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Omosessualità

24/04/18
Henry Scott Tuke, 1927

Henry Scott Tuke, 1927

Omosessualità

A cura di Angela Gesuè

Essere omosessuali vuol dire essere maggiormente o esclusivamente attratti/e, sia dal punto di vista sessuale che sentimentale, da persone dello stesso sesso, così come essere eterosessuali indica l’attrazione per il sesso opposto. Entrambi i termini sono recenti.

Il termine omosessuale compare per la prima volta nel 1869 in un pamphlet dello scrittore ungherese Karoly Maria Kertbeny, scritto contro l’introduzione da parte del governo prussiano di una legge che puniva gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso. Termini come ‘pederasti’, ‘sodomiti’, ‘invertiti’, ‘lesbiche’, ‘tribadi’ sono sempre esistiti e sono stati oggetto di testi giuridici, letterari, religiosi. Nel XIX secolo, col prevalere dell’ideale di Salute su quello di Salvezza (M. Foucault), si definisce una sessualità naturale e quindi normale, l’eterosessualità, ed una sessualità deviata, l’omosessualità, non più pratica immorale, ma condizione psicopatologica oggetto di studio e, se possibile, di cura.

L’omosessualità nella letteratura

La letteratura psicoanalitica sull’omosessualità è vasta. Accennerò soltanto ai principali contributi che costruiscono filoni d’idee cui anche autori successivi si riferiscono.

Freud

Nel 1905 nei Tre saggi sulla teoria sessuale, Freud comincia a delineare la fenomenologia di quelle che oggi chiamiamo al plurale ‘le omosessualità’. La preferenza per una persona dello stesso sesso è ‘assoluta’, oppure ‘anfigena’ (oggi si dice: bisessuale); si può verificare in maniera ‘occasionale’, in condizioni quali l’assenza prolungata di un oggetto eterosessuale. Può essere presente fin dall’inizio e persistere per tutta la vita; oppure può comparire o ricomparire anche dopo lunghi matrimoni eterosessuali da cui sono nati dei figli. Alcuni omosessuali vivono la loro tendenza come qualcosa di ovvio e sostengono una parità di diritti con gli eterosessuali. Altri invece sono in conflitto con essa.

Come si forma l’orientamento sessuale nell’essere umano?

Oggi si parla di un intreccio variabile di ognuna delle componenti la triade bio-psico-sociale. Non è una novità. Già in Freud si trova sia una valorizzazione delle molte vicende psichiche che potrebbero interferire con lo sviluppo psicosessuale, sia il riconoscimento di fattori costituzionali. L’omosessualità può essere fatta risalire all’una o all’altra origine, o al comporsi di entrambe.

Nel Ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci (1910), esaminando dipinti e carteggi del grande artista, Freud ipotizza che l’omosessualità sia da collegare al vincolo erotico precoce con la madre. Tale amore troppo intenso è rimosso, ma non ammette di essere sostituito con quello per altre donne. Resta conservato nell’inconscio. Per Freud, un omosessuale di questo tipo si mette al posto della madre, si fonde con essa, e sceglie ragazzi simili a lui da amare come la madre ha amato lui.

In Osservazioni cliniche su un caso di paranoia descritto autobiograficamente (1910), Freud esamina la storia di una malattia psichica narrata in prima persona dal malato, il Presidente di Corte d’appello di Dresda. La linea di riflessione qui suggerita è che sia l’inaccettabilità della pulsione omosessuale passiva verso il padre ad essere il punto di avvio di un processo psicotico. In tal caso, non la presenza dell’omosessualità, ma il suo rifiuto, potrebbe portare ad una grave malattia mentale.

Altre possibili vie di esplorazione dell’omosessualità maschile per Freud: preferire partner dello stesso sesso porterebbe ad evitare la rivalità edipica con il padre, o con figure maschili potenti da cui si temano ritorsioni; oppure ad evitare impulsi di gelosia particolarmente intensi nei confronti di fratelli rivali per il possesso dell’amore materno. Dalla sublimazione delle pulsioni amorose ed aggressive nei confronti dei fratelli può nascere la predisposizione individuale ad occuparsi del sociale.

