cervello va considerato come un organo altamente dinamico in interazione permanente con l’ambiente circostante cosi come con la vita psicologica del soggetto. È questo il punto dove le due discipline, la psicoanalisi e le neuroscienze, convergono, perché entrambe confermano l’unicità e la diversità biologica e psicologica di ogni soggetto sempre in divenire verso una sua individualità.L’esperienza della circostanza modifica costantemente non solo il cervello ma anche il processo del divenire di ogni soggetto in evoluzione.

 

 

Marc Hebbrecht– Teoria psicanalitica contemporanea dei sogni: ripetizione o ulteriore elaborazione? Risvolti per il cambiamento psichico

Marc HebbrechtPsichiatra, psicoanalista. Analista di training della Società belga di psicoanalisi, membro dell’IPA,e insegna presso il Post Graduate Training psicoterapia psicoanalitica, università Cattolica di Leuven e al Post Graduate Training in psicoterapia integrata presso l’Università di Antwerp. È stato presidente della Flemish Association for Psychoanalytic Therapy (VVPT). È editore di riviste psicoanalitiche.

Marc Hebbrecht, è psichiatra, e psicoanalista, membro dell’IPA (International Psychoanalytical Association) e lavora come psichiatra. La relazione del Dottor Hebbrecht è stata rigorosamente psicoanalitica, incentrata, con l’aiuto di una vignetta clinica, sulla teoria bioniana dei sogni e su come i sogni siano fedeli nel riportare il cambiamento del paziente. Ha quindi fatto alcuni collegamenti tra sogni, cambiamenti in analisi e neuroscienze.

 

 

Jaak Panksepp  –   Memorie ancestrali: verso “new laws of affect” con risvolti per nuove terapie

Jaak Panksepp, psicologo, biologo, etologo e neuroscienziato statunitense di origine lettone, padre delle “Affective neuroscience” era particolarmente esultante per la scoperta pubblicata quest’anno da Science secondo la quale: ”Durante lo sviluppo del feto, l’espansione della neocorteccia, la parte evolutivamente più recente della corteccia cerebrale, è controllata in gran parte da un gene denominato ARHGAP11B, comparso nel ramo filogenetico degli esseri umani dopo la separazione dagli scimpanzé. L’ipotesi è che proprio questo gene abbia avuto un ruolo importante nel differenziare ominidi ed esseri umani moderni dagli antichi progenitori comuni agli altri primati” Science, 27 febbraio 2015. Tale scoperta avvalora la sua teoria riguardo al nostro essere dei mammiferi appena modificati da una neocorteccia recente e di peso relativo per la mente umana. La considera la scoperta più importante dell’anno. Ha poi ricordato il suo pensiero sull’importanza delle emozioni di base in comune con gli animali come modo ottimale per comprendere scientificamente la costituzione neuronale della coscienza emotivo-affettiva negli esseri umani. La ricerca in questo campo ha rivelato l’esistenza di omologie neuroanatomiche e neurochimiche profonde nei sistemi che controllano l’emozionalità’ di tutte le specie mammifere e aviarie, ma il modo in cui queste questioni di base per la costruzione evolutiva della mente affettiva incida sull’apprendimento e la costruzione evolutiva dei pensieri e rappresentazioni mentali cognitive superiori rimane sconosciuto (per esempio, i ‘problemi difficili’ (‘hard problems’) della coscienza cognitiva). Anche se abbiamo ora modo di studiare i qualia affettivo-emozionali di tutte le specie, nella sua relazione ha riepilogato come vari network neurali subcorticali ‘istintuali’ nomotetici non solo controllino l’apprendimento ma anche come essi facilitino la costruzione idiografica della mente superiore. Mentre il lavoro fatto sui sistemi emozionali di base del cervello ha già favorito lo sviluppo di varie terapie psichiatriche nuove (oppiacei,rinforzo di sistemi emozionali positivi) una comprensione della costruzione evolutivo/epigenetica delle abilità della mente superiore attraverso comprensioni empiriche su come le “ leggi dell’affettività ” facilitino la costruzione socio-culturale delle abilità della mente superiore (attraverso la facilitazione affettiva della costruzione glutammatergica dei ricordi) può avere un impatto profondo sulle terapie cliniche nonché informarci sui modi migliori per crescere i nostri figli attraverso una comprensione di come le nostre emozioni e i nostri affetti governino i passaggi cognitivi evolutivi. Ha ricordato e proiettato la slide di quando, nell’estate del 2012, un gruppo di scienziati impegnati nella ricerca sugli animali ha firmato, alla presenza dell’astrofisico Stephen Hawking, la “Cambridge declaration on consciousness in human and nonhuman animals”, un documento in cui si afferma che mammiferi, uccelli e altre creature –compresi i polipi–hanno una coscienza e, molto probabilmente, emozioni e consapevolezza di sé.

di J.Panksepp, v., su questo sito,:15 Ott 2014, Bologna – The Archeology of Mind. Lettura Magistrale di J.Panksepp

 

 

Marinus van Ljzendoorn – Attaccamento, ormoni e il cervello: sull’attaccamento, l’ossitocina e le risposte  neurali agli stimoli infantili

Marinus van LjzendoornProfessore presso il Rommert Casimir istituto di Psicopatologia dell’età  evolutiva all’Università di Leiden e ricercatore presso l’Università Erasmus di Rotterdam. Dirige il programma di ricerca sulla Regolazione emozionale e l’Attaccamento, a Leiden (PEARL). Ha vinto numerosissimi premi internazionali.

Secondo Van Lijzendom, gli studi e la teoria dell’attaccamento sono stati anche e soprattutto i primi studi sistematici sulla teoria evoluzionistica dello sviluppo umano. Il presente lavoro propone alcuni studi su gruppi clinici e di controllo alla ricerca dei correlati neurobiologici responsabili della predisposizione alla genitorialità, all’attaccamento nel bambino e nell’adulto. In particolare il ruolo dell’ossitocina e di altri ormoni responsabili dell’attaccamento. Ritiene infatti che sia giunto il tempo di “andare sotto la pelle” e scoprire cosa guida le nostre emozioni, invece di limitarsi a osservarle e fare speculazioni secondo i diversi orientamenti teorici.

 

 

 

PRIMO SIMPOSIO PARALLELO  (Presidente:  Mathieu Arminjon)  Relazione introduttiva del Presidente

 

Matthieu Arminjon – Riconsolidamento e i marcatori somatici: un resoconto interdisciplinare della plasticità e della coazione a ripetere nella guarigione psicoanalitica

Matthieu Arminjon – Università di Ginevra,Psichiatra, Post-Doc. University of Geneva , Psychiatry , Post-Doc editOther AffiliatioResearch Interests:Interessi di Ricerca: Philosophy , Philosophy of Mind , Neuroscience , Cognitive Science , Psychoanalysis , Hermeneutics , and 16 morePsychiatry , Phenomenology , Consciousness , Philosophical Psychology , Editorial , Cognitive Phenomenology , Philosophy of Science , Continental Philosophy , Gilles Deleuze , Friedrich Nietzsche , Edmund Husserl , History , Politics , Michel Foucault , Public Policy , and History of ScienceFilosofia,Filosofia della Mente,Neuroscienze,Scienze Cognitive,Psicoanalisi,ermeneutica,

Ansermet e Magistretti (2007) hanno identificato due concetti chiave che hanno permesso alla psicoanalisi di riprendere il dialogo con le neuroscienze. (1) La plasticità neurale e il riconsolidamento della memoria, che dovrebbero contribuire al processo della guarigione psicoanalitica e (2), I marcatori somatici che potrebbero dare una base biologica alla teoria delle pulsioni di Freud come base della vita affettiva. La Fondazione Agalma ha lanciato un programma di ricerca mirato a indagare questo modello da una prospettiva interdisciplinare. Questo simposio si è proposto di mostrare come questo lavoro in corso contribuisca a specificare come il riconsolidamento e la ripetizione possano essere integrate in un modello neuropsicoanalitico.

La prima relazione userà i concetti di plasticità del cervello e di marcatore somatico per mostrarne l’incompatibilità da una prospettiva Freudiana a meno che non si introduca il concetto di riconsolidamento della memoria. Usando questo tipo di ipotesi   si farà un abbozzo di un modello collaudabile di memoria del corpo (embodied memory).  Il secondo intervento presenterà un tentativo di collaudare  questo modello cercando di verificare  se, manipolando i marcatori somatici durante una riattivazione della memoria si riducano i ricordi negativi e se la manipolazione possa durare nel tempo (cioè se possa essere riconsolidata). Il secondo intervento sarà un’esposizione clinica di un caso, focalizzandosi sul ’impatto della rappresentazione dello stato del corpo e la traccia riassociativa (trace re-association) sul processo di ripetizione del trauma.

Memoria del corpo (embodied memory): genesi di un’ipotesi neuropsicoanalitica

Due concetti hanno giocato un ruolo cruciale nel fondare la neuropsicanalisi. Primo,quello di  plasticità neuronale enfatizzata come uno degli agenti  di cambiamento di base che sottostanno agli effetti terapeutici  della psicoanalisi. Secondo, l’ipotesi dei marcatori somatici di Damasio (1994) che  ha riabilitato l’affettività’ come un determinante centrale a livello neurobiologico e cognitivo. Eppure, da un punto di vista psicoanalitico, il tipo di connessioni che si possono stabilire tra la plasticità e gli stati somatici rimane oscuro e paradossale. Infatti, Freud (1914) definì la ripetizione come il modo in cui i soggetti mettono in atto problemi fisici e affettivi attraverso  il transfert  invece di ricordarli. La ripetizione e la coazione a ripetere  allora appaiono  come una modalità  di ricordo patologica incorporata e incastrata (nel corpo-cervello) che costringe i soggetti alla compulsione. Questo Indica forse che una rilettura di Freud porterebbe a  considerare  la plasticità e i marcatori somatici come concetti opposti? Nel corso dell’esposizione è stato proposto che il riconsolidamento della memoria sia l’anello mancante tra la plasticità e la ripetizione. È poi stata proposta una riflessione critica sull’esperimento di Schwabe e altri (*) . secondo i quali la memoria può essere distorta da informazioni fuorvianti post-evento in quanto si è rilevato che partecipanti stressati fanno loro l’informazione fallace in un test di memoria consequenziale meno spesso dei controlli, suggerendo che lo stress riduca la distorsione dei ricordi. Tale esperimento è stato criticato. Il relatore ha sostenuto una “embodied conception of memory” e  considera arruolate nella scena psicoanalitica sia la plasticità sia la ripetizione.

(*) v. l’abstract di Schmidt PI, Rosga K, Schatto C, Breidenstein A, Schwabe L. (2013). Stress reduces the incorporation of misinformation into an established memory. Learn Mem. 2013 Dec 16;21(1):5-8.

Memory can be distorted by misleading post-event information. These memory distortions may have serious consequences, for example in eyewitness testimony. Many situations in which memory reports are solicited, and suggestive or misleading information is presented, are highly stressful for the respondent, yet little is known about how stress affects people’s susceptibility to misinformation. Here, we exposed participants to a stressor or a control manipulation before they were presented misinformation about a previous event. We report that stressed participants endorsed misinformation in a subsequent memory test less often than control participants, suggesting that stress reduces distortions of memory by misleading information.

 

 

Delphine Preissman & Floriane Chmetz – Come possono i marcatori somatici interferire con il riconsolidamento della memoria?

Floriane Chmetz ha studiato psicologia presso l’Università di Losanna. Presso la fondazione Agalma è Studente PhD sul progetto di ricerca: ”Riconsolidamento e markers somatici”. Delphine Preissman è psicologa e ha conseguito un PhD in Neuroscienze all’Università di  Losanna e Ginevra. La sua ricerca verte sul tema memoria e comportamento e i correlati neurali, con particolare attenzione al link fra neuroscienze e psicoanalisi.

Freud (1915) affermò che gli affetti e la rappresentazione dei ricordi sono due componenti psichiche distinte con destini diversi: le rappresentazioni sono tracce della memoria, e gli affetti sono processi derivanti dalle pulsioni, percepiti come sentimenti. Sono stati presentati i risultati sperimentali che sostengono questa concezione dinamica della memoria e della nascita degli affetti. Infatti, la teoria del riconsolidamento  enfatizza quella della plasticità della memoria (a seguito della riattivazione), e la teoria dei marcatori somatici spiega come stati somatici influiscano emozionalmente sulla nostra vita psichica e le nostre azioni. Nel primo esperimento si è introdotto un marcatore somatico positivo come il sorriso, mentre un ricordo negativo veniva  riattivato per vedere se cambiasse o meno la valutazione emozionale del ricordo del partecipante. Nel secondo esperimento, si è valutato l’effetto della durata di questa manipolazione, cioè se l’introduzione  del nuovo marcatore somatico (il sorriso) nel corso della rappresentazione di un ricordo, sia stato riconsolidato. I due esperimenti mostrano che il fatto di introdurre un marcatore somatico positivo durante il riconsolidamento della memoria non colpisce la precisione del ricordo. Il primo esperimento ha mostrato che i partecipanti che sorridevano valutavano i ricordi sgradevoli in modo meno negativo. IL secondo ha mostrato che i partecipanti sorridenti valutavano solo meno negativamente gli  stimoli negativi dei non sorridenti, indipendentemente dalla riattivazione del ricordo. Questi risultati sono stati valutati per vedere se fornissero prove  per una concezione corporale (embodied) della memoria e si è cercato di valutare  fino a che punto i loro risultati sostengano l’ipotesi che il contesto rassicurante usato nella guarigione psicoanalitica offra uno spazio favorevole dove la riattivazione dei ricordi negativi permetta una ri-associazione con marcatori somatici positivi. La ripetizione, definita come una messa in atto corporea (embodied acting out), potrebbe allora contribuire a rendere i ricordi meno dolorosi (Bion?).

 

 

Carolina Escobar – ‘Nachtraglichkeit’, riassociazione delle tracce, e riconsolidamento: un caso di studio.

Carolina Escobarè diventata psicologa all’Università di Antioquia in Colombia, quindi a Ginevra e Losanna. È psicologa clinica ad orientamento psicodinamico Lacaniano. La sua ricerca presso la fondazione Agalma verte sul tema della  riassociazione delle tracce dopo un trauma e sui legami tra neuroscienze e psicoanalisi.

