La Ricerca

6-7 Febbr 2016, Roma. Convegno Internazionale “Psychoanalysis and Neurpsychoanalysis of dream in addiction, depression and trauma”. Resoconto di Cristiana Pirrongelli

29/02/16

Organizzato da Rosa Spagnolo, Francesco Castellet y Ballarà e Claudia Spadazzi del Centro Psicoanalitico di Roma (CPdR) in collaborazione con il Centro Milanese di Psicoanalisi (CMP), il Convegno “Psychoanalysis and Neurpsychoanalysis of dream in addiction, depression and  trauma” è stato il primo convegno internazionale di neuropsicoanalisi realizzato a Roma e ha visto la presenza di relatori del calibro di Mark SolmsMargareth Zellner e  Yoram Yovell

Previsto per il 2017 un altro Convegno “Embodied Memories” (v. su Facebook Italian Psychoanalytica Dialogues)

 Rosa Spagnolo, full member della Società Psicoanalitica Italiana, ha introdotto la giornata con una relazione dal titolo  “Vie d’ingresso al sogno“, ricordando, in prima istanza, le diverse dimensioni che concorrono al prodursi di questo, da quella  soggettiva autobiografica con i suoi contenuti e le sue emozioni, a quella neuropsicologica con le diverse aree che concorrono a dar luogo al processo del sogno e, infine, al substrato neurobiologico che lo produce. Ha ricordato quindi, la dimensione mitica e quella religiosa quali complementi indispensabili per rendere al sogno il suo senso completo.

La relatrice ha definito il sogno come “cerniera fra conscio e inconscio, fra biologico e mentale, fra fisiologia e patologia” assimilandolo al pensiero della veglia, luogo delle nostre preoccupazioni più salienti, del tentativo di regolare le nostre emozioni e  risolvere i conflitti, di programmare, di riconsolidare i nostri apprendimenti.

Quindi, avvalendosi del sogno Babbo non vedi che brucio? ” riportato da Freud nella Traumdeutung, e delle sue considerazioni sull’isomorfismo presente tra quanto stava accadendo nella realtà e il pensiero del sogno,la dottoressa Spagnolo ha diretto la sua relazione verso l’argomento dei “resti diurni”, quelli che Freud  ha definito  “impulsi psichici che sopravvivono alla vita diurna e non sono desideri ”. Ha quindi fatto un excursus sulle ricerche in materia,  vicine  ai temi congressuali dell’addiction, del trauma e della depressione .

Ha indicato la duplice possibilità dei resti diurni di manifestarsi nell’immediato o a distanza di circa  una settimana mettendo in evidenza come nel sogno vengano rappresentati frammenti e non sequenze vere e proprie di memorie episodiche, suggerendo che si assista di solito  al verificarsi di una scelta associativa soggettiva che rispetta il “qui ed ora” del paziente e  la sua necessità di coerenza e continuità con il presente.

Il presente”, dichiara la relatrice” è il tempo del sogno  narrato  attraverso l’incorporazione dei residui diurni”.

Ha poi esposto diverse ricerche su sogni di pazienti in lutto evidenziando come, accanto a immagini che riportavano ai pensieri e alle emozioni della veglia (nostalgia,desiderio di conforto etc.), comparissero con una significativa frequenza  elementi bizzarri o irrealistici  associabili alla perdita, che fanno pensare alla coesistenza di residui di un lutto non completamente elaborato e talora di disfunzioni cognitive durante l’attività onirica.

Passando quindi ai sogni conseguenti ad eventi catastrofici come la caduta delle  Torri gemelle, alcuni studi hanno confermato un aumento dell’intensità della “Central Dream Imagery”, ma, sorprendentemente, non apparivano immagini isomorfe con quanto visto o subito, bensì, più genericamente, immagini legate all’essere attaccati.Nulla che seguisse le leggi della realtà figurativa. Come se fossero immagini create ex novo, legate alle emozioni di preoccupazione della vita diurna.

Un importante lavoro su sogni post-traumatici di soggetti che avevano assistito ad episodi di guerra, è stato fatto dal gruppo di Belgrado, dividendo i 50 soggetti in due gruppi solo uno dei quali presentava un PTSD conclamato. L’altro fungeva da gruppo di controllo. Il primo gruppo ha in effetti mostrato diverse alterazioni dei sogni, quali interruzioni frequenti, disconnessione tra affetti e rappresentazioni, ansia, sentimenti di impotenza e inermità e segni di possibili danni e deterioramento .

Un altro studio su un prigioniero di guerra i cui sogni sono stati monitorati per un certo periodo, ha dato modo alla relatrice, di proporre  una riflessione riguardo alla specifica importanza dei sogni traumatici non isomorfi ma con contenuto emozionale congruo al vissuto traumatico, sogni nei quali può essere presente un’ intensa capacità iconica  rappresentativa, suggerendo una qualche iniziale potenzialità trasformativa dell’esperienza stessa.

Per quanto riguarda i sogni isomorfi alla realtà , oltreché nelle situazioni traumatiche sono stati studiati nei pazienti addicted a sostanze.Tali sogni vengono descritti come simili a quelli dei bambini che sognano quello che realmente desiderano nella veglia, senza mascheramenti o bizzarrie, e animati da una ricerca attiva del soggetto verso l’oggetto desiderato  nella prospettiva freudiana più tradizionale: sogni cioè di appagamento di un desiderio.

Attraverso l’osservazione dei pensieri della veglia così fedelmente trasposti nei casi di addiction, si stanno cercando di ottenere indicazioni utili sull’andamento della psicoterapia e sulla prognosi.

Per quanto riguarda invece la depressione, alcuni studi hanno mostrato come, nel corso di un trattamento analitico, diversi parametri fondamentali come i modelli relazionali o l’ampiezza dello spettro emotivo, tendano significativamente a mutare già nel corso dei primi anni.

