La Ricerca

Incorporazione

20/01/22
Bozza automatica 18

Sigmar Polke 1974

Parole chiave: Identificazione; Introiezione; Cannibalico; Abraham

INCORPORAZIONE

A cura di Maria Moscara

Incorporazione è una parola composta derivata dal latino tardo incorporare che indica, in senso proprio e figurato, sia l’atto dell’immettere qualcosa in un corpo, sia lo stato di due o più cose incorporate, fuse insieme.

In psicoanalisi, il termine di incorporazione è andato incontro a vicissitudini, che durano fino ai nostri giorni poiché spesso il termine è stato usato come equivalente di introiezione e talora di identificazione (Knight 1940; Hartmann e Loewenstein 1961, p 169; Rapaport 1957, p 447; Gaddini 1968, p 160).

In queste note si cercherà di mettere a fuoco il concetto di incorporazione nel corpus freudiano e in alcuni degli psicoanalisti che si sono occupati di questo tema.
Col concetto di incorporazione si intende un processo psichico primitivo alla base dei processi introiettivi e identificativi che accompagnano le vicissitudini di sviluppo di ciascun individuo. L’incorporazione rappresenta una delle modalità più arcaiche di rapporto con l’oggetto (Fenichel 1945, p 168), un processo strettamente connesso alla fase orale (Hartmann e Lowenstein 1961, p 170) e alla pulsione orale parziale, pur senza coincidere, in quanto inizia ma non si esaurisce con essa.
Altre zone erogene possono fungere da supporto all’incorporazione per es. la funzione respiratoria e la cute. Hendrick (1951) descrive l’incorporazione anale e visiva e Fenichel (1945) menziona l’incorporazione attraverso lo sguardo e l’ascolto.

Secondo Greenson (1954) l’incorporazione è un’attività istintuale orale che ha come obiettivo di prendere nella bocca una parte esterna del mondo che in questo modo entra a far parte del mondo interno e per questa via entra nel sé fisico; l’obiettivo dell’incorporazione per questo Autore sarebbe la soddisfazione istintuale, senza tenere in considerazione il destino dell’oggetto, in questo senso l’incorporazione non è indicativa né di odio né di amore verso l’oggetto.

Freud utilizza il termine di incorporazione nei Tre Saggi sulla teoria sessuale (1905, p 506), aggiunge il termine nel secondo Saggio: “La sessualità infantile” nel 1920; facendo esplicito riferimento ai saggi di Abraham (1912) in cui si occupava del trattamento psicoanalitico della follia maniaco-depressiva; in una nota successiva del 1924, Freud fa riferimento al saggio di Abraham del 1916 in cui approfondiva l’evoluzione della libido. Sempre nei Tre Saggi sulla teoria sessuale (1905 p 506) segnala l’intreccio inestricabile tra attività sessuale e assunzione di cibo e sottolinea l’indifferenziazione tra le due attività e la comunanza della meta che consiste “nell’incorporazione dell’oggetto”.
Freud riprende il tema dell’incorporazione più volte; in Pulsioni e loro destini (1915) sottolinea come nell’incorporazione si intreccino diverse mete pulsionali e ri-sottolinea l’incontro tra pulsione sessuale e orale. Inoltre usa il concetto di incorporazione per descrivere il passaggio evolutivo dall’Io-piacere all’Io-realtà (p 31) e chiarisce che quando l’oggetto è fonte di sensazioni piacevoli si produce una tendenza motoria, mirante ad avvicinare l’oggetto all’Io, ad incorporarlo in esso (p 32). Nello stesso saggio, cita il lavoro di Ferenczi del 1909 che si occupava della connessione tra introiezione e transfert, affermando che l’Io assume in sé gli oggetti che costituiscono fonti di piacere, li introietta (secondo l’espressione di Ferenczi) e caccia fuori di sé ciò che nel suo interno diventa occasione di dispiacere (Freud 1915, p 31).
In Lutto e melanconia (1915) tornerà sull’incorporazione nella disamina della complessa relazione tra l’Io e l’oggetto perduto in relazione alla regressione che il lutto comporta. L’Io vorrebbe incorporare in sé tale oggetto e, data la fase orale o cannibalica della propria evoluzione libidica vorrebbe incorporarlo divorandolo (p 109), anche in questo saggio Freud cita Abraham, uno dei suoi interlocutori privilegiati, che già da alcuni anni lavorava sul tema della melanconia a partire dal trattamento psicoanalitico di casi di “Follia maniaco-depressiva” (1912). Freud (1932) riprende il tema dell’incorporazione nella Lezione 31 dove si occupa della formazione del Super-io; paragona l’identificazione con l’incorporazione orale cannibalesca e individua nell’identificazione il fondamento del processo per la formazione del Super-io.