Secondo la teoria del riconsolidamento della memoria di Magistretti, neuroscienziato, e Ansermet, psicoanalista lacaniano (“A ciascuno il suo cervello Plasticità neurale e inconscio, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 120), la plasticità neurale potrebbe essere al centro di quello che chiamano il ‘terzo inconscio’ (vedi Lacan e il “terzo”). Nel quadro della guarigione psicoanalitica, questo ‘terzo inconscio’ è collegato con il processo creativo. È stato portato il caso di un paziente poli-traumatizzato con diagnosi di  sclerosi multipla (MS) dove la rappresentazione degli stati somatici (e l’esperienza corporea che ne risultava) provocò unaNachträglichkeit (*) in questo caso  la Nachträglichkeit non si limita a esprimere una doppia direzione temporale che dal presente va al passato e viceversa, ma riguarda l’operare del trauma stesso, una forma specifica di riassociazione delle tracce. In altre parole, provocato da un nuovo stato somatico di MS, alcuni marcatori o significati collegati alla morte già legati a traumi precedenti vengono riarticolati in un processo creativo durante la guarigione psicoanalitica. Sono stati quindi proposti nuovi collegamenti tra il “riconsolidamento” e la “associazione delle tracce”(vedi ad es. caso di Emma) di S. Freud, considerando gli effetti di una nuova attivazione di esperienza corporea sul “ terzo inconscio”.

(*)  Nachträglichkeit: per una traduzione adeguata del termine vedi M. Balsamo: … “après–coup” in francese, ma utilizzato egualmente in italiano, sia da solo che assieme a posteriori, oa posteriori, non trascurando alcuni nemmeno “azione differita”, sebbene si sia fatta sempre più strada la convinzione dell’inadeguatezza della traduzione della Nachträglichkeit con “deferred action” per indicarne la retroattività…simile al concetto di retroazione in Freud etc.

 

 

SECONDO SIMPOSIO PARALLELO  ( Presidente:Aikaterina Fotopoulou )

 

Relazione introduttiva di Aikaterina Fotopoulou : Il sé “toccato”: tocco affettivo e i confini tra il sé e l’altro.

Aikaterina Fotopoulou (Presidente) PhD, ha studiato neuropsicologia cognitiva  e psicoanalisi teoretica  presso l’UCL, prima di completare il suo PhD in neuroscienze cognitive  all’Università di Durham, nel Regno Unito. È attualmente lettore all’UCL e Presidente del Centro Neuropsicoanalitico di Londra. Segue il Gruppo di ricerca Neuropsicoanalitica Londinese. Editore del noto libro “From the couch to the lab; trends in Psychodynamic Neuroscience”, Fotopoulou et al., Oxford University press, 2012.

Questo simposio si concentra su come il tocco affettivo interpersonale formi il nostro senso di noi stessi come esseri corporei e sociali. Nelle prossime relazioni verranno presentati risultati empirici che mettono in evidenza la centralità delle rappresentazioni corporea per il senso psicologico di noi stessi, con un’ enfasi speciale sul ruolo dei segnali  corporei interni nella formazione del nocciolo emozionale dell’individualità (selfhood). Ci concentreremo in particolare sul tocco affettivo come un ambito di enterocezione che dà il suo importante contributo alla consapevolezza del corpo,alla regolazione dell’affetto e anche alla distinzione tra se e l’altro. Specificamente, verranno presentate!

1) prove recenti in volontari sani che indicano il ruolo centrale del tocco affettivo nella costruzione e il mantenimento degli aspetti fondamentali della consapevolezza corporea, come per esempio il senso di dominio sul proprio corpo (body ownership)

2) scoperte recenti che indicano il ruolo del tocco affettivo nella modulazione delle risposte psicologiche e neurali al dolore

3) prove sperimentali del ruolo del tocco affettivo nella nostra capacità di percepire noi stessi come agenti sociali. Infine, verranno presentati  i risultati nei disturbi neurologici e psichiatrici della rappresentazione corporea e della consapevolezza, compresa l’anoressia nervosa e la non consapevolezza del corpo in seguito ad un Ictus, indicando l’importanza del tocco affettivo ed altri segnali interpersonali associati, per la costruzione di un senso d’ individualità corporea coerente, efficace e resiliente. Il simposio attinge a delle prospettive provenienti da molteplici campi della mente e del cervello in modo da  mettere in evidenza come un sistema neuroemozionale specializzato che sta alla base del tocco affettivo, una modalità corporea attraverso la quale possiamo comunicare affiliazione sociale e cura, abbia un ruolo fondamentale nella costituzione dell’individualità.

 

 

Charlotte Krahe – Gli effetti del contesto sociale sul dolore: Il ruolo dello stile di attaccamento negli adulti.

Charlotte Krahe ha conseguito un Bsc in Psicologia e MSc in Psichiatria presso la Cardiff University. PhD in Psicologia e Neuroscienze presso il Dipartimento di Psicologia, Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze, presso il King’s College di Londra, nel 2014. Ha fatto e fa ricerca sull’argomento Psicologia e Musica e, in particolare, sulla comunicazione emotiva durante le performance musicali.

Il dolore è un fenomeno multidimensionale formato da variabili sensoriali, cognitive, affettive e sociali. Mentre i primi tre aspetti sono stati studiati esaurientemente dalla psicologia e anche dalle neuroscienze, il ruolo dei fattori sociali rimane non completamente conosciuto. I pochi studi sperimentali ancora esistenti sugli effetti di fattori contestuali sociali sul dolore hanno rivelato un quadro  complesso, e hanno trovato come  fattori come il sostegno sociale possano influenzare la percezione del dolore sia aumentandolo che diminuendolo. Questi risultati misti suggeriscono la necessità di studiare non solamente come fattori sociali specifici possano modulare il dolore ma anche come fattori della personalità possano interagire con siffatte variabili contestuali. Questa relazione si concentra su una variabile base della personalità, cioè lo stile dell’attaccamento negli adulti. Lo stile d’attaccamento negli adulti, e particolarmente gli stili d’attaccamento di tipo insicuro, sono stati associati con un aumento del dolore in ambienti sperimentali e clinici, ed è stato proposto che costituiscano un fattore di  vulnerabilità nello sviluppo del dolore cronico. Inoltre, due studi sperimentali hanno mostrato che lo stile d’attaccamento negli adulti plasma e modella l’esperienza del dolore in un contesto sociale. Questa relazione presenta una serie di esperimenti che indagano ulteriormente il ruolo di moderatore dello stile dell’attaccamento negli adulti in rapporto con il dolore e – per la prima volta – delle risposte neurali collegate con il dolore. In tutti questi studi l’effetto sul dolore nel conteso sociale dipendeva fortemente dallo stile dall’ adult attachment style, dimostrando la necessità di prendere lo stile di attaccamento in considerazione in studi futuri, sia sperimentali che neuroscientifici, e in clinical pain settings. I risultati sono stati discussi relativamente alle differenze nei meccanismi di adeguamento (coping mechanisms) che caratterizzano gli adult attachment styles, e più generalmente alla luce di un’ipotesi di salienza/maggiore rilevanza, mediante la quale il contesto sociale può influenzare la salienza percepita di minacce al corpo, specialmente in persone con particolari tipi di adult attachment styles (tipo insicuro).

 

 

Laura Crucianelli – La percezione del tocco affettivo nell’Anoressia Nervosa.

Laura Crucianelliha conseguito un BSc in Psicologia e un MSc in Neuroscienze e Riabilitazione Neuropsicologica presso l’Università di Bologna. Per un annosi è occupata di coscienza e consapevolezza nei pazienti affetti da Anosognosia. Attualmente è al suo terzo anno di PhD sotto la supervisione di A.Fotopoulou e del Prof. P.Jenkins. La sua ricerca investiga il “tocco affettivo”, la consapevolezza enterocettiva e la padronanza sul proprio corpo in persone  sane e malate.

L’Anoressia Nervosa è un disturbo alimentare  caratterizzato dal mangiare restrittivamente, una pulsione ossessiva verso il perdere peso e delle distorsioni dell’immagine del proprio corpo  (Schmidt e Treasure, 2006 Wagner et al 2008). Studi recenti indicano anche che gli individui con Anoressia Nervosa mostrano delle risposte soggettive alterate a stimoli enteroccettivi (ossia l’informazione sulla condizione fisiologica del corpo; Craig, 2002) come la fame e il dolore fisico (Strigo et al, 2012), e una capacità ridotta di percepire accuratamente i segnali del corpo (Pollatos et al 2008). Il presente lavoro si propone di chiarire il ruolo del tocco affettivo, e, più generalmente, i segnali corporei enteroccettivi, nel senso di padronanza/autoconsapevolezza del proprio corpo (body ownership) attraverso il paradigma dell’illusione della mano di gomma” (Rubber Hand Illusion (RHI )(esperimento num.1). Successivamente  lo studio ha indagato  la percezione del tocco affettivo in pazienti anoressiche(Esperimento num. 2).

Metodi: L’esperimento 1 ha valutato se, applicando un tocco sulla mano del soggetto e allo stesso tempo su di  una mano di gomma (rubber hand) in modo sincronico e ad una velocità lenta,  con dei leggeri stimoli tattili che suscitano sensazioni enteroccettive gradevoli, si arrivi ad una maggiore sensazione di ”incorporamento” (l’illusione di sentire il tocco sulla mano di gomma come se fosse la propria mano)  rispetto a degli stimoli tattili emozionalmente neutrali più veloci. 52 soggetti sani (healthy controls) (HC)) hanno partecipato ad un esperimento di RHI dove il tocco è stato somministrato sia a velocità CT-ottimale (le fibre C tattili sono sulla pelle) che a quella CT non-ottimale. Lo Studio 2 ha investigato sulla percezione del tocco affettivo in 30 pazienti anoressiche e 30 controlli sani  valutando la gradevolezza  percepita del tocco somministrato sul loro avambraccio sia a velocità CT-ottimale (gradevole) che a velocità CT-non ottimale (neutrale) (Loken et al 2009).

Risultati: L’esperimento numero 1 ha evidenziato come  il tocco CT (fibre C tattili)-ottimale lento era percepito come più gradevole e produceva un più alto livello di ‘embodiment’ soggettivo durante il RHI rispetto al tocco rapido. IL secondo esperimento ha evidenziato come  i partecipanti affetti da Anoressia Nervosa abbiano valutato  il tocco affettivo come meno gradevole rispetto ai controlli sani; non si sono evidenziate delle differenze significative tra i gruppi per quanto riguarda la percezione del tocco CT non-ottimale(neutro).

Conclusioni: lo studio 1 ha mostrato come il tocco affettivo porti  ad un maggior ‘embodiment’ durante il RHI (rubber hand); questi risultati confermano l’idea che il tocco affettivo, e più generalmente l’enterocezione, possano dare un apporto unico al senso di ‘body ownership’, e, di conseguenza, alla nostra individualità psicologica corporea (embodied psychological self) (Crucianelli et al 2013). Lo studio 2 ha mostrato che c’è una riduzione generale del piacere corporeo nei soggetti anoressici. Ciò che conta è che, sulla base dei nostri dati possiamo argomentare che il deterioramento del piacere corporeo nell’Anoressia Nervosa  potrebbe potenzialmente essere collegato al sistema delle fibre CT(C tattili). Sono stati ipotizzati future svolte terapeutiche  sulla base di tali considerazioni.

 

 

Katerina Fotopoulou & Elena Panagiotopouplou – Elaborazione del tocco affettivo: meccanismi e caratteristiche neurocognitive

Elena Panagiotopouplou ha un BSc in Psicologia e un MSc in psicologia evolutiva psicoanalitica, entrambi conseguiti presso l’University College of London(UCL). Da più di tre anni lavora accademicamente e clinicamente  all’UCL, imperial College London, alla Fondazione Tavistock e alla Portman NHS Foundation Trust e presso il Centro Anna Freud. Sta attualmente completando un MSc in Neuroscienze cognitive.

Il contatto pelle a pelle ha un ruolo unico nello sviluppo e nel mantenimento del benessere fisiologico e psicologico degli umani in qualsiasi stadio della loro vita. È stato recentemente scoperto che i segnali affettivi provenienti dalla stimolazione tattile vengono processati da un sistema fisiologico separato proiettandosi nella corteccia insulare, una regione centrale del cervello che regola la consapevolezza del corpo e la regolazione omeostatica. Quasi tutta la ricerca precedente, però, si è concentrata esclusivamente su come il cervello riceva segnali di contatto affettivo ed ha ignorato l’esperienza di cosa accada a colui che lo somministra (the  social agent of affective touch). In una serie di esperimenti, la relatrice e il suo gruppo, hanno lavorato sugli effetti  di un’’esperienza affettiva” che prevedeva l’accarezzare un’altro individuo e i suoi effetti psicologici per chi lo faceva. 108 donne sane hanno partecipato in coppia chiedendo loro di accarezzare la pelle della loro compagna (tocco dell’altro /other-touch) e la loro propria pelle (tocco individuale /self-touch). Poi si è chiesto loro di esprimere dei giudizi comparativi sull’intensità’ soggettiva delle sensazioni sperimentate nelle dita che accarezzavano,che toccavano attivamente l’altra. La maggior parte delle partecipanti ha esperimentato un’illusoria sensazione della pelle dell’altra come più morbida e tersa della propria pelle. Però, questa distorsione si è evidenziata solo se le partecipanti attive avevano un senso di agenzia (“agency”) (consapevolezza di compiere dei movimenti legati al proprio corpo) sulle carezze che esse somministravano. Questi risultati suggeriscono che il tocco affettivo sia collegato con una maggiore ricompensa sensoriale quando è indirizzato verso un’altro anziché verso se stessi, e ciò potrebbe essere basato sulle aspettative dell’esperienza affettiva di chi riceve il tocco,la carezza. Questi effetti suggeriscono una forte modulazione dall’alto verso il  basso (top-down) di segnali emozionali che vengono dal corpo, moderati potenzialmente da caratteristiche e fattori contestuali. Nella ricerca ora in corso si sta indagando ed esplorando il modo specifico in cui l’elaborazione di stimoli tattili affiliativi possa dipendere da mediatori ormonali di comportamento sociale come l’ossitocina e possano essere influenzati  da stili d’attaccamento  radicati nelle prime esperienze di cura Nel complesso, i nostri risultati possono essere integrati nel quadro concettuale di un’individualità corporea costituita socialmente.

 

 

Sabato 11 Luglio  –  SIMPOSI PARALLELI DEL POMERIGGIO

 

PRIMO SIMPOSIO   Presidente:  Xavier Jimenez  Relazione introduttiva del Presidente

 

Xavier Jimenez – Una base neurobiologica di funzionamento interpersonale: transfert e controtransfert come fenomeni neuropsicoanalitici. 

Xavier Jimenez- Professore di Medicina e Consulente Psichiatra presso L’Istituto Neurologico alla Cleveland Clinic, nell’Ohio,USA. Ha completato il suo training come psichiatra all’Università di Pittsburgh dove ha anche conseguito un fellowship in psicoterapia psicodinamica. Più tardi ha completato un fellowship in Medicina Psicosomatica a Boston, Massachusetts. È Direttore del Training in Psicoterapia alla Cleveland Clinic e le sue competenze comprendono lo studio di pazienti con disturbi psicosomatici complessi e sintomi non spiegabili a livello medico.

