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Superio

28/04/14
Scuola di Atene di Raffaello_ particolare di Platone

Scuola di Atene di Raffaello_ particolare di Platone

A cura di Laura Contran e Gabriella Giustino

Definizione 

Il Superio rappresenta una sorta di censore interno che giudica gli atti e i desideri del soggetto ed è costituito da un insieme di divieti e comandi che condizionano in vario modo sin dall’infanzia i comportamenti umani.
Vi possiamo riconoscere una funzione positiva (come regolatore dei desideri e delle pulsioni umane), e un aspetto negativo che causa invece un senso continuo di oppressione e di frustrazione interiore.
In sintesi: “il Superio è un’istanza psichica la cui funzione è sorvegliare l’Io, impartirgli degli ordini , dirigerlo e minacciarlo di punizione…” (Le Guen, 2013).

Evoluzione psicoanalitica del concetto

Freud inizialmente (1894) definisce il Superio soffermandosi sulla severità delle autoaccuse ossessive. in questa fase del suo pensiero il Superio è il rimprovero e la punizione per le “esperienze” ed il piacere sessuale del bambino ed è denominato “coscienza”.
In seguito (1913) Il Superio freudiano rappresenta l’istanza della legge dell’inconscio e la sua severità è legata alle vicende edipiche: quanto più forte è stato il complesso edipico, tanto più severo si farà in seguito il Super Io nell’esercitare il suo dominio sull’Io sotto forma di coscienza morale o forse di inconscio senso di colpa.
Nel saggio del 1914 sul narcisismo, la coscienza morale è definita, per la prima volta, in termini di Ideale dell’io. Esso si connota per lo stato d’onnipotenza infantile perduta e rappresenta l’ideale narcisistico personale. L’Ideale dell’io spiega anche le alterazioni nella percezione del sé e dell’oggetto che si verificano durante l’innamoramento. L’Io si confronta continuamente con tale ideale interno e pertanto persiste la “coscienza” (che Freud non chiamava ancora Superio), che controlla e critica le discrepanze tra Io e Ideale dell’io.
La malattia melanconica, invece, è affrontata da Freud (con Abraham) nel saggio Lutto e melanconia (1915) nei termini d’identificazione con un oggetto ambivalente che il melanconico continuamente attacca dentro di sé, attaccando se stesso. Una parte dell’Io del melanconico giudica severamente e sadicamente l’oggetto in un circolo vizioso interno (connotato da una relazione oggettuale ambivalente e narcisistica).
In questo scritto il Superio, anche se non ancora nominato come tale, appare già molto simile, come vedremo, al Superio sadico infantile primitivo descritto in seguito da Melanie Klein .
Il Superio, infine, fa la sua comparsa come istanza psichica vera e propria nella teoria strutturale nel saggio L’Io e l’Es (1922); esso viene descritto come un’istanza intrapsichica (parzialmente inconscia) con specifiche funzioni e rapporti con le altre strutture. Tale istanza è destinata a modificarsi ed integrarsi durante l’attraversamento e la risoluzione del complesso edipico. Il declino del complesso edipico corrisponde cioè alla rinuncia da parte del bambino dei propri desideri edipici (amorosi ed ostili).

Il conflitto tra Superio ed io, individuato da Freud come generatore d’angoscia, diventerà un punto importante di partenza della ricerca della Klein. L’Autrice in numerosi scritti (1924-32) riprende il concetto di Superio come oggetto introiettato in modo ambivalente (già accennato in lutto e melanconia) ma sviluppa questo concetto per descrivere il feroce e sadico Superio primitivo infantile che attacca l’oggetto (il seno) come fonte odiata ed invidiata di nutrimento (De Masi 1989).

Nel lavoro “ I primi stadi del conflitto edipico e la formazione del Superio” (1932) adotta la teoria del Superio come espressione dell’istinto di morte. Già in lavori precedenti l’Autrice sosteneva che il conflitto edipico e il rimorso s’instauravano molto precocemente, quando la psiche infantile era dominata da impulsi sadici e primitivi.
L’angoscia del bambino piccolo è, per la Klein, un’angoscia d’annientamento proiettata all’esterno (una deflessione all’esterno dell’istinto di morte). L’analisi transferale delle figure del mondo interno che rappresentano il Superio riduce, per l’Autrice, l’angoscia e rinforza l’Io del bambino rendendo il Superio più benevolo.
Siamo qui nelle primissime fasi dello sviluppo infantile, in un mondo di oggetti parziali dove regna un uso eccessivo dell’identificazione proiettiva.
Tuttavia, col procedere dello sviluppo, procede l’integrazione e s’installa nella psiche del piccolo la possibilità del riconoscimento dell’oggetto buono, seno amato e fonte di nutrimento. Quando successivamente l’Autrice affronta il tema dell’idealizzazione, diventa gradualmente sempre più chiaro che si tratta di un processo riguardante l’oggetto interno; la fusione in fantasia con l’oggetto idealizzato è la prima difesa contro l’angoscia d’annientamento.
Tuttavia, quanto più l’oggetto è idealizzato tanto più diventa persecutorio e pertanto attaccato, invidiato ed odiato. L’integrazione tra aspetti persecutori e idealizzati permette la trasformazione in un Superio più maturo. La gratitudine prende gradualmente il posto dell’invidia, la riparazione per l’attacco all’oggetto consente il passaggio alla posizione depressiva e alla capacità di elaborare il lutto per il proprio sadismo. Il circolo vizioso della distruttività, dominato dall’ istinto di morte ed il tentativo di distruggere gli oggetti cattivi costituisce il nucleo della posizione schizoparanoide. L’introiezione di una madre-oggetto buono contribuisce a costituire l’aspetto benevolente e libidico del Superio ( garante dello sviluppo psichico) e spezza il circolo vizioso. In sintesi, nel pensiero kleiniano, il Superio sadico (col suo funzionamento tutto o nulla) blocca lo sviluppo e la riparazione. L’angoscia riguarda il terrore della persecuzione di tale Superio primitivo che, se trasformato, genera meno angoscia e permette al senso di colpa di cominciare ad esistere. Il bambino acquisisce allora una coscienza morale (Klein 1935-1940) ed un riguardo per l’oggetto. Il senso di colpa della fase depressiva rende possibile la potenzialità psichica normale del lutto; la perdita dell’oggetto d’amore si accompagna al rendersi consapevole dell’ambivalenza inconscia verso l’oggetto.

