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Ferenczi Miskolc Sándor

25/09/19
Ferenczi Miskolc Sándor

Ferenczi Miskolc Sándor

SÁNDOR FERENCZI Miskolc,

a cura  di  Silvia Anfilocchi

7 luglio 1873 – Budapest, 22 maggio 1933

Sándor Ferenczi si definì l’enfant terrible della psicoanalisi. Fu, infatti, un grande innovatore, anticipatore di proposte che sono divenute parte integrante della psicoanalisi attuale, precursore di temi centrali nel dibattito contemporaneo. Amico e allievo prediletto di Freud, che ne lodò la versatilità, l’originalità e la ricchezza di talento[1], ebbe con lui una relazione in parte paritaria e fraterna, con le rivalità e le ambivalenze tipiche di un rapporto profondo, in parte di tipo genitoriale, con richieste e tensioni unilaterali.

Cenni Biografici

Nacque in una cittadina nel nord dell’Ungheria, ottavo di 11 figli di una famiglia ebrea liberale di classe media in cui si parlava correntemente ungherese, polacco, tedesco e yiddish, perse il padre a 15 anni e crebbe in un ambiente culturalmente stimolante ma carente dal punto di vista affettivo. La madre, descritta come una donna severa, accrebbe l’attività del marito (una libreria-tipografia vivace centro culturale frequentato da intellettuali e artisti) ma dedicò scarse attenzioni ai figli.

Queste brevi note biografiche forse rendono ragione della sensibilità di Ferenczi per le aree traumatiche precoci e di altri suoi tratti distintivi (l’acume spiccato, la genialità e la dipendenza emotiva) tipici di quei bambini precocemente saggi di cui si occuperà come analista.

Dopo la laurea in medicina a Vienna avviò le carriera di neuropsichiatra all’ospedale St. Rókus di Budapest dove intraprese osservazioni ed esperimenti psicologici su se stesso con il metodo della scrittura automatica e si avvicinò all’idea di apparato psichico inconscio. Dal 1897 al 1908, anno in cui presentò il suo primo lavoro psicoanalitico, pubblicò 98 tra saggi, articoli, recensioni e studi di casi su temi come: gli stati inconsci, l’ipnotismo, i sogni, la scissione psichica; scritti in cui riservava già grande attenzione alla relazione di cooperazione tra medico e paziente quale elemento fondamentale per la buona riuscita del trattamento.

Al primo approccio, l’Interpretazione dei sogni non suscitò il suo interesse ma, dopo aver riletto questo ed altri lavori di Freud, volle conoscerlo. Si incontrarono nel 1908 grazie all’intermediazione di Jung e l’anno successivo lo accompagnò negli Stati Uniti.

Da allora, Ferenczi fu un instancabile ed entusiasta promotore della psicoanalisi: fu sua l’idea di fondare l’International Psychoanalytic Association (1910), la Società Psicoanalitica Ungherese (1913) di cui fu presidente per 20 anni, l’International Journal of Psychoanalysis (1920) e di istituire un programma di training psicoanalitico formalizzato in cui era richiesta un’analisi didattica approfondita (la seconda regola fondamentale) agli aspiranti analisti. Grazie alla sua vasta cultura e alla sua apertura verso altre discipline, contribuì enormemente alla diffusione della psicoanalisi tra letterati, scienziati ed artisti. Come Freud, fu un convinto sostenitore dell’analisi laica e si oppose al predominio che la classe medica statunitense cercava di guadagnare sulla disciplina.

Uno dei primi concetti psicoanalitici da lui proposti, ripreso da Freud ed entrato a far parte dell’impianto teorico condiviso, fu quello di introiezione (1909 e 1912a), termine che coniò per integrare il movimento di proiezione e spiegare il processo di formazione del mondo e degli oggetti interni all’Io; lo riprese e sviluppò (1913a e 1926a) alla luce delle innovazioni nel frattempo introdotte da Freud affiancando alle fasi dello sviluppo psicosessuale gli stadi di creazione del senso di realtà.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale fu richiamato sotto le armi e lavorò come medico da campo, esperienza che gli consentì di approfondire la teoria e il trattamento delle nevrosi post-traumatiche. In questo periodo fece con Freud un’analisi breve e sommaria che lo lasciò insoddisfatto soprattutto per la mancata elaborazione del transfert negativo (lamentela comune ai primi analisti che non poterono beneficiare di un’analisi personale approfondita).

