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Anna Maria Nicolò

30/12/12

Cronache marziane

Qualche nuovo appunto sulla vita nel Board

novembre 2014

Anna Maria Nicolò

Parafrasando il titolo del romanzo di Ray Bradbury, ho pensato di intitolare così il resoconto che mi accingo a fare sull’attività del board dell’International Psychoanalytical Association. Ascoltando i commenti dei colleghi, mi sembra che ci sia il vissuto di trovarsi davanti ad un pianeta sconosciuto e forse poco abitabile. Molte delle cose che io dirò in questo resoconto sono abbastanza note, ma le ho riportate all’interno di un discorso globale che ho cercato di offrire per illustrare climi, sforzi, difficoltà, successi. Alcune sono informazioni che ho pensato interessanti per il lettore; altre invece sono, come immaginerete, impressioni personali, espressione perciò dell’irriducibile soggettività di ognuno di noi.

Il lavoro che viene effettuato nel board è certamente ampio e forse un po’ faticoso, ma ti permette di avere uno sguardo a tutto tondo della psicoanalisi nel mondo a contatto con le realtà sociologicamente e economicamente più varie. Le psicoanalisi sono molte e nel board dell’IPA esse sono parzialmente rispecchiate. Nei dibattiti e nelle decisioni da prendere c’è sempre una sottile tensione che fa capo ai modelli e ai territori di appartenenza e, inutile dirlo, le contrapposizioni più importanti sono tra coloro che difendono apparentemente una psicoanalisi vissuta come pura e coloro che invece rispecchiano modelli di lavoro più aderenti al mondo che cambia. La tensione continua tra continuità e cambiamento come due principi identitari viene riproposta anche in questi ambiti.

Il board si trova sempre a dibattere problemi complessi e a prendere decisioni non sempre facili o popolari. 

Il primo problema poco popolare è il problema economico e cioè destinare fondi a quell’area della psicoanalisi o piuttosto ad un’altra. La ricerca è un’area che assorbe molte energie economiche e viene giudicata da molti componenti importante per lo sviluppo e la crescita, ma non per tutti è così. Essa assorbe all’incirca un quarto dei fondi ed ha visto recentemente un cambio al vertice. Il nuovo chair, come tutti sanno, è Mark Solms che si trova a fronteggiare un committee vasto per il numero delle persone che coinvolge e faticosissimo per l’attività da svolgere… Ci sono vari tipi di ricerca: pura, applicata, clinica, comparativa. Questo committee tra l’altro sovrintende a quali ricerche finanziare e a come farlo. I risultati delle ricerche possono essere comunicate sia all’esterno che all’interno. Ma al contempo destinare questi fondi alla ricerca piuttosto che allo sviluppo della psicoanalisi nei Paesi dell’Est o nelle nuove aree geografiche può significare diminuirli in altre aree. Una vera spending review è cominciata anche nell’IPA con la riduzione del numero dei componenti dei committees e delle spese da effettuarsi.

La crisi dell’IPA attualmente percorre molti campi: dalla difficoltà in molte parti del mondo a reperire pazienti, alla scarsità dei candidati; dalla sparizione della psicoanalisi nelle università e nelle strutture pubbliche, alle difficoltà che molte società hanno a esistere e a mantenersi, a causa dell’età avanzata dei membri che causa un impoverimento delle stesse società per l’assenza delle quote societarie. 

A fronte di questo, il movimento psicoanalitico si è molto espanso in questi ultimi decenni soprattutto in Paesi dove prima era, per cultura e tradizioni politiche, completamente assente. Il board delega una grande responsabilità, per lo sviluppo di questa area, all’ING (International New Groups Commitee) composto da un chair, che è Maria Teresa Savio Hook, una collega di origine italiana che vive in Australia e da un co-chair per ciascuna regione dell’IPA. Il compito di questo comitato particolarmente importante è quello di stimolare la crescita e la conoscenza della psicoanalisi in aree dove era assente, permettendo la nascita di Study Groups e il loro sviluppo in Provisional Society e garantendo un’alta qualità dei programmi di formazione. La nomina di ING Sub-Committees, Site Visit Committees, Exploratory Committees, Sponsoring Committees e Liaison Committees, nominati dal presidente su suggerimento del chair dell’International New Groups Committee e approvati nel board, segna tutte le fasi abbastanza complesse di questa attività. Paesi come l’India, alcuni paesi dell’Est o del Medio Oriente, ma soprattutto la Cina, si affacciano all’IPA in modo significativo e fanno intravedere un aumento numerico rilevante dei soci dell’IPA, ma nello stesso tempo portano inevitabilmente, con loro, mutamenti sul piano della formazione e dell’attività clinica per quanto riguarda il numero delle sedute e le estensioni del setting.

