La Ricerca

Trauma/Psicoanalisi

2/05/14
Trauma/Psicoanalisi

Charcot lectures at La Salpetriere by Pierre-Andre Brouillet (1857-1914)

A cura di Giampaolo Kluzer

Il trauma in psicoanalisi

La nascita della teoria psicoanalitica coincide in Freud con l’inizio della sua riflessione sul significato possibile dei sintomi nevrotici, da lui osservati nella pratica clinica. In questa riflessione, il ruolo del trauma rappresenta fin dall’inizio, e continuerà a rappresentare nel corso di vari decenni, l’elemento fondante. Freud sembra avere ereditato dal famoso neurologo francese Charcot, suo maestro a Parigi per qualche mese alla fine del 1885, l’interesse per le varie forme d’ isteria traumatica, conseguenti a eventi emotivamente molto intensi e non associati a lesioni organiche significative. Freud mantenne negli anni il termine di nevrosi traumatica per indicare una sintomatologia polimorfa, caratterizzata da assillo invasivo del ricordo dell’evento traumatico subito, da incubi notturni ripetitivi, da inibizione psicomotoria, ansia etc. Di questa forma nevrotica, che si manifesta subito dopo un chiaro evento traumatico, con il quale mantiene una chiara connessione di causa effetto, Freud si occupò particolarmente a proposito dell’apporto che la psicoanalisi poteva dare alla comprensione delle nevrosi di guerra, molto frequenti durante e alla fine della prima guerra mondiale. L’aspetto però innovativo dell’apporto freudiano, rispetto alla concezione charcotiana, consistette nell’estensione del ruolo determinante del trauma alla genesi di tutte le psiconevrosi, o nevrosi di tranfert, secondo la sua nuova definizione. In queste manifestazioni psicopatologiche il rapporto fra causa traumatica scatenante ed effetto sintomatico (isterico, fobico, ossessivo o altro) appare molto meno evidente, soprattutto perché l’azione patogena si svolgerebbe in due tempi distinti. Il primo riferimento di Freud a questo particolare meccanismo di azione del trauma (1895), da lui denominato “nachtraglichkeit” ( “azione differita” in italiano, o “après coup” in francese) afferma : “ Troviamo sempre che viene rimosso un ricordo che è diventato un trauma solamente più tardi ”. Secondo questa definizione un evento traumatico diventerebbe veramente tale per un soggetto solo in un momento di successiva elaborazione intrapsichica, che prima non sarebbe stata possibile. L’accento della dinamica traumatica si sposta quindi dalla fattualità esterna alla risonanza intrapsichica che essa può suscitare nel soggetto.
Etimologicamente, dal greco, trauma significa ferita, lacerazione. Il riferimento oggi più frequente a questo termine rimanda invece all’evento capace di produrre tale effetto di ferita. Il trauma, nella teoria freudiana e nel suo sviluppo post freudiano, è concepito come un evento isolato e unico, oppure ripetuto nel tempo, che produce una quantità di eccitazione psichica in grado di lacerare un precedente assetto elaborativo, e di imporgli un ulteriore lavoro di ristrutturazione, che potrà portare a un’organizzazione difensiva patologica, il cui modello classico sarebbe la rimozione. L’assetto psichico, che viene investito e disorganizzato dal trauma, potrebbe essere inteso come una trama rappresentativa che il soggetto, sia consapevolmente sia a livello inconscio, continuamente elabora e aggiorna, per assicurare a se stesso e al mondo circostante una coerenza e una continuità di identità. La riflessione freudiana sul trauma non procede nei decenni in maniera lineare ma presenta continui sviluppi e ritorni su posizioni precedenti, tutti centrati intorno alle varie modalità di influenzamento reciproco fra eventi esterni fattuali e attività fantasmatica e rappresentativa intrapsichica, condizionata dalla dinamica pulsionale.