All’omosessualità femminile Freud dedicherà un solo saggio nel 1920, Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile. Pur avendo raggiunto l’interesse per l’uomo ed un tenero attaccamento per i bambini, una giovane di buona famiglia ‘cambia rotta’ quando il padre ha un altro figlio dalla madre, innamorandosi di una signora del bel mondo. Freud ipotizza che la giovane avrebbe voluto un figlio dal padre, ma è stata la madre, l’odiata rivale, ad ottenerlo. Pur non essendo questo l’unico esito possibile, nel suo caso la ragazza, sentendosi delusa e tradita, si identifica con il padre e aumenta l’amore nei confronti della madre per compensare il proprio odio. Non potendola avere come amante, cerca un sostituto cui legarsi al di fuori della famiglia. Diventando omosessuale ‘cede il passo’ alla madre nel rapporto con gli uomini, e così si riappacifica con lei.

Sull’omosessualità femminile, Helen Deutsch, importante allieva di Freud, aggiunge qualcosa in Adolescenza (1944), parlando dei possibili sviluppi dell’omosessualità in quest’epoca della vita, usando le teorizzazioni del maestro sulla bisessualità iniziale. Anche negli adolescenti che diventeranno eterosessuali c’è, per entrambi i sessi, la figura dell’’amico’ o dell’’amica’ del cuore, un doppio di sé che favorisce il distacco dai genitori verso le relazioni con i pari. Invece, nell’analisi di una paziente grave, Deutsch distingue un’omosessualità femminile esclusiva, attribuibile alla necessità di compensare il legame precoce con una figura materna sadica e fonte di sofferenza. Attraverso un’esperienza omosessuale che ricalca i modi di una relazione madre bambina sufficientemente soddisfacente, tale disagio può trovare una riparazione.

Freud nell’ L’io e l’Es (1922), affronta il complesso di Edipo  nella sua forma completa (l’amore per il genitore dello stesso sesso – Edipo negativo – l’amore per il genitore di sesso opposto – Edipo positivo) e nelle sue forme parziali. Quando la persona evolve dall’iniziale bisessualità verso l’eterosessualità, per l’influenza congiunta di fattori costituzionali e delle prime relazioni, la componente negativa dell’Edipo si attenua fino a diventare una traccia. Avviene l’opposto quando la persona si forma con un’identità prevalente di tipo omosessuale.

Nel parlare di omosessualità, è costante l’invito di Freud a prestare un’attenzione puntuale alla formazione del mondo interno delle singole persone, al considerarla una variante dello sviluppo e non una malattia (1935). Egli ritiene inoltre che non è possibile trasformare un omosessuale pienamente sviluppato in un eterosessuale (1920), e che la forma di aiuto che un analista può offrire a questo tipo di pazienti è aiutarli a raggiungere il grado maggiore di benessere psichico, che restino omosessuali o meno.

Il dopo Freud

A partire dal dopoguerra si fa strada, soprattutto ma non solo all’interno della letteratura psicoanalitica anglosassone, un atteggiamento più normativo, che vede nell’omosessualità una patologia di gravità diversa: nevrosi, perversione, disturbo nell’area del narcisismo. Nel corso degli anni ’60, autori come Bieber, Ovesey, Socarides, Hatterer sono i capostipiti del movimento delle “terapie riparative” che considerano l’omosessualità una patologia grave, il sintomo omosessuale poliderminato, l’omosessualità curabile e convertibile in eterosessualità attraverso un approccio direttivo-suggestivo. Nell’autobiografia Public Faces, Hidden Lives, H. Brown (1976), un omosessuale che si è sottoposto a questo tipo di trattamento, testimonia che non soltanto non è riuscito a guarire dall’omosessualità, ma ha avvertito vergogna, isolamento e disperazione per il persistere di essa. Numerose analoghe testimonianze riferiscono di sospensioni temporanee delle condotte omosessuali, con inevitabili ricadute dopo transitorie adesioni a una sessualità ‘etero’.

 

Il cambiamento

Alla fine degli anni ’60 le cose cominciano a cambiare. Prende forza il movimento di liberazione per i diritti degli omosessuali. Una data simbolica: la rivolta di Stonewall (New York) nella notte tra il 27 ed il 28 giugno 1969 (ricordata ogni anno nei vari Gay Pride). Nel 1973 la comunità psichiatrica americana, dopo una lunga “guerra civile” (Lingiardi, 1996), decide l’eliminazione dal terzo Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) dell’omosessualità egosintonica (seguirà poi anche quella ego distonica). Negli anni successivi il vertice da cui si guarda alle omosessualità è diverso.

In Essere omosessuali, un saggio dedicato all’omosessualità maschile, R. Isay (1989) sostiene l’importanza del fattore costituzionale nel determinare la predisposizione all’omosessualità, evidenzia il precoce e prevalente attaccamento del bambino verso il genitore dello stesso sesso e la rivalità con il genitore di sesso opposto. Quest’ultimo può essere per il bambino oggetto d’imitazione per rendersi attraente al genitore desiderato.

