La Ricerca

Psicosomatica: uno spazio associativo

14/09/13

A cura di Claudia Peregrini

La storia

Nel 1925, lo psicoanalista viennese W. Stekel parla per la prima volta di ‘Somatizzazione’, per indicare il fatto che una nevrosi radicata può esprimersi attraverso un disturbo del corpo.

Un secolo prima, precisamente nel 1818, un medico a orientamento psicologico, J.C. Heinroth, aveva coniato il termine ‘Psicosomatico’.

Nel 1930, finalmente la psicosomatica diventa a tutti gli effetti una branca della medicina moderna.

 

Il corpo

Cosa intendiamo per corpo?

Con la parola corpo, ‘Soma’, mi riferisco sia al corpo biologico, reale – nient’altro che materia/energia/movimento-, sia all’esperienza che facciamo di lui, cioè al corpo vissuto.

Freud, quando diceva che l’Io è prima di tutto un Io corporeo, pensava al corpo vissuto, diventato già idea, rappresentazione fantasmatica, attraverso le fantasie inconsce e le difese in atto nelle nevrosi classiche, mentre, quando parlava di altre nevrosi che chiamava ‘attuali’ – la neurastenia, la nevrosi d’angoscia, l’ipocondria -, prive di contenuto psichico, dipendenti solo da fattori corporei (puro eccesso di eccitazione sessuale non psichicizzata), si riferiva proprio al corpo biologico, reale.

‘Somatizzare’ oggi vuol dire usare in modo più o meno intenso e ripetuto la dimensione corporea per esprimere il disagio.

Mentre si è affievolita l’idea della ‘somatizzazione’ come difesa per mantenere a livello inconscio conflitti relativi a desideri, pulsioni e affetti disforici associati.

Nel Manuale Diagnostico Psicodinamico (P.D.M., 2006, 43-44) leggiamo:

“E’ difficile parlare di persone somatizzanti -cioè di chi tende a esprimere le esperienze dolorose per mezzo di stati somatici -senza in qualche modo suggerire l’idea retrostante di una scissione mente-corpo, ma vorremmo che i nostri lettori comprendessero che questa difficoltà riflette più i limiti di un linguaggio che l’accettazione di un pregiudizio filosofico, tipico del diciannovesimo secolo, secondo cui la mente dovrebbe controllare il corpo”.

In effetti, se ci pensiamo bene, l’esperienza dolorosa è sempre sia un dolore fisico, sia un dolore mentale, simultaneamente. Per lo meno, risulta scolastico, artificioso, distinguere nettamente le due tipologie di dolore.

La definizione ‘Psicosomatico’ mantiene comunque molti significati diversi, secondo i differenti autori, e rimane un termine indeterminato.

La psicosomatica è soprattutto un modello teorico complesso che elimina almeno in parte la suddivisione della patologia in medica e psicologica (Trombini&Baldoni, 1999).

Personalmente ritengo che la psicosomatica sia una sorta di matrice culturale comune che integra tutti gli aspetti specialistici di cui si compone e sia principalmente un metodo di studio della patologia umana, che tiene conto delle variabili lette a livelli differenti, psicologico, sociale, biologico…

Un esempio di patologia con chiara evidenza psicosomatica.

La Neurastenia, che aveva colpito Freud trentenne per le grandi preoccupazioni, le fatiche e lo stato di eccitazione (sessuale) lontano dalla fidanzata Marta, si chiama oggi ‘Sindrome da Fatica cronica’. Non ha più come causa lo strano fattore chimico ipotizzato da Freud, ma riconosce un’eziopatogenesi multipla complessa, come la maggior parte della patologia umana.

Ha sintomi in comune con la depressione maggiore e alterazioni del sistema immunitario. Quindi è chiaramente una malattia sia psichica sia organica, dotata di sintomi senza alcuna connotazione simbolica precostituita, espressione di una sofferenza legata in parte a una non regolazione emotivo-affettiva.

Ogni patologia, pur non avendo la stessa chiara evidenza della Fatica Cronica, è psicosomatica e può essere letta da un punto di vista psicosomatico, mentre non esiste alcuna malattia che sia specificatamente psicosomatica, appunto perché nessuna malattia è solo psichica o solo somatica! (Solano, 2012).

