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I sabotatori interni – Il funzionamento delle organizzazioni patologiche di personalità

24/09/12

 

I sabotatori interni – Il funzionamento delle organizzazioni patologiche di personalità 
Milano, Raffaello Cortina Editore, pp. 209 (2012)

Recensione di Giorgio Mattana 

Le organizzazioni patologiche della personalità sono state descritte da diversi autori, in modo particolare da quelli appartenenti alla linea postkleiniana, ma anche da quelli che si riconoscono nel gruppo degli “indipendenti” e da quelli appartenenti all’orientamento relazionale. Merito di questo libro di trattarne in maniera sistematica, esplicitando con grande chiarezza un concetto che soffre tuttora di una certa vaghezza e la cui comprensione è ancora eccessivamente legata all’intuizione. Non solo, ma l’assenza, finora, di uno studio che ne ricostruisse con precisione la genesi e la diffusione impediva un riferimento preciso agli autori e un’adeguata articolazione e contestualizzazione del costrutto. Si parla spesso, senza specificare, di “organizzazioni patologiche”: quali, quante, in quali rapporti fra loro? Gazzillo mostra con ricchezza di documentazione come tante e diverse siano le sfumature e le declinazioni del termine, sia nell’accezione estensiva che egli ne propone, sia in un’accezione più restrittiva, limitata a coloro che vi hanno fatto esplicitamente riferimento. 

La definizione di “organizzazione patologica”, più o meno esplicitamente sottesa alle diverse teorizzazioni, è quella di un complesso dissociato di difese e relazioni oggettuali patologiche interiorizzate, che dà luogo a un sé infantile scisso, dipendente o identificato con uno o più oggetti antievolutivi, potenzialmente presente anche nelle condizioni nevrotiche, ma molto più frequentemente e massicciamente in quelle borderline e psicotiche. L’origine di tale assetto mentale è da ricercarsi in un ambiente “politraumatico”, più nel senso del trauma “cumulativo” di Masud Khan che in quello del trauma “focale” delle origini della psicoanalisi, caratterizzato da intrusività, incoerenza e assenza di ricettività emotiva da parte degli oggetti primari, e/o in un eccesso costituzionale di invidia, aggressività, intolleranza alla frustrazione e alle differenze fra sé e gli altri. 

L’Autore parte dal concetto di “organizzazione narcisistica” di Rosenfeld che, almeno per i teorici della linea kleiniana, sembra rappresentare una sorta di matrice concettuale comune, variamente declinata e articolata secondo i diversi quadri teorici, tracciandone con chiarezza la genesi e lo sviluppo. Alla teorizzazione di Rosenfeld è strettamente collegata quella di Meltzer, che delle organizzazioni patologiche mette in luce le componenti tossicomaniche e perverse, sistematizzandole nel concetto di claustrum. Segue una puntuale disamina della teoria dei “rifugi della mente” di Steiner, che rappresenterebbe il primo importante tentativo di sistematizzazione del concetto. Gazzillo ne analizza successivamente altre estensioni postkleiniane, fino a quella del Sé “reietto” di Grotstein, al quale si deve fra l’altro l’inclusione nel concetto del falso sé di Winnicott, delle “strutture endopsichiche” e del “sabotatore interno” di Fairbairn, nonché di diversi altri costrutti elaborati dal gruppo degli “indipendenti”. 

Spingendosi oltre Grotstein, Gazzillo mostra come il concetto di organizzazione patologica sia presente anche negli autori di orientamento relazionale, come Fonagy e Target con la loro concezione del “Sé alieno” e, in una zona limitrofa a quella della psicoanalisi, Liotti con la sua analisi della disorganizzazione dell’attaccamento e della dissociazione, alla luce della sua teoria dei sistemi motivazionali e del concetto di modello operativo interno. 

Nell’ultimo capitolo, riprendendo il discorso dell’Introduzione, l’Autore offre una visione d’insieme, tracciando con grande chiarezza le linee di collegamento che uniscono le diverse e molteplici versioni del concetto di organizzazione patologica, non senza suscitare il dubbio, tuttavia, che la ricca e articolata tassonomia proposta contenga un notevole grado di ridondanza ed eccessive aree di sovrapposizione. Questo, però, non è un problema di Gazzillo, ma della psicoanalisi.

Settembre 2012

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