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De Masi F., Davalli C., Giustino G., Pergami A. (2015). Hallucinations in the psychotic state: Psychoanalysis and the neurosciences compared. Int.J.Psychoanal. 96: 293-318. Sintesi di G.Giustino

25/10/14

De Masi F., Davalli C., Giustino G., Pergami A. (2015). Hallucinations in the psychotic state: Psychoanalysis and the neurosciences compared. Int.J.Psychoanal. 96 : 293-318.

 

                                    —————–    Sintesi dell’articolo a cura di Gabriella Giustino     —————

 

                                   Sulle allucinazioni nello stato psicotico: un confronto tra psicoanalisi e neuroscienze 

 

Questo contributo tenta di chiarire il significato delle profonde distorsioni del funzionamento psichico che si verificano nel corso dei fenomeni allucinatori.

Recenti ricerche neuroscientifiche sostengono che le allucinazioni distorcono il senso di realtà  a causa di una complessa alterazione dell’equilibrio tra i circuiti cerebrali che vanno dall’alto verso il basso (top-down) e di quelli che vanno dal basso verso l’alto (bottom-up). 

Tra i pazienti che soffrono di  allucinazioni  abbiamo preso in considerazione solo i pazienti psicotici. A nostro parere le  allucinazioni sono  spesso secondarie allo sviluppo di un sistema delirante. Esse sostengono il delirio e lo confermano agli occhi del paziente. Dal punto di vista psicoanalitico l’ipotesi di questo lavoro è che i fenomeni allucinatori nella psicosi rappresentano l’esito di una distorsione inconsapevole e prolungata nel tempo della mente, a partire dal primitivo ritiro infantile in un mondo di fantasie sensoriali dissociate dalla realtà psichica.

Siamo consapevoli che il rapporto tra psicoanalisi e neuroscienze è molto complesso e che, per questioni epistemologiche e di metodo, i dati delle due discipline non possono essere utilizzati se non negli specifici e rispettivi campi di indagine che procedono in parallelo.

Riteniamo tuttavia che le ricerche neuroscientifiche  sulle modificazioni che avvengono nelle strutture cerebrali sensoriali, sull’ eccitazione delle stesse e sulla loro occupazione nel corso dei fenomeni allucinatori sono importanti perchè ci permettono di stabilire un nesso tra  la sintomatologia clinica, l’esperienza soggettiva e il substrato neuro-biologico.

 

 

Alcune ipotesi psicoanalitiche sulle allucinazioni

 

Inizialmente Freud (1894) considera l’allucinazione secondo il modello della rimozione, della regressione e del ritorno del rimosso. Poi, nel 1924,  formula l’ipotesi che la realtà psicotica derivi dalle sensazioni del proprio corpo (il paziente riconosce come esterocettiva una realtà propriocettiva). L’ingresso nella psicosi, per Freud, si svolge in due stadi: l’Io prima nega (rigetta) la realtà e si svincola da essa e poi crea una nuova realtà tramite un delirio o un’allucinazione.

Bion ritiene che l’allucinazione sia frutto di un’operazione mentale che distrugge gli elementi alfa (simboli) riducendoli in frantumi che non possono essere pensati ma solo evacuati. Tale evacuazione avviene attraverso gli organi di senso, il cui funzionamento s’inverte espellendo nel mondo esterno elementi beta indigeriti insieme a tracce di Io e Super-Io,  dando luogo agli oggetti bizzarri (Bion 1958, 1965).

La trasformazione in allucinosi è, per l’Autore, un fenomeno anch’esso evacuativo, ma con minore disintegrazione del materiale proiettato, cosicché sono espulsi elementi sensoriali a cui restano attaccati brandelli di significato. A differenza delle allucinazioni, le trasformazioni in allucinosi non implicano dunque  la percezione di oggetti che non esistono nella realtà esterna, bensì la percezione di relazioni inesistenti. (Meltzer,1982,a,b).

Piera Aulagnier  (1985) afferma che la fissazione a una zona geografica o sensoriale corporea impedisce l’ideazione rappresentazionale o fantasmatica. La psiche, quindi, non allucina l’oggetto, ma una percezione sensoriale.  Queste esperienze mentali (pittogrammi) sono allucinazioni sensoriali, equivalenti, per l’Autrice,  alle  fissazioni zonali di Meltzer e sono punto di partenza dell’inversione dell’  apparato percettivo.

