La Ricerca

Teicher M.H. & Samson J.A. (2016). Annual Research Review: Enduring neurobiological effects of childhood abuse and neglect. J.Child Psychol. Psychiatry, 57,3:267.

8/04/16

 

Teicher M.H. & Samson J.A. (2016). Annual Research Review: Enduring neurobiological effects of childhood abuse and neglect. Journ.Child Psychology and Psychiatry, 57,3:267.

Van der Kolk B. (2016). Commentary: The devastating effects of ignoring child maltreatment in psychiatry – a commentary on Teicher and Samson 2016.

 

L’abuso e l’abbandono nell’infanzia producono effetti neurobiologici duraturi

 

———-   riassunto a cura di V.Nuzzaci ——-

 

Gli autori di questa rassegna riassumono le scoperte più salienti delle ricerche sulle conseguenze neurobiologiche dell’abuso infantile e dell’abbandono, illustrando gli studi che riportano un’analisi statistica sull’associazione tra maltrattamento (in senso lato) e misurazioni del cervello in termini di strutture, funzioni o connettività (valutate con la risonanza magnetica e la tomografia ad emissione di positroni).

Con il termine di ” maltrattamento ” ci si riferisce ai molti modi in cui i bisogni fisici e emotivi di un bambino vengono ignorati  o trascurati – dall’abuso vero e proprio alle molteplici forme di incuria, negligenza e trascuratezza. Gli autori ne individuano tre tipologie:

 – maltrattamento emotivo (abusi verbali, manipolazione, denigramento, esposizione a situazioni traumatiche, come ad esempio rendere i bambini testimoni di violenze domestiche);

– maltrattamento per negligenza da parte dei genitori (trascuratezza fisica, incapacità di provvedere ai bisogni fondamentali del bambino come cibo, vestiti, sicurezza fisica, una supervisione adeguata, medica);

– maltrattamento per trascuratezza emotiva (incapacità a provvedere ai bisogni emotivi fondamentali del bambino o a partecipare ai bisogni sociali del bambino aspettandosi che sia lui a gestire situazioni che vanno oltre il suo livello di maturità).

Riguardo alle ipotesi sul maltrattamento e lo sviluppo del cervello, gli autori fanno riferimento all’ipotesi  secondo cui l’esposizione ripetuta a stress attiverebbe il sistema limbico durante il suo sviluppo. L’’irritabilità limbica’ (‘limbic irritability’), infatti sarebbe, secondo questa ipotesi, il fattore più fortemente associato con l’esposizione al maltrattamento infantile. In altre parole, le esperienze di abuso indurrebbero una serie di eventi, mediate da ormoni e neurotrasmettitori, che avrebbero effetti a cascata sullo sviluppo di regioni cerebrali particolarmente vulnerabili. Questo tipo di danneggiamento può configurarsi come sviluppo postnatale prolungato, come un’alta densità di recettori glucocorticoidi, come un certo grado di neurogenesi postnatale.

In sostanza, si ritiene che lo stress sia dannoso per il cervello e particolarmente dannoso per il cervello in via di sviluppo. Le alterazioni indotte dallo stress possono a loro volta dar luogo a varie psicopatologie. Gli autori riportano alcuni dati che ci permettono di individuare, fra soggetti affetti dalla medesima psicopatologia, quelli che hanno subito un maltrattamento, e che sono portatori di caratteristiche genetiche e neurobiologiche distinte: si può così definire un sottogruppo di soggetti maltrattati, che sul piano diagnostico corrisponde a un ‘ecofenotipo’ unico, rilevabile anche con studi di neuroimaging.

Varie sono le domande che ci poniamo nell’esaminare il rapporto fra maltrattamento e sviluppo. Gli autori ne elencano otto:

– L’abuso durante l’infanzia influenza la struttura e la funzione del cervello?

– Il tipo di maltrattamenti subiti crea differenze o i fattori di stress si equivalgono?

– Conta l’età del soggetto in materia di abuso?

– Qual è l’associazione temporale tra esposizione allo stress e cambiamenti del cervello?

– I ragazzi e le ragazze sono colpiti allo stesso modo?

– Le conseguenze strutturali e funzionali osservate hanno più senso come risposte adattative o come danni non specifici?

– Le conseguenze neurobiologiche del maltrattamento infantile sono reversibili?

– Qual è il rapporto tra abuso infantile, cambiamenti cerebrali e malattie psichiatriche?

Solo poche di queste domande sono state esplorate in modo sistematico; comunque alcune risposte possono essere dedotte dalla letteratura esistente.

Un dato abbastanza certo riguarda l’associazione fra abuso infantile e alterazioni nella struttura e funzione del cervello. Inoltre, sembra che il tipo di maltrattamento subìto possa avere importanza. Infine, l’età dell’esposizione allo stress ha la sua rilevanza in quanto ci sono prove su periodi di esposizione sensibili per l’ippocampo, l’amigdala, la corteccia prefrontale, la corteccia occipitale.

Per quanto riguarda invece l’associazione temporale tra l’esposizione ed i cambiamenti del cervello i dati sono ancora incerti: è possibile che tra le rilevazioni su bambini ed adulti non vi siano dati significativi perché gli effetti posso rilevarsi in un tempo successivo. Per quanto riguarda le differenze di genere, queste sono state segnalate in diversi studi: ad esempio, i maltrattamenti sono associati ad una maggiore riduzione nella zona del corpo calloso nei ragazzi rispetto a quella delle ragazze e il volume dell’ippocampo sembra più fortemente colpito a seguito di stress nei maschi che nelle femmine.

