La Ricerca

Psicoanalisi e neuroscienze: cosa pensano gli psicoanalisti (da Psicoterapia e Scienze Umane, Vol.L, n.3, 2016).

13/12/16

Nel fascicolo speciale dedicato al Cinquantesimo Anniversario della rivista Psicoterapia e Scienze Umane (volume 50, n° 3, 2016), intitolato “Cosa resta della psicoanalisi. Domande e risposte” sono state pubblicate le risposte di 62 psicoanalisti (*), noti a livello internazionale, a 12 domande riguardanti temi centrali della psicoanalisi.

(*) Massimo Ammaniti, Jacques André, Simona Argentieri, Marco Bacciagaluppi, Jessica R. Benjamin, Sergio Benvenuto, Werner Bohleber, Christopher Bollas, Philip M. Bromberg, Wilma Bucci, Fred Busch, Luigi Cancrini, Giacomo B. Contri, Mauricio Cortina, Heinrich Deserno, Antonio Di Ciaccia, Jack Drescher, Morris N. Eagle, Antonino Ferro, Anna Ferruta, Peter Fonagy, Allen Frances, Sophie Freud, Lawrence Friedman, Glen O. Gabbard, Roland Gori, Jay Greenberg, Pedro Grosz, Ita Grosz-Ganzoni, André Haynal, Bob Hinshelwood, Horst Kächele, Otto F. Kernberg, Marianne Leuzinger-Bohleber, Joseph D. Lichtenberg, Vittorio Lingiardi, Giovanni Liotti, George Makari, Nancy McWilliams, David Meghnagi, Silvio Merciai, Robert Michels, Emilio Modena, Francesco Napolitano, Thomas H. Ogden, Massimo Recalcati, Christa Rohde-Dachser, Berthold Rothschild, René Roussillon, Jeremy D. Safran, Dominique Scarfone, David Shapiro, Jonathan Shedler, George Silberschatz, Michael H. Stone, Frank J. Sulloway, Mary Target, Thomas von Salis, Paul L. Wachtel, Jerome C. Wakefield, David L. Wolitzky,  Luigi Zoja

 v.  la recensione di A.Pagnini su Il Sole 24 Ore (11 Dic 2016)

 v.  l’articolo di S.Vegetti Finzi (La psicoanalisi è un cantiere aperto) sul Corriere della Sera (22 Dic 2016)

  v.   altri, su Rassegna Stampa del sito web di Psicoter.Sc.Umane

 

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Una delle domande (la n° 10) era la seguente: Come valuta i recenti sviluppi delle neuroscienze e della neurobiologia rispetto alla psicoanalisi? Come vede il rapporto tra psicoanalisi e ricerca psicologica e, più in generale, tra la psicoanalisi e le altre discipline?.

Per gentile concessione di Paolo Migone, condirettore della rivista insieme a Pier Francesco Galli e Marianna Bolko, pubblichiamo qui di seguito le risposte date a questa domanda, insieme a una sua nota introduttiva.

 

Nota introduttiva  di Paolo Migone, condirettore di Psicoterapia e Scienze Umane :

La lettera con cui i 62 psicoanalisti sono stati invitati a rispondere alle 12 domande sullo stato della disciplina è la seguente:

«Nel 2016 la rivista trimestrale Psicoterapia e Scienze Umane compie cinquanta anni di pubblicazione ininterrotta. In questo mezzo secolo di vita ha accompa­gnato lo sviluppo delle psicoterapie, della psicoanalisi e le questioni della formazione nella psichiatria interpersonale in Italia, cercando di aggiornare i lettori sui dibattiti che avvenivano nella disciplina e nello stesso tempo di atti­vare un pensiero critico libero da condizionamenti di scuole o appartenenze istituzionali.

Continuando la tradizione di pluralismo critico, in occasione di questo an­niversario abbiamo deciso di rivolgere una dozzina di domande ad alcuni colleghi riguardanti questioni centrali del nostro campo. I colleghi che ab­biamo individuato sono membri del comitato di consulenza oppure hanno pubblicato sulla rivista, tenuto seminari al nostro gruppo o avuto rapporti con noi.

Vorremmo che, per quanto possibile, le risposte fossero brevi. Non è indi­spensabile seguire l’ordine in cui sono poste le domande, alcune delle quali possono anche essere saltate alla luce delle rispettive aree di interesse. L’importante è che le risposte siano concise.

Le domande cui rispondere, o dalle quali prendere spunto, sono le seguenti:

1) Quale aspetto della psicoanalisi la colpisce di più o su cui vorrebbe espri­mere un commento?

2) Vi è un autore che ritiene particolarmente importante oggi in psicoanalisi e, nel caso, per quali motivi?

3) A suo parere cosa caratterizza la cosiddetta “psicoanalisi contempora­nea”, e quando si può dire abbia avuto inizio?

4) Cosa pensa della proliferazione di “scuole” psicoanaliti­che?

5) Identità della psicoanalisi e psicoterapia: come può essere impostato que­sto problema?

6) Il training psicoanalitico è certamente una questione importante e spinosa. Nella storia dell’istituzione psicoanalitica, sono cambiati alcuni aspetti del training? Se ritiene che il sistema del training non abbia subìto sostanziali modifiche, pensa che potranno esservi cambiamenti? Quali cambiamenti ritiene indispensabili?

7) Il concetto di Edipo ha ancora un significato e, nel caso, quale?

8) Cosa resta della teoria freudiana del sogno e, più in generale, che ruolo hanno i sogni nel processo terapeutico?

9) Come vede il rapporto tra teoria psicoanalitica e ricerca empirica sul risultato e sul processo della terapia?

10) Come valuta i recenti sviluppi delle neuroscienze e della neurobiologia rispetto alla psicoanalisi? Come vede il rapporto tra psicoanalisi e ricerca psicologica e, più in generale, tra la psicoanalisi e le altre discipline?

11) Quali concetti centrali della psicoanalisi hanno mantenuto una loro vali­dità, e quali sono le loro evidenze empiriche?

12) Come spiega la crescente marginalizzazione della psicoanalisi?».

I contributi sono in ordine al­fabetico per cognome dell’autore.

Vengono riportati solo i contributi degli autori che hanno risposto alla domanda (infatti alcuni non hanno risposto a tutte le domande, e altri hanno preferito mandare un testo scritto in modo libero).

Di proposito si è voluto lasciare a ciascuno la libertà di esprimersi nel modo che preferiva, e per lo stesso motivo non si è stabilito un limite massimo alla lunghezza dei singoli contributi, ma ci si è limitati a dire che dovevano essere concisi (alcuni sono stati stringatissimi, altri invece si sono lasciati andare a considerazioni più dettagliate, e sono state rispettate le singole preferenze).

In certi casi sono state aggiunte delle note redazionali (qui non riportate) per specificare riferimenti bibliografici o altre informazioni utili per i lettori.

Il quadro emerso costituisce uno spaccato dello stato in cui versa oggi la nostra disciplina e risulta interessante anche sul piano sociologico.

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Risposte alla domanda n. 10 Come valuta i recenti sviluppi delle neuroscienze e della neurobiologia rispetto alla psicoanalisi? Come vede il rapporto tra psicoanalisi e ricerca psicologica e, più in generale, tra la psicoanalisi e le altre discipline?.
 

Jacques André (1) – Nelle neuroscienze la parola “inconscio” designa la molteplicità degli atti di pensiero e delle operazioni del cervello che sfuggono alla coscienza e alla movimentazione nella parola. Quella parola in psicoanalisi designa un insieme di rappresentazioni (ma anche affetti) inaccettabili alla coscienza, che questa rifiuta e contro i quali si difende per mezzo della rimozione, della scissione, della forclusione, etc. È naturale che le neuroscienze possano interessare la psi­coanalisi, a patto che non sorga alcuna confusione epistemologica. Il pro­blema della psicoanalisi è quello del senso, e il senso non risulterà mai dall’immagine della risonanza magnetica del cervello.

Simona Argentieri (2) – È un buon campo di interesse, utile da un lato a limitare gli arbìtri della nostra fantasia, dall’altro a dare conferma di alcune ipotesi psicoanalitiche (dall’organizzazione della memoria al processo del linguaggio).

Marco Bacciagaluppi (3) – Un risultato importante della neurobiologia è che i traumi precoci possono danneggiare la struttura cerebrale e che, d’altra parte, la psicoterapia può ri­mediare ai danni creando nuove connessioni sinaptiche tra i neuroni.

Jessica R. Benjamin (4) – Per me le ricerche neurobiologiche che confermano quanto abbiamo già imparato dallo studio del bambino sono le più interessanti: le scoperte riguardo alla regolazione affettiva e le risposte reciproche tra due menti. Se la neurobiologia sia metodologicamente e scientificamente verificata per me è meno interessante della congruenza tra sue metafore e la nostra osservazione clinica e negli studi sul bambino.

Sergio Benvenuto (5) – Alcune scoperte e teorie neuroscientifiche sono molto interessanti, ma, fino a ora, la pratica psicoanalitica non sa che farsene. È come se un biologo esperto di batraci volesse applicare al suo campo la meccanica quantistica! In teoria sarebbe corretto, ma in pratica non avrebbe senso. Molto spesso l’invocazione, da parte di analisti, di termini o concetti neuroscientifici è un espediente per apparire updated, “moderni”, ma spesso non si coglie alcun rapporto convincente tra pratica clinica e scoperte neuroscientifiche. Trovo più interessante il fatto che neuroscienziati di valore, come Edelmann, Kandel, Rizzolatti, apprezzino il modello freudiano. La psicoanalisi può dare alla neurobiologia più di quanto non accada il contrario. Le discipline in cui la psicoanalisi ha avuto più successo in realtà sono la critica letteraria e la filosofia, soprattutto quella detta “continentale”, non analitica. Il fatto che la psicoanalisi sia accolta a braccia aperte soprattutto in ambienti non-scientifici mi sembra una conferma della sua non-scientificità (che non significa la sua irrilevanza).

Werner Bohleber (6) – Negli ultimi decenni i progressi delle neuroscienze hanno aperto un dialogo entusiasmante con la psicoanalisi. Si è riaccesa la problematica del Sé nella sua relazione con la corporeità spostandosi su un piano diverso. I risultati della ricerca nelle neuroscienze possono aprire nuove prospettive alle domande formulate dalla psicoanalisi. D’altra parte, la psicoanalisi è interessante per i neuroscienziati perché attualmente è la teoria più sofisticata del funzionamento mentale umano. Da questo dialogo possiamo aspettarci nuovi risultati che permetteranno una comprensione complessa e differenziata dei legami tra mente e cervello, per esempio attraverso l’attuale ricerca sui neuroni specchio. La psicoanalisi è stata stimolata in modo molto fecondo dallo sviluppo della teoria dell’attaccamento e dell’infant research. Questi campi hanno consentito un ampliamento e una revisione critica del modello dello sviluppo infantile, ma hanno anche dato nuovi stimoli alla teoria del trattamento e al concetto di relazione terapeutica. La scoperta che il Sé del bambino emerge sin dall’inizio attraverso processi reciproci di regolazione e riconoscimento nella relazione con l’oggetto primario ha permesso anche alla teoria dell’intersoggettività di aprirsi una breccia all’interno della psicoanalisi.

