La Ricerca

Dipendenza da internet IAD

27/06/14

A cura di Andrea Marzi e Guido Saltamerenda

L’uso massivo di internet, questa connessione facilmente fruibile attraverso mezzi e dispositivi prima fissi (pc) ed oggi anche mobili (cellulari, palmari, smartphone, tablet) quindi trasportabili con poco o nessun ingombro, è un’icona dei nostri tempi, segno culturale che consente sviluppi in varie direzioni.
Il mondo di internet fornisce un forte contributo attraverso email, social network, chat, blog, skype, alla possibilità di contatti immediati e continui a basso costo, messaggeria spicciola con scambi continuativi (whatsApp).
Gli utenti che usano internet, quotidianamente, sono in Europa quasi il 70%, 30mil in Italia.
Fin dagli anni ’90 e prima del 2008 cercavano prevalentemente informazioni ed usavano email, negli ultimi anni è gradualmente aumentato l’uso delle chat, degli sms, la frequentazione di social network e giochi, siti porno.
Vi è un abbassamento dell’età: lo usa il 52% dei ragazzi (11-15aa), il 60% dei 12enni ha il cellulare, il 50% degli adolescenti europei ha lo smartphone e la metà di loro lo usa online.
La diffusione di questo mezzo può essere visto come affermazione di libertà(vedi anche recente libertà di espressione contro i regimi), possibilità illimitata di accesso ad infinite informazioni, esaltazione delle capacità conoscitive della mente, istinto epistemofilico, ma altresì può divenire una schiavitù, rinchiudere in un meccanismo di controllo e manipolazione, una pseudo realtà.
Goldberg (1995) è stato il primo studioso ad inquadrare la presenza del disturbo di dipendenza da internet e a descriverne i criteri diagnostici (IAD: Internet Addiction Disorder) .
La psicologa Kimberly S. Young (1996) parla di Pathological Internet Use (PIU) e descrive un’ossessione maladattiva all’uso di internet accompagnata da stress e difficoltà a scuola, lavoro, vita relazionale, con alterazioni del comportamento, disturbi dell’umore, fastidi fisici.
Concettualmente è un disordine impulsivo compulsivo che coinvolge l’uso del pc e suoi derivati mobili, soprattutto in modalità on line ma anche off line.
Le classificazioni sono molte, si intersecano, si mischiano: alcuni autori preferiscono usare il termine Internet related psycopathology (Cantelmi-Talli 2007) legato ad un eccessivo uso di internet con un disordine impulsivo compulsivo in giochi, sesso virtuale, email.
Kimberly S. Young rileva tre caratteristiche del disturbo: la tolleranza, come necessità di un forte aumento del tempo passato al pc o derivati mobili; l’astinenza cui un soggetto va incontro quando prova a non usare internet, vivendo così un’esperienza negativa con effetti sul comportamento; infine il craving(irresistibile desiderio di usare la rete web).

Cantelmi-Talli descrivono vari tipi di dipendenza:

-cyber sexual addiction (visitazione siti porno, pratica sesso virtuale)
-cyber relationship addiction: intrattenimento per larga parte del giorno attraverso email, social network, chat lines
-net compulsion: giochi d’azzardo (gambling) online, giochi di ruolo, shopping, trading
-information overload (di cui parla anche Kimberly S. Young): infosurfing
-computer addiction: giochi, gaming, solitari, play station

