La Ricerca

Psicoanalisi infantile/Storia

13/06/14

 

A cura di Maria Rosa De Zordo

Un buon modo per conoscere la psicoanalisi infantile è ripercorrerne la storia dalle origini, ormai quasi un secolo fa, per ritrovare emotivamente l’entusiasmo, la fiducia, il coraggio con cui ci si avventurò ad esplorare la mente in fieri osservando e curando bambini e adolescenti.

Freud scoprì l’inconscio, elaborò il metodo, la teoria e la tecnica terapeutica che chiamò appunto psicoanalisi. I suoi pazienti erano adulti, ma mostrò come la mente adulta si formi ed evolva dalla nascita in poi. E si occupò anche di un bambino, il famoso piccolo Hans, che curò attraverso il padre.

Alcuni suoi allievi e soprattutto allieve (perché la psicoanalisi, e quella infantile in particolare, ebbero fin dall’inizio importanti e numerose figure femminili che accrebbero questa disciplina) si interessarono direttamente della psicologia infantile: nomi ben noti come la stessa figlia Anna Freud, Melanie Klein, Donald Winnicott, per citare solo i più illustri capostipite.

Ricordare questi esordi, sia pure molto sommariamente, sollecita ancor oggi l’ammirazione per il lavoro approfondito, affettivamente intenso, con cui queste e questi pionieri tanto contributo portarono alla comprensione dell’infanzia e dell’adolescenza, non solo nel campo specifico della cura della sofferenza psichica, ma in maniera determinante nel rinnovare la psicologia genetica e la pedagogia. Spesso si cimentarono personalmente in esperienze pedagogiche, che aiutarono a capire la crescita del bambino dal punto di vista dei suoi bisogni, delle tappe maturative, delle sue relazioni e dell’interazione con l’ambiente. Aiutarono a capire il bambino sano, il bambino con disagio emozionale, il bambino malato, portando gradualmente ad autentici ribaltamenti nella pedagogia, nell’educazione, nella pediatria ambulatoriale ed ospedaliera (basti pensare alla riconosciuta importanza della madre o del genitore accanto al bambino ospedalizzato).

E in Italia? Anche noi abbiamo i nostri pionieri, o, forse meglio, anche in Italia soprattutto le nostre pioniere: persone davvero coraggiose come Marcella Balconi, Maria Elvira Berrini, Adda Corti.

E poi Lina Generali, Adriano Giannotti, Benedetto Bartoleschi, Pierandrea Lussana, Mauro Morra, solo per ricordare gli scomparsi, e… l’elenco potrebbe continuare, ma troppe figure importanti rischierebbero di essere tralasciate, perché la psicoanalisi infantile italiana ha storia e tradizioni che meritano rispetto e gratitudine per le generazioni e i colleghi che hanno preparato e facilitato il lavoro attuale.

In Italia l’attenzione psicoanalitica ai bisogni del bambino comincia verso la fine degli anni ’50, prendendo avvio proprio nei nascenti servizi del tempo dedicati all’età evolutiva, talvolta con la collaborazione generosa di professionisti di discipline affini, ma talvolta incontrando difficoltà e incomprensioni. Tuttavia il coraggio, la fiducia di essere sulla strada giusta, l’impegno non vennero mai meno, corroborati da esperienze, studio, formazione personale faticosi, spesso lunghi viaggi per avvicinare all’estero chi era andato più avanti nel campo. E furono così sollecitati significativi rinnovamenti nella comprensione dell’infanzia e nelle istituzioni che di questa si occupavano e si occupano.

Perché è importante sottolineare che la psicoanalisi infantile non ha mai trascurato di vedere il bambino nel contesto del suo ambiente familiare, scolastico, sociale, ben consapevole che la mente e la crescita psicologica si sviluppano appunto nel contesto delle relazioni affettive fondamentali, a partire dalla relazione con la persona che fin dall’inizio si prende cura del neonato inerme, abitualmente la madre, anche se oggi si preferisce usare il termine caregiver (chi offre e si prende cura).

Che cos’è dunque la psicoanalisi infantile? Si potrebbe semplicemente rispondere che è la terapia psicoanalitica applicata ai bambini e agli adolescenti? Sì, ma non sarebbe sufficiente. Sono subito evidenti alcune difficoltà e differenze.

L’impiego della parola che caratterizza l’analisi degli adulti (che la prima paziente di Freud definì appunto talk therapy/terapia della parola), incontra con i bambini, tanto più piccoli essi sono, caratteristiche dello sviluppo linguistico legate all’età: i bambini si esprimono preferenzialmente attraverso gioco e/o disegno. Inoltre, con bambini molto piccoli, è talora impossibile prescindere dalla presenza del/dei genitore/i. In ogni caso il “cucciolo umano” abbisogna di un lungo periodo di accudimento da parte degli adulti: genitori, educatori… Già queste considerazioni ci mettono di fronte alla peculiarità del lavoro in età evolutiva, che è appunto il processo evolutivo, di crescita, di maturazione e l’attenzione al contesto ambientale.

Se l’ascolto psicoanalitico si caratterizza per il suo volgersi alla persona, alla comprensione del disagio segnalato all’interno delle dinamiche affettive di quella persona che avverte in sé un malessere, questo è altrettanto vero per il bambino.

I bambini non chiedono direttamente un aiuto psicologico, tuttavia è sorprendente accorgersi di come un bambino, anche molto piccolo, possa essere capace di comunicare al terapeuta, insieme al quale si trova, e di sviluppare la fiducia di sentirsi compreso.