Christopher Bollas (7) – Io penso che le neuroscienze siano interessanti, ma il cervello e la mente non sono la stessa cosa. È una differenza importante da non dimenticare se vogliamo evitare uno sfortunato errore categoriale.

Wilma Bucci  (8)La teoria e la ricerca in psicoanalisi Per gettare un ponte tra la teoria psicoanalitica e la ricerca c’è bisogno di una cornice teorica sistematica. A me non è chiaro come vengono definiti i concetti psicoanalitici che compaiono nella maggior parte degli studi sul ri­sultato della psicoterapia. Ed è ben lontano dall’essere chiaro come le com­plesse ed evocative concezioni soggettive di clinici come Bollas, Ogden e altri possano essere studiate in progetti di ricerca – anche se potrebbe essere una sfida interessante provarci. Noi facciamo ricerca sul processo all’interno di una cornice teorica coerente con la psicoanalisi, ma non è “psicoanalitica” in quanto tale, e crediamo possa essere coerente con altri tipi di trattamenti.

Giacomo B. Contri  (9) – Vorrei che migliorasse la distinzione tra neuroscienze e ideologia neuro­scientifica: esposta all’ironia sulla ricerca del neurone di Dante, o del neurone del principio di non contraddizione, o del neurone della sessualità, o del neu­rone di Einstein, o del neurone della pulsione orale, o più semplicemente del neurone per cui mi piace il caffè. Non vedo perché le neuroscienze non do­vrebbero orientarsi verso l’ancillarità del neurone nei riguardi dell’autonomia del pensiero-lavoro e dell’atto di pensiero (già dal bambino). Da decenni le neuroscienze sono l’ansiolitico degli psicoanalisti in cerca disperata di una causalità naturale che li esoneri dalla responsabilità del pensiero (o meglio imputabilità, cioè merito). A esse si sono aggiunte le emozioni, animaletti pre-pensiero circolanti come le cellule ematiche, con i loro conflitti come battaglie navali in vasca da bagno. Sappiamo che le emozioni sono state opposte agli affetti di Freud: che sono forme, forme della vita del pensiero, paragonabili alla forma della mia mano che stringe una coppa. “Forma”: troppo da intel­lettuali? Ma che altro siamo fin da bambini? Quanto alla psicologia, dall’inizio del Novecento per statuto essa è inca­pace di pensare il pensiero, il pensiero come realtà o res, res cogitans, “realtà psichica” in Freud, produttiva non di speculazioni a distanza ma di leggi di moto del corpo secondo una meta. Da anni per me le “altre discipline” sono diritto ed economia. La psicopatologia è patologia economica con fonte indi­viduale (e conseguenze di povertà).

Heinrich Deserno (10) – Ben venga l’ingresso della psicoanalisi nelle università e la collaborazione con la ricerca neurobiologica (quantitativa) e la ricerca nelle scienze sociali e letterarie (qualitativa).

Antonio Di Ciaccia (11) – La ricerca empirica in psicologia vorrebbe appoggiarsi alla scienza. Mi au­guro che ci riesca. Per quanto riguarda le neuroscienze non credo che riguar­dino l’inconscio, sebbene possano sottolineare l’importanza della parola sul corpo. La teoria analitica è una ricerca continua di che cosa “manca” all’umano e di come l’umano si arrangia per essere soddisfatto.

Jack Drescher (12) – Poco tempo fa sono stato invitato a parlare alla “Divisione di Psicoanalisi” (Division 39) dell’American Psychological Association e poi anche all’American Association of Clinical Social Work sul tema “Può la psicoanalisi del futuro contribuire in qualche modo agli studi sulla sessualità e sul gender?”. Ne riporto qui alcuni punti, che sono rilevanti anche per la domanda n. 12 sulla crescente marginalizzazione della psicoanalisi. Prima di tutto va detto che le riviste scientifiche più prestigiose che si occupano di sessualità umana – e precisamente gli Archives of Sexual Behavior (dell’International Academy of Sex Research) e il Journal of Sex Research (della Society for the Scientific Study of Sexuality) – raramente riportano riferimenti psicoanalitici nelle bibliografie. Una rara eccezione può essere trovata negli articoli di tipo storico, dove la psicoanalisi di solito viene messa in cattiva luce. È vero anche il contrario, cioè è raro trovare articoli su riviste psicoanalitiche che citano la letteratura scientifica contemporanea sulla sessualità. Un altro grande divario tra la psicoanalisi e la scienza contemporanea può essere facilmente constatato nel PEP-WEB (Psychoanalytic Electronic Publishing, www.pep-web.org), un data-base di più di 50 riviste psicoanalitiche internazionali pubblicate integralmente fin dagli anni 1920. Una ricerca sul PEP-WEB tramite parole chiave mostra centinaia di riferimenti all’ulcera gastrica, una malattia un tempo ritenuta di origine psicosomatica. Eppure una ricerca con la parola chiave “Helicobacter pylori, che è la ben nota causa dell’ulcera da quando è stato scoperto nel 1982 (e ai cui scopritori fu assegnato il premio Nobel per la Medicina nel 2005) produce solo sette riferimenti: due in recensioni di libri e uno in una lettera al direttore di una rivista. Altri menzionano il battere en passant, sebbene la sua scoperta abbia invalidato decenni di teorizzazioni psicoanalitiche contenute nello stesso data-base. Un autore spagnolo dice di non credere che il battere causi l’ulcera, anche se tutto quello che offre è una sua opinione e non una qualche prova scientifica. Questi rari resoconti di scoperte scientifiche all’interno di migliaia di pagine che attribuiscono un’eziologia psicosomatica all’ulcera, per non menzionare le tante opinioni espresse come se fossero fatti, non istruirebbero certo un giovane analista in formazione sullo stato attuale delle conoscenze riguardo alla diagnosi e al trattamento dell’ulcera. Allo stesso modo, il PEP-WEB mostra una ugualmente sconcertante congerie di opinioni personali non dimostrate sull’omosessualità e l’identità di genere all’interno di casi clinici. Senza dubbio, la stessa cosa avviene in altre aree di ricerca clinica e teorica. Per concludere, mi viene in mente una famosa affermazione attribuita a Daniel Patrick Moynihan, che fu senatore dello Stato di New York: «Ciascuno ha il diritto di avere le proprie opinioni, ma non i propri fatti». Sfortunatamente per la psicoanalisi, sia in passato che anche oggi le opinioni spesso sono state trasmesse come se fossero fatti. Se vogliamo che la psicoanalisi sopravviva come disciplina scientifica, dovremmo riuscire a tenere in sospeso le nostre teorie fino a quando non vengono dimostrate nei fatti.

Morris N. Eagle (13) – Ritengo che la psicoanalisi debba essere aperta ai risultati delle altre disci­pline, tra cui le neuroscienze, la neurobiologia, la ricerca psicologica, etc. Però a mio parere si dà troppa importanza ai risultati di altre discipline, spe­cialmente delle neuroscienze, che presumibilmente confermano le tanto amate idee psicoanalitiche. Sarebbe molto più produttivo sottolineare anche i risul­tati che non confermano le ipotesi psicoanalitiche e che quindi favoriscono il cambiamento e la crescita. Ritengo anche che vi sia una tendenza troppo forte a guardare alle neuroscienze come se fossero ciò che ci salverà: come tutti gli altri risultati, anche i risultati delle neuroscienze dovrebbero essere esaminati criticamente, cioè per quanto possano essere validi, significativi e rilevanti.

 

Antonino Ferro (14) – Guardo agli sviluppi delle neuroscienze e della neurobiologia come tra i viaggi più affascinanti che la mente umana possa fare, e come l’astrofisica non c’entrano nulla con la psicoanalisi.

 

Anna Ferruta (15)I recenti sviluppi delle neuroscienze sono interessantissimi e vanno nella direzione di studiare in modo sempre più accurato ed evidente l’interazione tra dinamiche emozionali e relazionali e funzionamento biologico che, come ha osservato Kandel (2005) nelle sue ricerche, ne porta le tracce. Le ricerche hanno una ricaduta importante sulla tecnica delle psicoterapie, come mostrano gli studi di Schore (2003a, 2003b) sul funzionamento del cervello destro che condiziona le risposte a livello più simbolico o quelle di Tronick (2008) sulle interazioni madre-bambino con la necessità del bambino di funzionare creativamente come “making sense”, cioè come soggetto attivo che trasforma quello che avviene nella relazione e che non è solo passivamente in attesa di gratificazione da parte dell’oggetto.

Peter Fonagy (16) – Penso che le neuroscienze siano una disciplina intrigante che ci ha fornito importanti comprensioni sulla natura del funzionamento cerebrale. Non ha dato molte risposte alle domande più interessanti, ma ha stabilito parametri chiari per distinguere spiegazioni plausibili da quelle che con tutta probabilità sono sbagliate. Le neuroscienze, come la ricerca sul risultato, non possono validare la psicoanalisi in senso reale. Comunque, potrebbe darsi che la psicoanalisi progredisca più rapidamente se presta attenzione ai progressi nelle discipline limitrofe, e prima tra esse le neuroscienze. Per esempio, la natura e la pervasività del pensiero non conscio, l’incidenza dell’arousal emotivo sul pensiero e il modo con cui lo sviluppo della mente dipende dalle funzioni interpersonali (la matrice sociale della mente, che è un residuo dell’infanzia) dovrebbero tutte essere di ispirazione per gli psicoanalisti. Le neuroscienze indagano alcuni elementi di base, ma il “programma” (o il “software”) che fa funzionare le strutture cerebrali e che attiva o disattiva le connessioni va studiato separatamente. Non sono riducibili a unità anatomiche più di quanto il sistema operativo di un computer sia riducibile ai microprocessori che lo fanno funzionare.       

Jay Greenberg (17) – Risponderò a queste due domande assieme, e brevemente. Io do impor­tanza alle informazioni che provengono da molte diverse metodologie, ma non privilegio i risultati dei ricercatori più di quelli dei clinici. Naturalmente sono consapevole dei problemi epistemologici implicati nel fare affermazioni di verità derivate dal lavoro clinico, ma solleverei lo stesso problema per i ri­sultati che derivano da altri metodi di ricerca. Riguardo alla ricerca sul risul­tato e sul processo della psicoterapia (outcome e process       e quello che impariamo dal cervello. E naturalmente vi sono contro­versie all’interno delle neuroscienze di cui tipicamente gli analisti non sono consapevoli, per cui vi è una tendenza a cogliere solo quello che è in favore di un certo punto di vista. Quindi io insisto per un’apertura ai dati prodotti da al­tre metodologie di ricerca, ma anche per uno scetticismo. La mia preoccupa­zione è che siamo troppo affascinati dai cosiddetti “dati”, e tendiamo a dare cieca fiducia ai risultati degli altri.

André Haynal (18) – I metodi della neurobiologia sono diversi da quelli della psicoanalisi. Gli stessi (o simili) fenomeni vengono illuminati da diversi punti di vista che pos­sono anche essere complementari (si pensi ad esempio alla ricerca sulla me­moria).