La relatrice ha quindi condiviso alcune ricerche su pazienti depressi, che sembrano confermare l’idea di Bion sulla trasformazione degli affetti ad opera del sogno con una ricaduta anche sulla veglia. La presenza di affetti troppo forti o troppo deboli da poter essere collegati alle memorie in oggetto, è come se bloccasse la funzione “digestiva” e trasformativa del sogno, impedendo l’elaborazione dei ricordi e delle memorie .

Ha quindi nuovamente sottolineato la maggior importanza delle immagini  non realistiche o bizzarre, rispetto alle immagini isomorfiche con la realtà, in quanto portatrici di rappresentazioni emozionali  in possibile trasformazione. Immagini che devono essere considerate “spazi aperti di rappresentazione, metafore che tali devono rimanere anche quando il discorso del sogno non appare logico e coerente”. Ha parlato di grammatica dell’irrazionalità (cognizione del sogno rispetto alla veglia), e di cognizione disgiunta,( come se elementi del sogno venissero  gestiti in diversi sistemi cerebrali che durante il sogno non sono necessariamente integrati).

Altra funzione del sogno riportata  è stata quella legata al consolidamento/ riconsolidamento delle memorie, soprattutto quelle implicite che possono rimandare alle primissime esperienze emozionali  della relazione madre-bambino.

La relatrice conclude definendo il sogno “qualcosa di più di un esercizio simbolo poietico”,  un’attività più alta: di mentalizzazione, della quale il simbolo è solo una parte, e privo del  controllo corticale preposto all’esame di realtà. Il ruolo della coscienza sarebbe quello di ricordare e riportare all’interno della seduta analitica e del legame di transfert, il riverbero emozionale del  mondo onirico e quindi del mondo interno del paziente.

 “Il sogno” Il sogno è oltre l’immagine”, conclude la Dottoressa Spagnolo.

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E’ stata quindi la volta di Maggie Zellner, Psicoanalista di New York, Neuropsychoanalysis Foundation NY, NPAP, Editore della rivista Neuropsychoanalysis, che ha presentato la sua relazione dal titolo “Addiction, a disregulated seeking system”. La dottoressa Zellner ha ricordato come Jaak Panksepp sia stato il primo a dimostrare  che il Seeking System, il sistema disregolato nell’Addiction, stimolato artificialmente, non generi sentimenti di piacere e sazietà ma,piuttosto, induca l’animale alla ricerca di una maggiore stimolazione e aumenti la spinta appetitiva che ci porta verso eventuali ricompense.E’ un sistema che motiva gli animali a esplorare, a entrare in contatto col mondo,a curiosare, ad aspettarsi ottimisticamente che qualcosa di buono ci sia “là fuori” e che “valga la pena di andarci per fare qualche buona e piacevole esperienza”. Questa e ricerche che sono seguite, hanno portato Panksepp a ipotizzare che la via mesolimbica dopaminergica sia una via legata alla ricompensa.

Un punto fondamentale e di interesse psicoanalitico generale, è stato quello esposto a proposito del trattamento dei pazienti drug addicted . La relatrice ha voluto sottolineare quanto il Seeking e il Panic system siano sistemi anatomicamente molto vicini. Noi tutti, addicted e non, vorremmo vivere la libido,il piacere etc. ma contemporaneamente abbiamo paura di perdere l’oggetto. E’questa la ragione per la quale possiamo inibirci : per paura di subire una separazione. Il circuito della separazione (Panic system) è legato al sistema dell’Attaccamento. Per avere una sensazione di benessere dobbiamo avere un senso di sicurezza legato ad un livello sufficientemente alto di oppioidi e forse alla produzione di ossitocina. Nella depressione il sistema del seeking diminuisce enormemente. Gli oppioidi sono legati al sistema del piacere e siamo ancora lontani dal sapere come  cambiare i circuiti attivati , una volta che si sia  diventati dipendenti. E’ particolarmente difficile anche perché i tossicodipendenti hanno problemi con la funzione esecutiva. Non riescono a pensare al futuro. C’è una salienza di tutto quello che riguarda la sostanza. Ed è inutile tentare di strutturarli, dirigerli, interpretare etc. Il paziente addicted è un paziente spesso influenzato dalla genetica, c’è qualcosa di vulnerabile a livello dei recettori degli oppiacei o della dopamina. Se un paziente è geneticamente portato a subire cronicamente lo stress , può diventare dipendente perché il sistema si sensibilizza.

Per quanto riguarda la DA, il neurotrasmettitore principe del Seeking System, è associata con la ricerca dell’esperienza  ma è bene ancora una volta precisare che la DA ha a che fare con quello che ci si aspetta ma non è legata al  piacere.  Si lega ad uno specifica aspettativa di ricompensa  una volta creata una via di memoria e apprendimento al secondo livello.

A quel punto, quando i sistemi di memoria e di apprendimento ci informano che sta per arrivare la ricompensa, le cellule cominciano ad attivarsi.  E nella corteccia orbito-frontale si attivano di più a seconda di quanto valore diamo a quello che ci aspetta.

Se nasciamo con una vulnerabilità genetica o il care-giver ci ha resi insicuri nel mondo, noi possiamo cedere subito e dire :  SI, ORA . La corteccia orbito-frontale dovrebbe aiutarci a valutare gli esiti della nostra decisione . Questo per la nostra pratica psicoanalitica è importante da tenere presente…

Invece dal punto di vista neurobiologico se assumiamo oppiacei si abbassa il livello di gaba.