Gli studi statistici sull’incidenza della dipendenza web rilevano importanti percentuali:
Usa 0,7%, Cina-Grecia 2-11%, Italia 5,6% di studenti, Corea 3 mil. addicted (12% nel 2005, 7 % nel 2012), in Giappone un milione di adolescenti in isolamento sempre più restrittivo (Hikikomori). Internet, il cyberspace, come spazio in parte virtuale, forma di comunicazione mediata da un mezzo, dove l’impatto emozionale subisce una dilatazione e filtro attraverso il viaggio nello spazio e tempo tecnico, divenendo pertanto indiretto, non immediatamente psicocorporeo, ci porta a muoverci su un crinale aperto su due visioni: può così divenire un ambiente favorevole al manifestarsi di aspetti di sé (anche sofferenti), facilitando passaggi ed elaborazioni tra mondo interno ed esterno, liberando parti inespresse, possibile aiuto alla con-figurazione, attraverso immagini virtuali, di esperienze vissute ma non ancora simbolizzate ed emersione di tracce mnesiche inconsce. Può facilitare la capacità di simbolizzare, così come la fantasia creativa: una sorta di cyberspace transizionale tra immaginazione e realtà, una cornice che può attutire il dolore mentale, dove gioco e modalità neosimboliche, consentite e consensuali, rispondono al bisogno di trovare e accogliere nuove dimensioni e ruoli nel registro identitario (adolescenti), emancipando la costruzione della libera soggettività. Può inoltre svolgere una funzione importante nell’esperienza umana della lontananza: qualcosa in absenzia può essere meditato, ipotizzato, adombrato, figurato attraverso il cyberspace, che diviene espressione d’arte con i suoi talentuosi strumenti, quindi trovare traducibilità in immagine suono e parola non necessariamente separati. Si può compiere l’allestimento di una profondità di campo, di un framezzo in cui uno spazio sottratto alla presa diretta si dispone alla nostra immaginazione, meditazione temporo spaziale, simbolizzazione.
Ma al contempo può rischiare di spingere ad una dissociazione dalla propria vita ed immaginazione in un rifugio autistico e un’arena incapsulata, nell’evanescenza di sogni ad occhi aperti (revasserie), o divenire catalizzatore dell’espressione di patologie preesistenti, favorendo la dissoluzione dell’io attraverso la dipendenza estrema, esacerbando instabilità nelle relazioni oggettuali, rinforzando rigidità e difendendo posizioni immobili. Può illudere sull’esistenza di un presente immediato, con simulazione di un oggetto sempre disponibile (magicamente) in un tentativo illusorio di azzeramento della frustrazione dovuta alla mancanza. Tali fattori possono assumere anche carattere di dipendenza più o meno già presente, quindi rinforzarla o evocarla, agevolare un parziale distacco ed allontanamento dall’ambiente reale (relazionale e non) con un viraggio a favore di un ritiro nel virtuale.
E ci si interroga sull’effetto tampone di tale modalità, che allontana dalla possibilità di stare veramente soli, così come da quella di essere veramente insieme.
Allora il contatto ambientale è fortemente impoverito dal risucchio e dalle gravitazioni web.
Un’intrusione massiccia nel quotidiano, quasi un’estasi mediatica.
Merlini (2012) parla di Schizotopia: spazio definito dall’assenza di soglie, dove vi è un crescente bisogno di simultaneità, indifferenza dei contesti con indebolimento dello spazio privato a favore del pubblico, una contestualità estesa, trasversale, sovrapposta, con tendenza alla presenza assoluta: non importa dove sono ma che io sia sempre presente.
Vi è una corrosione della dimensione privata del sé, un’inflazione del pubblico sul privato.
Al qui e ora è contrapposto l’essere anche altrove, quindi qui e ovunque, sradicatezza nella logica dei flussi. Al tempo stesso spazio che confonde (fondere insieme) e spazio che espone (porre fuori).
C’è una riduzione della prescrittività del contesto: Essere ovunque è non essere da alcuna parte (Seneca).

Quindi riassumendo nella dipendenza entrano in gioco diversi fattori, tra cui:

– Distacco dall’ambiente reale e ritiro nel virtuale
(essere con l’altro attraverso un filtro-barriera tecnologica, quindi paravento virtuale)
– antidoto alla solitudine (cordone ombelicale): la realtà virtuale può incarnare l’aspetto attuale di una potenzialità ben più antica, la lunga storia di simulazioni iconiche e linguistiche a partire dalle grotte preistoriche con disegni e dipinti per colmare l’assenza
– controllo dell’altro: vi è prossimità funzionale, il mondo a portata di mano e gli individui a portata del mondo. E l’utente web può divenire risorsa pronta all’uso in entrambe le direzioni, può passare da una risorsa all’altra dopo averne approfittato. Ciò viene definito ontologia economica: si diviene oggetti strumentali, capitale umano, in un clima di appropriabilità istantanea.
– possesso magico di un bagaglio illimitato informazioni a pronto uso e consumo (onnipotenza web)
– facilitazione e slatentizzazione di modalità ossessive, meticolosità compulsiva, manierismi.