Certamente esistono patologie che sembrano risentire più di altre di uno stato di non regolazione affettivo-emotiva, quali le vecchie Holy Seven della tradizione americana: l’ulcera peptica, l’artrite reumatoide, la tireotossicosi, l’ipertensione essenziale, le neuro dermatiti, la colite ulcerosa, l’asma  bronchiale, alle quali nel tempo si sono aggiunte alcune coronaropatie, l’anoressia nervosa, la sindrome da fatica cronica…

Il ben noto cliché: Ho sempre mal di stomaco, evidentemente dipende da qualcosa di psicologico, perché gli esami medici non evidenziano nulla, diventa un assurdo. Posso dire tutt’al più che il mio mal di stomaco, non essendo visibile, misurabile, sul piano organico (con gli strumenti a disposizione), è ancora solo una disfunzione e non una lesione.

Noi abbiamo una mente o un corpo secondo i livelli a cui ci poniamo, e secondo gli strumenti e le lingue che utilizziamo per descriverli.

Questa nostra unità mente corpo (senza trattino) evolve grazie anche alla possibilità di provare e riconoscere emozioni e affetti, e alla progressiva capacità di oscillare tra diversi pensieri, diversi stati emotivi e loro correlati fisici (per esempio, il funzionamento del sistema neuro-immuno-endocrino), in un arricchimento e in una complessificazione progressivi.

E’ grazie al fatto di provare sentimenti che sappiamo chi siamo, questo è il nucleo centrale di ciò che chiamiamo intelligenza emotiva, che è prima di tutto la capacità di accedere alla propria vita affettiva, in secondo luogo, è l’intelligenza interpersonale, cioè la capacità di leggere almeno un po’ gli stati d’animo, le intenzioni e i desideri degli altri.

Il nucleo emotivo-affettivo – ciò che sentiamo – è strettamente legato al metabolismo corporeo e all’esperienza, anche quando non ne siamo consapevoli. Si può dire che il metabolismo corporeo, con la sua fisiologica continua variabilità, a un certo livello può essere letto proprio come nucleo emotivo-affettivo.

Le emozioni cattive, o non riconosciute (insieme a molti altri fattori eziopatogenetici), ci fanno ammalare. Troppa impotenza, troppa paura…

Il vertice psicosomatico si occupa di questo.

In particolare, ‘Alessitimia’ (di vario grado, transitoria, stabile, primitiva o secondaria) è il nome che diamo alla difficoltà di identificare e descrivere ciò che sentiamo; operatorio è il nome del pensiero che spesso accompagna lo stato alessitimico grave, un pensiero iperrazionale, concreto, privo di coloritura affettiva e della tradizionale dimensione simbolica.

Mondo alessitimico, operatorio e non regolazione affettiva sono tutt’uno: comportano, come risposta agli stimoli, un aumento anche marcato dei livelli tonici di attivazione del sistema nervoso autonomo, con le conseguenti disfunzioni e lesioni, perché c’e’ uno scollamento tra quello che si sente e si riconosce e le risposte del sistema nervoso autonomo.

Per esempio, quando non siamo in grado di renderci conto che stiamo provando una grande rabbia, la pressione arteriosa può andare a mille. Proprio perché, non sentendo e non riconoscendo l’affetto rabbia a un certo livello, siamo costretti a utilizzare solo un suo concomitante organico, appunto la pressione arteriosa.

 

Studiosi di psicosomatica a confronto

Due importanti scuole di psicosomatica studiano rispettivamente l’alessitimia e il pensiero operatorio.

Il gruppo di Toronto, attivo dagli anni ’70, fondato dallo psicoanalista Graeme Taylor, lo psicologo Mike Bagby e lo psicologo clinico Jim Parker, tre autori con diversi orientamenti teorico-metodologici che lavorano insieme e, collaborando con ricercatori di tutto il mondo, non hanno mai chiuso il cerchio attorno a sé, si occupa di alessitimia.

La scuola di Parigi, con Pierre Marty, Michel Fain. Michel de M’Uzan, Christian David, dagli anni ’60 parla di un pensiero molto simile, che chiama operatorio.

I due gruppi di studiosi hanno modelli molto diversi. Per esempio, i malati psicosomatici, secondo la scuola di Parigi, soffrono di una grave inibizione fantasmatica, accompagnata da uno stato di depressione essenziale e da una disorganizzazione progressiva, per cui imboccano una sorta di percorso a ritroso verso livelli di funzionamento psichico primitivo, fino ad arrivare a compromettere il funzionamento biologico stesso, fino alla malattia…

BIBLIOGRAFIA

PDM (2006) Manuale Diagnostico Psicodinamico (a cura di V. Lingiardi & F. Del Corno). Milano: R. Cortina, 2008.

