Cari colleghi
Mi dispiace di aver tardato molto nello scrivervi e quindi nel darvi Informazioni importanti sulla vita della Società. Alcune di esse le avete già ricevute dal segretario scientifico e dal tesoriere. Ne aggiungerò altre per completare un quadro abbastanza complesso.
Viviamo momenti quanto mai difficili nella vita della SPI e molto di più nella nostra vita personale e familiare. Siamo stati costretti al lockdown che ha drasticamente travolto le nostre giornate e il nostro lavoro. Con dispiacere sappiamo dei molti colleghi associati, ordinari e candidati che si sono ammalati e con dolore ricordiamo qualcuno che a causa del Covid ci ha lasciato .
La vita scientifica della società e dei centri è stata prima annullata e adesso si appresta, con celerità, coraggio e in modo infaticabile ad essere riconvertita.
Tre eventi epocali hanno caratterizzato questo periodo, il primo è la decisione di quasi il 99% degli analisti italiani di usare l’analisi in remoto. Su questo il dibattito, inaugurato su SPIweb, documenta difficoltà e vantaggi, accordi e disaccordi.
Un altro evento importante è stata l’esperienza di ascolto psicoanalitico a cui attualmente stanno partecipando quasi 400 colleghi, volontari, ripartiti in 11 regioni italiane. Come abbiamo più volte ribadito, non si tratta di un lavoro di psicologia dell’emergenza che risponde nell’immediato alla richiesta del paziente. Rispondiamo il più presto possibile, nelle 24 ore successive alla richiesta che arriva, sia direttamente nei centri dove si è organizzata questa accoglienza sia attraverso gli psicologi dell’emergenza che costituiscono il primo livello ,deputato a selezionare le richieste e per accordo con il Ministero della Salute re-inviarle alle società di psicoterapia che si sono offerte. Alla richiesta di aiuto pervenuta attraverso il Ministero che in 7 giorni ha raggiunto 30.000 chiamate, hanno risposto le società di psicologia e psicoterapia accreditate dallo stesso Ministero nell’elenco delle società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie. La SPI è stata una delle prime e ha proposto un modello poi seguito dalle altre associazioni, costituito da un percorso costituito da 1 a 4 ascolti, gratuito che non prelude e non può preludere a psicoterapie e tantomeno ha la pretesa di essere una psicoterapia focale. Si tratta certamente di un’esperienza nuova e inusuale, ma molti di quelli che la stanno facendo, scoprono notevole ricchezza e potenzialità. Si sono rivolte a noi, dall’inizio fino ad oggi, più di 800 persone, due terzi donne e un terzo uomini. Di questi un 30 % circa erano anziani, a volte soli, a volte spaventati, sempre vivaci e intelligenti con i quali vi è stato un incontro ricco. Alcuni adulti hanno presentato una recrudescenza di sintomi superati nel passato. Altri hanno colto un’occasione che mai si erano consentita per chiedere aiuto allo psicoanalista. Ci sono state anche persone che hanno manifestato angosce somatizzate, vissuti persecutori, conflitti di coppia e problematiche psicopedagogiche. Molto significativo è stato poi il colloquio con operatori sanitari alle prese con il terribile virus. Poche sono state le richieste per i bambini o gli adolescenti. Molti gli adulti o i giovani adulti. Le richieste di pazienti psichiatrici, purtroppo frequenti, che avevano perso il rapporto con i loro curanti istituzionali, sono state ricondotte ai servizi di riferimento, aiutando il paziente nella ripresa del contatto. A tutte queste persone si è trattato di fornire un ascolto attento, presente, ma capace di contenere la tensione emotiva dell’interlocutore. Lo psicoanalista ha dovuto orientarsi rapidamente rispetto al valutare il funzionamento della persona che chiamava e costruire una possibile alleanza di lavoro, pur mantenendo i confini necessari. In queste situazioni c’è stato anche il rischio di sopravvalutare la problematica o anche di sottovalutarla in una persona che può sentirsi impotente e passiva, senza risorse o soluzioni. Tutto questo lavoro viene discusso in gruppo a più riprese e si rivela ricco, sempre emozionante e talora commovente.