Abraham (1916; 1924), anche per la consuetudine nella cura di pazienti psichiatrici gravi, si interessò allo sviluppo della libido pregenitale. A partire dalla teorizzazione freudiana propone una sottodivisione degli stadi dell’organizzazione della libido correlandola con gli stadi evolutivi dell’amore oggettuale (1924 p 349). Nel suo lavoro suddivide ciascuna delle fasi dell’organizzazione della libido, individuate da Freud, in due diverse sotto-fasi: stadio orale primissimo, della suzione; stadio orale più tardo o cannibalico; stadio anale primissimo; stadio anale più tardo; stadio genitale precoce o fallico; stadio genitale definitivo. Nel correlare gli stadi dello sviluppo libidico con gli stadi dell’evoluzione dell’amore oggettuale definisce l’incorporazione totale dell’oggetto come propria dello stadio orale più tardo o cannibalesco, dove corrisponderebbe una fase d’amore narcisistica; allo stadio sadico-anale primissimo fa corrispondere un’incorporazione con amore parziale (1924, p 349).
Abraham riprendendo la teorizzazione di Freud enunciata in Lutto e Melanconia avanza l’ipotesi che la Melanconia  derivi da un processo di regressione della libido del malato “a quel primissimo stadio orale..”; l’Autore sottolinea l’importanza di due processi contestuali: da un lato vi è una regressione della libido alla fase orale, dall’altro un processo d’introiezione dell’oggetto d’amore; poiché nella malinconia vi è una regressione della libido allo stadio cannibalesco, l’introiezione dell’oggetto d’amore avviene, di fatto, tramite un processo di incorporazione.

M. Klein (1946; 1952) postula la possibilità di incorporare oggetti parziali come conseguenza della scissione dell’oggetto che avviene per proiezione dell’angoscia primaria sull’esterno, proiezione che in parte torna all’interno dell’Io precoce, avendo come risultato l’incorporazione di un oggetto parziale persecutore. Klein (1946) ipotizza che l’incorporazione dell’oggetto nella sua totalità sia il risultato di un processo di maturazione dell’Io che consente di sperimentare la posizione depressiva, caratterizzata dalla spinta a riparare o salvaguardare l’oggetto danneggiato; i processi riparativi permetterebbero di incrementare i processi di sintesi e integrazione dell’Io (Klein 1946, p 423; 1952, p 538).

Da parte sua Fenichel (1945, p 99) sottolinea come il primo comportamento istintivo positivo, nei confronti di un oggetto desiderato sia quello di diminuirne la distanza e di inghiottirlo. L’atteggiamento opposto è quello di sputarlo e rappresenta il primo istinto negativo nei confronti di un oggetto non desiderato, aumentandone così la distanza; con il progredire dello sviluppo l’atteggiamento è volto ad eliminarlo, come succede nella defecazione. Fenichel ribadisce come la prima incorporazione cerchi di distruggere l’oggetto, in questo senso l’oralità rappresenta la base per ogni incorporazione. La prima incorporazione rappresenta la radice comune dell’amore e dell’odio, con il procedere dello sviluppo l’oggetto è conservato anche per poterlo usare quando ce ne sarà ancora bisogno.

Autori come Rapaport (1957), Hartmann e Loewenstein (1961) e Gaddini (1968) teorizzano una visione genetica che dall’incorporazione porterebbe all’introiezione, all’identificazione e all’imitazione, ritenendo l’incorporazione “un precursore genetico dell’identificazione”. In qualche modo l’ipotesi genetica si ritrova in primis in Freud quando correla la meta sessuale all’incorporazione dell’oggetto e lo definisce “il modello” di quello che più tardi sarà la “identificazione” (1905, p 506).