Tuttavia, Ferenczi e Freud mantennero un rapporto profondo di scambio sincero sul piano personale e professionale. Lo testimoniano l’intensa corrispondenza, i numerosi viaggi e vacanze che fecero insieme, le ripetute citazioni e riconoscimenti nei testi freudiani e l’evoluzione quasi parallela dei loro scritti, tanto da non poter distinguere quanto l’uno dovesse all’altro[2].

Nel 1919, all’epoca del matrimonio con la donna con cui aveva intrattenuto per 20 anni una complicata relazione clandestina, gli fu offerta la prima cattedra di psicoanalisi al mondo istituita all’Università di Budapest. La perse poco dopo, quando una reggenza di destra spodestò il Soviet nel tentativo di restaurare la monarchia e provocò l’allontanamento degli psicoanalisti ungheresi suoi allievi (S. Rado, M. Klein, M. Mahler, i Balint, F. Alexander) verso Vienna e Berlino.

A partire dagli anni ’20, Ferenczi si concentrò sul suo interesse principale: le modifiche tecniche tese ad accrescere l’efficacia terapeutica della psicoanalisi con un’attenzione privilegiata alle dinamiche transferali e contro-transferali nella relazione analitica, considerata un rapporto bi-personale[3]. Insieme a Rank, fu il primo a mostrare che quanto emerge in seduta deriva dall’incontro tra il transfert del paziente e il controtransfert dell’analista (1924a). Mostrò che il fenomeno del transfert è onnipresente nella cura e che tutto va interpretato come espressione del rapporto di transfert e di resistenza (1926b) e che tutti i sintomi fisici e psichici che si presentano durante il trattamento vanno interpretati come manifestazioni del processo analitico (1912b, 1913b). Nel tracciare una metapsicologia del funzionamento mentale dell’analista al lavoro, individuò il controtransfert narcisistico, ovvero il rischio che il narcisismo dell’analista influenzi i pazienti e inconsciamente li spinga a portare in seduta solo materiale a lui gradito, epurato da sentimenti ostili, finendo per rafforzare il senso di colpa inconscio e impedire il progresso della cura (1919a, 1919c,  1927-28), esattamente come accade ai bambini che si sentono costretti ad accondiscendere gli adulti.

Teoria e Tecnica

Le innovazioni tecniche da lui introdotte nella ricerca di modi corretti, rispettosi, opportuni che, senza mai superare il livello di tensione e dispiacere sopportabile dalla struttura dell’Io del paziente (la sofferenza tollerabile), consentono di raggiungere le aree più precoci e approfondire la cura, hanno permesso di ampliare i campi di indagine e intervento della psicoanalisi al trattamento delle patologie non-nevrotiche. La sua scrittura ricca di osservazioni e di esempi clinici fornisce indicazioni preziose per superare i momenti di impasse.

La comprensione dell’importanza che il rapporto precoce madre-bambino e il ruolo genitoriale giocano nello sviluppo psichico e nella strutturazione della personalità, il concetto di impronta lasciata dall’oggetto sulla psiche del soggetto in via di sviluppo, di ipnosi materna e paterna, di fallimento ambientale, fanno di Ferenczi il padre delle teorie delle relazioni oggettuali. La sottolineatura di come in analisi si ricreino l’ambiente infantile e adolescenziale, per il desiderio inconscio del paziente di vedere rettificato e riscattato l’accudimento inadeguato ricevuto in famiglia e che ogni terapia è l’analisi del bambino che sopravvive nell’adulto è un richiamo dell’analista alle proprie responsabilità (1930).