Trombini G. & Baldoni G. (1999) Psicosomatica. Bologna, Il Mulino.

Solano L. (2001, 2012) Tra mente e corpo. Milano, R. Cortina

Taylor G.J. et al. (1997) I disturbi della regolazione affettiva. Roma, Giovanni Fioriti, 2000.

Merciai S. www.psychomedia.it/ pm-bookshop/merciai/volume.pdf

APPROFONDIMENTI

Psicosomatica 2

A cura di Claudia Peregrini

Il problema mente corpo (La loro simultaneità)
Come si genera l’emozione
Più di centoventi anni fa, W. James, medico, psicologo e filosofo statunitense di origini irlandesi,scriveva in Principi di psicologia (1890) che, se non esistessero gli stati del corpo successivi alla percezione, percepire rimarrebbe un fatterello di stampo puramente ‘cognitivo’, freddo, pallido, incolore. Se un oggetto venisse solo e semplicemente percepito, -se non si trasformasse in qualcosa di sentito emozionalmente-, per noi non sarebbe quasi nulla.
James era il grande scienziato che, ormai anziano, ascoltando le conferenze di Freud all’università di Clark, in America, ebbe a dirgli: “Il futuro della psicologia e’ nelle sue mani!”.
Oggi, un neuroscienziato altrettanto importante, A. Damasio, pensa che le intuizioni di James sulla mente umana siano talmente sorprendenti da essere paragonabili a quelle di Shakespeare e di Freud.
James spiegava il modo in cui il nostro corpo risponde a un oggetto o a un evento emotivamente carico, per esempio, la paura. Dapprima nel corpo succede un cambiamento inconsapevole: si modifica il sistema nervoso autonomo con la sua regolazione, aumentano la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la sudorazione ecc.; successivamente la corteccia cerebrale riconosce (diventiamo consapevoli) i nuovi stati corporei. Non e’ solo il cervello a comunicare con il corpo, cervello e corpo comunicano nei due sensi.
Mentre allora si credeva che fosse il feedback della risposta del corpo allo stimolo a generare la sensazione e il feedback al cervello a dare conto di come ci sentiamo in una certa situazione (lo stimolo da’ la risposta corporea, la quale genera il feedback, che e’ responsabile dell’emozione), oggi gli scienziati ipotizzano che l’emozione venga innescata simultaneamente sia dalla valutazione cognitiva dello stimolo sia dalla specifica risposta corporea, autonoma e viscerale. Significa che la valutazione cognitiva non e’ basata sulla risposta corporea specifica, perché sono i due fatti insieme, o quasi insieme, valutazione (mentale) e risposta (corporea), a generare l’emozione.
La simultaneità mente corpo letta con gli strumenti della neurobiologia Uno dei più importanti neuroscienziati americani che si occupano di psicoanalisi, A. N. Schore,
spiega (2003) che siamo in grado di leggere in tempo reale, in ‘linea’, una rappresentazione, (immagine in risonanza magnetica di certi distretti cerebrali), di una relazione oggettuale.
Più precisamente, con la tomografia a emissione di positroni (PET) possiamo vedere che, quando soggetti appartenenti a una popolazione non clinica provano sentimenti negativi e fanno fantasie legati a una perdita d’oggetto -per esempio, la perdita di una persona amata-, c’e’ un incremento di flusso di sangue soprattutto nelle aree cerebrali orbitali prefrontali. Le fantasie e gli affetti negativi avvengono insieme all’incremento del flusso di sangue in quelle aree cerebrali.
Il fenomeno mentale e il fatto corporeo sono cioè simultanei e sono imprescindibilmente uniti, perciò vanno letti assieme, perché, soli, al di fuori della relazione che li lega, perdono di senso e di forza. Ovviamente, la risonanza magnetica funzionale e’ soltanto una specie di fotografia del metabolismo in corso in quella particolare zona del cervello, una lettura fatta dalla medicina con i suoi strumenti. Siamo noi psicologi, psicoanalisti, psicosomatisti, con il paziente, a poter leggere quella specifica relazione nella sua originalità, con la sua storia e con le caratteristiche di intensità affettiva. A cosa serve conoscere una PET, oltre a insegnarci dati specialistici affascinanti che non appartengono al nostro abituale campo di indagine?