Se assumiamo cocaina o nicotina c’è un aumento di Da nel nucleus accumbens e avremo bisogno di un livello di stimolazione sempre maggiore. I recettori D2 sono più bassi nei soggetti tossicodipendenti ma non sappiamo, al momento, se si tratti di un deficit genetico o di una down regulation da abuso protratto.

In genere, tra i dipendenti da amfetamine, ci vuole circa un anno perché i recettori si normalizzino. Dobbiamo far presente ai pazienti  (intervento psicoeducativo) che dopo un anno sarà per loro più semplice gestire i propri desideri. E usufruire di quello che offre la psicoanalisi : metafore, ipotesi . Dopo un anno potranno recuperare la possibilità che il sistema motivazionale verso la voglia di vivere non funzioni più in modo compulsivo.

Nelle persone normali abbiamo una notevole attività a livello pre-frontale, segno della capacità critica e di giudizio.

Nell’addiction c’è un drive sul quale è come se si spingesse sempre l’accelleratore (il Seeking system) ma un deficit di funzionamento (assoluto o relativo) della corteccia orbito-frontale.

A livello psicoanalitico bisogna tener presente che c’è una corrispondenza profonda fra l’attaccamento (e gli oppiacei) e la dipendenza. Il sistema del Panico-Dolore è strettamente legato a quello del Seeking-Piacere.

 Il motivatore per eccellenza degli esseri umani è il sistema del PANICO, cioè la paura della perdita.

Noi istintivamente facciamo in modo o tentiamo di far sì che il sistema degli oppioidi endogeni rimanga sempre abbastanza alto. Le persone dipendenti vogliono essere guidate da un’euforia da Seeking per cercare di riparare “un senso di perduto”.Vogliono un sostituto dell’esperienza di attaccamento , non vogliono sentirsi soli al mondo.

Per quanto riguarda il sogno :  quando noi dormiamo è ancora  il sistema del Seeking a essere più attivo, ed è quello legato ai desideri (la summenzionata via mesolimbica-mesocorticale dopaminergica). Claudio Colace ha fatto studi al riguardo nel suo centro per la cura dei tossicodipendenti, a Viterbo. Nei suoi studi sui sogni ha rilevato che sognare la sostanza d’abuso (in pazienti in disassuefazione) vuole anche dire che i desideri stanno ritornando ed è il momento di aiutarli a ridirezionare i desideri.

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Quindi è stato il turno della Dottoressa Tiziana Bastianini (Analista di Training e Supervisore della Società Psicoanalitica Italiana, di cui è Segretario Scientifico) di leggere la prima delle tre presentazioni cliniche previste (“Clinical material on dream and addiction disorders“) , dal titolo “Cosa vuole davvero un paziente con dipendenza patologica?“. Dopo aver osservato quanto oggi gli analisti siano sempre più consapevoli dell’importanza di stati mentali originari che coinvolgono le prime esperienze psichiche e quanto, di conseguenza, sia importante riconoscere un inconscio che non trascrive  solo pensieri rimossi, ma che prima ancora registra e trascrive ‘processi’, ovvero esperienze del Sé e del rapporto sè-altro, T.Bastianini ha mostrato – tramite il caso clinico di un giovane uomo – come tali processi registrati a livello non simbolico modellino l’esperienza psichica e come la memoria, la “conoscenza non pensata”, si esprima poi attraverso l’azione, i sogni, il transfert, e le regole invarianti della relazione affettiva con sé stessi e con gli altri.

Commentl alla relazione della dottoressa  Bastianini:

Alla relazione della dottoressa Bastianini Maggie Zellner  ha proposto un commento sull’inutilità di cercare di imporre una “struttura” ai pazienti dipendenti. Quello che loro sentono è sostanzialmente : “Chi se ne importa  di tutte le regole”. Inizialmente vanno solo sostenuti e non si può fare molto di più. Tenendo però presente che mentre il gioco d’azzardo ( l’addiction di questo specifico caso) non uccide,  alcune sostanze si. E quindi bisogna adattare gli interventi al rischio che il paziente corre. Lo scopo è portarli verso una moderazione, una modulazione degli impulsi del Seeking System iperattivato. Nel sogno del paziente compare un vetro perché c’è una separazione interna. Una difficoltà a vedersi e prendere contatto.Tutto quello che accade nei sogni di questo paziente andrebbe visto e considerato come un  processo di desiderio di difendersi, anche dalla psicoterapia.

Anche il Dottor Solms, Psicoanalista, Prof. of Neuropsychology,Univ. of Cape Town, S.A., Chair of IPA Research Committee,Cape Town (S.A.) ha aggiunto un commento alla relazione della Dottoressa Bastianini facendo osservazioni su alcuni dei sogni riportati:

“Cosa vogliono i pazienti tossicodipendenti? Nei loro sogni noi vediamo un paziente sopraffatto dall’oggetto: un’instabilità enorme. In questo caso il paziente pensa di avere un controllo dell’oggetto ma naturalmente è un delirio, il delirio di poter avere una ricompensa narcisistica. Nel sogno dell’abuso invece, il sogno fallisce nel suo scopo perché il paziente si sveglia e non riesce a controllare il destino. Nel 3° sogno c’è la speranza di vincere al gioco: “forse vincerò la prossima volta”. Compare la speranza. Un’emozione di risveglio e di apertura verso il futuro. Abitualmente nel periodo della crisi il rapporto con l’oggetto sostitutivo è così controllante da poterlo definire un’ossessione che cerca di riempire il rapporto con l’oggetto.

Alcune domande dal pubblico in sala :

1° domanda – Chiedo se a vostro parere l’iperfunzionamento dei sistemi oppioidi che impedisce il reward degli oppioidi possa essere assimilato a quanto avviene nel cosiddetto ritiro narcisistico o alle componenti narcisistiche studiate dalla psicoanalisi. Mi spiego meglio: l’iperfunzionamento del sistema degli oppioidi nei pazienti ritirati, addicted o con masturbazione compulsiva, conferma l’ipotesi freudiana del narcisismo o la falsifica?