 

 

Neuroscienze

Recenti ricerche neuroscientifiche supportate da tecniche di neuroimaging sostengono  che le allucinazioni sono in grado di distorcere il senso di realtà  a causa di una complessa alterazione dell’equilibrio tra  i circuiti neuronali che funzionano per mezzo di processi che vanno “verso il basso”( top-down) e quelli che vanno “verso l’alto” (bottom-up).Questo lessico è comune alle  neuroscienze e alla psicologia. Prendiamo ad esempio l’attenzione visiva: se l’attenzione si rivolge ad un fiore in un campo allora il fiore è visivamente più rilevante rispetto al resto del campo. L’informazione che  porta ad osservare il fiore  giunge con la modalità bottom-up. L’attenzione, in questo caso, non è stata condizionata dalla conoscenza del fiore; gli stimoli esterni erano già  sufficienti. Nel caso in cui invece si  sta cercando intenzionalmente un fiore, il soggetto ha già una rappresentazione di cosa cerca e, quando vede l’oggetto che cerca, lo individua. Questo è un esempio dell’uso dell’informazione in modo top-down. In altre parole, durante un’azione finalizzata esiste un’interazione tra l’elaborazione top-down (guidata concettualmente) e quella bottom-up (guidata sensorialmente).

I circuiti bottom-up riguardano le informazioni sensoriali o percezioni che si muovono dai livelli inferiori verso quelli superiori del cervello che sono caratterizzati da una maggiore complessità. In queste sedi sono depositate le aspettative e le nozioni precedentemente acquisite che monitorizzano i dati in arrivo con un percorso top-down e che li interpretano e li elaborano a livello mentale. Il percorso top-down è mediato da circuiti che partono dalla neocorteccia e arrivano alle strutture sottocorticali in modo che la corteccia possa controllare le funzioni sottocorticali.

L’iperattività nello stato di riposo delle regioni interessate alla produzione di allucinazioni indica quello che Allen e coll. (2008) hanno chiamato “sovrapercezione”. Se si stabilisce  un’anormale o aumentata modulazione dal basso verso l’alto (“bottom-up”), dalla corteccia uditiva alle altre regioni corticali, ciò che fa sì che il soggetto sperimenti e percepisca la sua attività uditiva interna con maggiore intensità.

Le allucinazioni si formano in virtù del malfunzionamento del sistema top-down,  cioè di quelle strutture deputate al controllo e al monitoraggio dall’alto delle zone sensoriali.

La disfunzione bottom-up consiste in un’iperattivazione delle cortecce sensitive secondarie (occasionalmente primarie) che favoriscono l’esperienza di percezioni vivide in assenza di stimoli sensoriali e che, attraverso una compromissione del monitoraggio e dell’attribuzione di realtà, possono portare all’esperienza  allucinatoria. 

Nel corso delle allucinazioni si attivano anche i centri corticali e sottocorticali che regolano le emozioni, e ciò spiega l’alta componente emotiva che accompagna il fenomeno allucinatorio.

Sensorialità

Recentemente  nella psicoanalisi la sensorialità ha assunto un significato distinto dalla sessualità ed è sempre più considerata come importante nello sviluppo psichico (anche grazie al  contributo dell’Infant Research e delle neuroscienze).

Edelman e Tononi (2001) sottolineano  che fin dalla nascita gli stimoli  cui il bambino è esposto innescano e rinforzano schemi specifici di attività neuronale. Sono gli stimoli sensoriali a regolare l’organizzazione anatomica e cellulare del sistema nervoso in via di sviluppo (Shore, 1994).

Numerose osservazioni sperimentali mostrano che, nei casi  in cui il bambino ha ricevuto stimoli sensoriali insufficienti o non ha  avuto la sintonizzazione emotiva durante il periodo critico per la formazione dei legami di attaccamento, insorgono comportamenti che rimarranno anomali o disadattivi per il resto della vita.

Questo significa che, se i bisogni sensoriali corporei  sono soddisfatti in modo idoneo, le gratificazioni sensoriali vengono inserite in un contesto emotivo.  La tenerezza fisica, le carezze o i baci non hanno un significato sessuale o eccitante, ma diventano scambi con valenza relazionale. Pertanto l’esperienza sensoriale assume un significato differente a seconda dell’incontro tra stato emotivo (top-down) e stimolo sensoriale (bottom-up). Se prevale lo stato emotivo-affettivo, la sensorialità viene iscritta in un contesto relazionale e il piacere assume il carattere di   scambio emotivo. 

Se manca l’apporto emotivo da parte di chi si cura del bambino, questi può usare il proprio corpo a  scopo eccitatorio.  In questo caso la sensorialità è in primo piano, ma è sprovvista del carattere relazionale che si sviluppa solo all’interno di un buon accudimento affettivo. 