Il funzionamento interpersonale viene descritto psicoanaliticamente come un’interazione dinamica tra rappresentazioni oggettive interne ed eventi esterni. Il transfert e il controtransfert  sono manifestazioni dell’attivazione della memoria interpersonale cosi come si manifesta in incontri clinici, compresa la psicoterapia. In ultima istanza, però, il funzionamento interpersonale (e il T/CT specificamente) vengono veicolati da meccanismi neurobiologici sottostanti. Questo simposio mira a descrivere le strutture del sistema nervoso centrale che mediano il funzionamento interpersonale  a livello di fenomeni clinici di T/CT.

Tre relatori esamineranno, in ordine, 1) la prova neurobiologica di funzionamento interpersonale, 2) manifestazioni cliniche di T/CT indotte neurobiologicamente, e 3) interventi terapeutici che rispondono a queste manifestazioni cliniche attraverso detti meccanismi neurobiologici.

Il Dott. Jimenez  ha mostrato le regioni del cervello a livello corticale e subcorticale con attenzione speciale alle strutture emozionalmente informate che elaborano la memoria (amigdala, talamo, ippocampo)e  che probabilmente sono cruciali nell’attivazione della memoria interpersonale procedurale comprese le tracce  interpersonali e dinamiche che si manifestano clinicamente come T/CT.  Il Dott. Jimenez ha elencato una serie di  stimoli in grado di attivare risposte cognitive, affettive e comportamentali mediate neurofisiologicamente con conseguenze dirette sulla dimensione  T/Ct.

Il Dott. Alfonsoè Professore Associato di Psichiatria a Columbia University.  È analista  supervisore al N.Y.Medical College Psychoanalytic Institute. Presso il Metropolitan Hospital Center a N.Y. ha completato il suo training psichiatrico e ha un fellowship in Medicina Psicosomatica. È stato Presidente dell’Accademia Americana di Psicoanalisi e Psichiatria psicodinamica (AAPDP) dal 2010 al 2012. Fa parte dell’associazione mondiale di Psichiatria (WPA), è editore di libri e riviste come il Journal Psychodynamic Psychiatry.

Nella sua relazione ha portato illustrazioni cliniche di segnali e sintomi di attivazione della memoria interpersonale, con attenzione speciale al T/CT così come si evolve in un contesto psicoterapeutico tipico. Il relatore ha mostrato come il terapeuta possa rimanere in sintonia e attento rispetto a questi fenomeni impiegando modelli mentali neurobiologici e anche psicoanalitici per realizzare gli obiettivi terapeutici.

Il Dr. Paul Moore è uno psicoanalista psicoterapeuta di ambito privato a Kilkenny City, in Irlanda. È un analista di training dell’Istituto di Psicoterapia Psicoanalitica Irlandese e lettore presso il Dipartimento di Psichiatria alla scuola di Medicina al Trinity College di Dublino. È collaboratore del Prof. Oliver Turnbull sui temi dell’apprendimento emozionale, all’Università di Bangar,nel Galles e prossimo PHd in quest’area di studi. Nella sua relazione ha parlato della ripetizione implicita ed esplicita nella psicoterapia psicoanalitica in un paziente con amnesia profonda. I dati di questo resoconto( mai fatto prima) di una terapia psicoanalitica a lungo termine con una persona profondamente amnesica illumina la natura della ripetizione nell’analisi di pazienti amnesici. Le sessioni  terapeutiche sono state audio-registrate e trascritte per un periodo di due anni di cura una volta a settimana. L’analisi dei dati suggerisce tre forme distinte di ripetizione, ognuna  con una fenomenologia e funzionalità specifica: 1) Fixed repetition: nessuna variazione di struttura o contenuto, spesso osservata dopo un’interruzione improvvisa della continuità temporale delle sessioni. 2) Knowledge repetition: dipendente dalle variabili e dal contesto, frequentemente causata da situazioni esterne perturbanti 3) Implicit repetition : la ripetizione di temi di transfert inconsci legati al materiale preesistente  nel  modo di essere del paziente prima della malattia. I dati presentati  mettono in evidenza la necessità di una consapevolezza della presenza di diverse forme di ripetizione, ognuna con la sua particolare fenomenologia e funzionalità. Le ripetizioni sono rilevanti per la comprensione dei processi inconsci in pazienti amnesici. Una consapevolezza dei diversi modi e livelli di ripetizione e  la coesistenza e l’interazione tra i processi psichici premorbosi e traumatogenici dà al terapeuta l’opportunità’ di  una comprensione maggiore del paziente.

Il Dott. Botbol  è Professore di Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza all’Università del Western Brittany, in Francia, è capo del Dipartimento di Psichiatria dell’Infanzia e Adolescenza all’Università di Brest, e Psicoanalista dell’Associazione Psicoanalitica di Parigi. È co–Chair della WPA, sezione Psicoanalisi in Psichiatria. È stato consulente del Ministero della Giustizia francese per il Sistema Giudiziario Giovanile.

Il Prof. Borbol ha integrato i contributi di questi relatori in un paradigma neuropsicoanalitico legato al  funzionamento interpersonale. La relazione ha offerto una  traiettoria chiara e utile su quel che accade collegando  momenti interpersonali a eventi esterni con  rappresentazioni mentali   interne, spiegando anche in un’ottica neuropsicoanalitica  fenomeni clinicamente rilevanti come il T/CT.

 

 

 

SECONDO SIMPOSIO PARALLELO – Presidente: Manuel Fernández Alcantara –  Relazione introduttiva del Presidente

 

Manuel Fernández AlcantaraL’uso della ripetizione come uno strumento in differenti popolazioni cliniche:una prospettiva neuro psicoanalitica. L’utilizzo della ripetizione come strumento in popolazioni cliniche diverse: una prospettiva neuropsicanalitica.

Manuel Fernández AlcantaraStudentePh.D. al Dipartimento di Psicologia Clinica dell’Università di Granada.M.Sc. in scienze della salute e in Psicoanalisi Applicata (Università di Granada). Lavora attualmente in un Progetto di ricerca sui meccanismi cerebrali del lutto complicato.

La coazione a ripetere fu definita  in un primo momento da Freud come la ri-apparizione di una serie di sintomi nell’ambiente analitico. Però, questo meccanismo ha un grandissimo numero di sfaccettature come:

(a) la ripetizione intesa come una svolta strutturale che è direttamente collegata con la costituzione del Soggetto (il “Fort-Da”, cosi com’è stato definito in “Al Di Là del Principio del Piacere”);

(b) la ripetizione come uno strumento clinico che può aiutare ad organizzare sia gli aspetti soggettivi che quelli più ‘cognitivi’ (linguaggio, differenziazione tra il sé e l’altro (self-other), cosi come nei Disturbi dello Spettro Autistico);

(c) la ripetizione come processo collegato con la difficoltà di elaborare un’esperienza emozionale specifica (ossia disturbo del ‘lutto complicato’ (complicated grief) e il disturbo post-traumatico da stress (post-traumatic stress disorder)).

In questa relazione sono stati presentati una serie di lavori clinici e sperimentali collegati ai diversi aspetti della ripetizione su un’ampia gamma di alterazioni emozionali e neuro psicologiche. Per primi sono stati trattati l’utilizzo del ‘fort-da’ e il ruolo della dinamica della separazione-perdita in vari casi di autismo. Quindi sono stati portati due casi clinici di bambini con lesioni cerebrali ed importanti deficit neuropsicologici seguiti con  un approccio che integrava gli accertamenti neuropsicologici classici all’approccio neuropsicoanalitico e  all’aspetto emozionale, con risultati clinici rilevanti. Infine  uno studio quasi-sperimentale con pazienti in lutto complicato, sulla base del paradigma dell’ “Affective Neuroscience” studiando  gli aspetti soggettivi e oggettivi dell’elaborazione emozionale sul lutto complicato, una sindrome caratterizzata dalla ripetizione patologica d’immagini della persona che è stata persa.

 

 

Juan Francisco NavasAccertamenti e cura dei sintomi ossessivi di un bambino di 9 anni. Un approccio multi-teorico.

Juan Francisco NavasStudente PhD presso il Dipartimento si Psicologia Sperimentale dell’Università di Granada. MsC. In Neuroscienze Cognitive e Comportamentali, lavora al momento in un Gruppo di ricerca su Apprendimento,Emozioni e capacità Decisionali.

Il relatore ha rivolto un invito alla maggior cura possibile nello studio della psicopatologia di ogni singolo caso trattato. In un contesto biopsicosociale, è stato  condotto lo studio di un bambino di 9 anni a causa del suo basso rendimento scolastico e di un gioco ripetitivo concentrato su un oggetto e  una fantasia ricorrente. È stato dapprima raccolto materiale per un’analisi comportamentale funzionale utilizzando i resoconti di maestri e genitori. Usando test neuropsicologici convalidati, sono state misurate le funzioni cognitive, comprese le percezioni visive, l’attenzione, la velocità di elaborazione, la capacità mnemonica (memory span), la memoria di lavoro,la capacità verbale e il ragionamento manipolativo (manipulative reasoning). Il funzionamento emozionale è stato valutato  utilizzando tecniche proiettive di gioco e disegno. I risultati hanno rivelato un indebolimento da moderato a grave delle funzioni cognitive e disturbi emozionali seri di tipo ossessivo. La cura è stata intrapresa in due tappe. La prima tappa  sull’elaborazione emozionale usando tecniche psicoanalitiche. La seconda, attuata parallelamente una volta che i problemi emozionali hanno iniziato a diminuire, ha puntato sulla riabilitazione neuropsicologica delle funzioni cognitive. La cura  è stata coordinata con i maestri di scuola per ridurre il carico di lavoro durante la prima tappa e aumentarlo gradualmente nella seconda tappa. La valutazione post-cura ha  mostrato un significativo miglioramento generale nelle aree colpite.

 

 

Francisco Cruz-QuintanaLa ripetizione e il fort-da: modi di utilizzo nell’autismo e nell’epilessia infantile.

Francisco Cruz-QuintanaLettore permanente al Dipartimento di Psicologia Clinica dell’Università di Granada. Ph.D.in Psicologia Clinica. Direttore del Gruppo di ricerca CTS_436 :PATH-Aspetti Psicosociali e Transculturali della salute e della malattia.

In questa presentazione due casi clinici e i modi di utilizzo della coazione a ripetere come strumento clinico:

a) Autismo  –  L’acquisizione del linguaggio è un processo complesso che apparentemente accade naturalmente ed è considerato come uno dei traguardi  fondamentali nello sviluppo del bambino. Ciò nonostante, ci sono alcuni disturbi dello sviluppo del linguaggio dove possono comparire alcune difficoltà (per esempio nell’espressione, articolazione e intenzione comunicativa del linguaggio). Esponiamo un caso dove un bambino di tre anni, con alte capacità cognitive e di lettura, usa soltanto poche frasi per comunicare, senza alcun segno di espressione emozionale spontanea. I suoi sintomi  erano: ansia di separazione rispetto alla figura d’attaccamento primaria (sua madre); problemi collegati allo sguardo; desiderio di contatto fisico e comportamento maniacale. La diagnosi era difficile perché i sintomi erano collegati a un numero importante di sindromi, per lo più Autismo, Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (Pervasive Developmental Disorder), Alte Capacità (High Abilities) e Disturbo di Asperger’s. Durante la prima sessione il bambino costruì delle torri in  modo ripetitivo, e  in quel momento l’intervento dello psicologo consisteva nell’introdurre una variazione, fermando questo atto ripetitivo. Questa modificazione del comportamento ripetitivo permise l’introduzione, poco a poco, di alcuni elementi del linguaggio. Durante i primi due mesi della cura, la madre era presente agli incontri, e il bambino ripeteva lo stesso tipo di gioco. Il lavoro basato sul paradigma fort-da fu stabilito durante le esplorazioni fuori dello studio (quando la madre non era fisicamente presente). In seguito a questo approccio, il bambino cominciò a sperimentare l’assenza e presenza di sua madre progressivamente senza ansia. Sulla base di un’esperienza ripetitiva della perdita temporanea di sua madre, alcuni elementi del linguaggio e del desiderio soggettivo cominciarono a nascere  nel bambino. Avanziamo  l’ipotesi clinica che una perdita sia necessaria nell’Autismo perché si possa introdurre il bambino nel circuito del desiderio. Infine, trattiamo brevemente altri casi clinici di bambini diagnosticati come affetti da Autismo, dove il paradigma teorico del  fort-da  è stato utilizzato e collegato ad un miglioramento dell’acquisizione del linguaggio.

b) Epilessia Infantile  –  Attualmente, la riabilitazione neuropsicologica di pazienti con lesioni al cervello è basata su un approccio interdisciplinare che comprende un intervento sugli aspetti cognitivi, emozionali e biografici. Ultimamente, anche gli strumenti provenienti dall’approccio psicoanalitico vengono utilizzati in detto lavoro. Il caso presentato di seguito descrive lo sviluppo di un caso clinico, usando la  metodologia psicoanalitica, in un bambino di dieci anni con epilessia. Il paziente ebbe un primo periodo di sviluppo evolutivo normale, seguito da un processo epilettico su base degenerativa che ha causato una perdita progressiva di competenze motorie, cognitive, e persino fisiologiche. Le uniche facoltà preservate erano il movimento degli occhi, e dei suoni intelligibili. Il bambino è passato attraverso vari test Neuropsicologici (scala “Digit Span” del WISC-IV, Test Corsi, il compito (task) Go-No go, il Wisconsin e il test Prolject). I risultati hanno confermato delle difficoltà afasiche, memoria verbale e visuale alterata, cosi come la funzione esecutiva (inibizione e flessibilità cognitive). In base all’ubicazione della lesione del cervello (aree temporale, parietale prefrontale) è stato deciso un intervento orientato ad alleviare i deficit cognitivi causati dagli attacchi epilettici. Questi interventi hanno utilizzato all’inizio supporti visivi per facilitare la comprensione del linguaggio, la semplificazione delle istruzioni impiegate, compiti visuali e di memoria verbale ed integrazione di stimoli. Sono state utilizzate linee guida per migliorare la regolazione emozionale. Durante la cura, il paziente tendeva a ripetere compulsivamente certi comportamenti, quindi come punto di partenza, questa coazione  è stata utilizzata per introdurre il lavoro neuro psicologico. La coazione a ripetere  è stata definita da Lacan come un processo psicologico che non succede mai allo stesso modo, con piccole differenze in ogni evento che si ripete. Dopo numerose ripetizioni identiche eseguite dal paziente, sono stati proposti dei cambiamenti minori nello svolgere dei compiti. Questi cambiamenti presupponevano un miglioramento nella flessibilità cognitiva del paziente e nel funzionamento di facoltà cognitive come l’orientamento spaziale, il linguaggio, la memoria e la funzionalità del lobo prefrontale. Si è potuto dimostrare come  Il lavoro di riabilitazione neuropsicologica possa  beneficiare di alcune proposte psicoanalitiche quando vengano pianificati ed organizzati i suoi interventi.