Tra il 1926 e il 1927 fu invitato dalle società psicoanalitiche locali a tenere conferenze a New York e a Washington e lì rimase un punto di riferimento per la nascente psicoanalisi interpersonale, a differenza di quanto accadde in Europa, dove fu quasi dimenticato fino alla recente «Ferenczi renaissance[4]». Nel Vecchio Continente, infatti, fu a lungo frainteso e marginalizzato dalle correnti prevalenti, soprattutto a causa dei giudizi malevoli di Ernest Jones, suo allievo e biografo di Freud, probabilmente geloso del trattamento privilegiato che questi riservava a Ferenczi[5], e della censura che lo stesso Jones e Anna Freud hanno operato sulla corrispondenza tra i due.

La riscoperta e completa riabilitazione dello psicoanalista ungherese ha in Italia alcuni rappresentanti tra i più autorevoli: Glauco Carloni[6] che ha esplicitamente passato il testimone a Franco Borgogno[7], cui siamo debitori dell’intenso e capillare lavoro di diffusione e valorizzazione di Ferenczi come analista e come uomo.

In realtà, per le qualità umane e professionali di cui aveva dato prova, i colleghi inviavano a Ferenczi i casi considerati impossibili, cioè pazienti profondamente regrediti ed egli continuò fino all’ultimo a rielaborare le sue prime intuizioni sulla necessità di prestare un ascolto sincero, interessato, affettivo al paziente, per sentire con il cuore e accogliere sensazioni, angosce, comunicazioni, per toccare con tatto, cogliere e dare senso anche alle più piccole sfumature, sperimentare e trasmettere il desiderio di aiutare.

In molti suoi scritti, forse soprattutto negli articoli più brevi, Ferenczi regala al lettore osservazioni cliniche puntuali e originali, oltre a utili consigli tecnici per favorire il raggiungimento dell’empatia, la capacità di sentire dentro, di mettersi nei panni del paziente senza confondersi con lui.

Grazie all’esperienza acquisita nell’analisi dei casi più difficili, rivoluzionò la teoria del trauma (non solo sessuale e non solo fantasmatico) e il concetto di traumaticità di un evento; approfondendo l’analisi dei processi intrapsichici e interpersonali che coinvolgono vittima e carnefice arrivò a elaborare i concetti di scissione e frammentazione dell’Io come difesa dal dolore e di identificazione con l’aggressore, intesa come la possibilità di sopravvivenza in cui la vittima rinuncia a sé e si consegna all’aggressore identificandosi con ciò che egli si aspetta. Spiegò che il disconoscimento dei sentimenti dei bambini e il silenzio degli adulti sono elementi aggravanti (1927, 1929, 1933) e, conseguentemente, sostenne la necessità che l’analista sia sincero per consentire al paziente di recuperare fiducia nelle proprie sensazioni, che riconosca la propria partecipazione e influenza, potenzialmente anche maligna, lungo tutta l’analisi e in ogni singola seduta (1908, 1924a).

Nelle sue ultime opere (1932, pag. 55) indicherà con il nome di Orpha gli istinti vitali organizzatori che presiedono alla scissione per garantire la sopravvivenza psichica in situazioni traumatiche, una sorta di Vero Sè che rimane protetto, e spiegherà la funzione traumatolitica del sogno (1931).

L’amore per la ricerca e la verità, evidente sin dai primi scritti pre-analitici, rimarrà una caratteristica costante della sua produzione. Invariata resterà anche la sua fedeltà alle teorie freudiane, nonostante gli esperimenti, non sempre felici, che gli costarono critiche e divergenze con il Maestro a partire dagli anni ‘20. I due poterono discuterle e superarle fino alla rottura definitiva nel dicembre 1931, quando Freud scrisse a Ferenczi, già malato, una lettera di biasimo pur mantenendo un atteggiamento indulgente, rimproverandogli il rischio per l’intera teoria psicoanalitica a causa delle voci che giravano sul suo conto.

Secondo Freud, Ferenczi assumeva con i suoi pazienti un atteggiamento troppo materno, cosa che avrebbe potuto sviare la posizione degli analisti in formazione ma, come commenta il suo allievo M. Balint, forse, le eccezionali qualità di accudimento di cui Ferenczi era capace mettevano in difficoltà Freud che non avrebbe saputo sostenere un carico emotivo così intenso.

