La Ricerca

Mattana G. (2016a). Jaak Panksepp. Neuroscienze affettive e psicoanalisi

7/04/16

Jaak Panksepp, figura di spicco di quell’area disciplinare, attualmente in rapida espansione, che va sotto il nome di “neuroscienze affettive”, sarà ospite del Congresso Nazionale della Società Psicoanalitica Italiana “Le logiche del piacere/l’ambiguità del dolore”, che si terrà a Roma presso il Centro Congressi Angelicum dal 26 al 29 maggio 2016. Convinto assertore della continuità filogenetica e anatomofunzionale fra il cervello umano arcaico e quello animale, Panksepp ha individuato sette sistemi emotivo-motivazionali di base che accomunerebbero l’uomo agli “altri animali”, in modo particolare ai mammiferi. Tali sistemi affettivi primari affondano le loro radici nelle strutture sottocorticali del cervello, che l’uomo condivide in buona parte con gli altri mammiferi, cosa che rende lo studio sperimentale di questi ultimi di interesse primario per la comprensione di aspetti fondamentali della mente umana. I sistemi emotivo-affettivi primari individuati a livello sottocorticale sono i seguenti: Ricerca (attesa), Paura (ansia), Collera (rabbia), Desiderio Sessuale (eccitazione sessuale), Cura (accudimento), Panico/Sofferenza (tristezza), Gioco (gioia sociale). Tali sistemi generano esperienze affettive distinte, che possono tuttavia in varia misura sovrapporsi, come ad esempio nel caso del sistema della Ricerca (Seeking System), che partecipa alla maggior parte degli altri sistemi, tutti controllati dagli stessi regolatori generali dell’attivazione cerebrale, come la serotonina, la norepinefrina e l’acetilcolina. Contrariamente a quanto affermava la nota teoria di James-Lange, gli affetti non consistono nell’interpretazione cognitiva (neocorticale) dei mutamenti della fisiologia corporea, ma sono generati dal cervello e ad esso intrinseci. L’emozione, in questa prospettiva, è concepita come attivazione dei circuiti sottocorticali, a loro volta origine dell’arousal fisiologico-viscerale, ritenuti capaci di dar luogo direttamente a intense esperienze affettive, da intendersi come la percezione o il vissuto soggettivo dell’emozione.

Contrapponendosi a un’opinione molto diffusa, Panksepp ritiene, dunque, che i circuiti sottocorticali, in parte comuni e in parte fra loro differenziati, che presiedono ai diversi processi emotivi primari che condividiamo con gli altri mammiferi, diano luogo a intense esperienze affettive, a una vera e propria coscienza affettiva. A parte le intuibili conseguenze sul piano etico di tale visione della soggettività animale, le tesi di Panksepp rappresentano una decisa contestazione delle concezioni della natura cognitivo-linguistica della coscienza, generalmente collegata in ambito neuroscientifico all’attività delle più recenti ed evolute strutture neocorticali. Tali concezioni, tuttora prevalenti, sarebbero, di fatto, delle riedizioni della teoria di James-Lange, in cui all’interpretazione delle afferenze corporee si sostituisce quella dell’attività delle regioni sottocorticali, e si baserebbero semplicemente su un’insufficiente conoscenza di queste ultime. Alla posizione di Panksepp, radicalmente innovativa e basata su solide evidenze sperimentali, sembra essersi recentemente avvicinato Damasio, i cui “sentimenti primordiali” di origine (prevalentemente) troncoencefalica, benché molto più aspecifici di quelli generati dai sistemi emotivi primari, rappresentano forme elementari di consapevolezza, origine di quel “proto-sé” sul quale vengono edificate le più evolute e complesse strutture del “sé nucleare” e del “sé autobiografico”. Nella visione stratificata che, in una prospettiva rigorosamente monista, Panksepp propone della Mente/Cervello umana, i processi affettivi primari, oggetto privilegiato della sua ricerca, rappresentano la condizione filogenetica e ontogenetica della nascita dei processi secondari, legati all’apprendimento emotivo, e dei processi terziari, connessi alla più evoluta e specificamente umana capacità di riflettere sulla propria esperienza emotiva. I processi primari sono, dunque, una sorta di motore emotivo-motivazionale di base, di repertorio filogenetico di risposte e “categorizzazioni” valoriali degli oggetti ed eventi del mondo, che condividiamo con gli altri mammiferi e sul cui fondamento viene costruita la mente “superiore”, nelle sue componenti affettive e cognitive più avanzate.