Bob Hinshelwood (19) – Beh, non è facile. So che vi sono molti terapeuti che ripongono grandi speranze nelle scoperte delle neuroscienze (e naturalmente anche nelle scoperte in psicologia, soprattutto evolutiva). Ma molti analisti che conosco, con buone posizioni accademiche, giudivano il matrimonio tra neuroscienze e psicoanalisi piuttosto superficiale e poco convincente. A proposito, ho mandato da poco una lettera al direttore dell’International Journal relativa alla questione di questo lavoro interdisciplinare (Bob Hinshelwood, Neuroscience and the “science” of psychoanalysis. International Journal of Psychoanalysis, 2015, 96, 6: 1677-1681). Una preoccupazione centrale è che gli esperimenti delle neuroscienze sembrano dover essere interpretati sempre nei termini dell’esperienza soggettiva del singolo individuo, dato che non vi è un modo di arrivare alla soggettività attraverso, ad esempio, la risonanza magnetica funzionale (fMRI). Non è possibile trovare la soggettività di un cavallo attraverso questi metodi neuroscientifici. Così la soggettività degli esseri umani deriva sempre dall’interpretazione dei reperti neuroscientifici in termini soggettivi, e vi è sempre il sospetto di una soggettività sovrapposta a questa interpretazione. La realtà è che per raggiungere una comprensione dell’esperienza di una mente umana è necessarfia una mente umana – il nostro unico strumento di ricerca. E dato che la psicoanalisi è la sola e unica scienza della soggettività, perché non dovremmo basarci sulla psicoanalisi per investigare l’esperienza umana? Naturalmente la psicoanalisi è stata criticata per la sua soggettività, ed è quindi comprensibile che ci si voglia rivolgere alla “scienza oggettiva”. Ma un’altra possibilità potrebbe essere quella di sfruttare le critiche mosse alla psicoanalisi per migliorare la nostra stessa ricerca. È questo il motivo per cui ho scritto il libro menzionato prima. Se non difendiamo il nostro metodo di ricerca e non lo miglioriamo quando necessario, implicitamente diciamo di non poter fare affidamento sui risultati che in passato abbiamo ottenuto dalla ricerca clinica tradizionale. E se non possiamo fare affidamento su ciò che abbiamo scoperto in passato, in effetti non abbiamo niente da offrire. Il mio messaggio quindi è il seguente: rimaniamo con la ricerca condotta in passato sin dai tempi di Freud, mantenendo la fiducia sul fatto che la nostra scienza soggettiva possa essere valida come tutte le altre.

Horst Kächele (20) – Vi è chiaramente un dibattito molto acceso che arricchisce entrambi i campi, sia la psicoanalisi che le neuroscienze. Le due posizioni in contrasto sono ben definite: da una parte vi è la psicoanalisi come una scienza che si regge da sola e con le proprie regole (posizione questa che era sostenuta da Andrè Green), e dall’altra vi è una psicoanalisi che fa proprie le leggi vigenti per le altre discipline scientifiche.

Otto F. Kernberg  (21) – Credo che la psicoanalisi sia stata a lungo indifferente verso le neuro­scienze perché vengono utilizzate anche per produrre psicofarmaci. Ma la commer­cializzazione degli psicofarmaci deve essere differenziata dalla ricerca sulle neuroscienze per comprendere meglio le funzioni di base delle strutture neurobiologiche e neurotrasmettitoriali che determinano la formazione della coscienza, lo sviluppo affettivo, il controllo cognitivo e l’integrazione della esperienza nello sviluppo di una rappresentazione soggettiva di sé e degli altri. In altre parole, credo che le neuroscienze e le attuali teorie e ricerche neuro­cognitive e neuroaffettive forniscono la base neurobiologica per lo sviluppo delle strutture psicologiche. Esistono organizzazioni dinamiche a livello neurobiologico che influenzano lo sviluppo delle strutture intrapsichi­che che a loro volta si organizzano in termini psicodinamici, e tutto ciò congiuntamente determina il comportamento. A loro volta, il comportamento e l’organizza­zione psicodinamica influenzano lo sviluppo anche a livello neurobiologico. Questa concezione generale di due livelli organizzativi, uno neurobiologico e uno esistenziale-simbolico, sono importanti per la formula­zione di una teoria psicoanalitica contemporanea e per la comprensione dei meccanismi dello sviluppo normale e patologico e della terapia. In breve, questa è un’area cruciale della ricerca psicoanalitica.

Marianne Leuzinger-Bohleber (22) – Come ho discusso altrove, ad esempio nella Research Lecture dell’IPA (Leuzinger-Bohleber, 2010), la ricerca in psicoanalisi deve essere sempre vista nei termini della teoria e della filosofia della scienza, che io non considero una fuga nelle “acque torbide” della filosofia della scienza (Shevrin, 1995) ma piuttosto un tentativo di chiarificazione come ha fatto Perron (2003), portavoce di molti analisti francesi: «Forse la psicoanalisi è una scienza, ma bisogna vedere che tipo di scienza». Riguardo al dibattito attuale sulla filosofia della scienza e il “pluralismo delle scienze” nei Paesi di lingua tedesca (vedi soprattutto Hampe, 2003), ho sostenuto che la psicoanalisi è in buona compagnia con le altre scienze contemporanee nel suo tentativo di difendere le sue specifiche esperienze professionali (con il caratteristico setting psicoanalitico), il suo oggetto di ricerca (fantasie inconsce, conflitti, etc.), i suoi metodi di ricerca (analisi del transfert e del controtransfert, associazioni libere, attenzione liberamente fluttuante, analisi dei sogni, etc.), e le sue modalità specifiche per valutare le ipotesi psicoanalitiche (nella ricerca clinica o extraclinica). A mio parere, un’altra caratteristica della psicoanalisi è che la ricerca si focalizza sempre sul caso singolo idiosincratico (singoli pazienti con storie specifiche di vita e di sofferenza). La psicoanalisi ha sviluppato una strategia di ricerca che cerca di individuare il “generale” nel “particolare”, in un processo circolare che riflette anche i livelli di astrazione. Per questa ragione, l’ideale degli studi controllati randomizzati (randomized controller trials [RCT]) è molto problematico per la psicoanalisi. A mio avviso, in termini di filosofia della scienza la psicoanalisi si deve dunque considerare una scienza specifica che noi reputiamo una terza via alternativa alle due possibilità suggerite da Emde & Fonagy (1997) quando dissero che la psicoanalisi deve decidere se rimanere sospesa tra scienza e arte o andare nella direzione di una scienza dura [hard science] (unificata). Noi stiamo cercando di sviluppare questa “terza via” in diversi studi sul risultato così come in studi interdisciplinari con le neuroscienze. Tutti questi studi sono risultati importanti per il confronto con l’attuale Zeitgeist in Germania. La ricchezza degli approcci di ricerca nella psicoanalisi contemporanea può contribuire a sviluppare ulteriormente (o persino validare) i suoi concetti e le sue teorie centrali, come pure a intensificare il dialogo con le altre discipline scientifiche. Questo può essere un modo per riguadagnare la sua accettazione nelle università e nella comunità scientifica, e così prevenire la sua crescente marginalizzazione (si veda la domanda n. 12). Naturalmente le ricerche empiriche e interdisciplinari sono solo un modo per prevenire la marginalizzazione. Un altro modo è la cosiddetta “outreaching psychoanalysis”, che consiste nel portare l’expertise psicoanalitico a gruppi sociali marginalizzati (vedi ad esempio Emde & Leuzinger-Bohleber, 2014; Leuzinger-Bohleber, 2016) o impegnarsi nelle attuali sfide politiche, ad esempio offrire aiuti di emergenza ai rifugiati che in questi mesi arrivano in Germania (Leuzinger-Bohleber et al., 1916).

Joseph D. Lichtenberg (23) – Un certo tipo di ricerca neuroscientifica, come quella sui neuroni specchio o quella sulla plasticità neuronale dopo determinate esperienze, possono facilmente essere integrate con le ipotesi psicoanalitiche. Ho scritto diversi libri che integrano la ricerca sul bambino e sull’adulto con la teoria clinica e dello sviluppo. Tuttavia la ricerca attuale più significativa – quella sulla genetica, sul DNA e sui markers – è enormemente importante ma ancora molto lontana da un’applicazione diretta alla psicoanalisi.

Vittorio Lingiardi (24) – Diversamente da “psicoanalisi e ricerca”, “psicoanalisi e neuroscienze” è una coppia che incontra crescente successo. Nonostante il Freud biologo e neurologo della mente, per gran parte del Novecento le due discipline hanno svolto vite separate. Il caso dell’autismo infantile è paradigmatico: per anni la psicoanalisi ne ha fornito una lettura solo psicodinamica, ignorando le ricerche che ne mettevano in evidenza le radici biologiche. Il dialogo tra psicoanalisi e neuroscienze è un fatto culturale di grande portata. Anche se, a parte le nobili eccezioni di Eric Kandel e Vittorio Gallese, è forse più la psicoanalisi ad aver cercato le neuroscienze che non il contrario. Sostenuto da valide ragioni scientifiche, per esempio le scoperte sul funzionamento della memoria e sulle conseguenze dell’esposizione al trauma, e guidato dalla permeabilità di alcuni psicoanalisti alle scienze cognitive e all’infant research, l’incontro tra psicoanalisi e neuroscienze deve ancora trovare una sua misura e un suo linguaggio. Una cosa infatti è il dialogo, un’altra cosa è la contaminazione (più o meno feconda), un’altra cosa ancora sono certi entusiasmi eclettici a mio avviso un po’ improvvisati. O magari dettati da una forma di risentimento reattivo, anche comprensibile, per l’isolamento autocontemplativo in cui per decenni si è ritirata la psicoanalisi. Detto questo, ritengo un dovere dello psicoanalista conoscere, per fare degli esempi, il lavoro di Joseph LeDoux (2015) in tema di ansia e fobie, oppure il ruolo dell’amigdala e dell’ippocampo in tema di memoria e trauma. Possiamo domandarci se le neuroscienze hanno avuto una “ricaduta” sulla clinica psicoanalitica. Ricordo un articolo in cui Sidney Pulver (2003) sosteneva che le neuroscienze non avrebbero avuto un impatto sul lavoro clinico in senso stretto (cioè sulla tecnica psicoanalitica), ma avrebbero in­fluenzato la teorizzazione psicoanalitica in senso ampio (cioè la comprensione delle psicopatologie e i criteri di analizzabilità). Non è chiaro se Pulver usi il termine “neuroscienze” in riferimento stretto alle discipline che studiano il funzionamento del cervello (neuropsicologia, neuroanatomia, neurofisiologia, neuroimaging, ecc.) o in riferimento ampio a quegli studi che includono il funzionamento della mente (e quindi anche l’infant research, le scienze cognitive, la psicologia evoluzionistica, la behavioral neurology). Tuttavia, la sua distinzione mi pare forzata. Come può rimanere immutata la tecnica psicoanalitica se cambia il nostro modo di rappresentare la mente dell’altro? Come possiamo separare la nostra conoscenza del cervello da quella della mente? Penso che alcune ricerche e scoperte nel campo delle neuroscienze finiranno per esercitare una certa influenza sulla pratica psicoanalitica. Non mi riferisco solo a un modo diverso di concepire la diagnosi (e soprattutto la diagnosi di personalità), l’indicazione al trattamento e dunque l’analizzabilità e, ovviamente, il ruolo dei farmaci; penso proprio a come le neuroscienze abbiano ampliato la nostra comprensione del funzionamento cerebrale dell’interazione tra patrimonio genetico ed esperienze relazionali ed evolutive. È doveroso citare di nuovo Kandel e i suoi studi su come l’esposizione a fattori ambientali (tra cui possiamo annoverare l’esperienza traumatica, ma anche la relazione terapeutica) possa modificare le connessioni sinaptiche e la plasticità neurale attraverso diversi meccanismi. In una ricerca sull’uso del lettino in psicoanalisi (Lingiardi & De Bei, 2008, 2011) abbiamo intervistato psicoanalisti di varie scuole e, tra le domande, abbiamo chiesto se, vista la crescente impor­tanza trasformativa riconosciuta al rispecchiamento e al contatto visivo, ritenevano giusto fondare un trattamento sull’esclusione dal campo visivo. È una buona idea per un paziente con un deficit della mentalizzazione? Per un paziente traumatizzato? La mia esperienza, per esempio, è che la mente di alcuni pazienti si sviluppa e spesso funziona meglio quando c’è una possibilità di riconoscimento fisico, di contatto e scambio anche visivo, espressivo. Dunque lo studio scientifico del comporta­mento e dell’attivazione neurologica può produrre cambiamenti a livello di teoria clinica e di setting. Nello sforzo integrativo non dobbiamo ovviamente perdere di vista le caratteristiche portanti della pratica analitica, il suo specifico relazionale, lo scambio umano – compresi i dubbi, le finitezze e direi persino gli errori (entro certi limiti). Lo psicoanalista non è assimilabile allo scienziato, la seduta non è un laboratorio, il paziente non è un cervello in risonanza magnetica.