La specifica tipologia di relazione oggettuale, che prima potevamo solo immaginare, quando la ‘vediamo’ così, con la PET, traslocata nel campo corporeo grazie alla risonanza strumentale, non rimane solo nella sfera delle astrazioni mentali, entra nella sfera della risonanza vera, scende a terra, si dissolve fino a farsi materia. E’ come se la sentissimo passare attraverso i differenti livelli, sotto l’azione di forze, in un movimento importante che genera nei nostri controtransfert sensazioni nuove. Prima di tutto li interroga, creando nuovi e forti vincoli alla nostra attività interpretativa.
Poi, produce in noi operazioni immediate di offuscamento, estraniamento, fenomeni di sfocatura, con effetti di allontanamento e improvvisa ricollocazione in un campo più potente: tutto si riorganizza in funzione del confronto (paradossalmente possibile) delle due diverse logiche con le loro differenti lingue, psicoanalitica e medica. Cosa diventa per esempio quella particolare relazione d’oggetto, intrisa di una perdita dolorosa, quando, trasferendosi nel corpo, cambia di stato, si fa flusso di sangue, con una forza e un ritmo, in un’area del cervello?
Quali sensazioni generano i due stati, il corporeo e il mentale -che sappiamo simultanei-, quando li teniamo a mente assieme?
Mente e corpo sono la stessa sostanza letta a livelli diversi; psicoanalisi e neuroscienze sono solo due sistemi esplicativi, autonomi e paralleli, che ovviamente non possono validarsi vicendevolmente. I domini delle due discipline possono essere considerati come logicamente -non fisicamente- distinti e quindi ne’ dualistici, ne’ veramente interagenti.
Tra di essi troviamo sempre più corrispondenze, correlazioni: non e’ il cervello, il corpo, a determinare -come base- la mente, né viceversa, siamo noi a registrare concomitanze tra mente e corpo, secondo una legge statistico-probabilistica, la causalità tradizionale e’ tramontata.
Il problema
Ci diciamo monisti, ma in realtà raccontiamo sempre che la mente e’ basata sul corpo, o che esiste una relazione tra mente e corpo, come se i due si parlassero, si influenzassero vicendevolmente… E ci poniamo un falso problema: questo fatto e’ psichico o fisico? Oppure, nasce prima nella psiche o nel corpo?
Perché cadiamo nel tranello?
Perché è proprio il processo del pensiero occidentale a svolgersi così, non esiste altro modo: per pensare e parlare, distinguiamo la mente dal corpo (e usiamo le rispettive discipline che li studiano, per esempio, la psicoanalisi e la medicina), poi, per continuare a pensare, se non ci irrigidiamo in sterili distinzioni, torniamo per forza ‘indietro’, all’unità indivisibile (mente corpo, senza trattino).
Non si arriva a una conclusione, non c’e’ un capolinea, il problema mente corpo, psicoanalisi neuroscienze, non è risolvibile, però e’ assolutamente necessario al pensiero, che, per essere vivo, deve potere oscillare, ‘avanti’ e ‘indietro’, tra distinzione e unita’, in uno stato perpetuo di transizione. Parlo di un pensiero autentico, avviato (per esempio, dal processo psicoanalitico) all’infinito -un infinito inteso come limite matematico: la’ dove non si arriva mai-; avviato all’Inconscio, l’ignoto del corpo, che non conosceremo mai fino in fondo, il luogo dell’intraducibile,destinato a rimanere per sempre enigmatico.
A cosa serve nella clinica oscillare tra i vari livelli e le differenti lingue
Serve a entrare in una prospettiva (di coesistenza) che allarga il nostro modo di vedere e ci porta lontano da ogni totalitarismo ermeneutico, da ogni riduzionismo che può operare il realismo tout court, da ogni forma di narratologia a oltranza, con cui alla fine l’analista si sente autorizzato a raccontare ‘qualunque cosa’ in analisi -e’ sufficiente sentirla controtransferalmente- ignorando i ‘dati di realtà’.
Conoscere i dati di realtà (per esempio, il corpo letto dalla medicina), sapere oscillare tra le due forme di conoscenza, psicoanalitica e medica, apre prospettive di pensiero e di contatto con i pazienti assolutamente nuovi.
Con il premio nobel E. Kandel, sappiamo che le esperienze diventano strutture biologiche: l’attivazione continua di cellule a livello di certe giunzioni neuronali (‘barriere di contatto’ in Freud) innesca meccanismi genetici cellulari che promuovono la crescita di altre sinapsi.