Nuovi setting sono stati applicati e sono ancora allo studio: la remote analysis si svolge quando analista e paziente non sono presenti nella stessa stanza e fa riferimento a quelle analisi condotte con il telefono o con skype, con o senza webcamera. A differenza di queste forme, la shuttle analysis e l’analisi concentrata implicano variazioni del setting ma sono condotte nello studio dell’analista. Sono quelle forme di training a disposizione di candidati di Paesi lontani e con difficoltà economiche per cui i candidati si riuniscono e concentrano la loro analisi con didatti di Paesi stranieri in periodi concentrati di tempo. A volte queste formule sono alternate l’una con l’altra. Naturalmente tutte queste variazioni del setting sono permesse in quei Paesi dove i candidati non hanno la possibilità di accedere ad un’analisi effettuata con criteri standard a causa dell’isolamento geografico o di speciali situazioni, quando cioè la lontananza rende molto disagevole il lavoro. Io credo che non possiamo prevedere gli effetti nel tempo di queste variazioni, anche se esse sono obbligate dalla situazione di fatto che questi paesi vivono, ma anche dalla loro cultura.

La composizione dei componenti dei Committee nominati dal board e dal presidente per insegnare, supervisionare o controllare lo sviluppo di queste attività, ha poi un peso culturale rilevante dato che naturalmente ogni psicoanalista porta con sé il suo metodo e la sua cultura a seconda per esempio che abbia una formazione di tipo anglosassone o di tipo francese. La colonizzazione di uno o dell’altro di questi paesi, è un pericolo possibile ed è un elemento che dovrebbe destare molta attenzione dato che anche gli psicoanalisti non si sottraggono alle logiche espansionistiche e di occupazione del territorio.

La presidenza Bolognini ha inaugurato e sta attuando una politica progressiva di apertura e sta mobilitando le strutture dell’IPA. Nuovi temi si impongono, nuovi approcci al sociale e nuovi modi di trattare e risolvere antichi problemi. A questo proposito, la presidenza Bolognini ha incrementato le attività già esistenti o creato nuove strutture. Il Public Communication Committee, il Membership Communication Services Committee e il Website Editorial Board stanno lavorando a questo proposito, ma due Task Forces si sono aggiunte: una destinata a migliorare e incrementare l’immagine della psicoanalisi e l’altra che si occupa dei social media. Esse si rivolgono in particolare agli operatori della salute e ai giovani di varie età e professionalità. Esplorano inoltre il territorio dei media, ad esempio Twitter, Facebook, LinkedIn, blogs, tra gli altri.

Questi e molti altri temi vengono trattati nelle commissioni che si occupano di queste tematiche mentre resta al board l’approvazione finale delle loro decisioni o eventualmente la valutazione del loro lavoro.

Il lavoro del board, a seconda delle necessità, può scorrere liscio o può essere molto consistente. Esso si svolge, non solo nelle riunioni periodiche che vengono fatte in persona, in occasione dei congressi internazionali e nel joint meeting, ma anche nei call meeting (le riunioni telefoniche) e tramite mail.

Sia il board che i sottogruppi europeo, americano, sudamericano non si sottraggono alle dinamiche gruppali, ma, come ho accennato nel mio altro report, non vi è solo una crosss fertilization tra modelli diversi e opinioni diverse, vi è anche uno scontro che non sempre corre su canali aperti e di franco confronto, come è naturale in tutte le istituzioni complesse.