Nelle teorizzazioni post-kleiniane è in primo piano l’elemento traumatico riguardo alle relazioni precoci tra il bambino e la madre. Il fallimento delle prime relazioni oggettuali ed il rifiuto da parte della madre di accogliere e trasformare le prime identificazioni proiettive del bambino (Bion, 1959) genera un Superio che si sviluppa prima dell’Io, opponendosi alla crescita, alla vitalità e alla curiosità infantile. Wilfred Bion , pur seguendo ancora in parte la teorizzazione kleiniana , parla del Superio come di un oggetto-Sé cattivo introiettato (1959) a causa di una carenza di contenimento materno delle identificazioni proiettive del bambino. Esse, non accolte né trasformate dalla madre, incapace di gestire le angosce e le emozioni intense del piccolo, sono reintrodotte in lui senza alcun processo di contenimento e digestione mentale e vanno a costituire quest’ oggetto interno con funzioni di Superio. Il legame tra il bisogno del bambino e il seno, segnato dal fallimento del contenimento, può generare nell’infante la percezione che l’oggetto esterno sia ostile alla curiosità. In questo stato mentale qualunque emozione è odiata in quanto percepita come troppo potente per poter essere contenuta dalla mente immatura del bambino.
L’ oggetto con funzioni di Superio è quindi confondente e autodistruttivo, impedisce di apprendere dall’esperienza ed è alla base della parte psicotica della personalità.
Il predominio di questa parte attacca il legame emotivo favorendo lo stabilirsi di legami crudeli, sterili e perversi. Inoltre l’autore afferma che il deficit di contenimento da parte dell’oggetto primario favorisce la strutturazione del Superio ed inibisce quella dell’Io.
Tra gli sviluppi postkleiniani è necessario ricordare la formulazione del concetto di Superio inteso come struttura psicopatologica. Questa concettualizzazione è frutto soprattutto di alcuni Autori post-kleiniani come Rosenfeld (1971) o Meltzer (1973). Essa indica una funzione del Superio intesa come struttura che colonizza la mente incitandola al piacere grandioso, maniacale o perverso. A nostro parere questo tipo di Superio, spesso presente nelle psicosi e nelle perversioni, non è tecnicamente trasformabile solo mediante una buona relazione analitica (come il Superio primitivo che abbiamo descritto).

Sulla scia del pensiero kleiniano che vede l’Edipo un processo in atto sin dalla nascita, lo psicoanalista francese Jacques Lacan ha dedicato ampio spazio alla teorizzazione sulla formazione del Superio a partire dai fantasmi originari.
Per Lacan l’originalità dell’articolazione kleiniana consiste nell’aver dato centralità al “corpo mitico della madre” (das Ding). A differenza però della Klein secondo la quale nelle relazioni primarie il corpo materno viene percepito come “oggetto parziale”, per Lacan la madre è vissuta come alterità assoluta “agente di frustrazione e di soddisfacimento” da cui l’infans nella sua condizione di prematurità e di impotenza (Hilflosigkeit) si trova a dipendere.

Lacan avanza una precisa distinzione fra le tre istanze postulate da Freud: l’Io Ideale, l’Ideale dell’Io e il Superio. L’Io ideale appartiene al registro dell’immaginario e riguarda l’immagine idealizzata del soggetto (è “come si vorrebbe essere visti”), l’Ideale dell’Io (registro del simbolico) è frutto dell’identificazione edipica, ed è in relazione allo sguardo sociale, al raggiungimento degli ideali condivisi, all’appartenenza al gruppo e al sistema culturale e linguistico, mentre il Superio (registro del reale) si pone come risvolto dell’Ideale dell’Io nei suoi aspetti punitivi, sadici e vendicativi. Lo psicoanalista francese evidenzia, come già sottolineato da Freud, la connotazione “pulsionale” del Superio, rispetto a quella più filosofica di coscienza morale.

Nella vicenda edipica, la figura paterna è fondamentale in quanto viene a svolgere una duplice funzione: da un lato di interdizione all’incesto, mentre dall’altro, attraverso l’identificazione, di favorire la sublimazione.
La sublimazione, infatti, implica una rinuncia al soddisfacimento immediato che permette l’investimento in nuovi oggetti libidici: in altri termini è impossibile per l’uomo ritornare là dove è venuto, cioè dal corpo materno, da quella situazione originaria di soddisfacimento e godimento illimitati. Ma la funzione del padre è soprattutto quella “di unire e non opporre il desiderio alla Legge” intendendo con questo che la condizione umana deve fare i conti con la castrazione, cioè con il senso del limite, con quella linea di confine invalicabile che stabilisce ciò che è impossibile.

Bibliografia

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Aprile 2014

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