George Makari (25) – La diffusione della ideologia delle neuroscienze mi preoccupa. In generale la trovo pericolosa, non solo per la psicoanalisi. Il mio nuovo libro Soul Machine: the Invention of the Modern Mind (New York: Norton, 2015) è un tentativo di raccontare la storia filosofica, scientifica e medica del problema mente/corpo, cosicché gli psicoanalisti e i neuroscienziati possano essere più consapevoli di pseudo-risposte superficiali e immergersi nella ricca e raffinata tradizione di pensiero che vi è su questi problemi.

Nancy McWilliams (26) Sono affascinata dalle neuroscienze contemporanee, specialmente dal la­voro di ricercatori come Jaak Panksepp e Stephen Porges. Esse confermano molte delle nostre ipotesi teoriche con una comprensione neurologica, e sfi­dano anche alcune delle nostre credenze. Penso che sia stato un grave danno per la psicoanalisi come professione non aver mantenuto stretti legami con le università – non solo nelle scienze naturali, ma anche nelle scienze sociali, le humanities e l’arte.

David Meghnagi (27) – Quando Freud scriveva sulle attività psichiche, non aveva a disposizione le strumentazioni di cui disponiamo oggi. Non poteva vedere il cervello illuminarsi in parti diverse. L’unica materia a disposizione erano i “tessuti” di quel che restava di una persona morta. L’unico mezzo a disposizione per andare oltre era l’immaginazione, e con l’immaginazione ha elaborato una teoria e una prassi che ha contribuito a emancipare gli esseri umani. Oggi abbiamo a disposizione ben altro. Possiamo vedere di più e oltre, ma non possiamo dimenticare che guardiamo meglio perché poggiamo sulle spalle dei giganti.

Silvio Merciai (28) – Cruciali, come ho detto prima: vi sarebbe davvero la possibilità di una revisione critica dei fondamenti della psicoanalisi, anche perché le neuroscienze non hanno certo disconfermato ma al contrario contribuito a delineare più nitidamente molte intuizioni freudiane e molti successivi sviluppi teorici nella storia della psicoanalisi. Ma bisognerebbe che lo pensasse anche il mondo psicoanalitico, e su questo, dopo una ventina di anni di studi e discussioni, sono molto meno ottimista.

Emilio Modena (29) – Le neuroscienze si basano su un para­digma scientifico totalmente differente da quello psicoanalitico. La visualiz­zazione di attività cerebrali dopo stimolazione artificiale in determinate aree è un procedimento empirico che segue una sua logica positivistica. Si tratta di grosse scoperte per la ricerca medica sulle funzioni del cervello. Ma con la dimostrazione che certe emozioni o cognizioni sono localizzate in particolari strutture cerebrali non si aggiunge niente all’interpretazione del particolare vissuto individuale. Il paradigma scientifico della psicoanalisi è di tipo erme­neutico; per l’interpretazione di un sogno, di una dimenticanza o di un atto mancato non è importante sapere in quale area cerebrale sia localizzato il pro­cedimento fisiologico o da quali neuroni venga determinato. È il senso dell’atto e del vissuto che conta, il suo significato inconscio o preconscio nel rapporto con il Sé e con l’oggetto. Non si tratta di interazioni di cervelli, ma di persone. È tuttavia affascinante vedere come le neuroscienze abbiano progressiva­mente confermato con le loro tecniche particolari gli assunti di base della psi­coanalisi come l’esistenza dell’inconscio, i fenomeni onirici, l’affettività in rapporto alla cognizione, etc. Ma la soddisfazione per queste conferme prove­nienti da una scienza totalmente differente non dovrebbe indurre gli psicoa­nalisti a sottovalutarne le differenze di paradigma. E questo vale anche per la ricerca psicologica. Se approcci scientifici di tipo qualitativamente diffe­rente dimostrano la consistenza di assunti psicoanalitici, questi ne risultano avvalorati. Se invece dovessero dimostrare il contrario, diventa necessario per gli analisti rivedere le loro ipotesi ed eventualmente cambiare i propri con­cetti. È quanto è avvenuto attraverso la tecnica dell’osservazione diretta dei neonati. Il cosiddetto “neonato competente” di Martin Dornes (Der kompetente Säugling. Frankfurt a.M.: Fisher, 1993) non corrisponde più all’idea di simbiosi e separazione-individuazione di Margaret Mahler. È stato dunque necessario riconcettualizzare lo sviluppo infantile alla luce dei fatti. Mi si permetta un ultimo accenno alle ricerche genetiche che sempre più spesso pretendono di avere individuato geni responsabili della manifestazione di certe malattie psicologiche. Purtroppo non tengono abbastanza conto di una molteplicità di fattori che devono convergere per creare una certa tendenza o predisposizione a un determinato disturbo. Inoltre non considerano nemmeno la complessa dialettica fra i fattori genetici e quelli ambientali come è già stato ampiamente dimostrato dalle ricerche sui gemelli omozigoti.

Christa Rohde-Dachser (30) – Qui all’International Psychoanalytic University (IPU) di Berlino una delle principali preoccupazioni è di guidare gli studenti già quando scrivono le loro tesi di laurea triennale e specialistica, così che possano dedicarsi ad argomenti psicoanalitici in senso stretto e sottoporli a studio e verifica scientifica. E questo è ancor più importante per i dottorandi che vengono supervisionati alla nostra università. Per quanto riguarda i professori, essi svolgono in primo luogo un lavoro di ricerca interdisciplinare con cui cerchiamo di consolidare maggiormente nel lungo periodo la posizione della psicoanalisi nelle università, come da tempo andava fatto.

Berthold Rothschild (31) Certamente non vi è niente di male nella multidisciplinarietà. Ma mai una disciplina dovrebbe diventare serva di un’altra, piuttosto dovrebbe mantenere la sua capacità critica sia al proprio interno che al proprio esterno.

René Roussillon  (32) – Credo che lo sviluppo delle neuroscienze rivesta grande importanza per l’avvenire della psicoanalisi; non perché esse abbiano da insegnare agli psicoanalisti qualcosa che questi non potrebbero scoprire con i propri mezzi, ma soprattutto perché mi aspetto che l’alleanza con esse sia decisiva per la difesa sociale della psicoanalisi. Conosco abbastanza i lavori dei neuroscienziati sulla memoria, la rappre­sentazione, la percezione, la capacità di associazione etc. per poterli riformu­lare in termini psicoanalitici. Non li ho mai trovati in contraddizione con gli enunciati fondamentali della psicoanalisi o, più esattamente, con gli enunciati fondamentali di alcuni modelli psicoanalitici ma non di altri. La babelizzazione della psicoanalisi di cui ho parlato poc’anzi ci pone di fronte, più che a contraddizioni, a opposizioni inconciliabili tra modelli psico­analitici. Non può essere che “sia vero tutto e il contrario di tutto”. Il fatto che le proposizioni di alcuni analisti non siano conciliabili con i dati delle neuroscienze può permettere di scegliere tra i lavori e le proposizioni che si confrontano. Per quanto mi riguarda, nelle mie scelte concettuali tendo a regolarmi in base alla loro compatibilità, per quanto risulta al momento, con i lavori di altre discipline, soprattutto le neuroscienze, ma anche la psicologia evolutiva. La posizione dell’epistemologia psicoanalitica rispetto ad altre discipline è in effetti mutata in questi ultimi anni nella misura in cui il loro progresso permette incontri fecondi. Penso in particolare al fatto che le neuroscienze hanno reso disponibili dati relativi ai registri emotivi che oggi non hanno solo acquisito diritto di cittadinanza, ma hanno conquistato un posto importante. Non concepiamo più il cervello come una macchina o un computer. Il discorso vale anche per la psicologia e soprattutto per la psicologia della prima infanzia le cui metodologie si sono evolute fino al punto da rendere pos­sibile la comprensione della soggettività e non soltanto del comportamento oggettivo. Le ultime acquisizioni della psicologia dello sviluppo, insieme ad alcuni enunciati di Winnicott, hanno contribuito in modo notevole a modificare il mio pensiero sugli inizi della vita psichica e sulle condizioni del suo sviluppo in seno all’ambiente umano che l’accoglie.

Jeremy D. Safran (33) – Chiaramente non possiamo ignorare l’importanza delle neuroscienze, ma sono preoccupato dal fatto che molti sopravvalutano lo stato attuale delle conoscenze nella ricerca neuroscientifica e tendono a fare affermazioni non totalmente supportate dai dati empirici. È importante non confondere quello che “sembra” scientificamente fondato con i reali progressi nella conoscenza.