Hinshelwood (1990) sottolinea come il termine di incorporazione si riferisca alla fantasia di prendere un oggetto dentro il proprio corpo, dove mantiene un proprio spazio e rimane attivo.
Laplanche e Pontalis (1993) individuano tre significati nell’incorporazione: quello del procurarsi un piacere facendo penetrare un oggetto in sé stessi, quello del distruggere questo oggetto e quello di assimilare le qualità dell’oggetto conservandole dentro di sé. Questa ultima accezione sarebbe la matrice dell’introiezione e dell’identificazione.

Gaddini (1968), a partire dall’interesse per i processi psichici primitivi, si occupa dell’incorporazione in riferimento all’imitazione che correla strettamente ai processi identificativi; anche nella sua teorizzazione si può rintracciare una visione genetica tra incorporazione, introiezione, imitazione ed identificazione; citando Greenson (1954, p 76) ritiene che l’introiezione sia il modello psichico parallelo al modello fisico del “mettere in bocca” proprio dell’incorporazione (Gaddini 1968, p 163). Nella sua teorizzazione l’incorporazione orale viene correlata alle fantasie di fusione nell’accezione di avere e possedere l’oggetto; in modo concorde con l’ipotesi kleiniana il modello incorporativo-introiettivo rappresenterebbe la base per lo sviluppo dell’invidia per ciò che si vorrebbe possedere (ibidem p 164).

Bibliografia

Abraham K.: (1912) Note per l’indagine e il trattamento psicoanalitici della follia maniaco-depressiva e di stati affini, Bollati Boringhieri, To, 1975

Abraham K. (1916): Ricerche sul primissimo stadio evolutivo pregenitale della libido in: Opere, I, Bollati Boringhieri, To, 1997

Abraham K. (1924): Tentativo di una storia evolutiva della libido sulla base della psicoanalisi dei disturbi psichici in: Opere, I, Bollati Boringhieri, To, 1997

Fenichel O.: Trattato di psicoanalisi, Astrolabio, Roma, 1945

Ferenczi S. (1909): Introiezione e transfert, Opere, Raffaello Cortina Editore, Mi, 1989

Freud S.: Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905, O.S F., IV, Boringhieri, To, 1970

Freud S.: Pulsioni e loro destini, 1915, O.S F., VIII, Boringhieri, To, 1976

Freud S.: Lutto e melanconia, 1915, O.S.F., VIII, Boringhieri, To, 1976

Freud S.: Introduzione alla psicoanalisi, 1933, O.S.F., XI, Boringhieri, To, 1979

Gaddini E.: (1968) Sull’imitazione, in: Scritti, Raffaello Cortina Editore, Mi, 1989

Greenson R. R.: (1954): “The struggle against identification” Int. J. psychoanal, 2: 200-217

Hartmann H. e Loewenstein R. M (1961) Note sul Super-io in: Scritti di Psicologia Psicoanalitica, Boringhieri, To, 1978

Hendrick I. (1951) “Early development of the Ego: Identification in infancy”, Psychoanalytic quarterly, 20, 1, 44-61

Hinshelwood R.D.: Dizionario di Psicoanalisi kleiniana, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1990

Klein M. (1946): Note su alcuni meccanismi schizoidi, Scritti 1921-1958, Bollati Boringhieri, TO, 1978

Klein M. (1952): Le influenze reciproche nello sviluppo dell’Io e dell’Es, Scritti 1921-1958, Bollati Boringhieri, TO, 1978

Knight R.P: “Introjection, Projection and identification”, Psychoanalytic qualterly, 9, 3, 334-341, 1940

Laplanche e Pontalis: Enciclopedia della psicoanalisi, Economica Laterza, BA, 1993

Rapaport D.: (1957) “Analisi teorica del concetto di Super Io” in: “Il modello concettuale della psicoanalisi” Feltrinelli, Milano, 1977

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