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“Borderline Bodies” di C. Mucci. Recensione di M. Antoncecchi

25/06/19

Borderline Bodies:

Affect Regulation Therapy for Personality Disorders

 di Clara Mucci

Foreword by Allan N. Schore

Edition 2018, W.W.Norton & Co

 

Recensione a cura di Maria Antoncecchi

 

“Il corpo è l’intermediario essenziale nella relazione tra sé e l’altro.”

 

Il corpo è il punto di partenza del nuovo libro di Clara Mucci, “Borderline Bodies: Affect Regulation Therapy for Personality Disorders” nel quale l’autrice propone una lettura dei disturbi di personalità attraverso gli effetti sul corpo. Uno sguardo che vede il corpo come il depositario di un trauma derivante da una trasmissione intergenerazionale, che trova la sua origine in un trauma relazionale precoce. Una visione sull’origine dei disturbi di personalità nella quale convergono e si integrano teorie e pratiche cliniche diverse come la neurobiologia interpersonale, la teoria dell’attaccamento e la teoria psicoanalitica, con il lavoro cognitivo e neuroscientifico sulla memoria implicita e la  teoria del trauma. L’aspetto innovativo del libro è, come l’autrice stessa ha affermato in un’intervista all’European Journal of Psychoanalysis, “la connessione tra clinica del trauma, trasmissione intergenerazionale e disturbi di personalità.”

Il modello clinico di Clara Mucci, in accordo con il modello Allan Shore, sottolinea come un’ intensa e precoce esperienza relazionale traumatica sia determinante per lo sviluppo dei disturbi di personalità, in quanto  si verifica in periodi critici per lo sviluppo socio-emotivo e la maturazione cerebrale lasciando un’impronta duratura sulla struttura psichica in evoluzione. L’autrice distingue tre livelli di trauma: il primo derivante dalla mancata sintonizzazione tra caregiver e bambino (trauma relazionale precoce); un secondo livello, più strettamente collegato alla patologia borderline, vede la presenza di maltrattamenti, privazioni e abusi. Il terzo livello comprende traumi sociali come stermini, genocidi, guerre. In questo tipo di eventi traumatici non è la prima, ma è la seconda o la terza generazione a portare il peso della trasmissione di meccanismi che, in presenza di vulnerabilità, possono condurre a disordini di personalità in quanto il genitore sopravvissuto a questo tipo di esperienza non è in grado di stabilire un attaccamento sicuro.  A partire dagli studi sul trauma di Ferecnzi (che vede nell’elemento traumatico la  causa di una scissione nella mente dell’individuo e che sottolinea l’interiorizzazione della diade vittima-aggressore), l’ autrice sviluppa l’idea che l’interiorizzazione di un parte di sé come vittima e di una parte di sé come persecutore può, in alcuni casi, rendere Il corpo ( proprio o di altri) il bersaglio di attacchi autodistruttivi  e il contenitore di proiezioni di parti  persecutorie e inaccettabili.  Il corpo può diventare la vittima di aspetti impulsivi e distruttivi derivanti da un persecutore interno “ripetendo il ciclo violento che ogni traumatizzato si porta dentro” (Mucci, pag.21). Queste rappresentazioni di sé e dell’oggetto sono fondamentali nell’evoluzione della patologia perché i modelli di interazione vittima /persecutore  si inscrivono a livello della memoria inconscia. L’elemento traumatico è quindi centrale nell’eziopatogenesi dei disordini di personalità in quanto  crea la possibilità di un trasferimento dei contenuti traumatici attraverso il meccanismo della dissociazione sul corpo. Un trauma intersoggettivo e intergenerazionale si trasmette attraverso la relazione tra caregiver e bambino influenzando lo sviluppo dell’emisfero destro, che è alla base dei sistemi di regolazione dell’attaccamento e della costituzione di modelli inconsci di relazioni emotive. Infatti l’emisfero destro del bambino, coinvolto nell’elaborazione emotiva e nel riconoscimento delle espressioni materne, è sintonizzato sin dai primi momenti, dal punto di vista psicobiologico,  con l’emisfero destro della madre (Schore pag.45). Uno scambio, secondo Mucci, fondamentale anche nella relazione terapeutica che ha il compito, attraverso la comunicazione emotiva tra il cervello destro dell’analista e cervello destro del paziente, di riparare  le disfunzioni relazionali dovute a traumi precoci alla base dei disordini di personalità.”Se consideriamo il cervello destro come il primo e più importante “corpo” inteso come una realtà corporea che è intersoggettivamente ed epigeneticamente costruita e che  modella le differenze individuali e le caratteristiche della personalità …” (Mucci, pag.10), capiamo come nella visione dell’autrice il corpo è il fondamento della relazione terapeutica, in quanto è l’incontro tra due soggetti incarnati all’interno di un campo “bi-personale”. Ed è nel “momento presente” (Stern) del rapporto terapeutico che si riattualizza, a livello implicito, l’esperienza precoce disfunzionale rendendo necessaria da parte del terapeuta una costante regolazione degli affetti, per consentire un intervento clinico che abbia come obiettivo la costruzione di  uno scambio comunicativo empatico e sincronico che  integra  gli aspetti dissociati nel corpo del paziente. I sintomi somatici dei pazienti affetti da patologie gravi sono dall’autrice letti come un collegamento per ricostruire la relazione precoce inscritta sulla superficie del corpo e nelle strutture neurali del cervello. Il trattamento deve ristabilire e riparare gli scambi precoci ( e i corrispettivi collegamenti neurali) creando momento per momento l’interazione più adatta.   Un “viaggio testimonianza” (Mucci, pag. 61) che, attraverso le tracce della memoria implicita e la memoria inconscia incarnata, riscrive attraverso sensazioni, emozioni e rappresentazioni la passata relazione intersoggettiva del paziente. Un percorso che passa dall’emisfero destro all’emisfero sinistro integrando il corpo e nel quale il terapeuta ha la funzione di testimone (Ferenczi) vivo ed emotivamente partecipe. Nel libro ogni capitolo, dopo i primi tre teorici, è dedicato ad un singolo caso con uno sguardo specifico al tema mind-body-brain. I casi trattati vanno dalle personalità narcisistiche ai pazienti con tendenze e rischi suicidari, dai disordini psicosomatici, all’ipocondria, ai pazienti con tratti antisociali e perversi. Un modello che intende mostrare  un collegamento  tra le patologie più severe e i danni di una precoce traumatizzazione allo scopo di illustrare le tecniche fondamentali dell’intervento clinico.

 

Clara Mucci è Professore Ordinario di Psicologia Clinica all’Università di Chieti, luogo nel quale  svolge la sua pratica di psicoanalista. Ha conseguito il dottorato presso la Emory University di Atalanta. E’ membro della SIPP (Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica). E’ supervisore di training per la Società Italiana di Psicoanalisi e Psicoterapia ”Sador Ferenczi”. Prima di dedicarsi alla psicologia clinica e alla psicoterapia ha raggiunto il grado di professore ordinario in Letteratura Inglese e Dramma Shakespeariano. Si è specializzata presso l’Institute for Personality Disorders diretto da Otto Kernberg a New York.

BibIiografia:

Ferenczi S.:(1933) Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino. In Opere vol. 4,Cortina Editore, Milano,2002

Ferenczi S.:Diario clinico. Cortina Editore, Milano, 1988.

Intervista all’European Journal of Psychoanalysis: Conversazione di Gioele P. Cima con Clara Mucci

Schore A.N., La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé, Roma, Astrolabio, 2008

Stern D.N., Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana,Roma, Astrolabio, 2004

 

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