Dominique Scarfone (34) – Essendo appassionato di neuroscienze, mi interessano molto gli sviluppi in questo campo. Ma, da psicoanalista, il problema che mi si pone è quello di non perdere di vista il gap epistemologico tra le neuroscienze (così come altre di­scipline affini) e la psicoanalisi. La psicoanalisi è una disciplina autonoma che non ha bisogno di un’altra scienza-locomotiva per tirarla avanti. È un sistema autonomo di pratica e di teorizzazione, che si distingue quindi grazie alla sua “chiusura operativa” – nel senso dell’autopoiesis di Humberto R. Maturana & Francisco J. Varela (Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente [1980]. Venezia: Marsilio, 1985) – la quale non esclude nessun commercio con ciò che si pratica nei suoi dintorni, ma non esige, ben al contrario, di sottomettere la ragione psicoanalitica alle leggi delle scienze sperimentali. Mi preoccupa quindi il salto, a mio parere epistemologicamente ingenuo, che certi colleghi fanno dalle scoperte in voga nelle neuroscienze verso la psi­coanalisi, adottando tali e quali, o con un imprudente abuso dell’analogia, con­cetti eterogenei. Poco importa chi fa questo salto. Sappiamo che nel campo stesso delle neuroscienze esiste già questo dibattito a proposito di autori che fanno estrapolazioni un po’ troppo alla svelta, senza tener conto delle episte­mologie diverse che sono implicate. Mi piace, a questo proposito, citare il grande neurofisiologo Walter J. Fre­eman (Come pensa il cervello [1999]. Torino: Einaudi, 2000), dell’University of California, Berkeley, il quale avvertiva i suoi lettori (inclusi i ricercatori di scienze cognitive) che nel cervello non vi sono “rap­presentazioni”, bensì solo reti o “assemblaggi” neuronali. In accordo con il suo modo di ragionare, mi preoccupo quando sento certi nostri colleghi impe­gnati nella neuropsicoanalisi – che peraltro rispetto e ammiro per molti aspetti – parlare delle strutture metapsicologiche come se esse potessero essere osservate tramite la risonanza magnetica funzionale (fMRI). Questo non mi sembra né epistemologicamente valido né clinica­mente utile. Sarebbe molto più utile approfittare dei progressi nelle neuro­scienze per formulare delle domande sulla psicoanalisi, e reciprocamente, permettere alla psicoanalisi di criticare e porre domande alle altre discipline. Ciò che importa di più per noi è assicurarci che a un determinato concetto metapsicologico la sperimentazione neuroscientifica non opponga un’obiezione insormontabile. Se invece emergono contraddizioni importanti, bisogna allora esaminarle con cautela e in piena luce, cosa che non si fa in tempi brevi e richiede conoscenze approfondite in entrambi i campi, con pro­posta di ricerche ulteriori da ambo le parti. La psicoanalisi, come ogni altra disciplina seria, deve ovviamente interes­sarsi ai progressi che avvengono nei campi limitrofi. Anzi, lo deve fare più delle al­tre, poiché essa si è trovata sin dall’inizio all’incrocio di molte discipline: neu­rologia, psicologia, antropologia, sociologia, linguistica, storia, etc. Il suo compito è svilupparsi ma senza perdere di vista il suo apporto specifico nel campo della conoscenza, un compito che a suo volta richiede il suo metodo specifico e i concetti originali che la caratterizzano. Essa si mantiene quindi in una posizione che direi, seguendo Gilbert Simondon (L’individuazione psichica e collettiva [1989, 2007]. Roma: DeriveApprodi, 2001), “metastabile”, nel senso che deve in modo continuo differenziarsi dagli attrattori nei campi contigui. Si può e si deve quindi, da psicoanalisti, discutere con le neuroscienze, con l’etnologia etc., ma senza mai perdere di vista il metodo e le regole interne della conoscenza psicoanalitica. Si tratta, per così dire, di attuare un processo di import/export, ma preservando le vitali frontiere epistemologiche e disci­plinari, la chiusura operativa alla quale accennavo prima, in assenza della quale il discorso psicoanalitico si dissolve nel senso comune o nella folk psychology.

Michael H. Stone (35) – Recenti sviluppi nelle neuroscienze e nella neurobiologia hanno fatto luce su molti angoli della teoria psicoanalitica che finora erano poco visibili. Siamo più capaci di distinguere forme depressive che hanno una base biologica (cioè ereditaria) da depressioni secondarie a stress ma in persone senza una anamnesi famigliare di disturbo bipolare o altri disturbi depressivi. Di conseguenza gli psicoanalisti che si mantengono aggiornati con la letteratura sulle neuroscienze possono distinguere meglio i pazienti per i quali la psicoanalisi “classica” può essere molto utile da quei pazienti nei quali certe anormalità biologiche giocano un ruolo nei loro sintomi e che possono aver bisogno di altri interventi, ad esempio farmacologici. Oggi siamo più capaci di capire che certi nostri giovani pazienti che abusano di sostanze hanno bisogno di essere aiutai in altri modi, oltre alla psicoanalisi, per vincere la loro dipendenza.

Mary Target (36) – Penso che vi siano segnali molto promettenti secondo i quali alcuni progressi della neurobiologia possono in futuro servire a confermare e migliorare alcune delle teorie – e possibilmente anche delle tecniche – della psicoanalisi. Però penso che siamo ancora lontani nei termini dei metodi scientifici oggi disponibili, perché mi sembra che le discipline al momento si collochino su diversi livelli e presentino problemi differenti. Il rapporto tra la psicoanalisi e la ricerca psicologica ha già molti punti di contatto, per esempio nello studio dello sviluppo della mente all’interno delle relazioni di attaccamento e nello studio del risultato e del processo della terapia. Vi è spazio per un’ulteriore cooperazione, per esempio nel comprendere i modi con cui le persone prendono decisioni nella vita e nel lavoro, il “comportamento di malattia” (illness behaviour), lo sviluppo infantile, le differenze di personalità, il funzionamento dei grandi e piccoli gruppi e così via. Conosco meno le altre discipline, ma vedo i legami più forti e attivi con la filosofia e le humanities, dove continua a esservi molto interesse per alcune aree della psicoanalisi, e sempre più studenti sono entusiasti delle nostre idee.

Jerome C. Wakefield (37) – Il legame con le neuroscienze oggi è inflazionato, ma nel lungo periodo può essere importante. Collegare però eventi cerebrali a esperienza e significato richiederà sempre un’investigazione diretta del livello mentale (Wakefield, 2014). Riguardo alle altre scienze, ovviamente, vi sono vasti e ricchi legami con la scienza cognitiva – dato che rispetto alla natura della mente Freud era un cognitivista (Wakefield, 1990a, 1990b, 1991, 1992a, 1992b) – ma anche con tutte le scienze umane. Anche la psicologia evoluzionista ha un grande ruolo da giocare nell’illuminare le funzioni dei meccanismi psicologici (Buss et al., 1998; Wakefield, 2016).

David L. Wolitzky (38) – Se condotta in modo attento (ad esempio senza pregiudizi biologici ridu­zionistici) la ricerca che collega concetti e fenomeni psicoanalitici con le neu­roscienze e altre scienze del comportamento è essenziale per la psi­coanalisi se vuole meritare una seria attenzione come disciplina scientifica.

Luigi Zoja (39) – Interessantissimo, fondamentale come spazio di verifica. Anche se, a loro volta, avranno sempre difficoltà nel cogliere quanto è più essenziale: la espe­rienza psichica, che può essere significativa o insignificante al punto da sboc­care in depressione e suicidio. Processi finora non quantificabili, ma solo rico­struibili dalle conseguenze.

 

Note

(1) Membro dell’Association Psychanalytique de France (APF), professore di Psicopatologia clinica all’Université Paris Diderot, Direttore della collana Petite Bibliothèque de Psychanalyse della casa editrice Presse Universitaire de France (PUF). Ultima pubblicazione: Psychanalyse, vie quotidienne (Paris: Stock, 2015). Recapito: 3 Place de l’église, F-78113 Bourdonné (Francia), E-Mail <andre.jac@orange.fr>;. Traduzione di Luigi Antonello Armando.

(2) È analista didatta dell’Associazione Italiana di Psicoanalisi (AIPsi) e full member dell’International Psychoanalytic Association (IPA). Ha curato la sezione “Psiche” del Dizionario Cervello Mente Psiche (Roma: Treccani 2010) e diversi volumi tra cui La Babele dell’inconscio: lingua madre e lingue straniere nella dimensione psicoanalitica (con Jacqueline Amati Mehler e Jorge Canestri) (Milano: Raffaello Cortina, 1990), recensito a pp. 251-254 del n. 2/2004 di Psicoterapia e Scienze Umane, e Sigmund Freud: l’avventura dell’inconscio (Firenze: Clichy, 2015); è inoltre autrice di numerose pubblicazioni tra cui L’ambiguità (Torino: Einaudi, 2008), segnalata a pp. 425-426 del n. 3/2008, e A qualcuno piace uguale. Omosessualità e pregiudizio (Torino: Einaudi, 2010). Recapito: Via Giovanni Battista Martini 6, 00198 Roma, E-Mail <simonaargentieri@libero.it>;.

(3) Fellow dell’American Academy of Psychoanalysis and Dynamic Psychiatry (AAPDP), è stato eletto primo presidente dell’Organizzazione degli Psicoanalisti Italiani – Federazione e Registro (OPIFER), membro onorario dell’International Erich Fromm Society (IEFS) e dell’Associazione Culturale Sándor Ferenczi (ACSF). Tra le altre cose, ha scritto il volume Paradigmi in psicoanalisi (Pisa: ETS, 2012), recensito a pp. 692-696 del n. 4/2013 di Psicoterapia e Scienze Umane, e curato il libro di John Bowlby Il seminario di Milano. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento (Milano: FrancoAngeli, 2015). Recapito: Via Pellini 4, 20125 Milano, E-Mail <m.bacciagaluppi@marcobacciagaluppi.com>;.

(4) Insegna al New York University Postdoctoral Program in Psychotherapy and Psychoanalysis, è nella redazione della rivista Psychoanalytic Dialogues, ed è tra i soci fondatori dell’International Association for Relational Psychoanalysis and Psychotherapy (IARPP) e dello Stephen Mitchell Center for Relational Psychoanalysis di New York. È autrice di varie pubblicazioni tra cui le seguenti: Legami d’amore: i rapporti di potere nelle relazioni amorose (1988) (Torino: Rosenberg & Sellier, 1991; Milano: Raffaello Cortina, 2015), che è stata segnalata a pp. 165-166 del n. 1/2016 di Psicoterapia e Scienze Umane); Soggetti d’amore: genere, identificazione, sviluppo erotico (1995) (Milano: Raffaello Cortina, 1996); L’ombra dell’altro: intersoggettività e genere in psicoanalisi (1998) (Torino: Bollati Boringhieri, 2006). Recapito: 215 West 95th Street, Apt. 5-G, New York, NY 10025, USA, tel. 212-874-0490, E-Mail <jessbenja2@gmail.com>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(5) È psicoanalista e filosofo, già ricercatore al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma in psicologia sociale e filosofia. Dirige da anni l’European Journal of Psychoanalysis (www.journal-psychoanalysis.eu) ed è presidente della sezione italiana dell’Istituto di Studi Avanzati in Psicoanalisi (Institut des Hautes Etudes en Psychanalyse). Insegna psicoanalisi all’Istituto Internazionale di Psicoanalisi di Kiev. Alcune delle sue ultime pubblicazioni sono le seguenti: La gelosia (Bologna: Il Mulino, 2010), recensito a pp. 407-414 del n. 3/2011 di Psicoterapia e Scienze Umane; Lacan, oggi (con Antonio Lucci) (Sesto San Giovanni [MI]: Mimesis, 2014), recensito a pp. 686-687 del n. 4/2014; What Are Pervesions? (London: Karnac, 2016). Recapito: Via Dandolo 24, 00153 Roma, E-Mail <eu.jou.psy@gmail.com>;.

