La Ricerca

Un cuore che pensa. Di Anne Alvarez (2014). Recensione di Annalisa Da Pelo

12/10/15

Anne Alvarez (2014)

Un cuore che pensa

Tre livelli di terapia psicoanalitica con i bambini

Astrolabio Ubaldini

Anne Alvarez afferma che è difficile trovare una metafora che possa esprimere appieno la quinta essenza della vita mentale: “C’è bisogno di un’immagine che esprima la capacità della mente di sentire significati multipli in ogni singola parola, un singolo pensiero, una singola esperienza, descrivendo come questi cambino di continuo”. Anne continua dicendo che le sembrano adeguate a questo scopo, più che le metafore architettoniche, le metafore musicali che con l’idea di ritmo, armonia e dissonanza, colgono meglio la complessità e la mobilità dei processi mentali.

La sensazione che ho avuto leggendo questo libro è stata quella di entrare nella partitura dello spartito musicale della mente e del cuore dell’autrice, immergendomi nella sua “ iperattività e vitalità”. Sensibilissima teorica e clinica l’Alvarez mostra nel suo scritto la straordinaria capacità di riaccordare il suo strumento analitico allo strumento del paziente, di intonare con lui una possibile melodia condivisa con i toni, i ritmi e i tempi che la cassa di risonanza del paziente permettono. Con grande maestria A. passa da incarnare il ruolo della grande direttrice d’orchestra a quella dell’apprendista liutaio per esplorare le singole minute componenti di ogni singolo strumento presente nell’orchestra del processo analitico. Molto incisiva e suggestiva, mi è parsa, la metafora analitica condensata nel concetto musicale di anacrusi, che ben riesce a esprimere il “senso di promessa”, attesa e suspense che, nel passo successivo, possa svilupparsi armonicamente: qualcosa che è, per il momento solo accennato, ma in sé contiene, le note principali della melodia.

Partendo dalle “note stonate”, incontrate nel suo lavoro clinico, l’autrice riesce egregiamente, ragionando su “cosa non fare”, a sistematizzare e inquadrare livelli di intervento psicoanalitico che, discostandosi un po’ da quelli classici, risultano più efficaci per accedere e comunicare con pazienti con limitate capacità d’introiezione, interiorizzazione e simbolizzazione. Nel continuum di livelli d’intervento psicoanalitici evidenzia tre punti di riferimento cruciali per l’accesso e la riuscita della comunicazione:

un livello esplicativo: offrire significati alternativi (perché?Chi?), un livello descrittivo: attribuire o ampliare significati (che cosa), uno intensificato e vivificante: insistere sul significato, il richiamo (Ehi!). Solo restando in contatto coi sentimenti più profondi che il paziente ha suscitato in noi possiamo riuscire a trovare le parole giuste, la giusta intonazione e a modulare il livello d’intervento più idoneo grazie alla massima attenzione, sia ai nostri sentimenti di controtransfert, sia alla natura del transfert del paziente.

Nelle tre parti del libro si articolano e si approfondiscono i tre livelli. Nella terza parte si evidenzia che con certi bambini autistici, apatici-disperati, frammentati o perversi, sia talvolta necessario scendere ad un livello ancora più primitivo che comporta il contenimento e la trasformazione intensificata di oggetti interni percepiti come inutili e privi di valore, deboli o troppo spesso eccitati dalla perversione. A questo terzo livello, con pazienti perversi o svuotati, il problema non è pensare o identificare l’emozione, ma semplicemente riuscire ad accedervi e che queste emozioni abbiano qualche senso per il paziente.

Questo nuovo libro è un tentativo di scoprire e giustificare possibili nessi tra questi tre atteggiamenti terapeutici ed esaminare più da vicino gli stati psichici del paziente che richiedono da parte del terapeuta una certa risposta invece di un altra.

In tutto il testo si afferma la convinzione che il lavoro con bambini e adolescenti autistici o molto disturbati deve basarsi non solo su un sapere psicoanalitico ma anche sulla conoscenza dei processi evolutivi, neurobiologici e della psicopatologia. Tutti questi aspetti sono riportati e sviluppati nei diversi capitoli del libro e, pur partendo dalla tradizione kleiniana e bioniana, questa viene ulteriormente sviluppata, influenzata e integrata dal pensiero psicoanalitico nord-americano contemporaneo della psicologia del se e dell’approccio relazionale.