In un primo tempo, e fino al 1897, Freud identifica in un comportamento di seduzione sessuale infantile, da parte di un adulto perverso, la causa traumatica primaria di successive manifestazioni nevrotiche. A partire da questa data il ruolo patogeno svolto dalle figure di questa seduzione esterna viene sostituito da quello che avrebbero le fantasie infantili attive, di tipo edipico e incestuoso, che verranno in seguito raggruppate da Freud sotto il termine di fantasmi originari (seduzione, castrazione, scena primaria). Con questo nuovo orientamento teorico il primitivo scenario traumatico sessuale perse d’importanza e lasciò, per così dire, in primo piano la sessualità infantile come potenziale situazione traumatica per eccellenza. Al posto della seduzione infantile perversa apparve però, nella riflessione freudiana, il riferimento a situazioni di seduzione precoce e normale, inevitabilmente messe in atto dall’accudimento corporeo del bambino molto piccolo da parte della madre. Questa retro datazione e questa universalizzazione di situazioni potenzialmente “traumatiche” sarà ulteriormente ripresa e sviluppata nello scritto: Inibizione sintomo e angoscia (1925).
In questo scritto l’elemento traumatico, responsabile della genesi del sintomo nevrotico, viene attribuito alla rottura della barriera protettiva contro stimoli esterni o interni eccessivi, già descritta qualche anno prima in Al di là del principio di piacere (1920). L’attenzione è meno posta, qui, su singoli eventi traumatici che non su “situazioni traumatiche” ubiquitarie, che hanno tendenza a manifestarsi in momenti particolari dello sviluppo individuale, di passaggio da una fase maturativa all’altra, quali la nascita, lo svezzamento, l’apprendimento del controllo degli sfinteri etc.
L’apporto più innovativo alla teoria traumatica, contenuto in Inibizione sintomo e angoscia, è rappresentato, a mio avviso, dal rilievo dato al ruolo che la perdita, la mancanza, la condizione di impotenza soprattutto infantile (hilflosigkeit) hanno nella genesi della situazione traumatica. Questa condizione di assenza e di mancanza si contrappone a quella di presenza violenta, intrusiva, seduttiva e disorganizzante che aveva finora caratterizzato lo scenario traumatico.
Le nuove aperture sulla teoria traumatica, contenute in Inibizione sintomo e angoscia, stimoleranno la successiva e più significativa riflessione psicoanalitica su questo argomento.
Winnicott, Masud Khan, Bion, Aulagnier, Green, Bollas, sono alcuni fra gli autori più rappresentativi che hanno ripreso, con sfumature personali diverse, il tema di carenze assistenziali, non necessariamente vissute immediatamente come drammatiche, ma che si ripetono e si prolungano nel tempo, con effetti traumatici. Questa modalità traumatica “strisciante” (vedi concetto di traumi cumulativi di M. Khan) passa per lo più inosservata ed è trascurata sia dal soggetto colpito sia dall’ambiente che lo circonda.
Laplanche, infine, ha ulteriormente sviluppato il tema della seduzione, e della sua retrodatazione e universalizzazione nella genesi del trauma, già iniziato da Freud. Il termine da lui coniato di “seduzione generalizzata o originaria” si riferirebbe a una condizione costitutiva della nascita e dello sviluppo dello psichismo umano, inevitabilmente condizionato dal trauma-ferita costituito dal limite della sua capacità comprensiva dell’ ”altro”, in quanto presenza-assenza sempre misteriosa, enigmatica e mai totalmente afferrabile.

Bibliografia

Freud S. (1895). Progetto di una psicologia. O.S.F. 2.
Freud S. (1920). Al di là del princioio di piacere. O.S.F. 9
Freud S. (1925). Inibizione, sintomo e angoscia. O.S.F. 10.
Khan M. (1963). The concept of cumulative trauma. In: The Privacy of the Self. Hogarth Press, London.
Laplanche J. (1987). Nouveaux fondements pour la psychanalyse. Presses Universitaires de France, Paris.

Aprile 2014

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