(6) È stato presidente dell’Associazione Psicoanalitica Tedesca (DPV) dove è analista didatta, dirige la rivista Psyche e ha ricevuto diverse onorificenze tra cui il Mary S. Sigourney Award. È autore di varie pubblicazioni tra cui Identità, trauma e ideologia. La crisi d’identità della psicoanalisi moderna (Roma: Astrolabio, 2012), che è stato segnalato a pp. 129-130 del n. 1/2012 di Psicoterapia e Scienze Umane. Recapito: Kettenhofweg 62, D-60325 Frankfurt a.M. (Germania), E-Mail <wbohleber@gmx.de>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(7) È membro della British Psychoanalytical Society ed è stato Visiting Professor di Psicoanalisi alla Sapienza Università di Roma dal 1978 al 1998. è autore di numerosi libri, diversi dei quali sono stati recensiti su Psicoterapia e Scienze Umane; il suo libro più recente è Se il sole esplode. L’enigma della schizofrenia (2015) (Milano: Raffaello Cortina, 2016). Recapito: E-Mail <christopherbollas@mac.com>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(8) Professor Emerita alla Adelphi University di New York, Director of Research al New York Psychoanalytic Institute, è autrice di varie pubblicazioni tra cui Psicoanalisi e scienza cognitiva. Una teoria del codice multiplo (1997) (Roma: Fioriti, 1999), segnalata a p. 152 del n. 4/2000 di Psicoterapia e Scienze Umane, e, a cura di Alessandra De Coro & Giorgio Caviglia, La valutazione dell’attività referenziale (1992) (Roma: Kappa, 2000). Inoltre il n. 3/2015 della rivista Ricerca Psicoanalitica è interamente dedicato alla sua linea di ricerca. Recapito: New York Psychoanalytic Institute, 247 East 82nd Street, New York, NY 10028, USA, E-Mail <wbucci@icloud.com>;. Traduzione di Paolo Migone.

(9) è medico e psicoanalista, Presidente della Società Amici del Pensiero Sigmund Freud (SAP) (http://www.societaamicidelpensiero.com); i suoi scritti sono disponibili on-line al sito http://www.operaomniagiacomocontri.it. Recapito: Via Carlo Imbonati 17/G, 20159 Milano, http://www.giacomocontri.it, E-Mail <giacomob.contri@gmail.com>;.

(10) Medico, specialista in psicoterapia, psicoanalista dell’International Psychoanalytic Association (IPA), è docente alla International Psychoanalytic University (IPU) di Berlino. Recapito: International Psychoanalytic University (IPU), Stromstraße 2, D-10555 Berlin (Germania), tel. 0176-6378-2072, E-Mail <heinrich.deserno@ipu-berlin.de>;. Traduzione di Paolo Migone

(11) È psicoanalista dell’École de la cause freudienne, della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo Freudiano, dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP), presidente dell’Istituto freudiano, e direttore della rivista La Psicoanalisi (pubblicata dall’editore Astrolabio di Roma). Di Jacques Lacan ha tradotto e curato gli Altri scritti (Torino: Einaudi, 2013) e i volumi del Seminario (pubblicati da Einaudi e da Astrolabio). Recapito: Via dell’Umiltà 46, 00187 Roma, E-Mail <antoniodiciacciastudio@gmail.com>;.

(12) Analista didatta e supervisore al William Alanson White Institute di New York, Adjunct Professor al New York University Postdoctoral Program in Psychotherapy and Psychoanalysis, Clinical Professor al New York Medical College, è Emeritus Editor del Journal of Gay and Lesbian Mental Health e membro del World Health Organization Working Group on Sexual Disorders and Sexual Health. È autore di varie pubblicazioni tra cui il libro Psychoanalytic Therapy and the Gay Man (New York: Routldege, 2001). Recapito: 440 West 24 Street, #1A, New York, NY 10011, USA, pagina Internet http://www.jackdreschermd.net, E-Mail <jackdreschermd@gmail.com>;. Traduzione di Paolo Migone.

(13) Professore Emerito al Derner Institute of Advanced Psychological Studies della Adelphi University di New York, Distinguished Educator-in-Residence alla California Lutheran University, è stato copresidente del Rapaport-Klein Study Group, nominato Erikson-Scholar-in-Residence all’Austen Riggs Center di Stockbridhe (Massachusetts), membro onorario dell’American Psychoanalytic Association e presidente della Divisione di psicoanalisi dell’American Psychological Association. Ha ricevuto varie onorificenze tra cui il Bowlby-Ainsworth Award e il Mary S. Sigourney Award. È autore di numerose pubblicazioni tra cui La psicoanalisi contemporanea (1984) (Bari: Laterza, 1988), Da Freud alla psicoanalisi contemporanea. Critica e integrazione (2011) (Milano: Raffaello Cortina, 2012) e Attaccamento e psicoanalisi. Teoria, ricerca e implicazioni cliniche (Milano: Raffaello Cortina, 2013). Con James W. Barron e David L. Wolitzky ha curato il volume Interface of Psychoanalysis and Psychology (Washington, D.C.: American Psychological Association, 1992). Questi quattro libri sono stati recensiti su Psicoterapia e Scienze Umane, rispettivamente a pp. 136-140 del n. 4/1988, pp. 111-114 del n. 1/2011, pp. 173-176 del n. 1/2014 e pp. 144-145 del n. 1/1993. Un suo prossimo libro, in due volumi, si intitola Core Psychoanalytic Concepts: Evidence and Critique (New York: Routledge, 2017, in preparazione). È nella redazione della rivista Psicoterapia e Scienze Umane su cui ha scritto numerosi articoli. Recapito: 4351 Redwood Avenue, #1, Marina del Rey, CA 90292, USA, E-Mail <meagle100@aol.com>;. Traduzione di Paolo Migone

(14) Psichiatra, analista didatta della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e full member dell’American Psychoanalytic Association (APSaA), nel 2007 ha ricevuto il Mary S. Sigourney Award, un premio per i contributi nel campo della psicoanalisi. Ha scritto vari libri tra cui i seguenti, pubblicati dall’editore Raffaello Cortina di Milano: La tecnica nella psicoanalisi infantile (1992), recensito a pp. 136-138 del n. 2/1993 di Psicoterapia e Scienze Umane; Nella stanza d’analisi (1996), recensito a pp. 161-163 del n. 3/1997; La psicoanalisi come letteratura e terapia (1999); Fattori di malattia fattori di guarigione (2002); Tecnica e creatività (2006); Vivere le emozioni, evitare le emozioni (2007); Tormenti di anime (2010); Le viscere della mente (2014). Recapito: Via Cardano 77, 27100 Pavia, E-Mail <ninoferro3@gmail.com>;.

(15) Analista didatta della Società Psicoanalitica Italiana (SPI), full member dell’International Psychoanalytic Association (IPA), membro del Membership Advisory Board (MAB) dell’International Journal of Psychoanalysis, già vicedirettore della rivista Psiche, è consulente e supervisore di équipe psichiatriche e istituti di ricerca e tra le altre cose si interessa al trattamento delle patologie gravi, anche in ambito istituzionale, e delle patologie giovanili. Ha curato diversi libri tra cui Pensare per immagini (Roma: Borla, 2005), Le comunità terapeutiche: psicotici, borderline, adolescenti, minori (con Giovanni Foresti e Marta Vigorelli) (Milano: Raffaello Cortina, 2012) e La diagnosi genetica: un dialogo per la cura (con Sergio Astori e Caterina Mariotti) (Milano: FrancoAngeli, 2016), quest’ultimo recensito a pp. 317-320 del n. 2/2016 di Psicoterapia e Scienze Umane; inoltre ha scritto numerosi articoli tra cui “Continuità e discontinuità tra narcisismo sano e patologico” (Rivista di Psicoanalisi, 2011, 57, 1, 17-34), “Setting analitico e spazio per l’altro” (Rivista di Psicoanalisi, 2013, 59, 3: 607-622). Recapito: Viale Bianca Maria 5, 20122 Milano, E-Mail <a.ferruta@libero.it>;.

(16) È Freud Memorial Professor di Psicoanalisi e direttore del Research Department of Clinical, Educational and Health Psychology all’University College London (UCL), direttore esecutivo dell’Anna Freud National Centre for Children and Families di Londra, consulente al Child and Family Program del Menninger Department of Psychiatry and Behavioral Sciences al Baylor College of Medicine di Houston (Texas) e Visiting Professor alle Facoltà di Medicina della Yale University e dell’Harvard University. Tra le sue aree di ricerca vi sono la teoria dell’attaccamento, la cognizione sociale, i disturbi di personalità e la violenza; in particolare, ha proposto e validato empiricamente una tecnica per il disturbo borderline definita mentalization-based treatment (MBT). È autore di numerose pubblicazioni tra cui 18 libri, molti dei quali tradotti anche in italiano. Recapito: Research Department of Clinical, Educational and Health Psychology, University College London (UCL), 1-19 Torrington Place, London WC1E 7HB (Inghilterra), E-Mail <p.fonagy@ucl.ac.uk>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(17) Analista didatta e supervisore al William Alanson White Institute di New York, direttore della rivista The Psychoanalytic Quarterly, nel 2015 ha ricevuto il Mary S. Sigourney Award, un premio per i contributi nel campo della psicoanalisi. È autore di varie pubblicazioni tra cui il libro, scritto con Stephen A. Michell, Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica (1983) (Bologna: Il Mulino, 1986), e il libro Oedipus and Beyond: A Clinical Theory (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1991), quest’ultimo recensito a pp. 130-133 del n. 1/1994 di Psicoterapia e Scienze Umane. Recapito: 275 Central Park West, Apt. 1BB, New York NY 10024, USA, E-Mail <jaygreenberg275@aol.com>;. Traduzione di Francesca Tondi

(18) Professore di Psichiatria all’Università di Ginevra, analista didatta della Società Svizzera di Psicoanalisi (SGP) di cui è stato presidente, è autore di dodici libri e numerosi articoli, in prevalenza su temi di tecnica psicoanalitica e della sua storia; un suo libro del 2002 dedicato a Ferenczi – Uno psicoanalista fuori dell’ordinario. La scomparsa e la rinascita di Sàndor Ferenczi (Torino: Centro Scientifico Editore, 2007) – è stato recensito a pp. 245-248 del n. 2/2008 di Psicoterapia e Scienze Umane. Recapito: 20B Gradelle, CH-1224 Geneva (Svizzera), E-Mail <andre.haynal@gmail.com>;. Traduzione di Paolo Migone.

