La Ricerca

Transfert Evolutivo

2/05/18
Francesco De Grandi, 2015

Francesco De Grandi, 2015

Transfert Evolutivo

in Psicoanalisi

 (dimensione evolutiva del transfert, dimensione creativa del transfert, transfert di oggetto-sé).

A cura di Claudio Arnetoli

Il concetto di transfert evolutivo deve essere considerato come una ridefinizione estensiva del concetto di transfert di oggetto-sé, elaborato da Heinz Kohut in relazione ai bisogni narcisistici del Sé, che lo aveva condotto a formulare tre diverse forme di transfert di oggetto-sé: speculare, idealizzante e gemellare (1971,1977,1984).

Kohut considerava la scoperta del transfert di oggetto-sé come il suo contributo fondamentale all’ampliamento della teoria psicoanalitica: il transfert di oggetto-sé nella sua visione non ha una dimensione ripetitiva di spostamento di un oggetto su di un altro, ma una dimensione creativa attraverso la quale il paziente cerca il rapporto con un nuovo oggetto, il quale gli permetta di vivere le esperienze maturative mai vissute o frustrate all’interno delle relazioni disfunzionali con gli oggetti primari. Il concetto di transfert evolutivo consente quindi di chiarire teoricamente tutta l’area di riattivazione nel transfert analitico dei bisogni maturativi frustrati o mai validati (vedi Kohut, 1984, pag. 139).

Il lavoro di Kohut riassume, completa ed esplicita sia la primitiva intuizione di Freud di un transfert positivo irreprensibile (Freud, 1912), sia il successivo lavoro di autori quali Ferenczi, Winnicott, Balint, Bowlby, Bion i quali hanno tutti in vario modo sottolineato il valore evolutivo della relazione analitica dovuto al rapporto con un nuovo oggetto che permette di fare esperienze mutative variamente concettualizzate (holding, esperienze oggettuali di amore primario, relazione oggettuale mutativa, reverie ecc.) (vedi Moccia, 2007, 2017).

Il transfert evolutivo riguarda la mobilizzazione nel transfert analitico di tutte le aspettative inconsce di sviluppo e riparazione del Sé, una dimensione che deve essere vista in una relazione di figura/sfondo con il transfert di ripetizione (Stolorow, Lachmann, 1984). Attraverso il transfert ripetitivo si esprimono invece, sia gli schemi nevrotici e disfunzionali che tendono ad organizzare l’esperienza del paziente nella relazione analitica; sia la ricerca di soddisfacimento anti-simbolico di fantasie regressive e difensive, nell’area del narcisismo arcaico e in quella dei desideri pulsionali.

In analisi le due dimensioni del transfert ripetitiva ed evolutiva – tendono a manifestarsi in un’alternanza che richiede accoglienza e trattamenti diversi da parte dell’analista. Infatti il transfert creativo palesa nell’agieren, nei sogni, nei lapsus, nelle narrazioni e nelle libere associazioni i bisogni evolutivi inconsci, dissociati, rimossi o mai validati, con il loro patrimonio di affetti e di ambivalenza sempre presente. Esso tende a delinearsi sullo sfondo formato dai modelli interni ripetitivi, con la loro quota di coazione a ripetere. La coazione a ripetere si avvicenda con la possibilità di far emergere e di abbandonarsi alle spinte evolutive e alla relazione con il nuovo oggetto. Questa alternanza è dovuta a cause molteplici intrinseche sia alla organizzazione psichica del paziente, sia alla relazione intersoggettiva che si dispiega in analisi. Essa è quindi anche molto dipendente dal campo analitico e dal terzo intersoggettivo creato dalla intersezione dei mondi soggettivamente organizzati del paziente e dell’analista (Stolorow, Atwood, 1992). L’analista è implicato in questo processo sia per quanto riguarda la sua formazione teorica che la sua capacità personale di comprendere, accogliere, validare e interpretare le spinte evolutive del paziente permettendone l’attuazione maturativa in analisi.

Attraverso il transfert evolutivo, la molteplicità dei bisogni del Sé, narcisistici e oggettuali – di essere compreso e di comprendere, di essere rispecchiato, validato e aiutato a regolare ed elaborare il proprio mondo affettivo; di sentirsi attivo nel mondo, di sviluppare una forma di attaccamento sicuro con una corrispondente fiducia di base, di attraversare con successo lo sviluppo psicosessuale e la fase edipica – possono emergere in analisi. Essi possono trovare una risposta e una possibilità attuativa in un percorso che non è solo ripetitivo del passato, ma di costruzione di un’esperienza nuova e sconosciuta al paziente (Arnetoli, 2016). Il dispiegarsi della dimensione evolutiva del transfert viene resa possibile dalla capacità di comprensione empatica dell’analista, e dalla sua possibilità di creare insieme al paziente un campo intersoggettivo attraversato e attivato da circuiti affettivi di feedback nei quali l’analista possa e sappia inserirsi creativamente.