 

 

TERZO SIMPOSIO  Presidente: Ariane Bazan. Relazione introduttiva del Presidente

 

Ariane BazanLa coazione a ripetere e la pulsione di morte/death drive.

Ariane BazanPhD in Biologiapresso l’ Università di Ghent, Belgio e in Psicologia presso l’Università di Lione, in Francia. È Professore di Psicologia Clinica all’Università Libera di Bruxelles. È una psicoanalista e autrice del libro  “Phantom in the voice. A neuropsychoanalytique hypothesis on the structure of the unconscious”. Ed. Liber,Montreal,2007) Vincitrice di importanti premi come il Clifford Yorke prize per la neuropsicoanalisi 2008 e Editrice di “Frontiers in Psychoanalysis e Neuropsychoanalysis, sezione di “Frontiers in Psychology”.

Negli ultimi cinque anni tre gruppi di autori hanno sviluppato e pubblicato dei modelli neuroscientifici riguardo alla coazione a ripetere in un quadro neuropsicoanalitico (Johnson 2008; Bazan & Detandt 2013; Zellner 2014). Curiosamente, tutti e tre hanno iniziato a sviluppare i loro studi partendo dalla via dopaminergica mesolimbica (Panksepp’s SEEKING system) come sostegno neurofisiologico del concetto della pulsione di Freud. Però, mentre Zellner (2014) e Johnson (2008) considerano la coazione a ripetere nel quadro di un sistema di ricerca di piacere, Bazan e Detandt (2014; in press), basandosi su osservazioni sulla dipendenza (addiction) e il trauma, propongono che questo sistema dopaminergico sia essenzialmente un meccanismo che segnala un evento (o sorpresa) e che storicizza, anteriore  e indipendente, dalla valenza  o dall’ affetto. Conseguentemente, mentre per Zellner e Johnson la coazione a ripetere è intesa come un processo scatenato da un impulso verso un affetto positivo – sebbene l’esito sia poi  generalmente negativo – per Bazan e Dedandt (in press) essa  non ha una valenza intrinseca. Di conseguenza, per Zellner e Johnson, l’idea di una pulsione di morte è incompatibile con la neurobiologia del sistema della pulsione.  Bazan e Dedandt, d’altra parte, vedono la pulsione di morte come una funzione del principio del piacere (Freud, 1920) e quindi, ben distinta dalla pulsione (dopaminergico mesolimbico), mantenendo  la sua esistenza concettuale come alleviamento della tensione  (piacere) in contrasto con l’accumulo della tensione (tension build up).

 

 

Maggie ZellnerUna prospettiva affettiva delle neuroscienze sulla coazione a ripetere: ipotesi preliminari

Maggie ZellnerPh.D., L.P., è una psicoanalista,neuroscienziata comportamentale, ed educatore neuropsicoanalitico. È il Direttore Esecutivo  della Fondazione di Neuropsicoanalitica  a New York, e editore del giornale  Neuropsicoanalisi. Ha ricevuto  il suo Ph.D. dal Graduate Center of the City University of New York nel Sub-programma di Neuropsicologia al Queens College, e ha fatto il suo training di post dottorato con Donald Pfaff all’Università Rockfeller. È Membro Fondatore dell’Associazione Psicologica Nazionale per la Psicoanalisi (NPAP) a New York.

Questa relazione esamina brevemente i sistemi neurali che riguardano alcuni dei processi coinvolti nella  coazione a ripetere: pulsioni, desideri ed impulsi; apprendimento emozionale e  ricompensa (reward); regolazione del Sè e regolazione affettiva. In base a queste correlazioni, la relatrice suggerisce che la coazione  a  ripetere possa rappresentare una varietà di modi in cui noi tentiamo di avvicinarci al piacere ed evitare il non-piacere – il che la metterebbe all’interno, piuttosto che oltre, il principio del piacere. Da una prospettiva affettiva neuroscientifica, ci sono poche prove a sostegno di una pulsione primaria verso la morte o la quiescenza. Sono stati  spiegati ed esposti dei  meccanismi possibili attraverso i quali, il lavoro sulla coazione  a  ripetere  possa facilitare il cambiamento.

 

 

Sandrine Detand – Prospettive neuropsicoanalitiche sul lutto complicato. Un confronto di elaborazione soggettiva e cognitiva emozionale

Sandrine Detandstudente  Ph.D., FNRS, è una psicologa con Master in Psicologia Clinica presso la Libera Università di Bruxelles, e al momento sta facendo il suo Ph.D. con la Prof.ssa Bazan a Bruxelles, nell’ ambito della  neuropsicoanalisi.L’obiettivo della sua ricerca è di articolare i concetti Freudiani/lacaniani  di piacere e “joussance” (enjoyment-godimento) con la neurofisiologia dei circuiti dopaminergici in popolazioni cliniche e non cliniche ad un livello sia empirico che teoretico.

Attraverso il paradigma delle neuroscienze affettive una distinzione può essere fatta tra gli aspetti cognitivi e soggettivi dell’emozione nel lutto complicato. Il primo approccio viene valutato attraverso la somministrazione di  compiti che generano poca eccitazione mentre  i compiti collegati agli aspetti soggettivi provocano un’ eccitazione ed una motivazione sostanziali. Studi precedenti hanno lavorato  o sull’aspetto soggettivo oppure su  quello cognitivo dell’emozione, ma non c’è mai stato un confronto diretto tra i due. È stato da noi approntato un protocollo semi-sperimentale con due gruppi (lutto complicato e non) che hanno affrontato una serie di compiti cognitivi e soggettivi. I partecipanti sono stati  assortiti secondo età, sesso, durata del  lutto, e anni d’istruzione. Sono stati impiegati: Il Test delle Espressioni Facciali dell’Emozione (Facial Expressions of Emotion Test (FEEST), uno Stroop emozionale, due test psicopatologici e un serie di fotografie del IAPS. Il gruppo del lutto complicato ha mostrato  notevoli differenze su tutti i compiti soggettivi emozionali. I punteggi sono stati significativamente più alti per tutti i sintomi psicopatologici generali e per quelli collegati alla perdita, con una sequenza complessa di punteggi più bassi di valenza  e dominanza per le foto gradevoli e sgradevoli. Gli effect sizes hanno  mostrato variazioni da moderate ad alte. Contrariamente a ciò, non sono stati rilevati  risultati statisticamente significativi per alcuno dei compiti cognitivi emozionali.

 

 

Brian Johnson – Che cos’è che resta “oltre il principio del piacere”?

Brian JohnsonM.D. è professore di Psichiatria ed Anestesia al SUNY Upstate e Presidente  del workshop annuale dell’American Psychoanalytic Association, “Psychoanalytic Treatment of Addiction”. Ha ricevuto il suo BS in ingegneria biologica dalla Columbia University e il suo MD dal NY Medical College. È stato per due anni in medicina interna a NY Hospital e ha completato la sua specializzazione in psichiatria al Cambridge Hospital, e il suo training analitico al Boston Psychoanalytical Institute. È stato per 29 anni alla facoltà dell’Harvard Medical School fino all’approdo al Suny Upstate nel 2008. Le sue pubblicazioni sono sull’argomento della terapia di pazienti con addiction, e trattamento del dolore cronico.

Ci sono degli sviluppi nelle neuroscienze a partire  dal 1920 che possano risultare in una revisione dei concetti di coazione a ripetere e istinto di morte? L’osservazione che fece Freud sul fatto che c’è una forza… “più primitiva, più elementare, più istintuale del principio del piacere la quale lo supera… indipendentemente da esso e in qualche misura in violazione ad essa”, è stata seguita da un accurato esame del pathway neurale che sta alla base della pulsione, del piacere, e della catexis. Il conflitto tra la pulsione e il piacere è stato riscoperto e spiegato biologicamente  da Berridge e Robinson (2003).  Questo conflitto porta ad una comprensione della base biologica del transfert e dei substrati neurali del perché i pazienti cercherebbero un rapporto infelice con il loro psicanalista. In questa relazione neuropsicanalitica viene suggerito che la felicità e la salute emotiva  siano  facilitate dall’allineamento della pulsione e del piacere, mentre la nevrosi  è spinta, soggiace all’impulso urgente di volere rapporti che causino dolore e frustrazione sulla base di un non-allineamento dei due sistemi neurali distinti (della pulsione e del piacere). All’interno di questa cornice, concetti come coazione a ripetere e istinto di morte sono  accidentali, casuali. Comprendere la neurobiologia che è alla base della metapsicologia può aiutarci a risolvere disaccordi e facilitare dei modelli più accurati di funzionamento umano che guidino i nostri interventi terapeutici.

 

 

Sandrine Detandt & Arianne Bazan – Traumatismo e “jouissance”: le pulsioni non hanno valenze?

Jouissance è un concetto Lacaniano ostico per i cognitivisti, inteso come una forma di inconscio ‘vantaggio, beneficio” (“benefit”) che spiega, per esempio, la frequenza delle ricadute nella dipendenza. Più sopra abbiamo proposto una definizione operativa di jouissance come (benefit gained from the) tensione motoria  che sottende, alla base dell’azione che era (una volta) adeguata nel portare sollievo alla pulsione e, sulla base delle loro notevoli risonanze reciproche, abbiamo proposto che i sistemi dopaminergici mesolimbici (mesocorticali) possano incarnare l’architettura fisiologica del concetto di pulsione di Freud. Abbiamo concluso che la jouissance potrebbe essere descritta come un accumulo di tensione del corpo, che si alimenta, si prepara per l’azione, ma  continuamente in equilibrio  tra ricompensa e ansia, tutte e due legate alla fisiologia del corpo e alla sua storia e per via di questa iscrizione come un costante impulso  ad agire e a ripetere (Bazan & Dedandt, 2013). In questo documento, estendiamo questo modello al caso del trauma, che può essere definito come ciò che eccede la capacità d’integrazione mentale del soggetto. Dati empirici in modelli di animali e umani mostrano che le azioni sancite da un picco di dopamina e la conseguente sensibilizzazione  (o storicizzazione) non sono solo le azioni ricompensate o adeguate, ma anche una varietà di eventi sgradevoli, contrari, stressanti e dolorosi. Il denominatore comune, allora, non è la valenza, ma il carattere dell’evento in se stesso, cioè l’organismo che viene preso di sorpresa. Per queste ragioni, proponiamo che il rilascio della dopamina sensibilizzi nella maniera più generale, ‘non-valenced’, il comportamento motorio prossimo al picco della dopamina. Nel caso del trauma, qualunque comportamento, qualunque azione svolta, legata all’irruzione del trauma, è più adeguato del non fare niente, ‘stunning’ o ‘sideration’. Di conseguenza, sia nella jouissance che nel trauma noi non vediamo semplicemente il rilascio della dopamina come meccanismo di base che motiva, allerta e presta attenzione a stimoli con un carattere di ricompensa o di avversione; noi sottolineiamo il loro ruolo nello storicizzare ciò che è associato con l’evento, cioè nel registrare la fisiologia del corpo, l’azione o comportamento dell’organismo quando l’evento succede, indipendentemente dalla valenza.

 

2 SESSIONI PARALLELE  di ricerca   PRIMA SESSIONE   Presidente Robert Scharf

 

Alex Desatnik Le influenze della qualità delle relazioni oggettuali sulla regolazione delle emozioni: uno studio ERP

Alex DesatnikPsicologo Clinico,Psicoanalista e Psicoterapeuta presso UCL,Centro Anna Freud e Tavistock.La sua ricerca si svolge presso il Dipartimento di Clinica ,Educazione e Psicologia della Salute del University College of London (UCL). Si occupa di neuroscienze,neuro psicoanalisi, sviluppo adolescenziale e misurazioni quantitative delle ricerche e dei risultati relativi alla mentalizzazione e alle psicoterapie.

La relazione verte su un recente studio che utilizza il  “neuroimaging”, finanziato dalla NPSA, realizzato nel dipartimento di Neuroscienze dello Sviluppo presso l’Università’ di Londra/ Centro Anna Freud. È il primo studio a dimostrare che la qualità delle relazioni oggettuali è notevolmente legata alla nostra capacità di regolare le emozioni (Desatnik, Fearon, Bel-Bahar, Fonagy, in press).  Questo studio replica le scoperte precedenti per gli adulti, mostrando che la regolazione delle emozioni riduce l’ampiezza del  “Late positive potential” – LPP – (positività corticale tardiva) negli adolescenti. E’ stato identificato un miglioramento nella regolazione delle emozioni associato all’età’. Lo studio, in ultima analisi, ha mostrato che la qualità delle relazioni oggettuali era significativamente associata alla capacità di una persona di regolare le sue emozioni. Gli aspetti di queste rappresentazioni interne che erano predittive di regolazione emozionale misurate attraverso la modulazione LPP sulla regione occipitale erano:

1) L’investimento emotivo nelle relazioni (“emotional investment in relationships” – EIR -) associato con la capacità d’intimità, di condivisione emozionale, e alla capacità di affidarsi alle persone importanti nella propria vita (“significant others‘);

2) l’investimento emozionale nei principi morali (emotional investment in moral standards –  EIM) e la capacità di usare il pensiero astratto rispetto alla moralità e la compassione verso gli altri, associato per lo più con gli aspetti fermamente internalizzati dei ‘significant others’, le cui rappresentazioni servono da “bussola morale” (“moral compass”)  benigna e sufficientemente flessibile;

3) l’identità’ e la coerenza/coesione del sé (“identity and coherence of self” – ICS -) collegata al punto fino al quale i partecipanti erano in grado di percepire se stessi come individui sani e con un senso di sé “agente” (“agentive sense of self”).

La relazione si è soffermata su tali associazioni alla luce della ricerca contemporanea nel campo della regolazione delle emozioni e della teoria psicoanalitica. Specificamente sui modi attraverso i quali la regolazione delle emozioni estrinseca (attraverso l’altro) viene gradualmente internalizzata attraverso rappresentazioni mentali interne del rapporto con l’altro, che forma la capacità di regolazione  intrinseca. La relazione ha tracciato un parallelismo tra questo processo e lo sviluppo del SuperIo che forma la base del senso individuale di moralità (Hammerman, 1965; Kochanska, 2002). Suggerisce anche che una struttura dell’ego integrata permetta la regolazione delle nostre emozioni in maniera più agevole.

