Alle origini dell’esperienza psichica

Alle origini dell’esperienza psichica

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3/02/14

 

 

 

 

Tre domande per il Congresso SPI

Intervista a cura di Stefania Nicasi 

Risponde il Presidente della SPI, Antonino Ferro 

Dove va la psicoanalisi?

La psicoanalisi a mio avviso si trova a un bivio: o diventare sempre più di nicchia con i limitati casi di applicabilità classicamente descritti e di cui il “paziente nevrotico” era il fulcro oppure fare un salto di modello ed aprirsi verso tutte le forme di sofferenza mentale (pazienti borderline, psicotici, psicosomatici e soprattutto andando verso l’infantile, la psicoanalisi della coppia, della famiglia, dei gruppi istituzionali). Al tempo stesso ritengo fondamentale l’aprirsi  a nuovi setting, come quello delle consultazioni  prolungate, ad esempio le consultazioni con i bambini di 0-2 anni: l’apertura a fasce di età prima non pensabili sarà il nostro futuro.

Io posso aggiungere dove la psicoanalisi potrebbe auspicabilmente andare secondo me: potrebbe smettere di essere caratterizzata da ortodossie  o da supposte élites  capaci di pronunciarsi su tutto e qualificarsi invece come il più efficace –a tuttora conosciuto- strumento di terapia e di alleviamento della sofferenza psichica.

Gli idoli e le limitazioni  del passato vanno abbattuti e una psicoanalisi viva, in movimento, in trasformazione sarà sempre più capace di affrontare nuovi e più ampi territori della sofferenza psichica umana.

Senza timore di confrontarsi con altre terapie e senza timore di cimentarsi in nuove forme di terapia, da riportare dentro l’alveo della psicoanalisi.

La psicoanalisi così tornerebbe ad essere una scienza nella quale coesistono l’aspetto artigianale ed artistico in grande movimento, liberata dalle pastoie degli aspetti  dogmatici da cui a volte è attanagliata.

Questo 17° Congresso è dedicato alle origini dell’esperienza psichica. Come si può sviluppare una vita psichica in buona salute e creativa? Quanto conta l’ambiente? Quanto il soggetto?

La mia verità provvisoria potrebbe essere che – eccezion fatta per casi estremi – ciò che conta è la relazione che si stabilisce tra l’ambiente di accudimento e il soggetto. 

Più esplicitamente, ciò che conta è quanto avviene tra due menti in relazione, siano esse quelle di un bambino e di chi se ne prende cura o siano quelle di paziente e analista. 

Per svilupparsi, una mente ha bisogno di un’altra mente che le passi, o che permetta, lo sviluppo di quegli strumenti per pensare, sentire, sognare che sono indispensabili per una vita mentale autonoma. 

Fattori di crescita per la vita psichica  hanno molto a che fare con la capacità di sognare e di giocare. 

La mente recettiva, accogliente, capace di trasformare angosce in fantasie, immagini, racconti, sembrerebbe un eccellente punto di partenza. Anche se dobbiamo rassegnarci al fatto che la nostra specie non è ancora così evoluta per trasformare le sensorialità, le protoemozioni totalmente in pensiero emotivo creativo. Distinguerei tre tappe in questo processo: lo sviluppo della capacità di contenimento degli stati proto emozionali, la capacità di trasformazione e metabolizzazione degli stessi in emozioni/pensiero e da ultimo la capacità narrativa che lega tra loro le trame emotive che costituiscono la nostra vita mentale. 

La nostra inadeguatezza al contenimento/trasformazione degli stimoli implica che una parte verrà comunque evacuata dando origine a diversi tipi di sofferenza psichica.

Di quale tipo di sofferenza mentale si interessa oggi la psicoanalisi?

Sebbene si dica che abbia come pazienti di elezione i pazienti nevrotici, ormai da tempo nel mondo l’analisi si è aperta alla terapia di tutte le sofferenze psichiche che abbiano un fondamento in fallimenti relazionali precoci: ciò comporta l’aumento del ventaglio di indicazioni terapeutiche. 

Paradossalmente, direi che la rigorosa compattezza dell’apparato teorico tecnico di molti analisti ha ritardato e continua a ritardare l’accesso a nuove modalità tecniche di terapia e a nuovi possibili setting, a nuove costellazioni di sofferenza curabili attraverso di essa. 

La sfida, anche quella del nostro 17° Congresso, è lavorare alle trasformazioni necessarie perché la psicoanalisi possa mettere in pista tutto l’enorme potenziale terapeutico di cui dispone. 

30 gennaio 2014

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