Il concetto di dimensione evolutiva del transfert si è andato sviluppando attraverso le varie scuole di relazione oggettuali e le correnti relazionali della psicoanalisi contemporanea, che hanno ampliato la visione dello sviluppo psichico, del ruolo delle emozioni e della comprensione emotiva, e quindi anche dei compiti dell’analista in analisi. Si sono precisate meglio le funzioni delle figure di accudimento e la parte giocata dalla matrice relazionale nella formazione del mondo psichico. Ciò ha permesso di integrare la classica posizione analitica con i suoi ineliminabili ingredienti conoscitivi volti a smontare gli aspetti ripetitivi del transfert (interpretazione), con i lati affettivi e poietici collegati al rapporto intersoggettivo tra analista e paziente (Arnetoli, 2017). Il cambiamento nell’area della conoscenza relazionale implicita con il conseguente sviluppo di nuovi schemi evolutivi, richiede qualcosa in più dell’interpretazione (Stern e coll., 1998) e risposte poietiche dell’analista attinenti alla relazione (Arnetoli, 2016). Tutto ciò può necessitare di una modulazione della posizione analitica di neutralità, astinenza e frustrazione, con un ampliamento personalizzato della responsività dell’analista (responsività ottimale, Bacal, 1985).

La relazione analitica ha da un lato il compito di smontare il transfert ripetitivo e, dall’altro, quello di montare il transfert evolutivo, dove sia in ogni caso chiaro che la dimensione creativa del transfert non coincide con il transfert positivo classicamente inteso. Il transfert evolutivo infatti si dipana attraverso inevitabili disruption dovute sia ai fallimenti empatici dell’analista che alle difese narcisistiche arcaiche del paziente, il quale può avere la pretesa di una fusione simbiotica e di una sintonizzazione assoluta con l’oggetto. Un ingrediente fondamentale della maturazione del Sé consiste proprio nella capacità della coppia analitica di ricucire cognitivamente e affettivamente i momenti di impasse, vivendo e comprendendo gli enactment e lo scivolamento in periodi di transfert negativo, con la possibilità di arrivare a concepire da parte del paziente l’alterità dell’oggetto, e di passare dal rapporto con un oggetto soggettivo alla accettazione della soggettività dell’oggetto.

Il concetto di transfert evolutivo ha comportato una ridefinizione anche di quello di regressione in analisi. Per Kohut infatti l’analisi non è tanto il luogo di una necessaria regressione a modelli arcaici di organizzazione mentale, ma una situazione esperienziale nella quale i bisogni arcaici fondanti lo sviluppo del Sé possano manifestarsi nella forma e al livello evolutivo necessari al paziente.

In sintesi appare necessaria l’attenzione dell’analista alle due dimensioni del transfert e la sua capacità di oscillare tra le due diverse configurazioni relazionali ed esperienziali che esse propongono. La stabilità e la ripetitività del setting analitico e le funzioni empatica e interpretativa giocano un ruolo sia nel proporre lo smontaggio del transfert ripetitivo che nella progressiva emersione e articolazione della dimensione evolutiva del transfert. Nella dimensione creativa diviene centrale, come evidenziato da Marilia Aisenstein (2015; cit. in La Scala, 2018), il transfert sul linguaggio, il quale permette di legare e articolare il pensiero primario, fondando le capacità evolutive e autobiografiche del Sé.

Questa è una funzione specifica della dimensione creativa del transfert e la possiamo descrivere come la possibilità di passare dalle rappresentazioni in parallelo degli stati ideo-affettivi (Bucci, 1997), proprie del conosciuto non pensato (Bollas, 1987), a rappresentazioni iconiche, e poi verbali nelle quali affetto e rappresentazione siano pienamente uniti, in un processo che chiamiamo di ‘simbolizzazione’, nel senso pieno con cui questo concetto è utilizzato in psicoanalisi.

Bibliografia

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Bacal H. (1985). Optimal responsiveness and the therapeutic process.  Progress Self Psychol., I, 202-227.

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Bucci W. (1997). Psicoanalisi e scienza cognitiva. Roma, Giovanni Fioriti Editore, 1999.

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Moccia G, (2017). Forme del transfert: Assetto analitico e Campo intersoggettivo. Relazione presentata al Convegno sulle Due dimensioni del Transfert: Dimensione evolutiva e dimensione ripetitiva, organizzato dal Centro Torinese di Psicoanalisi e dal Centro di Psicoanalisi Romano, Torino, 2017.

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