L’intensità del legame primario con la madre viene proposto nella letteratura più recente come di estrema importanza per entrambi i sessi. Per le donne, però, è più difficile la differenziazione ed il distacco. Per questo una certa diffusività nell’area della sessualità apparterrebbe a loro più che agli uomini.

Oltre alla disposizione costituzionale, il bisogno di compensare carenze nella relazione con la madre, sentirsi meno ferite dalla mancanza del pene, se può essere sostituita dall’abbraccio materno, e la predilezione per una calda intimità possono far preferire alle future lesbiche una relazione con persone dello stesso sesso (Elise, 2002).

Un altro importante sviluppo suggerisce che, sia per gli uomini che per le donne, la sanità o la patologia all’interno della vita amorosa non coincida più con il genere della persona amata, ma con la capacità di amare; questa, come dicono Bion (1975) e Kohut (1985), sarebbe l’espressione più vera della maturazione psichica della  persona.

In Italia, il libro collettaneo Ipotesi gay (2006) segnala la necessità di mantenere uno sguardo insaturo per cogliere le tante possibili articolazioni della tematica omosessuale, da atto creativo e riparativo possibile di fronte all’angoscia di castrazione, a segno di una generale derubricazione del ruolo della psicosessualità rispetto a quello determinante assegnatole da Freud, nel complesso di una visione aperta ed antiessenzialista dell’identità sessuale.

L’omofobia esterna ed interna

Nel 1972 viene introdotto da Weinberg il termine omofobia. Con essa si intende uno spettro di fantasie consce ed inconsce che strutturano una relazione evitante-avversativa, fondata sul disprezzo e sul disgusto nei confronti di tutto ciò che viene sentito come omosessuale (omofobia esterna), oppure sul rivolgimento verso di sé di tale spettro di fantasie, che produce malessere, rifiuto ed autodenigrazione (omofobia interna o interiorizzata). L’omofobia è dovuta all’intreccio di molte radici: la considerazione dell’omosessualità in quel momento storico, frutto del presente, ma anche del persistere di depositi che attraversano le generazioni; la componente personale dovuta all’entità ed alla qualità del trauma che per quel singolo individuo può aver rappresentato la scoperta della propria omosessualità.

Sempre più oggi la richiesta d’aiuto delle persone omosessuali avviene in momenti specifici della vita: in adolescenza, quando prende forma la vita amorosa di ognuno; in età successive, quando si fatica a costruire relazioni che durano, o realizzazioni lavorative che ci rispecchino più autenticamente; oppure quando si cerca di diventare o di ridiventare omosessuali e genitori dopo percorsi di vita passati anche attraverso l’eterosessualità. L’intreccio tra l’omofobia esterna e interna, declinato in modo inedito in ognuna delle situazioni sopra citate, può rappresentare lo specifico di cui gli psicoanalisti sono chiamati oggi ad occuparsi (Gesuè, 2015).

BIBLIOGRAFIA

Bion W.R. (1975) Memoria del futuro. Il sogno. Milano, Cortina, 1993.

Brown H. (1976) Familiar Faces, Hidden Lives. Harcout Brace Jovanovich. New York.

Deutsch, H, (1944) Psicologia della donna. Volume primo: l’adolescenza. Boringhieri, Torino,1997.

Elise D. (2002). The primary maternal oedipal situation and female homoerotic desire. Psychoanalytic Inquiry, 22, 2, 209-228.

Freud, S. (1905) Tre saggi sulla teoria sessuale. OSF. IV

Freud, S. (1910) Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci. OSF. VI

Freud, S. ( 1910) Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia descritto autobiograficamente. OSF.VI

Freud, S. (1920) Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile. OSF. VIII.

Freud, S. (1922) L’Io e l’Es. OSF. IX.

Freud, S. (1935). Lettera a Nrs. N. In: Jones E. (1935) Vita e opere di Freud, III. Milano, il Saggiatore, 1953.

Gesuè, A (2015)  Un futuro a ciascuno. Omosessualità, creatività e psicoanalisi. Milano, Mimesis.

Kohut H. (1985) I Seminari. Teoria e clinica della psicopatologia giovanile. Roma, Astrolabio,1989.

Isay R.A. (1989). Essere omosessuali. Omosessualità maschile e sviluppo psichico. Milano, Cortina, 1996.

Lingiardi V. (1996). Omosessualità: mito psicoanalitico e corredo genetico. Postfazione a: Isay R. A. (1989).

Pozzi O., Thanopulos S. (a cura di, 2006). Ipotesi gay. Roma, Borla.

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