La Ricerca

L’identità creativa. Psicoanalisi e neuroscienze del pensiero simbolico e metaforico

20/12/16

Stefano Calamandrei (2016)

L’identità creativa

Psicoanalisi e neuroscienze del pensiero simbolico e metaforico

Franco Angeli

Un libro originale e denso che esamina “in parallelo” varie discipline: dall’antropologia alle neuroscienze, dalla psicoanalisi  all’infant  research,   senza mai dimenticare le diverse epistemologie che le sostengono. E’ difficile dare conto in una recensione di tutta la ricchezza teorica e multidisciplinare del libro. Procederò quindi cercando di fornire suggestioni che stimolino curiosità nel lettore, privilegiando alcuni punti che sono stati per me illuminanti e limitrofi ad alcuni ambiti di ricerca personale.

Nella sua ricerca l’autore si propone di sondare un aspetto affascinante e per certi versi ancora oscuro dell’identità umana:

l’origine della creatività. Diversi autori psicoanalitici, primo fra tutti Winnicott, hanno indagato quest’aspetto così intimamente legato alla vitalità.

La creatività, dice Stefano Calamandrei, è un pilastro strutturante del nostro senso d’identità personale. Il libro prende in considerazione anche aspetti primordiali della nostra specie mettendo in relazione l’evoluzione del modello alimentare con lo sviluppo  delle capacità  simboliche, metaforiche  e creative della mente umana.

La mente procede dalla metonimia verso la “metafora creativa” concetto chiave del libro in cui l’autore fa una disamina approfondita del pensiero di Arnold Modell sull’immaginazione.

La creatività, per Calamandrei, nasce da un vuoto esistenziale, uno spazio-tempo privato per la nascita del Sé. La mente umana funziona fin dai primordi per intuizione e l’autore si addentra nei meandri di questa misteriosa capacità di guardare oltre, un po’ più in là e di immaginare; immaginazione basata sull’esperienza e sulla capacità di apprendere da essa. In questa ricerca sulle capacità intuitive della mente umana che permettono di prevedere e quindi di prepararsi agli eventi probabili, particolare spazio è dato al sogno e allo sviluppo infantile.

Il sogno “anagogico” con capacità di premeditazione  corrisponde  un evento già registrato dalla mente inconsapevolmente e poi immagazzinato nelle memorie procedurali. Il sogno può intendersi come religione della mente (Mancia, 1978) nel senso di re-ligare cioè di legare insieme varie funzioni mentali: la memoria emotiva, la conoscenza, l’esperienza;  senza dimenticare, ovviamente, la potenza del rimosso freudiano, della censura onirica e il sogno come espressione di un desiderio inconscio rimosso.

Molte tipologie di sogni e diversi tipi d’inconscio sembrano stratificarsi nella comprensione del funzionamento della mente  umana dalla psicoanalisi fino alle moderne neuroscienze che non  ne smentiscono le intuizioni  e anzi, in buona parte, le confermano. L’inconscio inteso come sede di funzioni  mentali teorizzato da Bion è forse così lontano dall’inconscio non rimosso delle neuroscienze?

Metafora creativa e nascita del Sé

Calamandrei nel suo libro ci accompagna inoltre in un percorso “dal narcisismo al socialismo”  che si dispiega nello sviluppo individuale sin dall’infanzia. La mente del bambino è indaffarata a inventare e immaginare; la creatività è una modalità spontanea del funzionamento mentale sano.

Il primo passo che ogni essere umano deve fare alla nascita è costruire la propria mente per diventare un soggetto.

Una mente, per formarsi, deve avere coscienza del proprio funzionamento, dice l’autore, affinché possa costituirsi ciò che chiamiamo il Sé. Winnicott e Gaddini vengono in aiuto da un vertice psicoanalitico perché descrivono gli stati precocissimi dello sviluppo della fantasia neonatale intesa come elaborazione immaginativa della fantasia corporea, precursore indispensabile per fornire quella luce  che accende nella mente del bambino l’immagine visiva; l’  aerea privata del Sé  che va formandosi permette all’infante di fantasticare e giocare  con la realtà (Giustino, 2016).  Fantasia, dunque, intesa come preconcezione immaginativa, capacità negativa della mente in attesa di realizzazione e di un oggetto “incontrato” che restituisce senso al fare e al percepire dell’infante.

In questa matrice intersoggettiva, scrive Calamandrei, si sviluppa la capacità di essere solo e con essa quella d’interagire creativamente con l’altro e con la realtà  interna ed esterna.

Percepire è soggettivare

Calamandrei ci ricorda che il senso di soggettivazione psicologica è un fenomeno mentale diffuso nel corpo fino alla periferia percettiva e che la comunicazione corporea nei confronti della mente avviene continuamente e spontaneamente.

Per la mente infantile, sostiene Gaddini (1968), tutto ciò con cui l’organismo viene a contatto sensorialmente e, in primo luogo, per via tattile, non sta per l’ambiente ma per il limite da sé.

La percezione primitiva è fisicamente imitativa e consiste in una modificazione del corpo in  relazione allo  stimolo. Ciò che viene percepito è  la modificazione del proprio corpo (imitare per percepire).

L’esperienza del corpo  viene  mantenuta nella memoria e può essere riattivata (memoria del funzionamento corporeo).

La prima formazione del Sé consiste nell’aggregarsi di esperienze (tattili, olfattive, ecc.) frammentarie e sensoriali del funzionamento di sé in relazione con l’ambiente (imitare per essere). Intuizione psicoanalitica questa di Gaddini, a mio parere, visionaria che anticipa le recenti ricerche neuroscientifiche  sui neuroni specchio e sulla loro funzione. Tale funzione, ipotizza  Calamandrei , non è solo intersoggettiva e mirata a comprendere la mente altrui ma anche probabilmente implicata nella percezione di se stessi come soggetti. La nostra mente, prosegue l’autore, è capace di conoscere ciò che sta accadendo al corpo in ogni momento  ma è anche capace di poterne simulare “anticipatamente” le possibili situazioni esperienziali. Sembra esservi un apparato di simulazione senso motoria che nella fase di formazione e strutturazione del Sé ha una funzione accostabile a quella dei neuroni specchio. E questo permette di creare una sensazione interna di stabilità sanamente illusoria e indispensabile alla vita mentale. Simulazione incarnata, colonna portante dell’appropriazione dei propri vissuti e dei propri movimenti che dona un senso di stabilità al soggetto e crea l’illusione inconscia della continuità dell’essere.

Bibliografia

Gaddini E., Sull’imitazione, Riv. Psicoan., 3, 1968; p. 368.

Giustino G., Further developments on the concept of fantasy, International Journal of Psychoanalysis,  2016.( in stampa).

Mancia, M. Il sogno come religione della mente, 1978 Laterza, Roma-Bari.

 

Gabriella Giustino

Dicembre 2016

 

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