Anne Alvarez completa le teorie dell’apprendimento di Freud e Bion ed esprime la tesi che le esperienze piacevoli siano altrettanto di stimolo quanto quelle più deprimenti e frustranti nello svegliarci dai sogni infantili e nel renderci vigili e capaci di apprendere. La scoperta della correttezza e affidabilità del terapeuta, e della sua risposta positiva a livello di controtranfert, possono stimolare intensamente il bambino non solo emotivamente, ma anche cognitivamente.

La libertà dalla frustrazione, specie nel caso di bambini con poche speranze e scarse aspettative, promuove l’opportunità di esplorare l’esperienza in qualcun altro che la può sentire e pensare profondamente, promuove il pensiero. Il pensiero è dunque frutto dell’incontro con un oggetto presente vivo e vivificante, che sappia contenere nel tempo le proiezioni del soggetto e pensare profondamente con e per lui. La modulazione e regolazione dell’esperienza è per il bambino un compito, mentale ed emotivo, che probabilmente precede quello di mantenere la costanza dell’oggetto durante la sua assenza.

L’introiezione e l’interiorizzazione di esperienze positive sono elementi essenziali nello sviluppo della vita emotiva, della vita mentale e dell’apprendimento non sufficientemente studiati dalla psicoanalisi. Prima di poter accedere a un livello interpretativo-esplicativo, il lavoro analitico deve essere rivolto ad un lento e paziente lavoro di costruzione della figurabilità. Il lato positivo della personalità può essere sottosviluppato quanto è ipersviluppato il lato persecutorio. E, quello che è in gioco, non è la scissione tra buono e cattivo, ideale o persecutorio ma il mancato sviluppo del sé buono e degli oggetti buoni. Quando lavoriamo con soggetti con oggetti interni incapaci di apprezzarli e averne cura, il processo di introiezione di un oggetto ideale e la costruzione di un senso di sé amabile e capace di amore è lungo e lento, ma essenziale per la salute mentale. Il terapeuta può prendere in considerazione aspetti del transfert positivo e i primi deboli segnali di fiducia e di speranza del bambino in un controtranfert positivo, senza indulgere al sentimentalismo, alla collusione e alla seduzione. L’interpretazione di un giusto bisogno può rafforzare il suo io, ma l’interpretazione di un vano desiderio può indebolirlo e aggravare la disperazione.

La tesi dell’autrice è che dove non c’è introiezione, dove pensiero e memoria sono compromessi, non c’è guarigione né la possibilità di accedere alla vita amorosa. Con pazienti gravemente compromessi, può accadere che l’introiezione di un oggetto buono o affettuoso, in tutte le sue qualità sensoriali (tattili, uditivi o visivi), avvenga per la prima volta durante il processo analitico e vanno trattati con delicatezza in sede di tecnica analitica.

Alvarez riprende il concetto centrale kleiniano di identificazione proiettiva, con l’affinamento e le precisazioni bioniane e trasporta il concetto di superamento della colpa nella posizione depressiva, contrapposto e differenziato da quello di difesa, nell’ambito della posizione schizoparanoide.

Si tratta, nella posizione schizoparanoide, di superare non odio colpa e lutto, ma l’offesa, la paura e la disperazione. Che cosa, si domanda Alvarez, deve essere più forte della paura per superarla, anziché semplicemente difendersi contro le angosce persecutorie? Cosa permette di ridurre offesa paura e disperazione, in modo che possano cominciare ad emergere sentimenti buoni?

Il sollievo dalla pressione soverchiante dell’angoscia incrementando il senso di sicurezza, di speranza e fiducia ne è il possibile promotore.

Nella prima parte del libro si esaminano le condizioni psichiche necessarie per accogliere i livelli più alti di interpretazione esplicativa (offrire significati alternativi: perché? Chi?) cioè il pensiero- emozione a doppio binario e le precondizioni emotive e cognitive per questo tipo di funzionamento psichico. L’autrice considera i dati che emergono dall’osservazione naturalistica del bambino nella prima infanzia e si sofferma sull’importanza delle componenti emotive e relazionali nel passaggio dal pensiero a binario unico a quello a doppio binario e come queste siano fondamentali anche per lo sviluppo cognitivo. Particolare rilevanza è data nel testo al senso di efficacia (agency): che si riferisce alla capacità di dare piacere, nell’interazione con l’oggetto presente, interessato e reattivo che è capace di essere deliziato. Il piacere che il bambino volontariamente si procura nell’essere l’agente causale di un avvenimento esterno e le rappresentazioni interiorizzate sulle quali il bambino si vede agire costituiscono le fondamenta delle origini di un senso elementare di sé e dell’altro.