Sono i genitori ad avvertire un problema, talvolta per un suggerimento degli insegnanti, del pediatra. Sono i genitori che in primo luogo chiedono di essere aiutati a capire che cosa sta succedendo nel loro bambino: il lavoro psicoanalitico con loro consiste nel ritrovare emotivamente un bambino, del cui comportamento possano evitare fraintendimenti nella comprensione, della cui eventuale sofferenza possano cogliere il significato, con cui possano relazionarsi in maniera più completa, arricchita di un nuovo sguardo.

E nell’incontro con il bambino, l’attenzione psicoanalitica, pur non ignorando il problema specifico o il sintomo, guarda al bambino nel suo insieme, all’armonia o disarmonia del suo sviluppo affettivo e cognitivo, dei suoi processi maturativi, delle varie aree in cui si esprime la sua persona.

Può essere che il bambino stia attraversando con qualche esitazione una tappa evolutiva di particolare impegno, oppure esprima un disagio legato a particolari contingenze ambientali. Ma può essere che il bambino esprima difficoltà più strutturate, che richiedono un intervento terapeutico prolungato.

Il progetto terapeutico psicoanalitico tiene conto del processo maturativo e di come il bambino lo sta o non sta affrontando, inoltre della disponibilità a comprendere ciò in modo più profondo da parte dei suoi genitori. Pertanto il progetto terapeutico, se opportuno, viene proposto sulla base di queste considerazioni, ha lo scopo principale di aiutare il bambino a riprendere e a ricollocarsi adeguatamente nel percorso di crescita appropriato alla sua età. Ciò può comportare interventi più brevi nel tempo, frequenza settimanale di sedute, o trattamenti più intensivi, con più sedute settimanali, prolungati. Secondo le situazioni, sono diverse ma indispensabili, le forme di collaborazione con i genitori e di intervento modulato con loro e/o con il figlio.

La cura del bambino e delle sue relazioni, fin dagli albori, dalla vita intrauterina, è dunque l’espressione principale della psicoanalisi infantile. Ma altri ambiti vanno ricordati, che contribuiscono ad approfondire la psicologia psicoanalitica dell’età evolutiva, e ne vedono l’applicazione. Ne ricordiamo alcuni:

Osservazione infantile, meglio nota come infant observation: è l’osservazione diretta dell’interazione tra neonato/lattante e genitori, in primo luogo la madre, nel primo o primi due anni di vita. Spesso si arricchisce dell’osservazione del bambino nel periodo della scuola materna, portando l’attenzione sull’interazione con educatori e pari. Recentemente questo metodo è stato esteso all’osservazione delle trasformazioni emotive che accompagnano la gravidanza, il periodo postnatale e che caratterizzano la cosiddetta “maternità interiore”.

La ricerca in campo evolutivo nei suoi due importanti filoni: l’Infant Research e la Teoria dell’attaccamento, hanno evidenziato impensabili competenze del bambino fin dalle sue prime ore di vita e hanno dimostrato che lo sviluppo mentale del bambino non può che compiersi all’interno delle relazioni per lui più significative, a partire naturalmente dai suoi genitori. Vi sono diversi altri ambiti di ricerca con campi ed aree di interesse affini, come le neuroscienze e lo studio dello sviluppo cognitivo, la psicoanalisi della coppia e della famiglia.

Le applicazioni della psicoanalisi infantile ad ambiti attinenti alla crescita e cura del bambino vanno dall’ambito educativo a quello sanitario, a quello giuridico, attraverso:

– Collaborazione con operatori che operano nel Servizio Sanitario Nazionale, attraverso consulenze, seminari clinici, di aggiornamento, supervisioni, rivolti a specifici professionisti o a équipes (ginecologi, pediatri, psicologi, assistenti sociali).

– Gruppi di lavoro con genitori in difficoltà e incertezze nello svolgere la loro funzione, ma anche gruppi più impegnativi, terapeutici con genitori di bambini problematici, disabili, che impegnano in maniera spesso molto gravosa la cura concreta e affettiva del figlio.

– Collaborazioni con il personale educativo di Nidi e Scuole Materne, nonché con insegnanti della scuola dell’obbligo.

– Collaborazione con il Tribunale ordinario e dei minori: si tratta di un lavoro particolarmente delicato, dove la consulenza può riguardare problemi di affido in seguito a separazione o divorzio, problemi di allontanamento dalla famiglia in casi di particolare gravità affettiva ambientale, o di approfondimento della situazione emotiva di bambini che hanno sofferto violenza o abuso.

– Insegnamento universitario: colleghi analisti hanno a vario titolo incarichi di docenza presso l’Università.

– La terapia psicoanalitica dei bambini nella sua formula classica, a elevata frequenza settimanale, anche se non sempre perseguibile in prima istanza, resta per noi una fonte unica e inesauribile di osservazione, che permette di affrontare i compiti sopramenzionati da un punto di vista del tutto speciale.

Ognuno degli undici Centri della Società Psicoanalitica Italiana operanti su territorio nazionale ha variamente organizzato disponibilità di psicoanalisti alla consultazione e al trattamento di bambini e adolescenti e forme varie di attività scientifica, di formazione e di “apertura” verso la “società civile” che sono consultabili presso i siti web dei Centri.

Bibliografia
Aliprandi M.T., Pati A.M. (1999). L’alba della psicoanalisi infantile. Feltrinelli, Milano.
Algini M.L. (2007). Sulla storia della psicoanalisi infantile in Italia. Quaderni di Psicoterapia Infantile n.55. Borla, Roma.

Giugno 2014

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