La Ricerca

“Il ruolo dell’amigdala nella regolazione delle emozioni”. Recensione di E. Bellagamba

14/12/22
E. Bellagamba "Il ruolo dell’amigdala nella regolazione delle emozioni"

G. RICHTER 1995

Parole chiave: regolazione emozioni, amigdala, motivazione, significazione

Il ruolo dell’amigdala nella regolazione delle emozioni

Elisabetta Bellagamba

Recensione dei seguenti articoli:

Berboth, S., & Morawetz, C. (2021). Amygdala-prefrontal connectivity during emotion regulation: A meta-analysis of psychophysiological interactions. Neuropsychologia, 153, 107767.

Morawetz, C., Riedel, M.C., Salo, T., Berboth, S., Eickhoff, S.B., Laird, A.R., Kohn, N., (2020). Multiple large-scale neural networks underlying emotion regulation. Neurosci. Biobehav. Rev. 116, 382–395.

Morawetz, C., Bode, S., Baudewig, J., & Heekeren, H. R. (2017). Effective amygdala-prefrontal connectivity predicts individual differences in successful emotion regulation. Social cognitive and affective neuroscience, 12(4), 569-585

I tre articoli presentati focalizzano i meccanismi neuronali implicati nella regolazione delle emozioni, che sappiamo essere un fattore transdiagnostico per lo sviluppo di psicopatologie. Gli autori nei loro lavori suggeriscono che alla base dell’elaborazione emozionale ci siano circuiti neuronali multipli. Morawetz e al. (2020) tentano di rispondere alla domanda su quali aree cerebrali, che operano in reti su larga scala, supportino la percezione/generazione delle emozioni e quali sono le aree che, invece, sono alla base della regolazione delle emozioni; inoltre si interrogano anche su quali siano i processi psicologici associati alle diverse reti attivate durante l’elaborazione delle emozioni (ER). 

Le ricerche precedenti, riportate ampiamente all’interno dell’articolo appena citato, mostrano che i processi cognitivi, che giocano un ruolo chiave nell’ER sono: l’attenzione selettiva, la memoria di lavoro e la selezione/inibizione della risposta; mentre gli aspetti motivazionali e affettivi influenzano l’ER, ma non hanno un ruolo chiave.

A livello neuronale gli autori hanno identificato quattro reti distinte  associate a specifici processi psicologici. Tali reti, secondo la loro ipotesi, possono essere raggruppate nella seguente modalità: due reti corticali, che sono principalmente implicate nella regolazione delle emozioni; una rete sottocorticale, che è associata alla percezione e alla generazione delle emozioni; una rete comune legata a entrambi i processi di regolazione delle emozioni e di reattività emotiva. 

Le reti corticali sono costituite:1) dalla corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC), dall’area motoria supplementare (SMA), e dalla corteccia parietale inferiore, legate alla memoria di lavoro e all’inibizione della risposta; 2) dalla corteccia prefrontale ventrolaterale (VLPFC), SMA e giunzione temporo-parietale, principalmente implicate nell’elaborazione del linguaggio. 

Gli autori propongono che le reti corticali agiscano nei processi top-down, mentre le regioni sottocorticali, come l’amigdala, sono implicate nei processi bottom-up. La regolazione delle emozioni, pertanto, implica un’interazione tra i due processi.  Su questa scia Berboth e Morawetz nel 2021 hanno pubblicato una meta-analisi con il fine di derimere i risultati incoerenti dei singoli studi per quanto riguarda i modelli di connettività. In particolare gli autori hanno effettuato tre livelli di meta-analisi basati sul livello di ristrettezza dei criteri inclusivi degli studi. Il primo livello è quello più ristretto dove non sono stati inseriti studi che contemplano covariate, il secondo livello include le ricerche che indagano anche le covariate e, infine, per creare un insieme omogeneo di dati, i ricercatori hanno eseguito un’analisi mirata in cui sono stati inclusi solo gli studi che utilizzavano la rivalutazione per l’elaborazione delle emozioni con o senza covariate. 

La meta-analisi di primo livello non ha prodotto risultati significativi, gli autori suppongono che ciò sia dovuto al numero esiguo degli studi inclusi; la seconda meta-analisi ha rivelato l’accoppiamento convergente compito-modulato  dell’amigdala con la VLPFC sinistra; infine il terzo livello di meta-analisi ha mostrato un aumento della connettività tra l’amigdala e le regioni della corteccia prefrontale come la DMPFC, la DLPFC destra e la VLPFC sinistra. 