(19) Fellow della British Psychoanalytical Society e del Royal College of Psychiatrists, Professore Emerito all’University of Essex, è stato Clinical Director del Cassel Hospital. È autore di varie pubblicazioni tra cui le seguenti: Dizionario di psicoanalisi kleiniana (1989) (Milano: Raffaello Cortina, 1990); Il modello kleiniano nella clinica (1993) (Milano: Raffaello Cortina, 1994), recensito a pp. 131-135 del n. 4/1996 di Psicoterapia e Scienze Umane; Riflessioni sulle istituzioni: la follia e i contesti (2001) (Roma: Fioriti, 2007), segnalato a p. 125 del n. 4/2002; Ricerca nel setting. Studi sul singolo caso: soggettività e conoscenza psicoanalitica (2013) (Milano: FrancoAngeli, 2014). Recapito: 373 Smeeth Road, Marshland St. James, Wisbech, PE14 8EP (Inghilterra). E-Mail <bob@hinsh.freeserve.co.uk>;. Traduzione di Paolo Migone.

(20) Ha diretto il Dipartimento di Medicina Psicosomatica e Psicoterapia dell’Università di Ulm dal 1990 al 2009, è analista didatta dell’Associazione Psicoanalitica Tedesca (DPV), e attualmente insegna all’International Psychoanalytic University (IPU) di Berlino. È autore di numerose pubblicazioni tra cui, assieme a Helmut Tomä, il Trattato di terapia psicoanalitica (tradotto in sedici lingue), i cui primi due volumi (Fondamenti teorici del 1985, e Pratica clinica del 1988) sono stati tradotti dall’editore Bollati Boringhieri di Torino nel 1990 e 1993 (il primo volume è stato segnalato a p. 143 del n. 2/1991 di Psicoterapia e Scienze Umane). Recapito: International Psychoanalytic University (IPU), Stromstraße 3b, 10555 Berlin (Germania), www.horstkaechele.de, E-Mail <horst.kaechele@ipu-berlin.de>. Traduzione di Paolo Migone.

(21) È professore di psichiatria al Weill Medical College della Cornell University, dirige il Personality Disorders Institute del New York Presbyterian Hospital (Westchester Division) ed è analista didatta al Columbia University Center for Psychoanalytic Training and Research di New York. Tra le altre cose, è stato direttore del Menninger Memorial Hospital e del Psychotherapy Research Project della Menninger Foundation e presidente dell’International Psychoanalytic Association (IPA). È autore di 13 libri e coautore di altri 12 libri, quasi tutti tradotti in italiano. Tra i più recenti si possono menzionare i seguenti: Narcisismo, aggressività e autodistruttività nella relazione psicoterapeutica (2004) (Milano: Raffaello Cortina, 2006); Contemporary Controversies in Psychoanalytic Theory, Techniques and their Applications (New Haven, CT: Yale University Press, 2004); Psicoterapia psicodinamica dei disturbi di personalità: un approccio basato sulle relazioni oggettuali (2006) (Roma: Fioriti, 2011), segnalato a pp. 829-830 del n. 4/2006 di Psicoterapia e Scienze Umane; Patologie della personalità di alto livello (2007, con Eve Caligor e John F. Clarkin) (Milano: Raffaello Cortina, 2012), segnalato a p. 123 del n. 1/2009; Amore e aggressività (2012) (Roma: Fioriti, 2013), recensito a pp. 145-149 del n. 1/2015; Transference-Focused Psychotherapy for Borderline Personality Disorder. A Clinical Guide (con Frank E. Yeomans e John F. Clarkin) (Washington, D.C.: American Psychiatric Publishing, 2015); Psychoanalytic Education at the Crossroads (New York: Routledge, 2016). Recapito: New York Presbyterian Hospital, 21 Bloomingdale Road, White Plains, NY 10605, USA, E-Mail <okernber@med.cornell.edu>;. Traduzione di Paolo Migone.

(22) Ha insegnato psicoanalisi all’Università di Kassel e dirige il Sigmund-Freud-Institut di Francoforte. Si è formata alla Società Svizzera di Psicoanalisi (SGP) ed è analista didatta dell’Associazione Psicoanalitica Tedesca (DPV). Dal 2002 al 2010 è stata presidente del Committee for Clinical, Conceptual, Historical and Epistemological Research dell’International Psychoanalytic Association (IPA) e attualmente è presidente del Research Committee della DPV e vicepresidente del Research Committee dell’IPA. È nella redazione di numerose riviste, è autrice di molte pubblicazioni e ha condotto ricerche empiriche su vasta scala nel campo della psicoanalisi e della prevenzione precoce. Recapito: Sigmund-Freud-Institut, Myliusstrasse 20, D-60323 Frankfurt a.M. (Germania), E-Mail <leuzinger-bohleber@sigmund-freud-institut.de>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(23) Dirige la rivistaPsychoanalytic Inquiry (segnalata a pp. 122-125 del n. 4/1986 di Psicoterapia e Scienze Umane) e la collana Psychoanalytic Inquiry Book Series. È autore di numerosi libri tra cui i seguenti: La psicoanalisi e l’osservazione del bambino (1983) (Roma: Astrolabio, 1988), recensito a pp. 125-131 del n. 4/1989; Psicoanalisi e sistemi motivazionali (1989) (Milano: Raffaello Cortina, 1995), segnalato a p. 148 del n. 1/1992 e recensito a pp. 135-137 del n. 1/1996; Mestiere e ispirazione. Guida alle psicoterapie esplorative (2005) (Milano: Raffaello Cortina, 2008). Con Frank Lachmann e James Fosshage ha scritto vari libri tra cui i seguenti: Il Sé e i sistemi motivazionali. Verso una teoria della tecnica psicoanalitica (1992) (Roma: Astrolabio, 1999), recensito a pp. 127-130 del n. 2/2001; Lo scambio clinico. La teoria dei sistemi motivazionali e i nuovi principi della tecnica psicoanalitica (1996) (Milano: Raffaello Cortina, 2000), segnalato a pp. 141-142 del n. 3/2000; I sistemi motivazionali: una prospettiva dinamica (2010) (Bologna: Il Mulino, 2012). Recapito: 6256 Clearwood Road, Bethesda, MD 20817, USA, E-Mail <JoeLichtenberg@aol.com>;. Traduzione di Paolo Migone.

(24) Psichiatra e psicoanalista, membro dell’International Association for Analytical Psychology (IAAP) e dell’International Association for Relational Psychoanalysis & Psychotherapy (IARPP), insegna Psicologia dinamica alla Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma dove dal 2006 al 2013 ha diretto la Scuola di specializzazione in Psicologia clinica. Le sue aree di ricerca riguardano, tra le altre cose, la valutazione e la diagnosi dei disturbi di personalità, l’efficacia della psicoterapia, l’alleanza terapeutica, l’identità di genere e l’orientamento sessuale. Con Nancy McWilliams è coordinatore scientifico della seconda edizione del Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM-2) (New York: Guilford, 2017; Milano: Raffaello Cortina, 2017), la cui prima edizione è stata presentata a pp. 765-774 del n. 4/2006 e segnalata a pp. 257-258 del n. 2/2008 di Psicoterapia e Scienze Umane. È autore di numerose pubblicazioni tra cui, negli ultimi anni, i seguenti libri: La valutazione della personalità con la SWAP-200 (con Jonathan Shedler e Drew Westen) (Milano: Raffaello Cortina, 2003, 2014), segnalato a pp. 118-119 del n. 1/2004 e a pp. 187-188 del n. 1/2014; Citizen gay. Affetti e diritti (Milano: Il Saggiatore, 2007, 2016), segnalato a p. 265 del n. 2/2008; La svolta relazionale (con Gherardo Amadei, Giorgio Caviglia & Francesco De Bei) (Milano: Raffaello Cortina, 2011); La personalità e i suoi disturbi (Milano: Il Saggiatore, 2011; Milano: Raffaello Cortina, 2014, con Francesco Gazzillo), segnalato a p. 267 del n. 2/2005; con Nicola Nardelli ha redatto Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali (Milano: Raffaello Cortina, 2014). Per l’editore Raffaello Cortina dirige la collana “Psichiatria Psicoterapia Neuroscienze”. Per la casa editrice Nottetempo di Roma ha pubblicato due raccolte di poesie: La confusione è precisa in amore (2012) e Alterazioni del ritmo (2015). Collabora all’inserto culturale Domenica del Sole 24 Ore e al Venerdì di Repubblica. Recapito: Via Vigevano 41, 20144 Milano, E-Mail <vittorio.lingiardi@uniroma1.it>;.

(25) Storico, psichiatra e psicoanalista, è professore di psichiatria al Weill Cornell Medical College di New York dove dirige il DeWitt Wallace Institute for the History of Psychiatry. È autore di varie pubblicazioni tra cui Revolution in Mind: The Creation of Psychoanalysis (New York: HarperCollins, 2008; una versione ampliata della prefazione è stata pubblicata a pp. 455-462 del n. 4/2009 di Psicoterapia e Scienze Umane, e il libro è stato segnalato a pp. 425-426 del n. 3/2009) e Soul Machine: The Invention of the Modern Mind (New York: Norton, 2015). Recapito: Weill Medical College of Cornell University, 525 East 68th Street, Box 140, New York, NY 10065, USA, E-Mail <gjmakari@med.cornell.edu>;. Traduzione di Paolo Migone.

(26) Docente alla Graduate School of Applied & Professional Psychology della Rutgers University del New Jersey, ha scritto vari libri tra cui i seguenti: La diagnosi psicoanalitica. Struttura della personalità e processo clinico (1994) (Roma: Astrolabio, 1999), la cui seconda edizione, del 2011, è stata recensito a pp. 519-521 del n. 2/2013 di Psicoterapia e Scienze Umane;Il caso clinico. Dal colloquio alla diagnosi (1999) (Milano: Raffaello Cortina, 2002), recensito a pp. 118-120 del n. 4/2002; Psicoterapia psicoanalitica (2004) (Milano: Raffaello Cortina, 2005). Assieme a Stanley I. Greenspan e Robert S. Wallerstein ha diretto la task force del PDM (Manuale Diagnostico Psicodinamico [2006]. Milano: Raffaello Cortina, 2008), la cui prima edizione è stata presentata a pp. 765-774 del n. 4/2006 e segnalata a pp. 257-258 del n. 2/2008, e assieme a Vittorio Lingiardi ha diretto la task force del PDM-2 (Milano: Raffaello Cortina, 2017; New York: Guilford, 2017). Tra le altre cose, è stata presidente della Divisione di psicoanalisi dell’American Psychological Association. Recapito: 9 Mine Street, Flemington, NJ 08822, USA, E-Mail <NancyMcW@aol.com>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(27) Insegna all’Università degli Studi Roma Tre, dirige la rivista telematica Trauma and Memory (http://www.eupsycho.com), è membro dell’International Psychoanalytic Association (IPA) e del comitato redazionale di varie riviste tra cui l’International Journal of Psychoanalysis. Dirige il Master Internazionale di II livello in Didattica della Shoah ed è uno studioso della componente ebraica nell’opera di Freud e delle problematiche del trauma psichico, del lutto, del pregiudizio, del razzismo, dell’antisemitismo e della musica liturgica (in particolare di autori che hanno subìto l’esilio e le persecuzioni negli anni 1930-40). Tra le sue numerose pubblicazioni si possono menzionare le seguenti, pubblicate dall’editore Marsilio di Venezia: Il padre e la legge. Freud e l’ebraismo (1992; nuova edizione: 2015), Ricomporre l’infranto. L’esperienza dei sopravvissuti alla Shoah (2005), Le sfide di Israele. Lo Stato ponte tra Occidente e Oriente (2010). Recapito: Via Luciano Manara 15, scala B, interno 17, 00153 Roma, E-Mail <david.meghnagi@uniroma3.it>;.