Risposta di Tiziana Bastianini:

Questo non è il narcisismo primario anoggettuale di Freud, si tratta di  uello secondario, difensivo. Quindi tale iperfunzionamento degli oppioidi non mi sembra attinente al caso del narcisismo secondario.

Risposta di Margaret Zellner :

Vorrei aggiungere che c’è una curva inversa per gli oppiacei. Se assumiamo oppiacei non abbiamo alcun bisogno di avere un oggetto. Alcuni sostengono che nell’autismo ci sia un eccesso di oppiacei e che questo sia la causa del mancato bisogno di avere rapporti.

2° domanda –  A proposito di implicazioni filosofiche fra attacchment e addiction. L’addiction può essere vista come una specie di attaccamento disturbato. L’eternal dependency si trasferisce sull’analisi?

Risposta di Margaret Zellner:

Io vorrei dire due  cose semplici. Credo questa sia la maniera giusta di guardare alla cosa. L’attaccamento è una forma di dipendenza. Noi e i primati dipendiamo dai processi sociali. Se l’analisi o la terapia vogliono creare uno spazio in cui il paziente può creare consapevolezza delle proprie dipendenze anche dal terapista questo è una cosa buona e vuol dire aiutarli comunque a tollerare la loro capacità di soffrire , e prenderci rischi ci permette di avere la relazione; la dipendenza diventa attaccamento . Bene, il paziente sta cercando di lavorare sull’angoscia di separazione. Quello che loro stanno facendo in seduta è cercare di coltivare un meccanismo che potrà cambiare altri circuiti. Rapporto importante tra l’attesa e il pensiero . Se il paziente può tollerare di pensare può tollerare di rimandare la soddisfazione dell’impulso.

Se pensiamo al cervello e alla mente come moduli che interagiscono , questi pazienti possono recuperare. In realtà si tratta di spinte e impulsi che noi dobbiamo saper regolare  sulla base della memoria e altre strutture importanti. Qualsiasi terapia che cambi il funzionamento del cervello può arrivare alla capacità di relazionarsi con altre persone. Alcune persone devono stare in comunità, alcune volte fare una terapia e poi comunque andare in comunità. Dipende dal paziente. Questo fa parte della dipendenza. E’ il cervello  che è fatto così.

3) Un bambino, figlio unico, cresciuto nella bambagia, vezzeggiato,e coccolato dai genitori, arrivato nell’adolescenza va incontro a traumatiche relazioni con i coetanei.  Su questa base di frustrazioni si innesta una tossicodipendenza da droghe leggere. Dopo un incontro con me  in cui si parla di sofferenza, porta in seduta un’enorme tavoletta di cioccolato, giustificandosi poiché si tratta di cioccolato fondente! L’intolleranza alla sofferenza dell’attesa crea in questo ragazzo un corto circuito tra aspettativa e soddisfazione per cui dal bisogno di ricorrere  all’appagamento, senza tempi di riflessione. Mi chiedo se, in tali casi, lavorare con un focus sull’azione, sulla tendenza all’agito e sulla manipolazione del setting, spesso presente, piuttosto che sul pensiero o sulle emozioni, non possa essere una strategia specifica dell’intervento psicoterapeutico, come indicato da Otto Kernberg con i borderline.

Risposta di Maggie Zellner     Si, dal momento che questo conferma quanto dicevo prima sulla necessità che il paziente apprenda a pensare , ad attendere –pensare e non agire.

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Nel pomeriggio il Dottor Mark Solms ha esposto la sua relazione dal titolo_”Depression in Neuropsychoanalysis“(da un articolo scritto con Jaak Panksepp, in press).

[    NB Su questo tema si può consultare: Solms 2011, Solms M. & Panksepp J. in press, Panksepp J. & Yovell Y. 2014 , Zellner M. et al. 2011    ]

“A differenza di quanto avviene nella psichiatria biologica, nella psicoanalisi e nella neuro psicoanalisi, i sentimenti, gli affetti sono centrali, e noi ci interroghiamo sul loro significato, su cosa facciano, se significhino qualcosa. Perché il depresso si sente male? Sigmund Freud nel 1915 in “Lutto e Melancolia” afferma che sia dovuto al fatto che il paziente abbia perso qualcosa  cui era molto legato ed è andato perso. Ad esempio nella sofferenza da lutto. La non elaborazione della perdita sappiamo che porta ad una forma abnorme, complicata .

Il behaviourismo, nato negli anni 20, sostiene che i sentimenti non siano cose reali perché in oggettivabili: la mente è soggettiva.

Il cognitivismo invece ammette l’esistenza dei sentimenti ma come processi informativi , come nella scienza informatica. Senza un significato.La soggettività ne è lasciata fuori.

Nella psichiatria biologica i sentimenti sono neurocircuiti chimici. Se un paziente commette suicidio la risposta è che c’era poca serotonina e problemi nei neurotrasmettitori. Non che a causa della sua sofferenza non ce la facesse più a reggere. L’approccio neuropsicoanalitico cerca di mettere insieme la psicoanalisi e la psichiatria biologica.

Perché il paziente si sente in quel modo? C’è solo il cervello, a proposito, che “sente” qualcosa. E’ l’unico organo a sentire emozioni.

Nel comportamentismo si parla di premi e punizioni e non si crede si tratti di sentimenti di piacere o dispiacere. Nel cognitivismo si crede ci sia una distorsione nella catena delle percezioni.

Quindi, insomma, il cervello per noi, ha capacità di sentimento. Nella depressione c’è certamente uno squilibrio chimico ma tale squilibrio ha un significato.