I risultati degli studi, sia del 2020 che del 2017, degli autori citati hanno rivelato che la VLPFC sinistra è costantemente accoppiata con l’amigdala durante la regolazione delle emozioni e questo porta gli stessi a sostenere che questa regione potrebbe svolgere un ruolo chiave nell’integrazione delle informazioni tra l’emozione e i sistemi regolatori e generativi. I ricercatori sostengono che la VLPFC possa essere implicata nei processi connessi al linguaggio durante la regolazione delle emozioni, e potrebbe sostenere la reinterpretazione attiva del significato dello stimolo emotivo e facilitare la selezione e l’implementazione delle rivalutazioni appropriate all’obiettivo. I risultati dei loro studi suggeriscono un collegamento funzionale diretto della DLPFC e VLPFC così come la DMPFC con l’amigdala durante la regolazione delle emozioni e che la forza della connettività tra l’amigdala e le regioni prefrontali potrebbe essere ulteriormente legata e/o modulata dalle differenze nelle capacità individuali inerenti alla rivalutazione.

Come si evince dagli articoli presentati, la regolazione delle emozioni è legata alla rivalutazione che in termini psicoanalitici può essere concettualizzata come l’introiezione della funzione alfa. La capacità di dare un nome e significato a ciò che viene provato emotivamente si potrebbe ipotizzare che possa permettere una connettività maggiore tra l’amigdala e le regioni corticali. 

Inoltre, il tema delle differenze soggettive nelle capacità di rivalutazione apre un’ulteriore riflessione in merito al tema della regolazione delle emozioni: lo sviluppo auto-organizzativo del cervello. Le numerose ricerche dell’Infant Research mettono in luce che la regolazione affettiva e la crescita cerebrale sono strettamente legate alla relazione intima del neonato con la figura di accudimento, che promuove lo sviluppo dei circuiti cerebrali. Come sostiene Northoff “il cervello è intrinsecamente sociale” (p. 65). Quello che possiamo chiamare “principio di relazionalità” trova, oggi, ampia conferma in diversi ambiti, apparentemente distanti tra loro. Nel campo delle neuroscienze, ad esempio, Schore (2019, 2014, 2011), attraverso le sue ricerche, suggerisce che le comunicazioni diadiche, dalle quali sorgono stati intensi di positiva affettività con elevati livelli di dopamina e oppiacei endogeni, creano quell’ambiente in grado di promuovere la crescita della corteccia prefrontale, di cui abbiamo appena descritto l’importanza nell’ER. Vari dati mostrano che nella corteccia frontale, in particolare in quella orbitale prefrontale, sono localizzati sistemi strutturali altamente complessi. Tali sistemi si formano durante la vita post-natale, non essendo precostituiti alla nascita, attraverso processi di contatto sociale. Il principio che sottende tali risultati è che la crescita del cervello è altamente influenzata da eventi che si verificano sia a livello intra che inter-personale, e le transazioni faccia a faccia tra il bambino e il caregiver influenzano l’imprinting e la formazione dei circuiti del sistema. Come sottolinea anche Northoff, il cervello esprime la propria piena funzionalità solo ed esclusivamente perché legato a un corpo situato in un particolare ambiente all’interno del quale si instaurano relazioni intersoggettive. Da ciò deriva, specifica Gallese (2014), che un approccio neurobiologico alla comprensione dei processi mentali debba concentrarsi come dal sistema cervello-corpo nelle sue situate relazioni scaturisca l’attività mentale. Questo riporta a varie teorizzazione psicoanalitiche le quali sottolineano che essere inseriti in un ambiente comporta fare esperienze relazionali: nella relazione con l’adulto che lo accudisce il bimbo “impara”. Impara, in primo luogo, le modalità di funzionare emozionalmente: si fondano qui le basi affettive che, in realtà, occupano e occuperanno la quasi totalità del funzionamento cerebrale (Cena e Imbasciati, 2014). 

BIBLIOGRAFIA 

Cena, L., &Imbasciati, A. (Eds.). (2014). Neuroscienze e teoria psicoanalitica: verso una teoria integrata del funzionamento mentale. Springer Science & Business Media.

Gallese, V. (2014). Quali neuroscienze e quale psicoanalisi?: Intersoggettività e Sé corporeo: Appunti per un dialogo. Rivista di psicoanalisi60(3), 687-703

Maturana, H., Varela, F. (1980). Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente Marsilio.

Maturana, H., Varela, F. (1985). L’albero della conoscenza. Garzanti. 

Northoff, G., & Scalabrini, A. (2019). La neurofilosofia e la mente sana: imparare dal cervello malato. Raffaello Cortina.

Rovelli, C. (2015). La realtà non è come ci appare: la struttura elementare delle cose. Raffaello Cortina Editore

Schore, A.N. (2019): Forging Connections in Group Psychotherapy Through Right Brain-to-Right Brain Emotional Communications. Part 1: Theoretical Models of Right Brain Therapeutic Action. Part 2: Clinical Case Analyses of Group Right Brain Regressive Enactments, International Journal of Group Psychotherapy, 70(1), 29-88

Schore, J. R., & Schore, A. N. (2014). Regulation theory and affect regulation psychotherapy: A clinical primer. Smith College Studies in Social Work, 84(2-3), 178-195.

Schore, A. N. (2011). The right brain implicit self lies at the core of psychoanalysis. Psychoanalytic dialogues, 21(1), 75-100.

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