Un’altra iniziativa ha caratterizzato l’attività della SPI. In questo periodo di particolare bisogno anche psicologico, si è messa in evidenza la necessità a livello sociale di un adeguato supporto psicologico, attualmente carente, e in parallelo si è slatentizzata la carenza di strutture di aiuto su questo piano e a vari livelli, sanitario, scolastico, lavorativo. La nostra società, in qualità di componente della Consulta Nazionale delle Società Scientifiche in ambito psicologico istituita dal CNOP, (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi) partecipa insieme alla direzione dell’Ordine degli Psicologi, ad un lavoro gruppale che ha numerose finalità . Uno degli obiettivi che nel passato il Ministero aveva perseguito e che nella situazione attuale si ripropone sarà l’individuazione di linee guida, di intervento e la messa a punto di metodologie di valutazione specifiche in questa situazione .Un altro obiettivo proposto dall’ordine degli psicologi alle società del CNOP è la creazione di una banca dati di “psicoscienze per la pandemia”. Si tratta della costruzione di “un vero HUB sperimentale,” cioè un dispositivo di società scientifiche in rete al fine di raccogliere dati e protocolli utili da condividere. Un’altra delle finalità di tutto questo lavoro, come riportato nel documento riassuntivo redatto dal Presidente dell’Ordine degli Psicologi, “è stimolare le Autorità governative e statali ad effettuare una riorganizzazione mirata della prevenzione, promozione delle risorse, consulenza, sostegno, e cura, a livello individuale, organizzativo e collettivo, in riferimento all’ambito sanitario, sociale e del lavoro”. Uno degli scopi di questo meeting diventa perciò il rafforzamento dei servizi psicologici nella Sanità, nella Scuola, nei servizi sociali e del welfare, nel mondo del lavoro, ” con uno sguardo anche verso le fasce fragili della popolazione, permettendo l’accesso alle prestazioni psicologiche e psicoterapiche presso i liberi professionisti.”
Stiamo naturalmente parlando degli albori di un lavoro in equipe che rappresenta una vera novità per tutte le società di psicoterapia che vi partecipano oltre che promettere di essere un fortissimo stimolo all’incremento della presenza degli psicoterapeuti e degli psicologi a vari livelli nella società e nelle Istituzioni. Certamente la sfida è quella di poter trovare un minimo comune denominatore tra diverse appartenenze e differenti metodi e approcci di lavoro, senza snaturare la nostra identità. C’è anche il rischio di farsi usare all’interno di questi progetti politici da altri, ma restarne fuori potrebbe essere molto pericoloso per gli psicoanalisti.
La gravità dell’epidemia ha messo in grande risalto, non solo la carenza della nostra sanità, ma anche quella delle strutture istituzionali di aiuto psicologico , oltre che l’elevatissimo bisogno di lavoro sulla salute mentale e sul disagio psicopatologico che la nostra società ha..
Tutto ciò ci pone dei quesiti come Società Psicoanalitica Italiana.
Nel settembre dell’anno in cui questo esecutivo è stato eletto, grazie all’accortezza di alcuni di noi e alla segnalazione di alcuni colleghi tra cui Alberto Semi, abbiamo cominciato una vera corsa ad ostacoli che ci ha portato ad una modifica statutaria importante grazie alla quale la SPI si è accreditata come società scientifica. Questo evento è stato uno dei punti di partenza di un lavoro che era uno degli obiettivi del nostro programma elettorale e cioè il dialogo con le istituzioni e la ripresa della vocazione sociale della Psicoanalisi. Ci sono state numerose tappe intermedie di questo cammino dall’istituzione rinnovata di una commissione di “Psicoanalisi e istituzioni“, fino all’organizzazione di un convegno con importanti forze politiche “L’efficacia della psicoterapia nei contesti di cura “ ed ora può continuare con le collaborazioni e l’impegno di cui sopra ho accennato.
A mio avviso tutto questo rappresenta una svolta di non poca rilevanza se continua ad essere perseguita, non solo da questo esecutivo ma soprattutto da chi ci succederà.