Non si può non rimanere attenti e deliziati dalla lettura degli esempi clinici che illustrano efficacemente come alcune condizioni emotive e relazionali intervengano nella capacità del bambino di “pensare tra parentesi” (cioè di maneggiare due o più linee di pensiero nello stesso tempo) e accedere a un senso di abbondanza e pienezza di idee. Non idee che si affollano confuse nella mente pretendendo pari attenzione, ma idee che fanno la fila, aspettando il loro turno senza scomparire. Perché questo possa accadere c’è però bisogno di un oggetto che non solo possa essere deliziato dal bambino ma che possa credere di essere esso stesso per il bambino l’oggetto principale d’interesse e d’interesse durevole e capace d’attesa. Quando questo non accade, come in Paul, il livello di lavoro psicoanalitico consiste in interventi più attivi e vitalizzanti, nei momenti in cui il bambino è troppo perduto e disperato, e descrittivi-amplificanti, quando è emotivamente presente ma frammentato e confuso.

Nella seconda parte del libro si approfondisce la necessità, con certi tipi di pazienti, di limitarsi al che cosa dell’esperienza piuttosto che al perché, e considera un’altra dimensione: il contenuto di tali interpretazioni descrittive. L’autrice afferma che interpretazioni che rilevino, attribuiscano o amplificano esperienze o fantasie positive possono essere altrettanto importanti per il lavoro analitico, quanto quelle che richiamano l’attenzione sul negativo. Nei pazienti traumatizzati, borderline o gravemente deprivati, la frustrazione, invece di promuovere l’apprendimento, può superare la tollerabilità e la pensabilità e far precipitare il paziente in uno stato di disperazione con dissociazione e disturbi cognitivi.

Non pensa Alvarez che l’apprendimento dipenda dalle scelte fra tecniche di evasione e tecniche di modificazione della frustrazione legate alla realtà. Certi pazienti, con oggetti interni impermeabili o irrimediabilmente danneggiati, hanno bisogno di incontrare una realtà che possa essere vissuta come modificabile. In questi pazienti l’uso di alcuni processi, apparentemente difensivi, come la scissione o l’identificazione, possono essere considerate protettive anziché difensive ed esprimere profondi bisogni e sani sforzi evolutivi rivolti al superamento della paura e della disperazione insite nell’angoscia paranoidea.

Il lettore non può che “risuonare per simpatia” con il duetto analitico al lavoro durante la lettura degli esempi clinici dei pazienti. Saper distinguere un’identificazione proiettiva disperata da una distruttiva è un imperativo tecnico di grande rilievo cosi come comprendere la particolarissima natura della distruttività nel bambino psicopatico o le caratteristiche dell’oggetto interno nei diversi tipi di narcisismo.

L’imperativo teorico dell’Alvarez è che bisogna incontrare il paziente dove questi si trova. Il livello della nostra grammatica interpretativa e i tempi di restituzione delle identificazioni proiettive devono essere in sintonia: con il livello evolutivo, lo stato mentale e la capacità del paziente di comprenderle e utilizzarle per una maggiore integrazione. Per alleviare il senso di angoscia, può anche essere necessario che l’analista non restituisca, ma contenga in sé o in un altro oggetto le esteriorizzazioni di un oggetto interno estremamente cattivo o danneggiato del paziente. Questo può avere un effetto calmante e liberatorio e favorire la nascita o lo sviluppo di un senso di speranza e sicurezza necessarie per il superamento dell’angoscia e della paura.

A volte può essere necessario che il transfert riscriva la storia del paziente senza precipitarci a ricordargli l’irreparabile triste realtà. Altre volte ancora, può essere la prima volta, il bambino si accorge di sperimentare e introietta un’esperienza positiva. Intonare e comporre, con i nostri pazienti, una colonna sonora emotiva alla loro vita isolata, bloccata e disperata, può aiutarli a camminare senza il pericolo di lasciare indietro la loro anima.

Annalisa Da Pelo

Ottobre 2015

 

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