L’esperienza dell’imparare e del ricordare, esplicitamente e implicitamente, e il suo grado di intensità, hanno effetto trofico di per se stessi. La parola ha la possibilità di operare come stimolo particolare che modifica in modo duraturo l’anatomia e la funzionalità delle aree nervose interessate…La moderna neurobiologia ha la stessa idea di memoria di Freud.
Il futuro
Sembra un sogno quasi utopico, sognato grazie a strumenti avveniristici, straordinarie risonanze magnetiche (Mri), ‘ultra microtomi’ in grado di tagliare il cervello in sezioni di 50 nanometri, che poi vengono lette con microscopi elettronici seriali… (S. Seung, 2013).
Potremo forse decifrare e descrivere tutte le connessioni neurali del cervello umano, il ‘Connettoma’. Potremo forse arrivare a conoscere la mappatura dinamica di ogni stato e processo mentale, non solo schemi motori e percezioni, ma ricordi, fluttuazioni emotivoaffettive, pensieri complessi, potremo forse individuare le ‘connettopatie’ (deficit o
anomalie di trasmissione sinaptica), momenti eziopatogenetici di un largo spettro patologico, dalle sindromi autistiche a quelle degenerative.
Potremo forse entrare nel groviglio dei singoli neuroni, con le loro sinapsi e gli impulsi elettrici, i recettori e i neurotrasmettitori, la’ dove costruzione e eliminazione, cioè attivazione e inibizione degli stimoli, coesistono incessantemente…Vedremo neuroni sempre in movimento, mentre ripesano le connessioni, rinforzandole o indebolendole; si
riconnettono, creando o eliminando sinapsi; si ricablano, facendo crescere o ritraendo le modificazioni; si rigenerano, con nuovi neuroni che prendono il posto dei vecchi.
Più di cento anni fa Freud immaginava che le connessioni funzionali delle cellule nervose -altrimenti dette sinapsi- fossero plastiche e il risultato della loro plasticità, le micro modificazioni fisiche, fosse la memoria. Capiva che lo stivaggio dei dati nel cervello comportava una crescente permeabilità delle barriere di contatto tra i neuroni del
sistema memoria. La psicoanalisi con lui e dopo di lui si occupa del lavoro della memoria, mentre la medicina si occupa di memoria da un punto di vista neurobiologico.
Le due memorie non possono prescindere l’una dall’altra.
Nel Connettoma, viene ritenuto fondamentale il rapporto tra localizzazione e plasticità, tra aree specializzate in funzioni precise, per esempio del linguaggio, della visione, ecc. e le possibilità che il cervello, grazie alla sua plasticità, ne surroghi eventuali lesioni con un ricablaggio neurale.
Da più di cento anni siamo al lavoro insieme, psicologi, psicoanalisti, psicosomatisti, medici e in particolare neuroscienziati, per comprendere lo sviluppo del corpo mente umano studiandolo contemporaneamente a vari livelli, distinti e strettamente interconnessi, dal livello dell’organizzazione biologica, al livello del funzionamento socio culturale e psicologico. Per decenni ci siamo occupati insieme dell’interazione tra ambiente e maturazione delle strutture organiche e delle loro funzioni. In particolare abbiamo sviluppato un modello multidimensionale della relazione ambiente/struttura/funzione per avvicinarci alla parziale comprensione dello sviluppo emotivo umano, studiando per esempio come si crea in modo interattivo e quali strutture/funzioni influenza il legame di attaccamento tra madre e bambino, la loro comunicazione affettiva.
Studiare i vari livelli, con le diverse lingue, le loro specificità, l’uguale importanza e dignità, diventando sempre più capaci di mescolarli, a tratti, quando serve, per poi tornare a distinguerli, riconoscendoli, e’ il futuro.

Bibliografia
Damasio A. (1994) L’errore di Cartesio, emozione, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano:1995
Fonagy P; Target M. (1997) Attaccamento e funzione riflessiva. Cortina, Milano: 2001
Kandel E. K. (2012) L’età dell’inconscio. Cortina, Milano: 2012
James W. (1890) Principi di psicologia. Soc. ed. Libraria, Milano:1901
Matte Blanco I. (1975) L’Inconscio come insiemi infiniti. Einaudi, Torino:1981, 2000
Seung S.H. (2013) Il Connettoma. Codice Edizioni, Torino: 2013

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