Anzitutto questa direzione, se si potesse realizzare, garantirebbe la presenza e la protezione degli psicoanalisti in ambito pubblico, potrebbe aprire nuovi spazi sia istituzionali che di accordo con le strutture private . E questo sarebbe in linea con il funzionamento ormai avviato dei “centri di consultazione e terapie psicoanalitiche” già esistenti.
Allo stesso tempo rappresenta l’uscita dallo “splendido isolamento “ di una psicoanalisi che ormai per esistere, deve sapere dialogare con l’Altro da sé.
Naturalmente un tale sviluppo necessiterebbe di un confronto assembleare vasto.
Alcuni mesi fa molto prima del Covid mi capitò di incontrare un collega a cui avevo chiesto una collaborazione in ambito istituzionale; dopo un primo periodo di lavoro che era stato per lui abbastanza gratificante, il collega, dopo averci pensato molto, dissipando tempo utile, declinò l’invito dicendo che il suo interesse era piuttosto per le questioni della Psicoanalisi. Cosa esattamente intendesse dire con quella frase, è rimasto per me un mistero, discutibile.
Oggi a distanza di molti mesi sono stupita e festeggio la presenza di quasi 400 colleghi disponibili a lavorare volontariamente in una attività che non è una classica consultazione psicoanalitica. A mio avviso questo “ ascolto”, volontario, rapido, variabile ,della psicoanalisi conserva e mantiene l’anima più pura, rideclinandola in un setting adatto al bisogno del paziente. Può essere uno stimolo potentissimo verso la nostra crescita, sensibilizzandoci ai dolori della gente comune, che ci telefona a volte in un momento di disperazione, ignara di chi ci sia dall’altro lato del telefono, delle regole del nostro setting, del nostro metodo, inconsapevole degli obiettivi che vuole raggiungere, confusa sui suoi stessi bisogni.
Qual è l’anima della psicoanalisi? Qual è la sua vocazione? Se l’approfondimento scientifico è contrapposto all’attenzione al sociale, come farà la psicoanalisi a sopravvivere a se stessa?
Dobbiamo chiuderci in noi stessi perché l’unica realtà che ci interessa , l’unica conoscibile è quella interna? E’ questa la via maestra dentro cui dobbiamo rimanere , sordi alle sollecitazioni di una scienza che vuole dati di ricerca evidence based o di un mondo che entra in angoscia per l’epidemia? oppure invece possiamo coniugare la nostra vocazione con un impegno sociale e farci trasformare dall’Altro? La storia della Psicoanalisi si è costruita grazie al suo rapporto con i traumi e grazie alla capacità dei nostri maestri di non chiudersi di fronte alla realtà. Permettetemi di ricordare solo un esempio, che si può avvicinare al nostro tempo.
La seconda guerra mondiale ebbe un peso rilevante nella psicoanalisi. In quegli anni Winnicott era consulente per strutture governative che dovevano organizzare ospitalità per bambini difficili e negli stessi anni Anna Freud fondava l’Hampstead War Nurseries, una casa per più di 100 bambini le cui famiglie erano state distrutte o drammaticamente ferite dalla guerra. Inevitabilmente l’effetto dei traumi prodotti dalla guerra influenzava i modelli di lavoro degli psicoanalisti generando un acceso dibattito su quanto e quale fosse il peso delle perdite e delle separazioni nello sviluppo psicologico della personalità.
Il lavoro di Winnicott all’epoca ebbe importantissimi effetti sociali e la relazione che fece con Britton sulla cura dei bambini separati dai loro genitori e il suo lavoro con gli operatori impegnati in questi casi ,come ci ricorda Clare Winnicott, permise nel 1948 la produzione di un importante documento inglese il “Children Act” ,una legge del Parlamento che istituì il servizio di assistenza all’infanzia in Gran Bretagna.
Questo a testimonianza della vocazione sociale della psicoanalisi.
In bocca al lupo a tutti e auguri di buona salute
La Presidente
Anna Nicolò