 

 

Perrine Ruby – Che tipo di eventi della vita diurna sono incorporati nei sogni

Perrine Ruby  Ricercatrice in neuroscienze cognitive (comportamento, elettrofisiologia, fmri, Pet). Si occupa di social cognition (teoria della mente, Self, default Mode of brain, emozioni), e apprendimento durante il sonno e il sogno.

Vari studi in psicologia sperimentale suggeriscono che il contenuto dei sogni SIA influenzato dalla vita da sveglio del sognatore (Schredl & Hofman 2003); Blagrove & Pace-Schott 2010; Ruby 2011).Ciò nonostante, le regole dell’incorporazione di eventi sperimentati in sogni non sono ancora chiare. Il gruppo di Mark Blagrove ha dimostrato che gli eventi della nostra vita recente (gli ultimi 10 giorni) non sono incorporati nello stesso modo nei nostri sogni (Blagrove et al 2001a, 2001b). Infatti esiste una predominanza relativa di eventi del giorno prima e del  7mo e 8vo giorno prima del sogno. Blagrove e coll. sono riusciti a identificare questo effetto usando una metodologia che evitava  il bias di una crescente perdita dei ricordi (hanno chiesto ai soggetti di mantenere un registro per il giorno e uno per i sogni e di tracciare connessioni tra i due, una settimana dopo l’ultimo giorno).  Questo risultato inaspettato solleva la questione più generale delle caratteristiche esatte degli eventi incorporati in sogni. Per investigare questo tema, noi abbiamo chiesto ai partecipanti (40 persone con un’alta capacità di ricordare i loro sogni – “high dream recallers”) di registrare i loro sogni con Dictaphone, immediatamente dopo  il risveglio. E questo per 7 giorni. Dopo la registrazione, ai soggetti è stato chiesto di identificare nei loro sogni gli elementi che facevano loro ricordare un evento/situazione sperimentato durante la vita diurna. Per ognuno degli eventi della vita diurna identificato come incorporato in sogno, ai soggetti  è stato  chiesto di datare e caratterizzare l’evento della vita da sveglio rispondendo a un questionario. È stata scelta tale metodologia identificando connessioni immediatamente dopo il – “dream recall” – per evitare che venissero sottovalutati eventi  grossolani che il metodo di Blagrove può favorire (infatti un registro della giornata non può elencare tutti gli eventi  banali  che sono accaduti durante il giorno). Se i sogni sono coinvolti nel consolidamento della memoria, ci si può aspettare che un evento incorporato in sogno sia nuovo e recente piuttosto che lontano nel tempo. Se i sogni sono coinvolti nella regolazione delle emozioni e nella soluzione dei problemi (Barrett 1996, 2001; Cartwright 2010), ci si potrebbe aspettare che i sogni incorporino più gli eventi negativi rispetto ai positivi, più gli eventi importanti di quelli banali e più quelli attuali e collegati ad una preoccupazione di quelli non-attuali e non collegati a preoccupazioni.

 

 

Raphael Vallat. –  La macrostruttura e microstruttura del sonno nelle persone con un’alta capacità di ricordare I propri sogni e in quelle con una bassa capacità di ricordare I propri sogni (“High dream recallers HDR and Low dream recallers LDR”) e potenziali evocati in presenza di stimoli uditivi eccitatori presentati durante il sonno.

Raphael Vallat  Student PhD Lyon 1 University. I suoi principali oggetti di interesse sono il sogno, il sonno, il neuroimaging e la  “cognition” durante il sonno.

Il risultato, non ancora definitivo di questa ricerca su HDR e LDR, basato sui dati precedentemente raccolti da Eichenlaub (2014), si è esteso allo studio della macrostruttura e della microstruttura del sonno dei due tipi di soggetti. Nonché sulla frequenza delle reazioni di arousal o di vero e proprio risveglio nei 15 secondi seguenti ad uno stimolo uditivo durante il sonno. I risvegli sono stati sia più frequenti che più lunghi nei HR rispetto ai LR, indipendentemente dalla fase del sonno. Nella relazione si conferma che la maggior capacità di ricordare I sogni negli HR possa essere legata ad una maggior frequenza di risvegli durante il sonno, fatto collegato alla capacità di codificare I sogni nella memoria a lungo termine.

 

 

Rick Wassing  – Sofferenza prolungata di emozioni coscienti (“self-conscious”) nell’insonnia: come il sonno REM frammentato vi è coinvolto.

Rick WassingBachelor degree in biochimica con un internato presso l’istituto olandese di Neuroscienze. Master in neuroscienze alla VU University of Amsterdam nel 2012. Specializzato in psicofisiologia, ha lavorato con il Dott. K.Linkenkaer-Hansen, ad Amsterdam, sui bio-markers elettrofisiologici sul restyng state cognition e con J. Stam e il Dott. B. Van Dijk sulla misurazione della sincronizzazione non lineare e la teoria dei Network. Phd student sul coinvolgimento del sonno REM e del suo ruolo nella memoria.

L’insonnia è altamente prevalente nella depressione  e ne è un alto fattore di rischio. La caratteristica che è stata più volte segnalata è l’iper risveglio cronico, che assomiglia ad un disagio emozionale persistente. La comprensione della  sua causa fornirebbe delle opportunità per sviluppare una miglior cura e prevenzione della depressione. Dato che (1) il ruolo del sonno REM  nella regolazione dell’emozione e (2) la recente scoperta che il sonno REM frammentato potrebbe essere la caratteristica fisiologica più importante dell’insonnia, fu ipotizzato che il sonno frammentato REM di persone con insonnia, interferisce con la risoluzione del disagio emozionale durante la notte, contribuendo al suo accumulo e ad un iper-risveglio. 1221 partecipanti hanno completato dei questionari sull’insonnia, sull’iper-risveglio, sul contenuto mentale notturno, un indicatore della frammentazione del sonno REM, e sul disagio emozionale dopo aver provato la  vergogna, un’emozione autocosciente rilevante in psichiatria.  Analisi di diverso tipo hanno teso a rilevare se  il sonno REM frammentato contribuisse ad un iper-risveglio lasciando irrisolto il disagio emozionale. Confermando gli studi precedenti, la gravità dell’insonnia fu associata all’iper risveglio e alla frequenza nel ricordare il contenuto notturno (recalling nocturnal content), un indicatore di frammentazione del sonno REM. Rilevante il fatto che, metà delle associazioni tra queste caratteristiche chiave dell’insonnia fu mediata specificamente da una ridotta risoluzione del disagio emozionale notturno. Le scoperte dimostrano una ridotta risoluzione del disagio emozionale notturno in associazione con la gravità dell’insonnia, che risulterebbe in parte dalla frammentazione del sonno REM, e contribuirebbe al caratteristico iper risveglio cronico. La scoperta aggiunge rilevanza clinica al ruolo del sonno REM nella regolazione delle emozioni ed invita ad ulteriori studi sugli interventi sul sonno  di pazienti sofferenti di disturbi emozionali ed affettivi.

 

 

Anne Christine SchmidtStudi sperimentali sulla rimozione: una lunga storia e alcuni nuovi ritrovamenti.

Anne Christine SchmidtPsicologa clinica e candidato  Ph.D. all’Università Bochum. La sua ricerca riguarda lo sviluppo dei metodi sperimentali per lo studio di concetti psicoanalitici e i loro correlati neurali. Lavora a livello clinico, come parte del suo training, in psicoterapia psicodinamica.

La relazione dà un quadro storico generale del concetto di rimozione, a partire da Freud, passando per Anna Freud e Jung, per i quali la rimozione è un processo inconscio, fino agli studi dei cognitivisti, in particolare Anderson (2001), il quale, nel suo lavoro empirico sul paradigma Think/No-Think(TNTP), arriva a considerare la rimozione come un processo volontario e conscio. La relatrice propone uno studio clinico che ha optato per adottare un approccio che consideri la rimozione in senso clinico conducendo  le sue indagini con il metodo delle libere associazioni (”Free Association Paradigm”) (FAP), (C.G. Jung, 1906, Levinger & Clark, 1952, Koeler, 1999) e di investigare l’elaborazione di stimoli collegati al conflitto.  Nello studio, ai soggetti vengono presentate delle frasi con un contenuto emozionale generale negativo o con un contenuto specificamente collegato ad un conflitto, cosi come delle frasi di controllo. Ai partecipanti viene poi chiesto di associare liberamente delle parole che vengono loro  in mente. Queste parole devono essere ricordate più tardi in un test di memoria che giunge inaspettato. Nella maggioranza dei casi si è potuto osservare che le associazioni con frasi legate ad un conflitto erano quelle con maggior probabilità di essere dimenticate. In questo paradigma, il non riuscire a richiamare (retrieval failure) è infatti potenzialmente dovuto a processi affettivi inconsci. In uno studio comparato, non abbiamo trovato nessuna correlazione tra la soppressione della prestazione dei soggetti nel TNTP e la rimozione rispettiva nella FAP, suggerendo che i due paradigmi misurino due processi qualitativamente diversi.

 

Oliver TurnbullLa ri-esperienza delle emozioni discrete da parte dei pazienti Korsakoff.

Oliver Turnbull  Neuropsicologo e Psicologo clinico con un interesse riguardo alle emozioni e alle loro conseguenze sulla vita mentale. I suoi interessi includono: le emozioni di base e l’esperienza che noi descriviamo come intuizione. Il ruolo delle emozioni nei false beliefs specialmente nei pazienti neurologici; e le neuroscienze nella psicoterapia. Autore di molti testi su questi argomenti, insieme a Mark Solms, del famoso libro “Il cervello e il mondo interno”  (Cortina 2004). Professore di Psicologia alla Bangor University.

Si è da tempo dimostrato che i pazienti ri-sperimentano delle emozioni provocate da eventi che non ricordano più. La memoria per gli stimoli che suscitano emozioni, per i quali è implicata l’amigdala, potrebbe preservarsi anche in amnesia profonda. Ciò nonostante, non è chiaro se questa stabilità delle emozioni in assenza di memoria episodica, sia limitata ad un semplice arousal con la corrispettiva valenza fisiologica, o, se si estende oltre la valenza sino a emozioni discrete (rabbia, paura, tristezza e felicità).

Metodo: in una prima investigazione, le quattro emozioni discrete sono state  suscitate separatamente e durante tre ripetizioni successive di quattro diverse (ma altamente controllate) vignette emozionali in 20 pazienti sofferenti di sindrome di Korsakoff e 20 partecipanti neurologicamente normali di età pari. Le storie furono loro ricordate dopo 30 minuti. L’intensità’ di ognuna delle quattro emozioni discrete fu misurata in una scala completata da ogni partecipante, e la precisione nei ricordi (recall accuracy) fu valutata utilizzando un’analisi proposizionale dettagliata. La funzione esecutiva fu valutata con batterie (DKEPS, BADS) e compiti cognitivi più complessi con il  WAIS. Risultati: Dopo 30 minuti, i ricordi episodici della storia furono gravemente indeboliti nei pazienti Korsakoff, ma la ri-esperienza emozionale continuò ad essere altamente precisa: specifica per ogni emozione discreta, e a livelli di intensità equivalenti a quelli del gruppo di controllo. Anche i pazienti che non potevano ricordare nessun contenuto delle storie dopo 30 minuti riportò livelli moderati dell’emozione per tutte e quattro le emozioni.  Questo significa che non c’era nessun rapporto tra la ri-esperienza dell’emozione (l’intensità’ delle emozioni target) e la memoria episodica (numero di dettagli episodici ricordati dalle vignette). Chiaramente però, l’intensità’ della paura, la tristezza e la felicità furono positivamente correlate con le funzioni esecutive (specialmente la flessibilità cognitiva, l’inibizione della risposta e la scioltezza non-verbale), ed i risultati misti  WAIS di Velocità di Elaborazione e IQ di Prestazione.

In sintesi: La ri-esperienza affettiva specifica degli amnesici Korsakoff, identica a quella del gruppo di controllo, è un’indicazione della durata della memoria emozionale (per lo meno a breve termine), senza riguardo dell’ emozione discreta, purché la funzione esecutiva rimanga intatta. Così, la memoria episodica e, mancando questa, la funzione esecutiva, aiutano ad ancorare e ri-sperimentare accuratamente le emozioni discrete nel tempo. Queste scoperte hanno dei risvolti chiari per le psicoterapie, specialmente nel comprendere il ruolo della memoria e della funzione esecutiva nel rapporto terapeutico.

 

 

SECONDA SESSIONE  – Clinica  Presidente: Irith (Barzel) Raveh

 

Stefano BembichCambiamenti nella risposta corticale prematura ad una procedura clinica ripetitiva dolorosa nel tempo.

Stefano Bembich  Psicologo, psicoterapeuta e PhD in “Medicina Materno infantile, educazione e sviluppo pediatrico, perinatologia ”Divisione di neonatologia” a Trieste.

neonati prematuri normalmente sono sottoposti a molteplici procedure cliniche dolorose durante la loro permanenza nel reparto di neonatologia. Anche se i prematuri  mostrano un’attivazione corticale associata al dolore, nessun studio ha investigato se e come questa risposta corticale possa cambiare nel tempo, in caso di una esperienza  dolorosa ripetitiva. In questo studio appunto, utilizzando il multichannel near-infrared spectroscopy (NIRS), sono stati monitorati i  cambiamenti possibili, nel tempo, nell’attivazione corticale prematura associata ad una stimolazione clinica ripetitiva dolorosa. Metodo : Sedici neonati prematuri clinicamente stabili sono stati arruolati nello studio. Durante le registrazioni NIRS la loro età postmestruale PMA) variava dalle 29 alle 36 settimane. La NIRS può monitorare aumenti in concentrazione corticale di oxy-haemoglobina (HbO2) che si pensa che rifletta l’attività’ corticale. Diciotto fibre di luce near-infrared sono state posizionate su ambo i lati della testa del bambino coprendo la corteccia frontale parietale, temporale e posteriore. Sono state valutate variazioni in HbO2 durante una procedura di heel prick una volta a settimana. Ogni bambino ha ricevuto per lo meno tre registrazioni consecutive.