Trinca (2001) sostiene che nei processi psicotici il paziente non riesce a pensare perché la sua mente è saturata da elementi sensoriali che favoriscono lo sviluppo di deliri e allucinazioni. Questi elementi sensoriali arcaici e concreti cancellano il mondo interno, pervadono e dominano i processi mentali e bloccano la capacità di sognare come se “impregnassero” sensorialmente la mente.  Per questo motivo il paziente psicotico non è capace di sviluppare le funzioni simboliche, ossia quelle funzioni che servono per comprendere le relazioni umane a livello intrapsichico.

 

Conclusioni

 

In conclusione  la nostra ipotesi dal punto di vista clinico è che le allucinazioni nello stato psicotico sono l’esito di una distorsione inconsapevole e prolungata nel tempo della mente  che non è più uno strumento per  relazionarsi agli altri   ( organo di conoscenza), ma uno strumento capace di produrre un mondo sensoriale  piacevole e regressivo. Da qui il primitivo ritiro infantile in un mondo di fantasie sensoriali dissociate. Questo processo non può certamente essere considerato il solo a produrre la malattia, ma ci sembra che costituisca una delle vie principali attraverso la quale essa si sviluppa.

La realtà sensoriale neo-creata ad un certo punto sfugge al controllo,  domina e  invade completamente la parte  sana della personalità. Le allucinazioni auditive (o visive) diventano malevole e i deliri di grandezza si mutano in stati persecutori.

Abbiamo visto come i neuroscienziati riescono a mostrare, attraverso  tecniche di neuroimaging, cosa succede a livello neurofisiologico (cervello) quando il processo psicotico e allucinatorio avanza nella psiche (mente).

La psicosi mette fuori uso, paralizzandole, le funzioni discriminanti e pensanti che sono localizzate prevalentemente nelle regioni prefrontali. In  pratica, la creazione del rifugio sensoriale psicotico contribuisce all’indebolimento permanente delle capacità discriminatorie e autocritiche.

Il paziente, infatti, può ottenere di restare nel rifugio sensoriale autoeccitatorio solo se inibisce quei centri cerebrali   indispensabili alla ricezione emotiva dell’ambiente e al giudizio di realtà.   Pertanto, alle funzioni del pensiero viene sostituita la percezione sensoriale  univoca  e concreta. Così il mondo  percepito dal paziente rimane all’interno dei   canali sensoriali che vengono espansi come se fossero il mondo intero.

 Per dirla in altro modo, gli stimoli sensoriali non arrivano ai centri deputati alle funzioni cognitive, dove potrebbero essere analizzati e discriminati, ma sono “trattenuti”  al livello delle aree sensoriali.

Come hanno dimostrato Kenneth Hugdall e collaboratori (cfr. la voce <allucinazioni uditive> in Spipedia) quando la connessione con le regioni prefrontali rimane integra, le “voci interne” mantengono la loro connotazione di realtà, non sono proiettate all’esterno e vengono percepite appunto come provenienti dalla mente  e non come allucinazioni uditive. 

 L’alterazione dei rapporti che avvengono tra aree cerebrali interdipendenti  pone il problema della possibile reversibilità delle modificazioni avvenute. La reversibilità delle trasformazioni psicotiche e la scomparsa dei sintomi correlati non sono ottenibili senza il ricorso ad un aiuto psicofarmacologico che è in grado di attenuare o rimuovere i sintomi allucinatori, anche se non può poi agire sulle cause emotive o psichiche che sono alla base delle trasformazioni psicotiche.

Il punto di vista che abbiamo proposto in questo lavoro tiene conto della possibile base biologica della psicosi e della complessa  relazione  tra mente e cervello. Siamo in un terreno complesso in cui psiche e soma si incontrano e si confrontano molto da vicino.

Ciò pone un delicato problema che non ha ancora trovato soluzione e che riguarda la prevalenza delle componenti ambientali o di quelle biologiche nella produzione psicotica. 

I risultati che provengono dalle neuroscienze sulle modificazioni che avvengono nelle strutture cerebrali sensoriali, sulla eccitazione delle stesse e sulla loro occupazione nel corso dei fenomeni allucinatori costituiscono importanti dati mediante i quali possiamo stabilire un nesso tra  la sintomatologia clinica, l’esperienza soggettiva e il substrato neuro-biologico.

L’intervento psicoanalitico si rivela indispensabile per trasformare i fattori psichici ed emotivi che concorrono a determinare le alterazioni neurofisiologiche. In questo senso la psicoanalisi e la psicoterapia orientata analiticamente costituiscono non solo  un’integrazione alla psicofarmacologia ma offrono potenzialmente  una possibile   via di  uscita  dallo stato di malattia. 

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