Il relatore a questo punto descrive il funzionamento dei farmaci serotoninergici come farmaci stimolanti la neurogenesi nell’ippocampo grazie ad un fattore trofico e in grado di riattivare gradualmente le sinapsi. “Probabilmente è lo stress a portare ad una deplezione di neuroni nell’ippocampo. Lo stress e l’ipercortisolemia. Perchè la serotonina migliora l’umore? Non sappiamo perché sia legata al dolore e alla tristezza. Né perché funzioni anche nel panico oltreché nella melanconia. Noi sappiamo che è un neuromodulatore. E sappiamo che i serotoninergici non funzionano molto meglio del placebo. E che nei giovani soprattutto, possono aumentare il rischio di suicidio.

A parer mio bisogna partire da un circuito, il Panic separation distress , completamente diverso e separato dal circuito della paura (Grief), che fa si che noi siamo dipendenti dall’oggetto che per la prima volta ci ha accudito e dato da mangiare. Se quella figura scompare che faccio? Emetto una vocalizzazione. E dopo vado in giro a cercare la mamma. Noi, i topi,i maiali, tutti noi. Io devo fare qualcosa. Piango. Così la mamma ci sente e ci riattacchiamo a lei. E’ un sentimento soggettivo perché è un’esperienza che accade in modo soggettivo. Questa fase della protesta (o stress separativo) dura un po’ e poi l’animale perde la motivazione,l’energia,si dispera,si butta giù . Si tratta di un fenotipo comportamentale. Quella fase di protesta può allertare e facilitare la riunione.

Però può anche accadere che:

1) il pianto e l’agitazione allertino i predatori.

2) usiamo tutte le nostre risorse metaboliche.

3) ci allontaniamo dal posto in cui eravamo e la mamma non ci trova.

Paradossalmente quello che ci permette di sopravvivere è proprio il fatto di lasciarsi andare, non sprecare energia e restare lì stando malissimo e basta. Quando l’animale è con la mamma è alto il livello di oppioidi.Quando si separa si abbassa il livello.Lì per lì si attiva il Seeking dopaminergico di protesta e dura un po’. Poi si blocca, si perde speranza, forza,ottimismo: è il blocco della dopamina. I neurochirurghi hanno iniziato a stimolare la sostanza bianca nella zona del Seeking. Un paziente gravemente depresso, non appena impiantato il pace-maker ha percepito sentimenti di attaccamento verso e da parte dell’equipe medica cui ha chiesto “ Hey! Allora veramente mi volete bene?” . Voglio andare in vacanza!Il futuro è bello!

Noi potremmo trattare la depressione con gli agonisti dei recettori mu. Pazienti trattati con oppioidi sicuri (è stato appena pubblicato uno studio sull’ nternational Journal of Psychoanalysis) hanno avuto risultati fantastici; già dal 1996 esistono studi in merito all’eccezionale efficacia  degli oppioidi nella depressione e il Prof.Yovell, che parlerà domani, è uno degli esperti al riguardo. Molti pazienti in depressione non possono essere raggiunti dal trattamento psicoanalitico. Il farmaco apre una finestra. Quei circuiti sono lì perché rispondono ad un meccanismo di perdita, ad una situazione sociale particolare. E’ inutile pensare che sia uno squilibrio chimico : è quello squilibrio chimico. Perchè è più comune nelle donne? Perché questo meccanismo di attaccamento nelle donne è pesantemente influenzato da estrogeni, progesterone e ossitocina. Questo sistema apparentemente fornisce i mezzi elementari attraverso i quali madre e bambino si attaccano l’uno all’altra , i mezzi attraverso i quali diventano dipendenti l’uno dall’altra.

Ma perché alle volte questi circuiti sono attaccati in un contesto nel quale non sia avvenuta una perdita? Perché oltre ai circuiti succitati ci sono altri circuiti , ad esempio importantissimi quelli dell’aggressività e della rabbia.E poi gli altri circuiti,la corteccia, i lobi frontali,l’area perisilviana.Recentemente abbiamo iniziato a capire qualcosa sulla proiezione e sulla rappresentazione simbolica dell’oggetto.

In conclusione noi crediamo che quello su cui indagare sia il passaggio dalla fase della “protesta” alla fase della “disperazione” dopo la perdita sociale. In altre parole, sembra plausibile che il cuore della depressione sia da cercare nel processo attraverso il quale lo stress da separazione è abitualmente contenuto (presumibilmente attraverso i kappa oppioidi), portando l’animale ad arrendersi.

Il dottor Moccia,Analista di training e Supervisore della Società Psicoanalitica Italiana, Roma, chair della sessione pomeridiana, ha così commentato l’intervento del Dott.Solms :  “E’un modello, quello di Solms, che mette a confronto il mondo dei significati con quello neurobiologico. Capiamo ora che non è importante solo il livello di comprensione e di insight , quanto quello che puo’ essere preso e mantenuto dal paziente .Inoltre queste riflessioni ci aiutano a prendere in considerazione la teoresi Freudiana per poi orientarci verso Winnicott, Ferenczi e Bowlby”.

 

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Materiale clinico del Dottor Paolo Chiari, Psicoanalista, Membro Ordinario Società Psicoanalitica Italiana, dal titolo “Clinical material on Dream and Depression“, nel quale il recupero di un buon funzionamento psicosomatico da parete di un paziente depresso viene illustrato attraverso una sequenza di tre sogni.