(N.B. Altri tipi di  dati e altre procedure di valutazione non vengono riportati dal curatore per esigenze di semplificazione e spazio)

Risultati: In associazione con uno stimolo doloroso, abbiamo osservato un’attivazione significativa bilaterale nella corteccia frontale sia sinistra che destra La misura ANOVA ripetuta rivelò un effetto significativo di PMA: il HbO2 aumentò progressivamente nella corteccia frontale sinistra e destra nel tempo. Un effetto di eventi ripetitivi dolorosi fu anche dimostrato nella corteccia frontale destra dove il HbO2 diminuiva progressivamente mentre il numero di punture del tallone  aumentava nel tempo. Conclusioni: In associazione con stimoli dolorosi, i neonati prematuri mostrarono un’attivazione significativa della corteccia frontale. C’era un’attivazione progressivamente più forte con l’aumento del PMA, tra le 29 e le 36 settimane, che potrebbe essere dovuto ad un processo di maturazione. Però, sulla corteccia frontale destra, l’attivazione diminuiva via via che il numero di eventi dolorosi aumentava nel tempo. Noi pensiamo che, già prima della fine fisiologica della gestazione, il cervello umano abbia una capacità primitiva di trattare con un eccesso di eccitamenti sgradevoli (dolorosi), e tentare di inibirlo o indebolirlo. Questo processo precoce può rappresentare, a livello neurofisiologico, una base possibile di meccanismo di difesa.

 

 

Lisa Ouss & Anne Marie PerrinDolore cronico in bambini e adolescenti: ripetizione di tracce precoci?

Anne Marie Perrinpsicologa clinica, PhD, psicoterapista psicoanalitica presso il North Hospital in Sant’Etienne. Insegna psicologia presso l’Università Jean Lumière di Saint’Etienne. È specializzata nello studio del dolore cronico inspiegabile in bambini ed adolescenti, collegando neuroscienze e psicoanalisi sul tema della regolazione affettiva,della ripetizione di esperienze traumatiche.

La classificazioni del dolore cronico inspiegabile nei bambini e negli adolescenti (pain disorder) è cambiato  nel  DSM 5, ed è ora compreso nel Somatic Symptom disorder (SSD). Il DSM5 supera la separazione mente-corpo del DSM4 e incoraggia i clinici a fare delle valutazioni globali e a utilizzare il giudizio clinico piuttosto che una checklist. Questo cambiamento mostra la difficoltà nel comprendere una sofferenza  che interessa dal 2 al 15% dei bambini, ed aumenta con l’età’. Noi ipotizziamo che il pain disorder potrebbe essere un re-enactment di precoci esperienze traumatiche o dolorose. Informazioni provenienti dai pathways senso-motori, innescati da stimoli esterni ed interni, viene “stoccata”, incorporata come “body states” che vengono elaborati e rappresentati nel  sistema cognitivo e nel substrato neurale che li sottende. Questi body states dipendono anche da esperienze precoci precedenti, sopratutto quelle che sono state traumatiche o non ancora trasformate. In alcune condizioni, dipendendo dallo stile di parenting, o eventi triggering (eventi interni come la pubertà, o eventi esterni emozionali, che a volte si riferiscono a esperienze traumatiche precoci o non elaborate), queste pre-rappresentazioni  pregiudicano l’elaborazione cognitiva e neurale di nuove informazioni. Alcune rappresentazioni sono a volte rimosse, quando insopportabili; a volte l’esperienza traumatica precoce è direttamente re-enacted in un sintomo corporeo. La nuova informazione viene re-interpretata come l’esperienza soggettiva di un sintomo involontario e a volte viene ri-espressa in modo simile all’evento precedente in maniera analogica: pain disorder nel disturbo da sintomi somatici SSD, nei sintomi da conversione perdita della funzione o “motor loss”. Alcuni dolori cronici potrebbero essere compresi, come la ripetizione, nella latenza o adolescenza, di tracce precoci, sotto l’influenza di condizioni ambientali.

La ricerca presentata si è svolta su un gruppo di bambini tra i 7 e i 17 anni

–                Funzionamento somatico: assessment somatico

–                Psicologico: (valutazione  cognitiva e proiettiva: IQ flessibilità mentale, valutazione  proiettiva con Rorschac e TAT), genitori e attaccamento infantile

–                Psicopatologico: ansia e depressione, disordini psichiatrici

–                Qualità di vita, questionari su eventi della vita, funzionamento della famiglia

Questa valutazione multidimensionale ha avuto come scopo finale di identificare diversi di terapia, secondo un approccio neuropsicoanalitico: integrazione della memoria e del trauma per elaborare le esperienze traumatiche; terapia dei disturbi dell’ ’attaccamento che possa influenzare la manifestazione del comportamento; guida familiare per modificare le situazioni ambientali; psicoterapia psicodinamica per la rimozione e la ripetizione;  psicoterapia per focalizzarsi direttamente il sintomo.

 

 

SABATO 11 LUGLIO    –     SIMPOSI PARALLELI

PRIMO SIMPOSIO   Presidente Doris Reismann-Lagreze

 

Arianna PalmieriGli interventi psicodinamici attenuano la progressione della Sclerosi Laterale Amiotrofica: nuove prospettive sulla cura delle malattie neurologiche

Arianna Palmieri PhD, Professore assistente, psicologa e psicoterapista psicodinamico. Master degree all’Università di Padova  e PhD in neuroscienze alla Master school dell’Università di Padova.

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) è una malattia neurologica terminale che coinvolge il sistema nervoso centrale e periferico, con effetti devastanti sia a livello fisico che psicologico. La paralisi progressiva, la perdita della capacità di comunicare e qualsiasi delle altre funzioni fisiche indotte dalla ALS portano ad un pesante  processo di lutto. (Blackhall et al, 2012), specialmente perché non esiste  una cura farmacologica conosciuta. Ciò nonostante, la letteratura riporta  una connessione tra il tasso di sopravvivenza nella ALS ed il benessere psicologico (McDonald, 1994).Dopo una valutazione neurologica e psicologica profonda e accurata con un focus specifico sugli stili dei meccanismi di difesa, quindici pazienti hanno partecipato  ad  una cura psicodinamica basata sull’ipnosi ed un protocollo di training nell’auto-ipnosi. L’ansia, la depressione, la qualità della vita (QoL), ed il declino funzionale sono stati  valutati  prima e dopo la cura, e durante due follow-up dopo 3 e 6 mesi. Le misure neurologiche di declino funzionale nei pazienti trattati sono stati  paragonati a quelle di un gruppo di pazienti ALS severamente scelti  che non era sottoposto a nessun intervento psicologico specifico. Risultati: le valutazioni psicologiche hanno rilevato  un chiaro miglioramento nei pazienti dopo la cura, con miglioramenti nei livelli di ansia e QoL persistenti dopo 6 mesi della cura. Il declino nella funzione fisica dei pazienti trattati dopo 6 mesi fu osservato essere notevolmente minore rispetto a quello del gruppo di controllo. Infine, l’uso massivo di meccanismi primitivi di difesa in pazienti con ALS è stato trovato avere un effetto costante sui sintomi psicopatologici. L’intenzionalità’ soggettiva e gli stati affettivi sono intrinseci al cervello. Come tale, la nostra cura psicodinamica, attraverso l’uso di metafore ed immagini  simboliche, è stata in grado di avere un impatto positivo sulla progressione della malattia. Questa forte connessione bidirezionale mente-corpo è stata descritta in molti campi. L’ipnosi terapeutica è stata linked con la modulazione dell’espressione dei geni e la neurogenesi (Rossi, 2003), però, l’applicazione di questo principio nella cura di malattie neurologiche è ancora al suo nascere. Le interazioni fra  fattori psicodinamici e correlati neurologici vengono discussi alla luce dell’ ipotesi  di nuovi modelli di cura, non limitati alla ALS.

 

 

Daniela Flores MosriDiagnosi in  psicoanalisi: dai diversi tipi di angoscia  alla flessibilità della struttura affettiva.

Daniela Flores MosriPhD in Psicoanalisi,, M,Sc In Psychoanalytic Psychotherapy and B.SC. Psychology degree, all from Universidad Intercontinental, Mexico.

La diagnosi è sempre stata una sfida in psichiatria, psicologia e psicoanalisi. La posizione più diffusa e accettata è quella psichiatrica che viene dal DSM, ma il suo “goal” si concentra sugli aspetti descrittivi. Le diagnosi psicoanalitiche prendono in considerazione elementi psicodinamici più soggettivi e profondi, ma non c’è un consenso allargato, comune e condiviso. Le prospettive che vanno dalla psicologia dell’ego alle relazioni oggettuali sono tra le più valutabili, ma non si concentrano sulla vita affettiva del paziente. Bergeret (1974, 1975) propose delle diagnosi strutturali basate sulla concettualizzazione analitica e i tipi  di angoscia come l’elemento più affidabile  per comprendere profondamente la vita psichica del paziente. Ogni essere umano apparterrebbe ad una certa area diagnostica e di conflitti che lo aiuterebbe ad interpretare la sua esistenza. Questo lavoro mira a integrare  la visione psicoanalitica dei tipi di angoscia con diversi contributi che vengono dalle neuroscienze. L’ approccio delle  Neuroscienze  Affettive (Panksepp, 1998) è stato essenziale per paragonare i casi di tre pazienti, ognuno appartenente alle diagnosi strutturali e fondamentali in  psicoanalisi, e cioè gli stati di nevrosi, psicosi e borderline. Un analisi psicodinamica dei casi è stata usata per ricavare informazioni complementari  al funzionamento neurologico dei pazienti. La vita affettiva emozionale  è l’elemento comune per costruire ipotesi che vedano l’utilità’ di un  ponte tra l’informazione psicoanalitica clinica con i contributi  affettivi ed emozionali delle neuroscienze. L’analisi propone un punto di vista psicoanalitico affettivo per inferire sull’esistenza di una struttura che vive nei patterns emozionali della risposta (kandel, 2006) di una persona. Un’ analisi psicoanalitica basata sugli affetti e le emozioni considera un modo costante di sentire, per il modo  in cui i  modi le pulsioni e gli affetti sono stati integrati nella memoria, particolarmente durante i periodi critici sperimentati nei primi anni di vita. Delle risposte emozionali caratteristiche e consistenti sono state trovate in pazienti che corrispondono alle due principali strutture : psicotica  e nevrotica. Una vita affettiva ambivalente caratterizza gli stati borderline. Alcuni correlati possono essere inferiti  tra i sistemi e patterns di reazione delle emozioni di base, e il sentimento soggettivo del paziente. Le cure psicoanalitiche hanno un effetto sul cervello (Abbass, Nowoweiski, Bernier, Trzwell & Beutel, 2014). Se la vita emozionale cambia, dovrebbe avere un impatto su, sia il sentimento soggettivo del paziente, che sui correlati neurali che  compongono le emozioni. La ricerca psicoanalitica e neuropsicoanalitica se ne potrebbe beneficiare se prendesse in considerazione che il funzionamento psichico cambia secondo le emozioni strutturali della persona. Le cure potrebbero migliorare molto se illustrate da un punto di vista neuropsicanalitico integrato che si concentri su una comprensione il più profonda possibile, quella della vita affettiva e la sua capacità di flessibilità.

 

 

SECONDO SIMPOSIO  Presidente: Richard Kessler

 

Rui Costa – I meccanismi di difesa maladattativi sono associati al decoupling del testosterone e del desiderio sessuale nelle donne di età riproduttiva

Rui Costa È stato PHd presso l’Università della Scozia dell’Ovest. Attualmente è ricercatore post Doc presso il William James Center of research, ISPA, istituto Universitario di Lisbona. La sua ricerca si è focalizzata sulla consapevolezza emozionale e i fattori psicofisiologici e psicologici nel desiderio e nel comportamento sessuale.

Le teorie neuropsicanalitiche vedono i meccanismi di difesa maladattativi come disturbi delle regioni o network del cervello implicate nella coscienza delle emozioni, il che è in accordo con il fatto che le difese maladattative  siano dei processi automatici in presenza di stressors, evitando la coscienza di emozioni disturbing/difficili/contrarie. Freud aveva proposto che le difese contro le pulsioni sessuali venissero usate in vari gradi con delle conseguenze negative sulla vita sessuale, il che è in accordo con il fatto che  le difese maladattative  siano collegate con un desiderio minore di rapporto vaginale. Questo studio esamina i rapporti tra il basso desiderio, le difese maladattative, e il decoupling del testosterone (T, un indicatore/index sessuale di desiderio sessuale) e il desiderio di rapporti sessuali. Sessantotto donne portoghesi hanno fornito un campione di saliva prima e 15 minuti dopo un’ induzione di fantasia sessuale, e hanno descritto quanto desiderio sessuale sentissero mentre fantasticavano.  Le difese maladattative sono state misurate e discriminate dalle difese immature utilizzando la scala Defense Style Questionnaire (DSQ-40). Il desiderio del mese passato è stato misurato rispetto a quello presente con il Female Sexual Function Index. Luminescence immunoassays è stata utilizzata per determinare il  T salivare. La decoupling del T dal desiderio è stato calcolato dal valore assoluto con la sottrazione delle score standardizzate di ambedue le misure. In una regressione multipla, la discordanza tra il testosterone  e il desiderio del mese passato ha spiegato  l’associazione tra le difese maladattative e le lamentele riguardo alla presenza  di basso desiderio.

 

 

Human-Friedrich Unterrainer – L’integrità della materia banca  in ‘poly drug users’ in rapporto con attaccamento e personalità: uno studio imaging Diffusion Tensor controllato.

Human-Friedrich Unterrainer – PhD, PsyD, è uno psicologo clinico, psicoterapista orientato psicodinamicamente e lettore all’Università di Graz e Vienna. Direttore scientifico del Centri di ricerca integrato per le dipendenze, psicoanalista dell’IPA. Si occupa anche di creatività e spiritualità.

Il rapporto tra i disturbi dell’uso di sostanze (substance use disorders –SUD) e I deficit del cervello è stato studiato estensivamente. Però, c’è ancora mancanza di una ricerca che si concentri sulla connettività neurale strutturale nel ‘poly drug use disorder’ (PUD) a lungo termine. Visto che un deficit  nell’integrità’ della materia bianca si sa essere  collegato a vari parametri che realizzano un aumento nella psicopatologia, questo  potrebbe essere un fattore aggravante nella cura dei SUD. Abbiamo paragonato due gruppi di pazienti PUD (in astinenza: 18, in cura sostitutiva: 15) con partecipanti sani (16) rispetto alla connettività neurale nella materia bianca, fattori della personalità (NEO-FFI), organizzazione della personalità (IPO), stili di attaccamento (attachment styles – AAS), umore (mood) (BSI-18) e capacità cognitiva (WPT). È stata usata la Diffusion Tensor imaging per investigare la struttura della materia bianca. Risultati: rispetto ai partecipanti sani, i pazienti PUD hanno mostrato un’anisotropia frazionale ridotta ed una diffusività  radiale aumentata sopratutto nel fasciculus longitudinalis superiore e nella corona radiata superiore. Queste scoperte suggeriscono una connettività neurale ridotta come risultato di una patologia della mielina nei pazienti PUD. In accordo con la letteratura, questi deficit si sono presentati  in parallelo con una capacità cognitiva danneggiata in combinazione con una sicurezza nell’attaccamento ridotta ed una patologia aumentata della personalità e dell’umore nei pazienti PUD. Non si sono osservate delle differenza sostanziali tra i due gruppi PUD. Conclusioni: mentre i danni sulla materia bianca sono stati collegati con un deficit nel controllo del comportamento, le scoperte presentate potrebbero spiegare perché i pazienti SUD facciano  una relapse ignorando completamente le conseguenze negative. Inoltre, dei deficit nella materia bianca simili sono stati osservati in disturbi co-morbidi di SUD, suggerendo un fondamento neurologico comune nella psicopatologia. La cura a lungo termine del SUD potrebbe risultare in effetti plastici neuronali come una maggiore integrità della materia bianca  in parallelo con una riduzione della  patologia della personalità e degli stili di attaccamento più adeguati.