(28) Psichiatra, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e dell’International Psychoanalytic Association (IPA), in passato si è occupato del pensiero di Wilfred R. Bion, e da circa vent’anni si occupa della “naturale alleanza” fra neuroscienze e psicoanalisi. È autore di varie pubblicazioni tra cui, con Beatrice Cannella, La psicoanalisi nelle terre di confine. Tra psiche e cervello (Milano: Raffaello Cortina, 2009), recensito a pp. 417-419 del n. 3/2009 di Psicoterapia e Scienze Umane. Recapito: Corso Vittorio Emanuele II 2, 10123 Torino, tel. 011-889786, E-Mail <merciai@sicap.it>;.

(29) È tra i fondatori nel 1977 del “Seminario Psicoanalitico di Zurigo” (PSZ) – indipendente dalla Società Svizzera di Psicoanalisi (SGP) – dove è tuttora docente e supervisore, ha fondato nel 1979 la Stiftung für Psychotherapie und Psychoanalyse (www.psychoanalyse-stiftung.ch) [Fondazione per la psicoterapia e la psicoanalisi] che compie ricerche psicoanalitiche sulla mentalità operaia, e ha realizzato un “Policlinico psicoanalitico” in cui lavorano tre psichiatri e nove psicologi. Collabora col gruppo di psicologia politica del Sigmund-Freud-Institut di Francoforte e attualmente lavora sul tema di un’utopia sociale basata sulla psicoanalisi e la critica marxista. Tra le varie sue pubblicazioni, ha curato il libro Das Faschismus-Syndrom (Giessen: Psychosozial-Verlag, 1998). È nella redazione della rivista Psicoterapia e Scienze Umane su cui ha scritto vari articoli. Recapito: Stiftung für Psychotherapie und Psychoanalyse, Ausstellungsstrasse 25, CH-8005 Zurigo (Svizzera), E-Mail <emodena@stipp.ch>;.

(30) È sociologa, ha insegnato psicoanalisi alla Goethe University di Francoforte, ha fondato e codiretto l’Istituto psicoanalitico di Francoforte della Società Psicoanalitica Tedesca (DPG), affiliata all’International Psychoanalytic Association (IPA), dove è analista didatta; dal 1988 al 2011 è stata condirettrice della rivista Psyche e nel 2009 è stata tra i fondatori della International Psychoanalytic University (IPU) di Berlino. È autrice di numerose pubblicazioni tra cui Das Borderline-Syndrom (Bern: Huber, 1979; settima edizione: 2004) e Expedition in den dunklen Kontinent. Weiblichkeit im Diskurs der Psychoanalyse (Berlin: Springer, 1991; Giessen: Psychosozial-Verlag, 2003). Recapito: Colmarstrasse 2, D-30559 Hannover (Germania), E-Mail <rohde-dachser@crdh.de>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(31) Psichiatra e psicoanalista, membro del “Seminario Psicoanalitico di Zurigo” (PSZ), per anni ha tenuto seminari di formazione anche in Italia ed è stato condirettore di Psicoterapia e Scienze Umane, su cui ha scritto vari articoli. Recapito: Rieterstrasse 53, CH-8002 Zurigo (Svizzera), Tel. 01-2010036, E-Mail <bedold@hotmail.com>;. Traduzione di Paolo Migone.

(32) Analista didatta alla Société Psychanalytique de Paris (SPP), professore di Psicologia clinica e Psicopatologia all’Université Lyon 2, è autore di numerose pubblicazioni tra cui 15 libri, alcuni dei quali tradotti in varie lingue – in italiano, Il setting psicoanalitico. Logica e archeologia (1995) (Roma: Borla, 1997). Recapito: 4 Rue Barrème (4° étage), F-69006 Lyon (Francia), sito Internet http://reneroussillon.com, E-Mail <rroussillon7@gmail.com>;. Traduzione di Luigi Antonello Armando.

(33) Professore di Psicologia alla New School for Social Research di New York dove ha diretto la sezione di Psicologia Clinica, e assieme a Lewis Aron e Adrienne Harris ha fondato e codiretto il Sándor Ferenczi Center. Insegna anche al New York University Postdoctoral Program in Psychotherapy & Psychoanalysis e allo Stephen A. Mitchell Center for Relational Studies. È Past-President dell’International Association for Relational Psychoanalysis & Psychotherapy (IARPP), associate editor della rivista Psychoanalytic Dialogues, ed è nella redazione di altre riviste tra cui Psychotherapy Research e Psychoanalytic Psychology. Ha scritto vari libri tra cui Teoria e pratica dell’alleanza terapeutica (2000, con J. Christopher Muran) (Bari: Laterza, 2003), e Psicoanalisi e terapie psicodinamiche (2012) (Milano: Raffaello Cortina, 2013), quest’ultimo segnalato a p. 600 del n. 4/2012 di Psicoterapia e Scienze Umanee che ha vinto il premio Gradiva Award del 2013 per i contributi nel campo della psicoanalisi. Recapito: New School for Social Research, 80 Fifth Avenue, Room 603, New York, NY 10011, USA, tel. 212-229-5727 extension 3259, http://www.safranlab.net, http://www.therapeutic-alliance.org, E-Mail <safranj@newschool.edu>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(34) Professore onorario alla Facoltà delle Arti e delle Scienze dell’Università di Montréal, analista didatta alla Società e l’Istituto Canadesi di Psicoanalisi, ha fatto parte della redazione dell’International Journal of Psychoanalysis ed è autore di varie pubblicazioni tra cui il libro Jean Laplanche. Un’introduzione (1997) (Milano: FrancoAngeli, 2007). Recapito: 825 Avenue Dunlop, Montréal (QC), H2V 2W6, Canada, E-Mail <dscarfone@gmail.com>;.

(35) Professore di Clinical Psychiatry al Columbia College of Physicians and Surgeons di New York, è autore di 11 libri tra cui The Borderline Syndromes: Constitution, Personality and Adaptation (New York: Mc Graw-Hill, 1980), The Fate of Borderline Patients: Successful Outcome and Psychiatric Practice (con la prefazione di Allen Frances) (New York: Guilford, 1990), Pazienti trattabili e non trattabili: i disturbi di personalità (2006) (Milano: Raffaello Cortina, 2007), segnalato a p. 527 del n. 4/2007 di Psicoterapia e Scienze Umane, e The Anatomy of Evil (Amherst, NY: Prometheus Books, 2009). Ha scritto numerosi articoli sui disturbi di personalità, soprattutto sul disturbo borderline, e negli anni recenti si è occupato anche di psichiatria forense e del disturbo antisociale. Recapito: 225 Central Park West, Suite 114, New York, NY 10024, USA E-Mail <michaelhstonemd@gmail.com>;. Traduzione di Paolo Migone.

(36) È Professoressa di Psicoanalisi all’University College London (UCL), si è formata in psicologia sperimentale e clinica alla Oxford University, e ha lavorato dieci anni nei Servizi psichiatrici pubblici inglesi. Ha conseguito il dottorato in psicologia alla UCL specializzandosi sui risultati della psicoanalisi infantile, e si è formata in psicoanalisi alla British Psycho-Analytical Society di cui è Fellow. Si interessa soprattutto dello sviluppo emotivo, delle ricerche sperimentali sul risultato e sul processo delle psicoterapie, e della ricerca qualitativa sull’esperienza di malattia. È autrice di numerose pubblicazioni, tradotte anche in italiano, ad esempio con Peter Fonagy ha curato Attaccamento e funzione riflessiva (Milano: Raffaello Cortina, 2001), segnalato a pp. 144-145 del n. 3/2001 di Psicoterapia e Scienze Umane, e Psicopatologia evolutiva: le teorie psicoanalitiche (2003) (Milano: Raffaello Cortina, 2005), segnalato a pp. 248-249 del n. 2/2006; inoltre ha curato con Marianne Leuzinger-Bohleber I risultati della psicoanalisi (2002) (Bologna: Il Mulino, 2006), e con Alessandra Lemma e Peter Fonagy Terapia dinamica interpersonale breve: una guida clinica (2011) (Milano: Raffaello Cortina, 2012). Recapito: Psychoanalysis Unit, Research Department of Clinical, Educational and Health Psychology, University College London (UCL), 1-19 Torrington Place, London WC1E 7HB (Inghilterra). E-Mail <m.target@ucl.ac.uk>;. Traduzione di Paolo Migone.

(37) Professore di Social Work e di Conceptual Foundations of Psychiatry alla Facoltà di Medicina della New York University (NYU), è autore di numerose pubblicazioni tra cui due libri scritti con Allan Horwitz: All We Have to Fear. Psychiatry’s Transformation of Natural Anxieties into Mental Disorders (New York: Oxford University Press, 2012), nominato il miglior libro dell’anno dalla American Sociology Association, e La perdita della tristezza. Come la psichiatria ha trasformato la tristezza in depressione, che nell’edizione originale è uscito con una prefazione di Robert Spitzer e nell’edizione italiana con una premessa di Mario Maj (Roma: L’Asino d’Oro, 2015), tradotto in cinque lingue e nominato il migliore libro di psicologia dell’anno dalla Association of Professional and Scholarly Publishers. Attualmente sta lavorando a un libro sul caso di Freud del “Piccolo Hans” visto da una prospettiva foucaultiana e di filosofia della scienza, e a un libro su Freud e la filosofia della mente. È nella redazione di Psicoterapia e Scienze Umane su cui ha scritto articoli sulla interfaccia tra psicoanalisi e cognitivismo, sul concetto di disturbo mentale, sulla diagnosi, etc. Recapito: 309 West 104th Street, #9C, New York, NY 10025, USA, tel. 212-932-9705, E-Mail <jerome.wakefield@nyu.edu>;. Traduzione di Paolo Migone.

(38) Ha diretto il New York University (NYU) Doctoral Program in Clinical Psychology e attualmente dirige la collana Psychological Issues. Recapito: 80 Fifth Avenue, Suite 1001, New York, NY 10011, USA, E-Mail <dwolitzky@aol.com>;. Traduzione di Francesca Tondi.

(39) È psicoanalista, diplomato al Carl Gustav Jung Institut di Zurigo dove ha lavorato alla Klinik am Zürichberg. Tra i suoi saggi e libri, pubblicati in 14 lingue, Il gesto di Ettore: preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre (Torino: Bollati Boringhieri, 2000) e Paranoia. La follia che fa la storia (Torino: Bollati Boringhieri, 2011). Recapito: Via Cagnola 7, 20154 Milano, E-Mail <luigizoja@fastwebnet.it>;.

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