Commenti alla relazione del dott. Paolo Chiari:

Commento di M.Solms:

“In questo caso ritroviamo alcuni meccanismi già noti ma qualcosa è stato aggiunto. Vorrei fare un commento sulla domanda di apertura del Dott Chiari: se fosse sufficiente parlare di perdita dell’oggetto visto che si tratta di una depressione narcisistica. In primis vedete chiari i meccanismi della separazione e della perdita. Ad esempio non sappiamo quanto possa aver influito sul paziente la nascita del fratello ai suoi 19 mesi. Forse la morte del padre ha riaperto altre perdite. Il primo episodio depressivo viene scatenato nella sua prima giovinezza ,dalla perdita dell’ottimo rapporto professionale con il suo capo .E’ sia un trauma di separazione che una perdita di ruolo a livello sociale. La perdita ha un ruolo centrale che qui non viene né elaborato né accettato.Lo vediamo nel dolore persistente ma anche nel modo in cui ha affrontato il funerale del padre.Lui vuole introiettare l’oggetto perduto,la fusione,vuole essere nella tomba col padre. perché accade questo? La perdita non è sopportabile perché la relazione con l’oggetto non era intera , sana,m matura. Era già un oggetto narcisistico. Già da prima , né col padre né con la madre era depositario di un attaccamento sicuro. Il buon lavoro lo fa star meglio ma non perché si senta amato dall’ oggetto  ma perché meritevole di amore.

Nel sogno fatto dopo che la moglie lo esibisce e lui si masturba dinanzi allo specchio, fa la fantasia di non aver bisogno di nessuno.

Altro punto: Neuroscienze e depressione. Oltre al Seeking e al Panic qui compare la Rabbia in almeno due situazioni: primo, quando muore il padre  e poi per la perdita del capo.  Rabbia e Aggressività. Dalle affective neuroscience noi sappiamo che il fatto che l’oggetto sia lì ma non si riesca ad averlo, scatena la frustrazione. Rabbia narcisistica.”L’oggetto è lì ma non è lì per me”. C’è un accenno di questo anche nel primo sogno. Il padre gli sta morendo tra le braccia ma lui non lo accetta e desidera salvarlo ad ogni costo. La psicoanalisi ci dice:noi non abbiamo bisogno di riparare una colpa. Non è nostra la colpa.Il fatto di essere lasciato, scartato,attiva maniacalmente il Seeking che vuole risolvere tutto.

Nel terzo sogno vediamo chiaramente la progressione terapeutica. Anche se non c’è l’analista qualcun altro arriverà.La perdita della compulsione a riparare. La realtà come onde che vanno e vengono.In questo caso l’analisi ha funzionato”.

Commento del Dottor Moccia sul caso del Dottor Chiari:

“Il paziente piange ma ha anche rabbia rispetto alla perdita.A proposito della coazione a ripetere che ci possono dire le neuroscienze? Freud : si tratta del bisogno di ripetere qualcosa attivamente allo scopo di trarne qualcosa di nuovo. Mi riferisco al gioco del rocchetto del Fort Da. Altro dato. Una perdita legata ad un lutto traumatico perché soverchiante, perché non ci si può fare nulla.Il ragazzo è un adolescente .La relazione con l’oggetto perduto è ancora indifferenziata per cui, per non perderlo, in modo primario diventiamo l’oggetto stesso. E’ come la sequenza  perdita ——-)  sofferenza———) stress vocalization ————-) riunione ——-) interrotta———) depauperamento. E’ un risparmio energetico. Al suo posto resta solo quel che resta del Seeking, l’aspetto consumistico, la relazione consumistica narcisistica con l’oggetto, controllandolo e diventando l’oggetto stesso. Nel trauma poi non c’è solo quello. C’è la disconnessione coi livelli secondari e terziari. Il primo sogno indica anche il bisogno di riparare ma forse contiene anche il bisogno di ritrascrivere in attivo un’esperienza di impotenza disorganizzante.

Risposta del Dottor Solms:

Riguardo alla domanda sulla coazione a ripetere . Sono d’accordo che è inconscia (ha a che fare con il riconsolidamento, “questo è il mio piano, la mia previsione”). Quando viene resa conscia entrano in gioco delle incertezze , dobbiamo riconsolidare cose nuove o diverse. Perché uno ripete? Abbiamo necessità, pulsioni,dobbiamo risolvere, l’apprendimento ci porta verso uno spostamento dell’omeostasi per cui cerchiamo di ritornare all’omeostasi, là dov’eravamo”.

Alcune domande dal pubblico :

–  un collega chiede conferma al Dottor  Solms riguardo alla possibilità da lui sostenuta che il nostro cervello all’inizio abbia una relazione senza oggetto e solo secondariamente d’oggetto.

Risposta del Dottor Solms:

1° domanda – E’ gratificante vedere che esiste un sistema del desiderio senza oggetto. E’ solo attraverso l’apprendimento che noi impariamo che è possibile mettere insieme desiderio e oggetto.Poi può diventare un piacere di consumo. In qualche modo nell’apparato della mente poi si forma un oggetto. Il Seeking è senza oggetto. Neanche nel sistema degli oppiacei esiste nulla al riguardo. La rappresentazione dell’oggetto è corticale. E’ quell’oggetto che desidero perchè porta al legame con gli oppioidi. Riguardo alla stimolazione profonda del cervello quando  è stata fatta all’interno del giro cingolato,  ha mostrato una remissione completa dei sintomi. Lo stesso è stato raggiunto attraverso la cura psicoanalitica.L’accumbens,stimolato, ha dato luogo a mania. In effetti i pazienti si sentivano attivi e felici; quelli in sala operatoria avevano a che fare con sentimenti d’amore e collegamento.L’unico motivo per cui il seeking si chiude è per il basso livello di oppioidi.

Altra domanda dal pubblico:

2° domanda –  Si richiede un parere sulla resilienza e sulla variabilità di questa. Sui resilience factors e sulle serie complementari.