 

 

Tiziano Colibazzi – La psicosi rivelata attraverso il ‘connectome’: una prospettiva neuropsicanalitica

Tiziano Colibazzi MD,Professore Assistente alla Clinica Psichiatrica di Columbia University e al Centro per il training e la ricerca in psicoanalisi della Columbia University. È psicoanalista e sessuologo.

Introduzione: Il campo della connettività funzionale del cervello è una delle aree più dinamiche della ricerca neuroscientifica perché fornisce gli strumenti per studiare i network del cervello vivente sia su piccola che  grande scala. Probabilmente le funzioni complesse del cervello come quelle che interessano gli psicoanalisti, sono funzioni sostenute da questi network piuttosto che da regioni del cervello singole. Gli scopi di questa presentazione sono:

1) di fornire una visione  d’insieme dei metodi per lo studio della connettività funzionale ed il ‘connectome’;

2) di illustrare l’applicazione di quei metodi a un campione di individui che sono ad alto rischio di psicosi clinica;

3) di trattare queste scoperte nel contesto della comprensione psicoanalitica della psicosi;

4) di mostrare come questi network su grande scala possano essere compresi nei  termini degli interventi descritti nella topografia strutturale.

Metodi di correlazioni ‘seed-based’ cosi come metodi multi varianti sono stati  applicati ai dati forniti da uno studio su adulti ad alto rischio di psicosi clinica. L’analisi della connettività funzionale ci ha permesso di identificare i network funzionali che coinvolgono le cortecce posteriori eteromodali la cui connettività “spezzata” potrebbe essere alla base dello sviluppo di sintomi psicotici. Conclusioni: il rischio di sviluppare sintomi psicotici è collegato ad una più alta connettività tra strutture subcorticali e porzioni corticali che si dedicano all’elaborazione di alto livello (“high-order”)  di stimoli sensoriali. Si ipotizza che la psicosi risulti dall’elaborazione sensoriale che ‘scappa’ al controllo prefrontale e il “flooding thinking” e dà ai pensieri l’immediatezza delle qualità sensoriali. Tale meccanismo è in accordo con una comprensione della psicosi in termini di una eruzione, nella coscienza, di presentazioni e di pensiero di processo primario (“primary process thinking”).

 

 

Samantha Brooks – il training della memoria di lavoro (“working memory”) incoraggia la neuroplasticità in ACC e DLPFC per accrescere il controllo dell’impulsività’ e la perseveranza cognitiva in maschi trattati per dipendenza da metamfetamina.

Samantha Brooks Membro della British Psychological Society, e ricercatore senior all’Università di Cape Town. È specializzata in studi  dei meccanismi neurali che sottendono varie patologie, dai disturbi alimentari  alle addiction.

Il training sulla memoria di lavoro –  “working memory” – WM – migliora la capacità di differire la gratificazione in persone che abusano di metamfetamina, cosi come migliora anche il controllo degli impulsi e il funzionamento esecutivo in altri disturbi psichiatrici. Però non si sa se un intervento di training della WM  progressivamente più difficile migliori i tassi di differimento della gratificazione, controllo degli impulsi e funzionamento esecutivo in maschi trattati per dipendenza da metamfetamina (MA). Inoltre, non si sa se la neuroplasticità possa essere osservata in congiunzione con questi cambiamenti. Metodo utilizzato nel presente studio: a 41 maschi pazienti in un centro di cura per dipendenza da MA e 25 partecipanti maschi sani, reclutati in Cape Town, Sudafrica, sono stati forniti   una batteria di test e di questionari associati all’impulsività, alla regolazione del Sè( “self-regulation”) e al trauma infantile, cosi come il Trail Making Task (TMT), un test neuropsicologico per il funzionamento esecutivo. Il gruppo MA è stato selezionato a caso per il trattamento usuale (treatment as usual –TAU), che era una terapia cognitivo comportamentale (cognitive behavioural therapy – CBT) e terapia comportamentale dialettica (dialectical behaviour therapy – DBT), oppure per TAU ed un intervento di training cognitivo (CT) usando una versione progressivamente più difficile del compito N-back WM da 0-back a 3-back in 20 sessioni nel corso di 4 settimane. Un’analisi delle principali componenti (principal component analysis – PCA) ha esaminato quali variabili della batteria di questionari predicesse meglio lo status del gruppo nei partecipanti sani, e nei gruppi MA, TAU/visite di controllo e CT/visite di controllo. Il MRI strutturale e funzionale è stato  utilizzato per esaminare se la neuroplasticità si sia manifestata, abbia avuto luogo. Tutti i pazienti MA avevano desiderio  significativo di droga e delle sensazioni di controllo di sé stessi ridotte alla base, e avevano punteggi più alti in impulsività, più bassi in regolazione del Sé (self-regulation) e più alti tassi di depressione rispetto ai partecipanti sani. Il gruppo base MA era molto più lento nei compiti TMT, aveva dei livelli più alti nel ridurre il differimento e livelli da moderati a gravi di abuso emozionale infantile rispetto ai partecipanti sani. Alla visita di controllo, rispetto al TAU, il gruppo CT aveva miglioramenti nell’ umore, sensazioni di maggior controllo di sè , impulsività, regolazione di sé  e risposte TMT più lente. Le analisi PCA inoltre hanno mostrato quali fossero  le differenze di personalità tra i gruppi. Il volume aumentato di ACC, la funzione dell’amigdala diminuita e la funzione DLPFC  aumentata, sono stati associati con miglioramenti dell’ impulsività e della perseveranza nel gruppo CT. Conclusioni: il training WM accresce gli effetti della cura riducendo l’impulsività’, e aumentando i livelli di perseveranza che potrebbero essere collegati a cambiamenti nella neuroplasticità nei circuiti neurali che permettono la perseveranza e un più grande senso di controllo di sè stessi nei maschi trattati per dipendenza da MA.

 

 

Margerete SchottControllo dell’impulso comportamentale in reazione all’ostracismo: differenze tra pazienti depressi con e senza disturbi della personalità borderline.

Margerete Schott Psichiatra a Monaco, direttrice di un  dipartimento di ricerca e PhD candidata al Sigmund Freud Institute di Francoforte.Ha collaborato con Adrew Gerber, della Columbia University, in gruppi di ricerca. Si è occupata di Depressione dal punto di vista neuroscientifico. Ha collaborato con Mark Solms in ricerche sulle funzioni biologiche del sogno e sui pazienti borderline.

La “Response Inhibition Social Exclusion (RISE) studia l’influenza dell’esclusione sociale sul controllo esecutivo in pazienti con depressione maggiore (Major Depression – (MDD) con o senza un disturbo della personalità borderline co-morboso (BPD) in uno studio comportamentale e controllato FMRI. Lo scopo di questo studio è di differenziare la depressione e i suoi network neurali sottostanti in un modo più dettagliato e cosi migliorare l’indicazione differenziale per gli  interventi terapeutici. Il campione di pazienti destinato per lo studio del FMRI è formato da  pazienti depresse di sesso femminile (MDD), 20  delle quali hanno una diagnosi di BPD e 20 non l’hanno. Il campione delle partecipanti sane consiste di 20 soggetti accoppiati per età. L’ “ostracismo”, la difficoltà, vengono indotte utilizzando il paradigma “Cyberball”, un gioco virtuale in cui una palla viene gettata e nel quale le partecipanti sono escluse dalle loro compagne di squadra. L’inibizione comportamentale viene esaminata attraverso un compito go-no-go neutrale, nel quale i soggetti devono reagire premendo un bottone o attraverso l’inibizione della risposta motoria a stimoli visivi alternanti. Le reazioni all’ostracismo e all’inibizione della risposta sono ottenute esaminando il tempo di reazione, tassi di errore, segnale BOLD e la reazione soggettiva affettiva sui compiti che utilizzano il Self-Assessment Manikin (SAM). Vari questionari vengono applicati per controllare altre variabili come l’impulsività’, ADHD, sensibilità al rigetto e controllo sforzato. Rispetto alle reazioni comportamentali, ci aspettiamo che il controllo esecutivo sia più danneggiato dopo l’esperienza dell’esclusione sociale in pazienti BPD rispetto ai pazienti MDD senza BPD e i partecipanti sani. Ci aspettiamo che questo presupposto si rifletta  in un tasso più alto di errori riguardo ai falsi allarmi nella condizione no go (viene fatta un’ analisi del segnale basata sui valori) di pazienti BPD rispetto ai pazienti MDD e ai partecipanti sani. Questo risultato è accompagnato da un tempo più veloce di reazione nel gruppo PBD come una manifestazione di parzialità progressiva della risposta. Sono emerse differenze di gruppo riguardo alla reazione emozionale all’esclusione sociale e la valutazione  cognitiva  di partecipazione nel compito. Risultati: i dati comportamentali di N=45 (N=15 PBD+MDD, N=15 MDD, N=15 HC) saranno presentati e discussi. Sono i primi studi che esaminino questo paradigma d’induzione delle emozioni mirati all’inibizione della risposta in partecipanti sani e nel campione dei pazienti di riferimento. Vengono  presentati i primi risultati verso una comprensione della depressione borderline rispetto all’inibizione della risposta come funzione di rigetto sociale.

 

 

Aniko Korosi – Il potenziale dei micronutrienti essenziali nel prevenire gli effetti duraturi  del deterioramento cognitivo cronico indotto da stress nella prima infanzia.  

Aniko Korosi Assistente presso l’Università di Amsterdam dal 2010, facente parte del gruppo SILS/CNS che si occupa della funzionalità e della struttura della plasticità neuronale cerebrale. Ha iniziato nel laboratorio del Prof. Baram nell’Università di California Irvine.

Riassunto: lo stress nella prima infanzia (early life stress – ES) ha degli effetti avversi sulla funzione cognitiva nella vita adulta, associato con cambiamenti nella struttura e nella plasticità ippocampale. Come noto, l’ES cronico deteriora la cognizione adulta, il che è associato con alterazioni precoci nei livelli postnatali e adulti della neurogenesi ippocampale in topi. Scopo del lavoro è stato di cercare di comprendere se l’ES porti ad una mancanza di nutrienti essenziali e se questo giochi un ruolo in questi deficit indotti dall’ES. Infine miriamo a stabilire se questi deficit possano essere prevenuti da un intervento nutrizionale durante il periodo critico della prima infanzia. Ci concentriamo essenzialmente su   alimenti in grado di fornire metili  (metionina, folato, vitamina B6, B12) perche questi sono necessari per lo sviluppo neuronale e per il meccanismo epigenetico. Infatti, aumentano le prove che mostrano il ruolo chiave dei meccanismi epigenetici negli effetti duraturi dell’ ES. Pertanto, si è studiato  se  l’ES alteri i livelli di questi micronutrienti essenziali nel latte materno cosi come centralmente e perifericamente nel neonato; e (ii) caratterizzi gli effetti epigenetici, strutturali e comportamentali dell’ ES nel neonato. Infine, (iii)  se arricchendo la dieta materna durante l’ES si possano prevenire i cambiamenti indotti dall’ ES nel neonato. Un  ES cronico è stato indotto in C57Bl/6 topi limitando il materiale del nido/letto nella gabbia durante il periodo immediatamente  postnatale (P) 2-9. Durante questo periodo, le madri ricevettero una dieta normale o complementata con methyl donor. Il contenuto dei macronutrienti è stato  misurato usando cromatografia liquida e spettrometri di massa. I livelli di DNA metilazione specifica di GR e globali furono misurati usando l’immunoistochimica, campioni colorimetrici ELISA e serie pirosequenziali LINE-1.  La metilazione e l’espressione del gene ricettore glucocorticoide (GR) sono state  esaminate rispettivamente usando il pirosequencing e il qPCR. I livelli di corticosterone (CORT) sono stati  esaminati da campioni radioimmuni. La prestazione cognitiva è stata esaminata attraverso il riconoscimento dell’oggetto (object recognition – OR), localizzazione dell’oggetto (object location – OL) e il labirinto d’acqua morris (morris water maze –MWM). La neurogenesi ippocampale è stata esaminata usando la immunoistochimica. L’ES ha ridotto  i livelli di metionina nel plasma e nell’ippocampo a P9. Complementando la dieta delle madri con dei donatori di metili, si è riusciti a ripristinare i livelli di metionina. La dieta ha prevenuto  l’aumento indotto da ES nel plasma CORT e i deterioramenti nell’OR, senza influire sui cambiamenti indotti da ES nella madre, OL e la prestazione MWM e la neurogenesi. L’ES porta ad una riduzione globale del livello della metilazione del DNA ippocampale ed espressione GR mentre aumenta la metilazione del precursore GR. Come la dieta ha influito sulle modificazioni epigenetiche indotte da ES è l’argomento  attuale. Le nostre scoperte forniscono una prima intuizione del ruolo dei micronutrienti essenziali negli effetti avversi duraturi di ES e potrebbero portare ad opportunità per l’intervento nutrizionale.

 

 

Frans de JongheLa neuropsicanalisi fa da ponte sul divario?

Frans de Jonghe Professore emerito di Psichiatria alla Amsterdam University. Psicoanalista, membro dell’associazione psicoanalitica olandese. Lavora privatamente.