La terapia della dipendenza internet si avvalora di una visione etiopatogenetica multifattoriale, che considera cause mediche, psichiche, sociali (socio-antropologiche, macrogruppi virtuali).
Dal punto di vista medico organicistico le neuroscienze indagano sia sul funzionamento di differenti aree cerebrali (io emotivo sottocorticale, io raziocinante corteccia prefrontale) sia sul ruolo dei neurotrasmettitori, due fattori che sembrano entrambi coinvolti nella dipendenza da internet:
-lobo frontale: nella ricerca dello stimolo, abuso e dipendenza, craving, vincita, vi è aumento della funzionalità della corteccia cingolata anteriore e orbito frontale, prefrontale. Al contrario l’attivazione diminuisce in perdita e mediazione emotiva
-aria tegmentale ventrale-nucleo accubens: sono coinvolte nella ricompensa-rewarding system, quando ciò che è buono si ripete
-circuito ricompensa: entrano in gioco anche l’amigdala che immette dopamina, mentre l’ippocampo memorizza l’esperienza piacevole
– influenza dei neurotrasmettitori, tra cui la dopamina (la sua disponibilità diminuisce nei dipendenti), noradrenalina, serotonina (minor disponibilità negli adolescenti), melatonina.

La psicoterapia delle forme più gravi di dipendenza web tende ad essere combinata, attraverso vari interventi:
-gruppo terapeutico come equipe curante, con continua cooperazione tra le diverse figure professionali (psicoterapeuti, medici psichiatri e psicologi d’appoggio per le urgenze, preferibilmente tutti psicoanalisti)
-psicoterapia individuale
-programma tutoraggio
-gruppo polifamiliare (per familiari dei pazienti)

Attualmente gli analisti sono sempre maggiormente impegnati direttamente con un’utenza giovane e web dipendente.

Chi si sta occupando dei casi più gravi in questa dipendenza del comportamento (senza sostanza) pensa che possa assumere il ruolo di una gratificazione senza oggetto, un’attività autoerotica soprattutto presente nella net compulsion (giochi d’azzardo o gambling online, giochi di ruolo, shopping, trading) per certi versi accostabile a quella presente nell’alcolismo (Freud, l’alcool come attività autoerotica): il bisogno di gratificazione deve essere immediato, ricercato nonostante il danno arrecato a se stessi e agli altri; già noto e studiato il ruolo della distruttività auto ed etero diretta nei giocatori patologici ed alcolisti, parenti nella dipendenza.
Il dipendente, divorato e divorante, spesso mostra una regressione orale dove internet diviene droga ed oggetto masturbatorio.
De Paula Ramos ed altri autori (2004) elencano diversi disturbi spesso presenti nel IAD: narcisismo, gratificazione senza oggetto, fantasie di creazione e di controllo onnipotenti, invidia primaria espressa con impulsi distruttivi sadici orali ed anali, relazione simbiotica che perpetua il funzionamento narcisistico con possibili regressioni a comunicazioni primitive.
Sembrano più esposte personalità borderline con scarsa capacità di self caring o narcisistiche con aspetti onnipotenti.
L’uso continuo di internet attraverso email, messaggeria, chat e social network (cyber relationship addiction) sembra una difesa coatta per eludere il vuoto delle separazione, non elaborato ma colmato da oggetti/feticcio intercambiabili, sostituibili, un passaggio da cosa a cosa, connessi ma lontani in spazio virtuale non fisico.
Cosi come spesso è presente una difesa fobica dal vero contatto personale con superficializzazione delle relazioni, eccesso di reale senza profondità con indebolimento dell’analisi induttiva, decremento del pensiero critico, immaginazione, riflessione.
L’affollamento sensoriale presente nel web può facilitare la caduta dell’elaborazione profonda, della trasformazione e simbolizzazione. Il simbolo rischia di perdere la sua funzione e di venire percepito come oggetto reale (equazione simbolica, pensiero concreto in un mondo sterile e persecutorio), immagine non più simbolo ma icona e segnale.
I macro gruppi virtuali web espongono ad un rischio di immersione in un clima di indistinzione confusiva (confusione persona/macchina), identificazioni a massa ed adesive con sfaldamento dei ruoli interpersonali, una voragine asimbolica nella dipendenza distruttiva.
Quindi una pseudo realtà nel virtuale, fagocitati in un mondo alieno con identificazioni proiettive di stampo evacuativo, ritiro disumanizzante.

Bibliografia

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giugno 2014

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