Dottor Solms:

 L’idea di Freud sulle serie complementari è chiara; a quel tempo non si parlava né di epigenesi né di omeostasi. L’ idea di quelle serie riguarda il concetto di epigenesi. Il cervello può essere molto diverso da persona a persona e anche la resilienza è un fenomeno soggettivo. A noi non piace parlare di stress. Lo stress può dipendere da molte cose e portare a cose diverse. Quello della depressione, ad esempio,è lo stress da separazione. Dobbiamo considerare molte cose oltre alla resilienza. Ad esempio l’ambiente. Sicuramente lo stress separativo precoce predispone alla depressione ma riguardo alla resilienza non sappiamo molto.

3° domanda – Altra domanda dal pubblico:

Dall’ottica neuro psicoanalitica si tende a dare ragione alle teorie sula relazione d’oggetto, a partire da Winnicott e Fairbairn. In che modo le vostre conoscenze hanno influenzato la vostra tecnica? E cosa pensate  della coazione a ripetere?

Dottor Solms:  “ I drives, le emozioni di base sono cose diverse da quello che intendevano Freud o Klein . In Sud Africa abbiamo un gruppo che studia lo stesso caso prima alla luce della teoria delle pulsioni e dopo alla luce delle emozioni di base. Escono fuori cose completamente diverse.Il transfert è quello , gli affetti sono gli stessi , penso al controtransfert che è la base della psicoanalisi…..

Dottoressa Zellner : “Personalmente non c’è qualcosa di specifico che ho smesso di fare in analisi alla luce delle neuroscienze.Si può essere un ottimo analista senza conoscere nulla del cervello. Non è così cruciale saperne qualcosa. Però sapere delle cose mi ha dato molto aiuto come terapeuta.Una cosa specifica ho imparato sui sistemi di memoria.Ho imparato a essere meno preoccupata dei processi di memoria a livello conscio.Tutto accade a livelli diversi: il working through.Poi ho imparato a dire delle cose . L’insula, ad esempio, è quella struttura che riesce a farci capire come ci sentiamo a livello di corpo. Ho detto ad una mia paziente: forse i suoi genitori non sono stati capaci di aiutarla a capire come si sentisse nel suo corpo ” e questo le è stato molto utile. Sembra un’interpretazione ma è legata ad una conoscenza neuropsicoanalitica.

 

———    Seconda giornata  ————————————————————-

 

Relazione del Dottor Yoram Yovell ,Training/Supervising Psychoanalyst, Israel Psychoanalytic Institute, Jerusalem, Co-director of “Institute for the Study of Affective Neuroscience” (ISAN) Univ. of Haifa, (Israel). Relazione dal titolo: “Trauma and repression. A neuropsychoanalytic study“. Su questo tema si può consultare Yovell Y.et al. 2003

“Come afferma Freud la conoscenza è diversa dalla consapevolezza. E a proposito del concetto di rimozione è importante chiarire questo punto. Si può essere coscienti del fatto di essere arrabbiati ma non essere consapevoli del perché.

Intanto ricordiamo che la memoria episodica, mediata perlopiù dall’ ipotalamo , è accurata, dettagliata e labile. A parte l’ipotalamo basolaterale che ricorda tutto per tutta la vita.

Le memorie emozionali, amigdaloidee, invece sono veloci, imprecise, generalizzanti, inaccurate ma durevoli.

Ricordate tutti il fondamentale esperimento di Edouard Claparede, alla clinica “Belle Aire” di Zurigo, nel 1913. Aveva una paziente amnesica  alla quale doveva ogni giorno ripresentarsi e lo faceva dandole la mano. Un giorno si nascose una puntina nella mano e la paziente provò un inaspettato dolore. Il giorno dopo nuovamente Claparede nel ripresentarsi come ogni giorno le porse la mano  ma la paziente si tirò indietro adducendo una scusa razionalmente plausibile. Aveva paura di lui (conoscenza, amigdaloidea ) ma non sapeva perché (consapevolezza, memoria episodica ippocampale).

Episodica Emozionale
Ippocampo e strutture adiacenti Amygdala e strutture adiacenti
Completamente funzionante dai 3-4 anni Pienamente funzionante dal primo anno
Dichiarativa;Esplicita Procedurale;implicita
Molto molto labile Non dimentica nulla,mai
Dettagliata Impressionistica
Conscia,verbale Inconscia,non verbale
Attivata da NE Attivata da NE

Inattivata da Cortisolo

La memoria è qualcosa di complesso. A parte il fatto che ogni sistema di memoria può agire indipendentemente, di solito interagiscono fra loro.Queste interazioni possono portare a sindromi specifiche come il Disturbo Post Traumatico da Stress(PTSD) o altri disturbi. Oltretutto, bisogna ricordare che le memorie episodiche cambiano continuamente o possono farlo, perché labili e soggette a fenomeni di consolidamento e riconsolidamento.

La memoria è una costruzione o una ricostruzione? Le memorie sono un magazzino oppure una fabbrica?

Le memorie diventano inclini a cambiare quando sono richiamate – attraverso fenomeni di consolidamento e riconsolidamento

I ricordi del passato sono vivi e respirano , e interagiscono con :

Il significato soggettivo,La storia individuale, Il contesto attuale,Le influenze interpersonali e le manipolazioni.

Esistono molti studi sulla possibilità di manipolazione della memoria episodica (riporta diversi studi al riguardo). Il ruolo della psicoterapia è anche quello di tornare dalla memoria semantica a quella episodica senza pregiudizi ed errori, modificandola in un nuovo contesto.

Quando qualcosa ci è accaduto e non possiamo ricordarlo lo chiamiamo rimozione. Ma in realtà il problema è più complesso e la parola rimozione potrebbe non essere pertinente.Se dopo un’analisi andiamo a rivedere la nostra infanzia,questa può non essere la stessa, apparirci diversa e tale fenomeno è effetto del riconsolidamento. Secondo Freud l’isteria è associata a ricordi rimossi e voleva scoprire quali fossero i meccanismi che portavano a rimozione.