Particolarmente apprezzata dal Maestro, che la definì la più audace applicazione dell’analisi mai tentata e una possibile precognizione della futura bioanalisi, fu l’opera (1924b) in cui l’autore applica alcuni modelli psicoanalitici, tratti prevalentemente dai Tre saggi sulla teoria sessuale, allo studio della vita organica per far luce sui fenomeni psichici.

Le critiche che gli sono state rivolte, e che hanno contribuito a tenerlo per decenni in posizione marginale, sono conseguenza del fraintendimento dei suoi esperimenti di psicoanalisi attiva e di analisi reciproca.

L’analisi attiva, cui dedicò diversi lavori (1919b, 1921, 1924c) densi di preziose osservazioni cliniche, consisteva per Ferenczi nel sostenere, anche realmente, il ruolo che l’inconscio del paziente attribuisce all’analista in modo da facilitare la ripetizione delle esperienze traumatiche e il loro superamento dopo la rivelazione del contenuto: una tecnica che induce il paziente verso un atteggiamento attivo nei momenti in cui il trattamento sembra ristagnare e le associazioni esaurirsi. Pur riconoscendone l’interesse, lo stesso Ferenczi ricusò questa modifica; concluse che non ci possono essere scorciatoie nel processo analitico e che neanche gli analisti più esperti possono pensare di abbreviare il lavoro senza correre rischi (1926b).

L’analisi reciproca, esperimento che Freud bocciò risolutamente, è riportata nel Diario clinico, testo molto originale per l’epoca, che, insieme agli appunti pubblicati con il titolo Frammenti e annotazioni, testimonia le sue doti di osservatore attento e clinico di valore.

Sicuramente nessuno oggi potrebbe sostenere un simile approccio tuttavia, le associazioni di Ferenczi e dei suoi pazienti sulle rispettive fantasie inconsce e le loro mutue analisi mostrarono come i processi psichici dell’analista e del paziente si mescolino e come la loro rivelazione simultanea arricchisca e approfondisca la comprensione da parte di entrambi. Queste novità hanno aperto la strada alle tecniche di self-disclosure delle scuole intersoggettiviste.

Ferenczi si ammalò di anemia perniciosa con gravi conseguenza neurologiche nel 1931 e morì 2 anni dopo.

BIBLIOGRAFIA

Articoli di Sándor Ferenczi citati nel testo:

(1908) Psicoanalisi e pedagogia

(1909) Introiezione e transfert

(1912a) Il concetto di introiezione

(1912b) Sintomi transitori nel corso dell’analisi

(1913a) Fasi evolutive del senso di realtà

(1913b) Un sintomo ‘transitorio’. La posizione del paziente durante la seduta

(1919a) La tecnica psicoanalitica

(1919b) Difficoltà tecniche nell’analisi di un caso di isteria

(1919c) Il problema dell’influsso sul paziente nel corso dell’analisi

(1921) Ulteriore estensione della ‘tecnica attiva’ in psicoanalisi

(1924a) Prospettive di sviluppo della psicoanalisi

(1924b) Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità

(1924c) Le fantasie indotte. L’attività nella tecnica dell’associazione

(1926a) Il problema dell’affermazione del dispiacere. Progressi della nozione del senso di realtà.

(1926b) Controindicazioni della tecnica psicoanalitica attiva

(1926c) L’importanza di Freud per il movimento di igiene mentale (in occasione del suo 70° compleanno)

(1927) L’adattamento della famiglia al bambino

(1927-28) L’elasticità della tecnica psicoanalitica

(1929) Il bambino non desiderato e il suo istinto di morte

(1930) L’analisi infantile negli adulti

(1931) Una revisione dell’interpretazione dei sogni

(1932) Il diario clinico

(1920-32) Frammenti e annotazioni

(1933) Confusione delle lingue tra gli adulti e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione

L’edizione italiana più completa dei lavori di Ferenczi, recentemente ripubblicata, è edita da Cortina in 4 volumi:

Ferenczi S. Opere vol 1° 1908-1912 (2008)

Ferenczi S. Opere vol 2° 1913-1919 (2009)

Ferenczi S. Opere vol 3° 1919-1926 (2009)

Ferenczi S. Opere vol 4° 1927-1933 (2002)

cui si aggiungono:

Ferenczi S. (1933) Diario clinico. Gennaio-ottobre 1932. Cortina, Milano. 1988

Sigmund Freud, Sándor Ferenczi Lettere 1908-1914 vol. I. Cortina, Milano.1993

Sigmund Freud, Sándor Ferenczi Lettere 1914-1919 vol. II. Cortina, Milano.1998

Ferenczi S. (1899-1908) (a cura di Mészáros J., Casonato M.) La mia amicizia con Miksa Schächter. Scritti preanalitici, Bollati Boringhieri, Torino. 1992

Da qualche anno, un nutrito gruppo di psicoanalisti sta lavorando alla ripubblicazione dell’Opera omnia di Sándor Ferenczi; Franco Borgogno e Peter Rudnytsky ne sono stati nominati General Editors.

Per un elenco completo delle opere italiane e internazionali ispirate da Sándor Ferenczi www.sandorferenczi.org/publications/books-and-articles-inspired-by-ferenczi/#toggle-id-2

NOTE

[1] Freud in Per la storia del movimento psicoanalitico (1914, OSF vol. 7, pag. 407) definì il suo valore pari a quello di un’intera società psicoanalitica e nel Necrologio di Sándor Ferenczi (1933, OSF vol. 11, pag. 320) scrisse che ogni analista può sentirsi suo allievo

[2] Carloni G. (1988) Sándor Ferenczi e la scuola ungherese in Semi A.A. (a cura di) Trattato di psicoanalisi. Cortina, Milano

[3] Borgogno F. (2019) Sándor Ferenczi, psicanalista classico e contemporaneo (con particolare riferimento a transfert e controtransfert). Riv. Psic. LXV, 2, 267-279

[4] Dopo la pubblicazione (1985) del Diario clinico, che contiene appunti e commenti sui pazienti seguiti dal 7 gennaio al 2 ottobre 1932, e della corrispondenza con Freud, iniziata nel 1992 con il primo volume delle lettere, molti europei hanno iniziato ad apprezzare il lavoro dello psicoanalista ungherese che era rimasto, fino ad allora, marginale. Negli stessi anni, gli analisti che, invece, non avevano smesso di ispirarsi alle sue idee e ai suoi lavori hanno avviato le International Sándor Ferenczi Conferences, che dal 1991 si sono svolte con regolarità richiamando sempre maggior interesse sul suo pensiero e sulla sua produzione. Da allora numerose iniziative hanno sostenuto il loro recupero e la loro diffusione (The Ferenczi House project – campagne di raccolta fondi per preservare la casa di Ferenczi a Budapest, The International Sándor Ferenczi Foundation e la fondazione di molte associazioni locali affiliate.

[5] In occasione del suo 50° compleanno (1923), fu dedicato a Ferenczi un numero monografico della “Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse”, vol. 9 (3), di cui Freud scrisse l’introduzione mettendo in rilievo la poliedricità della sua produzione scientifica (Il dottor Sándor Ferenczi; per il cinquantesimo compleanno OSF vol. 9 pag. 580) e sempre Freud iniziò a curare la raccolta dei suoi articoli pubblicati in 4 volumi tra il 1927 e il 1939 con il titolo Fondamenti di psicoanalisi. Inoltre, fu chiesto a Ferenczi di scrivere a Freud gli auguri per il suo 70° compleanno il 6 maggio 1926

[6] Curatore con Egon Molinari della traduzione italiana di Fondamenti di Psicoanalisi in cinque volumi suddivisi per tematiche (Guaraldi, 1972-75) e della traduzione dal francese delle Opere complete curate da Balint, in quattro volumi suddivisi per periodi (Cortina, 2002-09).

[7] Dopo il passaggio avvenuto nel Congresso di Madrid del 1997, Franco Borgogno è rimasto il principale allievo di Ferenczi; ha fondato insieme a Carlo Bonomi l’Associazione Culturale Sándor Ferenczi www.ferenczi.it di cui è l’attuale Presidente, membro dell’International Sándor Ferenczi Network www.sandorferenczi.org ed è autore di numerosi articoli e saggi, oltre che curatore di libri collettanei dedicati all’analista ungherese.

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