Non sono pochi i motivi di interesse psicoanalitico della teorizzazione scientifica di Panksepp, sia dal punto di vista del tema che verrà affrontato nel Congresso, sia da un punto di vista più generale. Relativamente alla problematica piacere/dolore, alle forme patologiche, compulsive e tossicomaniche che il piacere può assumere, fino al drammatico enigma del masochismo, il pensiero corre subito alla teoria freudiana della libido e al suo successivo intrecciarsi con quella della pulsione di morte, ma anche, in una prospettiva relazionale, all’uso del piacere come difesa dall’angoscia. Un primo tema è quello del rapporto del dualismo pulsionale freudiano e/o dei posteriori modelli relazionali, nella comprensione-spiegazione di quadri clinici complessi come quelli legati all’uso patologico del piacere, con la più ampia articolazione emotivo-motivazionale proposta dalle neuroscienze affettive. Sappiamo, dalla ricerca neuroscientifica, che alcune sensazioni di piacere sono collegate alla produzione di oppioidi e altre all’attività dei sistemi dopaminergici. L’esperienza delle prime è quella del piacere e della felicità, che richiama una condizione di soddisfazione e appagamento, mentre il vissuto delle seconde è quello dell’attesa eccitata, che suggerisce, invece, sensazioni di tipo appetitivo. Tale vissuto rimanda, in ambito psicoanalitico, al concetto freudiano di libido, come tensione e spinta desiderante di origine sessuale, suggerendone un ipotetico corrispettivo neurobiologico nell’embricazione fra il sistema del Desiderio Sessuale e quello della Ricerca. Come afferma Tiziana Bastianini, quest’ultimo presenta, inoltre, significative analogie con la rielaborazione freudiana del concetto di libido all’interno della più ampia categoria delle pulsioni di vita o Eros, oltre che con il legame K bioniano, inteso come desiderio/piacere di conoscere, pensare, esplorare. Un altro spunto di riflessione potrebbe riguardare l’esistenza o meno, nel modello di Panksepp, di corrispettivi neurobiologici dell’uso difensivo del piacere, attraverso la funzione modulatrice di un sistema o di un insieme di sistemi come, ipoteticamente, quelli del Desiderio Sessuale, del Gioco e della Ricerca, rispetto ad altri, come quelli della Paura e/o del Panico/Sofferenza.

Da un punto di vista più generale, le tesi di Panksepp introducono il tema della portata terapeutica della psicoanalisi (e della psicoterapia in genere) in relazione ai livelli emotivi della persona. Il neuroscienziato, contestando con forza la diagnostica e la nosologia psichiatriche tradizionali, concepisce le varie sindromi psicopatologiche in termini di squilibri emotivi da valutare caso per caso, considerando termini tradizionali come “depressione”, “schizofrenia” o “autismo” eccessivamente generici. L’intervento psicoterapeutico, in questa prospettiva, riguarderebbe solo i “piani alti” della psiche, quelli delle emozioni più evolute, complesse e “sociali”, legate ai processi secondari e terziari di apprendimento e categorizzazione linguistico-cognitiva, come la vergogna, il senso di colpa, la gelosia e l’invidia, senza possibilità di incidere in maniera significativa sulle emozioni primarie, come l’ansia, la rabbia o l’eccitazione sessuale. Nel caso specifico della depressione, sarebbero principalmente coinvolti un’iperattivazione del sistema del Panico, con incremento dell’angoscia di separazione, contrastabile con basse dosi di oppioidi, e una ridotta funzionalità del sistema della Ricerca e di quello del Gioco, con conseguente riduzione dell’entusiasmo e dell’esuberanza. Eppure, non è difficile collegare i sistemi emotivi primari di Panksepp agli elementi “beta” di Bion, emozioni grezze o proto-emozioni impregnate di sensorialità, sulle quali la rêverie materna e successivamente quella analitica innestano la funzione “alfa” del pensiero, inducendone l’evoluzione e la trasformazione. Sarebbe interessante approfondire questo punto, per capire se, come sembra, Panksepp assegni alla psicoanalisi un limite invalicabile, o se nei termini del suo modello vi siano margini per le trasformazioni bioniane. Di grande interesse sono anche le acquisizioni neuroscientifiche relative al ruolo dell’ossitocina nel Sistema della Cura (Care System), dunque nel promuovere l’attaccamento, che confermerebbero il carattere originario dei bisogni relazionali, smentendo la tesi della natura secondaria della “pulsione sociale”. Infine, senza alcuna pretesa di esaurire l’argomento, il confronto con i sistemi emotivi primari individuati da Panksepp sembrerebbe, a un primo sguardo, confermare le difficoltà di una fondazione neurobiologica del concetto freudiano di pulsione di morte.   

 

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