In psicoanalisi viene dato per scontato il concetto di rimozione e anche l’idea che l’apparato mentale sia a più livelli, col risultato che le memorie possano risultare sia molto vive che inconsce.

Nella letteratura cognitivista in generale, tuttavia,l’esistenza del fenomeno della rimozione e il conseguente riaffiorare di ricordi angoscianti, viene messo in discussione.

In effetti, tra i cognitivisti e i neuroscienziati , c’è spesso un profondo scetticismo riguardo alla rimozione in particolare, “and unconscious but explicit memories in general”:

Nella letteratura cognitivista il fenomeno della rimozione viene quindi  messo in dubbio.La rimozione dei ricordi o l’amnesia traumatica non sarebbero così comuni. L’amnesia traumatica è stato il sintomo trovato meno frequentemente in studi sul PTSD. C’è chi sostiene che” la rimozione non esista affatto e la psicoanalisi neppure” (Yacov Rafè 2008). Noi pensiamo che la Rimozione possa avvenire in più di un modo e in diversi momenti nella catena di stoccaggio delle memorie. Ad esempio per mancato o difettoso consolidamento a livello ippocampale a causa di un evento particolarmente stressante. Il cortisolo in eccesso (stress, traumi) può danneggiare l’ippocampo e danneggiare i ricordi episodici.Oppure come un deficit temporaneo e potenzialmente reversibile di recupero di memorie dal network prefrontale temporale e dalle strutture limbiche.

 L’amnesia traumatica è una questione controversa e DSM IV e V la pensano in modo diverso. Per cominciare è impossibile dimostrarla in laboratorio perché gli studi dovrebbero essere prospettici,da qui al futuro. Vedere cosa accade nel tempo. Noi fino ad ora abbiamo studiato la rimozione come qualcosa accaduto nel passato. E così l’amnesia traumatica. In genere dal ricovero in Pronto Soccorso in avanti. Posso portare molti esempi di come la memoria si modifichi a distanza di settimane dopo un episodio traumatico. Alcuni elementi spariscono altri riemergono.

Comunque in esperimenti pilota i pazienti con PTSD avevano più lacune a livello narrativo rispetto ai soggetti sani. Ed erano memorie fluide,che cambiavano. In genere più forte è il trauma peggiore è la memoria.Un possibile meccanismo neuronale per l’amnesia traumatica (rimozione) potrebbe consistere in una ridotta attività prefrontale importante per il recupero conscio,volontario. Le memorie sono immagazzinate e sono disponibili per essere recuperate in particolari circostanze, ma non in altre. Una possibile chiave di lettura nelle memorie di guerra è la questione della motivazione : L’incapacità a richiamare le memorie è motivata? Ad esempio c’è un processo attivo che mantiene “rimosse” le memorie fuori da una  consapevolezza cosciente?

 Come possiamo dimostrare che una rimozione, un’amnesia sia motivata?  La funzione irriducibile del significato, come dice Solms, è il nostro oggetto di studio come psicoanalisti.

 

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Materiale clinico del Dottor FRANCESCO CASTELLET Y BALLARÀ. Psychoanalyst, Full Member Società Psicoanalitica Italiana, Roma dal titolo “Clinical Material on Dream and Trauma”.

Commenti del Dottor Yovell al caso del Dottor Castellet.

“Bisogna distinguere tra un’esperienza traumatica ed una negativa. Alcune esperienze negative fanno crescere, rendono più sofisticate e stabili le nostre strutture psichiche”.

Commento del Dottor Solms al caso del Dottor Castellet. :

“Noi dobbiamo interrogarci su cosa sia corticale e cosa non lo sia. Cosa sia conscio e cosa no. Cosa sia un trauma e cosa non lo sia.   In questa paziente vediamo diversi affetti all’interno del legame affettivo, in prevalenza Lust e Rage.Sono sistemi sottocorticali. Quando sono forti e intercorrelati possono essere inconciliabili per l’EGO. Sono affetti consci, impulsi, le strutture del tronco portano coscienza. Come gestirle in modo che diventino conciliabili? Perché l’Ego trovi soluzioni? Nell’esperienza negativa l’Ego ce la fa, risolve. In quella traumatica l’Ego si frammenta.Nel caso di questa paziente dobbiamo  gestire questi impulsi e renderli inconsci e modulabili.La paziente del Dottor Castellet ha un deficit nella struttura dell’EGO che è deficitaria. Questi affetti sono troppo consci , troppo direttamente espressi”.

Domanda dal pubblico

1)Dalle considerazioni del lavoro del Dottor  Yovell Trauma and repression, da cui emergono le ipotetiche aree disfunzionali che potrebbero spiegare la rimozione freudiana, a quale disfunzionale dei vari sistemi di memorie potrebbero essere ascritti i processi dissociativi?

Risposta del Dottor Yovell: “Esistono separazioni orizzontali e verticali. Questa paziente può essere in uno stato adesso e in un altro dopo.Se noi andiamo a vedere i modelli di Freud ci sono divisioni orizzontali come per il Super Ego che sta lateralmente mentre IO e d ES sono orizzontali. L’ID era inconscio. Se andiamo a vedere la separazione orizzontale possiamo vederla come rimozione ,quella verticale come dissociazione.Nei traumi è più utile parlare di rimozione.

 

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Considerazioni conclusive della Dottoressa Claudia Spadazzi Psicoanalista, Membro Ordinario

Società Psicoanalitica Italiana, Roma e invito ai prossimi “Psychoanalytic Dialogues” nel febbraio 2017, a Roma.

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