La psicoanalisi guarda il mondo interno dei processi mentali (la mente). I processi mentali sono radicati nei processi del cervello, il mondo esterno nei processi fisici (la materia, di cui il cervello fa parte). La natura (il naturale) comprende la materia (il fisico) e la mente (il mentale), ma tra loro sembra che ci sia una spaccatura profonda. Nel frattempo, i ricercatori che separano la mente dalla soma sembrano sciocchi, mentre i ricercatori che non distinguono tra la mente e soma sembrano ancora più sciocchi. Noi siamo il nostro cervello ma il nostro cervello non è noi. I processi del cervello sono spazio temporali (quattro dimensioni), conosciuti attraverso i sensi, riferiti in terza persona (il linguaggio del cervello – brain talk) e spiegati da cause non intenzionali. I processi della mente sono unidimensionali (temporali), conosciuti attraverso l’introspezione, riferiti in prima persona (linguaggio della mente – mind talk) e spiegati da ragioni intenzionali. Noi siamo parte della natura, benedetti o maledetti, destinati a essere dei meri cercatori: non possiamo essere altro, e chiamiamo ciò la nostra volontà. Pertanto, un approccio esclusivamente positivista alle cose umane deve essere considerato come un riduzionismo disumanizzante. I due tentativi più in voga per riempire questo divario tra mente e cervello, la teoria degli aspetti duali ( dual-aspects theory) e la teoria dell’emergenza (emergence theory) analizzano i principi di vicinanza causale (causal closeness) della scienza naturale. L’assioma per cui noi siamo dualisti epistemologici descrive più accuratamente i limiti delle nostre possibilità cognitive. La gravità è responsabile per la caduta di pietre ma “la gravità non può essere considerata responsabile per il fatto che le persone si innamorino” (dixit Einstein).

 

 

Gustaw SikoraAlcuni appunti sul conservatorismo delle pulsioni

Gustaw Sikora MD,PHD,N Inst Psychoanal Psychoanalyst,Psychyatrist. Member of British Psychoanalytical Society.

Freud fece della coazione a ripetere un tema centrale della cura psicoanalitica e, come conseguenza di essa, il transfert diventò un elemento centrale della  tecnica psicoanalitica. Però gli psicoanalisti contemporanei sono divisi su questo. Molti psicoanalisti hanno visto il transfert come uno  strumento terapeutico che fornisce ai pazienti una “nuova” esperienza” (Tucket, 2011), ma altri rimangono del parere che il cambiamento terapeutico sia raggiungibile solo lavorando attraverso il transfert come ripetizione di emozioni e relazioni significative precoci. Anche se i due approcci alla tecnica psicoanalitica sono basati sul fenomeno della ripetizione, si basano su modelli diversi di funzionamento psichico e sono tecnicamente diversi. Nel modello di Freud, la coazione  a ripetere è spiegata sopratutto attraverso il concetto di pulsione di morte e il modello economico della mente. Freud non ha spiegato del tutto esaustivamente la natura di questi concetti ma di fatto le sue spiegazioni sono state interpretate in maniera contraddittoria. Gli psicoanalisti di diverse tradizioni/scuole stanno cercando di risolvere  questi problemi con varie teorie : a volte quelle teorie chiaramente si contraddicono. Nell’opinione del relatore è giustificato dire che la meta-psicologia della coazione a ripetere ancora aspetta una spiegazione completa. Il modello di Friston del cervello ci fornisce  nuove conoscenze sulle forze di base che regolano il funzionamento del cervello/mente ed  è visto da molti come un’opportunità’ per riesaminare la teoria di Freud. In particolare il suo uso del concetto Helmholiziano dell’”energia libera”/free energy e il modello Bayesiano del cervello sembra che siano altamente compatibili con la teoria delle pulsioni, compresi la pulsione di morte e il modello economico della mente. Il presente lavoro fa una proposta di comprensione della coazione a ripetere che è basata sui concetti di pulsione di morte e del  modello economico di Freud, ma verificati secondo il modello di Friston (*). Nella relazione, si esamina come diverse tradizioni analitiche abbiano  sviluppato la loro comprensione della coazione a ripetere usando il concetto di  pulsione di morte e del  modello economico. Vengono quindi paragonate ed analizzate per vedere fino a che punto i concetti di Freud siano compatibili con il modello di un cervello funzionante descritto da Friston. Vengono analizzate le seguenti tradizioni di pensiero analitico: post-Kleiniana, gli scritti di Bion, Segal, Feldman e Bronstein, Winnicott, Sandler della scuola intersoggettiva. Nelle conclusioni, una mappa delle scuole psicoanalitiche nei  termini  della loro compatibilità con la proposta di cui sopra. Viene fatta  una proposta meta-psicologica per la comprensione della coazione  a ripetere facendo una connessione tra il concetto di fantasia inconscia e il modello economico. Possibili conseguenze cliniche di questa proposta.

(*) Nota di C.Pirrongelli:  Il lavoro del professor Friston si basa sulla teoria bayesiana del funzionamento del cervello, ovvero su un principio di probabilità in base al quale il cervello compie costantemente previsioni sul mondo circostante, che poi aggiorna in base a ciò che sente. La teoria del professor Friston dice che l’azione e la percezione – secondo il principio dell’energia libera – porta all’ottimizzazione delle attività neuronali e neuromuscolari, per eliminare gli errori di previsione per l’energia libera basandosi su modelli generativi di dati sensoriali. L’energia libera è essenzialmente un meccanismo di previsione dell’errore. Quest’energia può essere utilizzata all’interno di un sistema, una volta rimossa l’energia non utilizzata del sistema.

Ad esempio, le migliaia di uccelli negli storni, che si muovono come una massa unica, si auto-organizzano per ridurre al minimo la sorpresa. Mentre gli uccelli non possono misurare la sorpresa, sono però in grado di misurare l’energia libera, che secondo la teoria di Friston è sempre più grande della sorpresa. Gli uccelli, pertanto, ridurranno al minimo l’energia libera, in modo che piccoli errori possano causare solo sorprese minime. A parte l’azione e la percezione, la riduzione al minimo dell’energia ha anche implicazioni per l’apprendimento, lo sviluppo neurologico e l’evoluzione. “L’omeostasi ci mantiene in vita. Rimaniamo vivi riducendo al minimo la sorpresa nel nostro ambiente”.

Per ulteriori dettagli v. la relazione (Legge matematica propone una grande teoria unificata del cervello) tenuta dal prof.Friston del Wellcome Trusr Centre for Neuroimaging nella Settimana del Cervello (Brain Awareness Week) organizzata dal Parlamento Europeo nel Marzo 2010.

 

 

Herman GroenCervello e mente: un ponte sul divario?

Herman Groen Psichiatra, terapeuta di gruppo e scultore. Editore di libri divulgativi sul Disturbo Borderline e di psichiatria forense. Non si considera né uno scienziato né un filosofo. È un clinico interessato alle meraviglie e ai disastri tra la gente, e al ruolo della mente e del cervello in tale mondo.

Alcuni neuroscienziati sono sicuri che tutto succeda nel cervello, che “siamo il nostro cervello”. Molti altri sono sicuri che questa sia una concezione troppo semplice e meccanicistica su chi siamo. In questa relazione è stata presentata una teoria che fa da ponte sul divario tra cervello e mente. Basata sul modello filosofico di Mario Bunge presentato in “Emergence and Convergence” (2003) e “Matter and Mind” (2010), vengono fatte riflessioni  sul significato dell’emergence, materia e novelty. Prima, dobbiamo capire che la materia/mass ha due significati: quello Newtoniano (massa uguale peso) e quello Einsteniano (massa uguale energia), le particelle elementari hanno cosi la loro massa definita da Volt milli-/electron. Da Faraday sappiamo che la materia è energia, che la materia non ha massa Newtoniana, e che questo è stato confermato dalla scoperta delle particelle elementari.  Quindi Il dott. Groen ha illustrato la teoria  simbiotica di Margulis (1965) e la ‘self organization’ presente nella natura (Prigogine: caos e ordine; Hemelrijk: organizzazione dei branchi di uccelli). La ricerca ha mostrato che la self organization e la comunicazione tra cellule è qualcosa che esiste alla base. Margulis ha mostrato che le cellule sono un sistema di sistemi, cosi come le bambole russe babushka. Terzo, ha discusso del lavoro di Kandel, Panksepp, De Waal e altri che mostrano che le cellule del cervello possono memorizzare e sono in azione quando sentono (Affective Neuroscience). Questo è vero non solo per le cellule umane ma anche per quelle degli animali: è universale. Conclude  che il fenomeno dell’emergence è universale: le cellule ‘self organizing’ del cervello “producono” la mente. Più il cervello è complesso, più complesso può essere il prodotto emergente: nel nostro caso il cervello “produce” la nostra mente.

 

 

Davide TomatisIl risveglio impossibile: il margine di successo per pazienti in coma in uno stato di bassa coscienza.

Davide Tomatis Psicologo, psicoanalista, psicoterapeuta, membro della Fondazione Morosini, Milano.

Il paradigma psicoanalitico, sia esso con bambini che con adulti, non è basato sulla guarigione, ma sul miglioramento della  qualità di vita. Freud (1932) insegnò quanto si potesse  apprendere sul funzionamento mentale dei pazienti psicotici dal momento che essi sono completamente concentrati sul loro mondo interno. In questo modo, crediamo si possano acquisire competenze su come il cervello funziona da pazienti che sono in uno stato di scarsa  coscienza e consapevolezza. Questi casi ci permettono di studiare la plasticità del cervello alle sue radici. La ricerca oggi sullo stato minimamente consapevole è, secondo noi, all’avanguardia negli studi neuropsicoanalitici. Questi pazienti non sono spesso considerati come trattabili per la difficoltà nel riconoscere e leggere i cambiamenti minimi essenziali nella loro evoluzione. La capacità di riconoscere e leggere tali cambiamenti può dare la motivazione necessaria per continuare la ricerca. È risaputo ora che il training psicoanalitico migliora la plasticità del cervello e noi crediamo che un cervello più flessibile possa aiutare a risvegliare le persone da stati scarsamente  consapevoli. La Prof.ssa. Cecilia Morosini ha lavorato con pazienti in tale condizione e concorda con le tesi di Mark Solms riguardo a “L’id conscio” (Solms, 2013) in cui si afferma che la coscienza è nel tronco cerebrale. Crede anche che la plasticità del cervello possa essere trasferita dai riabilitatori ai pazienti se i riabilitatori sono capaci di comprendere i più piccoli segnali di comunicazione dei pazienti grazie all’empatia psicoanalitica. Queste scoperte sono state fondamentali per il miglioramento della qualità della vita di un paziente e la situazione emozionale della sua famiglia. La possibilità di comunicare ha cambiato completamente il rapporto del paziente con il personale professionale e con i parenti. I riabilitatori agiscono da ponte tra il personale medico, i parenti e il paziente. Devono rimanere più positivi delle altre persone, ma devono essere sempre attenti a non dare false speranze quando non ci sono dei cambiamenti reali nei pazienti. Crediamo che la cura degli stati di scarsa coscienza e consapevolezza non solo sia una missione etica o umana, ma anche una missione di ricerca scientifica. È stato presentato un caso  emblematico di un paziente in psicoterapia presso il centro, dopo un trauma cranico seguito da un coma temporaneo.

 

 

Maria Sonia Goergen –  Ddisturbi dello sviluppo neuronale: dalla diagnosi all’intervento giusto

Maria Sonia Goergen MD, Neuropediatra, Churchill Hospital, Oxford, membro fondatore della Società Internazionale di Psicoanalisi.

Gli interventi mediati dai genitori  (parent-mediated interventions – PMI) per bambini piccoli con disturbi dello spettro autistico (autism spectrum disorders – ASD) si concentrano sulla reciprocità sociale ed offrono un’alternativa importante o un complemento a interventi professionali di provata efficacia. Il PLAY Project Brasil ha implementato il PMI del Play Project non solo per bambini con ASD ma anche bambini che potrebbero avere ASD nelle diagnosi differenziali. Questa relazione  dimostra l’efficacia del modello su un caso di una bambina con errata diagnosi di ASD a causa della depressione post-partuum della madre. Attraverso visite domiciliari mensili, analisi filmate e rapporti scritti, la madre fu allenata ad interagire con la sua bambina in un modo che migliorò notevolmente l’interazione madre-bambina portando la bambina a migliorare il suo sviluppo funzionale emozionale e la plasticità del cervello (la bambina viene mostrata mentre utilizza,  per la prima volta , un secondo tipo di linguaggio). Esempi videoregistrati sono stati usati per dimostrare il progresso del linguaggio della bambina, interazione sociale, profilo sensoriale, e vita emozionale. (La bambina cerca di esternare i suoi sentimenti attraverso la canzone!). La relazione mostra come una madre inizialmente insicura può essere sostenuta a riparare le sue interazioni con la sua bambina difficile il che, a sua volta, la rende capace di esprimere il suo calore nascosto e la sua creatività e riduce la sua depressione. Il PMI permette la ripetizione giornaliera promuovendo cosi ancora le capacità materne. Questo forum descrive come l’approccio neuropsicanalitico abbia aiutato la squadra a sviluppare delle ipotesi diagnostiche, ottenere intuizioni verso metodi terapeutici potenziali, e mostrare il beneficio reale di interventi intensivi precoci cosi come sono forniti dal PMI.

 

 

Joseph Doddsil ritornello e il cervello: ripetizione, emergenza, e dinamiche non lineari in neuroscienza, psicanalisi ed ecologia.

Joseph Dodds PHD, psicologo e membro associato della British Psychological Society,membro candidato della Società Psicoanalitica Ceca, Fondatore del Gruppo Neuropsicoanalitico di Praga, Comitato di gestione dell’Alleanza Psicologica sul clima, insegna in vari corsi di Psicologia e Psicoanalisi dell’Università di New York a Praga.

La teoria del ritornello è una parte importante del progetto psico-filosofico di Deleuze e Guattari (2003), e offre un approccio concettuale cruciale per affrontare temi di ripetizione e plasticità. Quando è connesso con gli approcci matematici della teoria dei sistemi dinamici non lineari, il ritornello offre un modo cruciale di esplorare le dinamiche di vari sistemi, dalle dinamiche neurali del cervello della percezione, emozione, coscienza e Sé, alle ripetizioni, spirali, e cambiamenti repentini dell’incontro psicanalitico nel tempo, dai millisecondi alle decadi, dalle chiamate degli uccelli e collettività sociali, alle più ampie dinamiche di sistemi sociali ed ecologici. Il ritornello crea  e marca un ‘territorio’ in qualunque registro in cui emerge dal flusso del caos. Stabilisce delle connessioni, compresi sia il ‘ritmo’ (orizzontale) che la ‘melodia’ (verticale). Il Prof. Dodds ha cercato di proporre il progetto di ecopsicoanalisi iniziato con il suo libro ”Psicanalisi ed Ecologia”, al Bordo del Caos (Dodds 2011) e cerca un incontro mutuamente benefico tra quest’importante aspetto del pensiero Deleuze-Guattariano con la neuropsicanalisi moderna e la matematica.

 

Chiusura di Mark Solms e invito al prossimo Congresso Internazionale di Neuropsicoanalisi a Chicago.

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