In linea generale, oltre al riconoscimento che il maltrattamento esercita un’influenza importante sullo sviluppo del cervello, e che è accertata una relazione fra abuso infantile, cambiamenti cerebrali e malattie psichiatriche, va sottolineato che i cambiamenti cerebrali possono essere meglio compresi se li si considera come risposte adattative volte alla sopravvivenza di fronte alle avversità. Sono dunque innanzi tutto i meccanismi che favoriscono la resilienza ad essere oggetto degli studi futuri.

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Commento di Bessel van der Kolk

Nonostante i numerosi studi degli ultimi 30 anni che hanno chiarito gli effetti devastanti del maltrattamento sulla salute mentale e fisica, il ruolo del trauma all’interno del sistema assistenziale rimane non riconosciuto sia nei nostri sistemi diagnostici e che nei nostri paradigmi di trattamento dominanti. La ricerca su persone con storie di abuso e trascuratezza da parte dei loro caregiver dimostra costantemente che presentano problemi di concentrazione, rabbia, panico, depressione, problemi con l’assunzione di cibo, farmaci, problemi con il sonno, diminuita variabilità della frequenza cardiaca, più elevati livelli di ormoni dello stress, ed una ridotta o inibita risposta immunitaria. Il rapporto tra i cambiamenti cerebrali documentati e psicopatologia è complessa.

Le esperienze traumatiche durante l’infanzia e l’adolescenza sono molto più comuni di quanto si possa immaginare e il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie stima che il maltrattamento sui minori possa essere il problema più costoso per la salute pubblica negli Stati Uniti. La prassi attuale, che prevede di applicare diagnosi multiple di comorbidità per bambini traumatizzati, impedisce un approccio di trattamento completo. La nostra grande sfida è quella di imparare ad utilizzare la neuroplasticità del cervello nel riorganizzare circuiti difensivi cerebrali.

Nel loro articolo Teicher e Sampson suggeriscono che molte anomalie cerebrali, strutturali e funzionali, finora pensate caratterizzare varie diagnosi psichiatriche possano, infatti, essere la conseguenza diretta di maltrattamento infantile. Teicher e dei suoi colleghi confermano che a seguito di abusi e di abbandono il mondo è vissuto con un sistema nervoso diverso.

La ricerca ha costantemente dimostrato che nei bambini i maltrattamenti producono alterazioni a livello cerebrale delle aree dedicate alla valutazione dei rischi e della sicurezza, con conseguente perdurante difficoltà nella regolazione dell’omeostasi biologica e delle risposte emotive per tutta la vita.  Teicher e Samson sottolineano che il maltrattamento infantile esercita un’influenza prepotente sullo sviluppo del cervello e che questi cambiamenti cerebrali possono essere meglio compresi come risposte adattative per facilitare la sopravvivenza di fronte alle avversità. I risultati della ricerca hanno evidenziato che rapporti sicuri e la protezione precoce sono fondamentali per proteggere i bambini da problemi a lungo termine. Se i genitori stessi sono però la fonte di disagio, il bambino non ha nessuno a cui rivolgersi per il comfort e il ripristino dell’omeostasi biologica. Dal momento che i bambini sono programmati per rivolgersi verso i loro caregiver per affrontare le loro paure e difficoltà, quando i genitori stessi sono la fonte  dello stress i bambini sono lasciati a se stessi: essi possono sviluppare o un atteggiamento evitante o trovare una via di fuga in un attaccamento disorganizzato (Main, 1996).

Il sostegno sociale è una necessità biologica – non è un’opzione, e questa nozione dovrebbe essere la spina dorsale della prevenzione e del trattamento. Riconoscendo gli effetti profondi del trauma e della deprivazione sullo sviluppo del cervello non è necessario incolpare i genitori. Si può presumere che i genitori fanno del loro meglio, ma tutti i genitori hanno bisogno di aiuto per nutrire i loro figli. Una stimolazione precoce e una genitorialità sensibile sono fondamentali per una buona crescita e sviluppo.

 

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Abstract

 

Background

Childhood maltreatment is the most important preventable cause of psychopathology accounting for about 45% of the population attributable risk for childhood onset psychiatric disorders. A key breakthrough has been the discovery that maltreatment alters trajectories of brain development.

Methods

This review aims to synthesize neuroimaging findings in children who experienced caregiver neglect as well as from studies in children, adolescents and adults who experienced physical, sexual and emotional abuse. In doing so, we provide preliminary answers to questions regarding the importance of type and timing of exposure, gender differences, reversibility and the relationship between brain changes and psychopathology. We also discuss whether these changes represent adaptive modifications or stress-induced damage.

Results

Parental verbal abuse, witnessing domestic violence and sexual abuse appear to specifically target brain regions (auditory, visual and somatosensory cortex) and pathways that process and convey the aversive experience. Maltreatment is associated with reliable morphological alterations in anterior cingulate, dorsal lateral prefrontal and orbitofrontal cortex, corpus callosum and adult hippocampus, and with enhanced amygdala response to emotional faces and diminished striatal response to anticipated rewards. Evidence is emerging that these regions and interconnecting pathways have sensitive exposure periods when they are most vulnerable.

Conclusions

Early deprivation and later abuse may have opposite effects on amygdala volume. Structural and functional abnormalities initially attributed to psychiatric illness may be a more direct consequence of abuse. Childhood maltreatment exerts a prepotent influence on brain development and has been an unrecognized confound in almost all psychiatric neuroimaging studies. These brain changes may be best understood as adaptive responses to facilitate survival and reproduction in the face of adversity. Their relationship to psychopathology is complex as they are discernible in both susceptible and resilient individuals with maltreatment histories. Mechanisms fostering resilience will need to be a primary focus of future studies.

 

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