La presenza dei professionals, i professionisti dell’IPA, cioè di quegli psicoanalisti che passano dall’essere membri di un committee, ad essere presidenti di una società ad essere membri del board e poi si fanno nominare in un site visit committee per poi ritornare ad essere vicepresidenti di quella o di quell’altra struttura, è importante perché essi sono la memoria storica dell’ IPA e conoscono a menadito tutta l’imponente burocrazia della struttura e i sottili rapporti tra le norme, le tradizioni e quello che si può e non si può fare (al pari dei burocrati dello stato italiano), dall’altra possono costituire una terribile corrente di potere, ma anche di immobilità. Ho già scritto nell’altro mio report su questo tema. Quote di idealizzazione della psicoanalisi come fede religiosa, come posizione mistica, possono essere intraviste in certi atteggiamenti ed esse finiscono poi per far sentire chi ne è portatore come il defensor fidei che deve sconfiggere gli eretici. Con finalità di facilitare la comprensione, sono costretta a tipizzare un po’ le posizioni. E’ veramente incredibile e anche un po’ preoccupante che possa esistere una corrente che come un continuo fiume si batte per combattere ogni cambiamento, tentando di imporre dappertutto e in tutti i modi possibili, sempre e solo un modello che deve restare immutabile da cento anni a questa parte, un modello costituito dalla “cura tipo” nella formazione, dai modelli prefissati di training, dalla chiusura all’esterno. Per essi l’Outreach è un’eresia, la perdita dei pazienti è irrilevante, le modificazioni necessarie per la cura dei pazienti gravi qualcosa che riguarda solo marginalmente la didattica della psicoanalisi. Queste posizioni impongono un continuo confronto, possibili mediazioni, dialoghi e anche scontri. Naturalmente poi sto dando impressioni personali che si riferiscono alla mia esperienza e perciò non possono essere generalizzabili.

Sarebbe ingenuo pensare che la nostra singola società è immune dagli effetti di queste dinamiche e che quanto avviene nell’IPA non ci tocca. Tutti questi movimenti e questi cambiamenti, che ho solo elencati, influiscono non solo dentro la struttura dell’IPA, ma indirettamente anche sulle società di appartenenza. Il tentativo di “deprovincializzare“ le differenti società locali è importante e non è rappresentato solo dalla presenza di numerosi analisti di varia provenienza nei congressi internazionali o nell’International Journal of Psychoanalysis, ma anche da altri strumenti di cui uno è il CAPSA, un committee che studia i possibili finanziamenti da dare a società per invitare ospiti stranieri. Un altro strumento sarà l’E-journal, un progetto telematico che Bolognini metterà in funzione.

L’altro certamente è stata la creazione di un sito web vivace e ricchissimo che si deve all’impegno del nostro Petrini. Il sito è una vera miniera non solo sul piano amministrativo, ma soprattutto culturale. I dibattiti che sono stati inaugurati ne sono uno dei tanti esempi. Analisti da differenti parti del mondo si sono cimentati su temi di attualità sociale e psicoanalitica, portando con loro orientamenti modelli e pensieri differenti. Naturalmente la lingua è rigidamente l’inglese, che peraltro in alcuni dei nostri istituti italiani è stato introdotto attraverso seminari che si svolgono in inglese.

Questo ci fa pensare (e non solo questo) che è importante anche per ciascuno di noi non limitarsi a coltivare il proprio orticello nazionale. Uno sguardo al mondo intero della psicoanalisi ormai è ineludibile. Il nostro panorama psicoanalitico non si ferma solo ai confini dell’Italia. Tutti noi e naturalmente coloro che sono più impegnati nelle strutture societarie devono essere capaci di guardare oltre e di collegarsi con società sorelle, con l’IPA e le sue commissioni. Questo in parte sta già avvenendo. Il nostro presidente Ferro ha un riconoscimento internazionale, molti colleghi lavorano a pieno ritmo in molte commissioni. L’italiano Paolo Fonda è il fondatore e il chair del PIEE, di quell’istituto a cui è stata demandata la fondazione e lo sviluppo della psicoanalisi nei Paesi dell’Est o in ogni caso lontani. Non citerò i molti altri che sempre di più mostrano la ricchezza e la forza della psicoanalisi italiana. Per quanto ho potuto vedere girellando in varie parti del mondo, la psicoanalisi italiana mostra una maturità raggiunta, una capacità clinica e teorica rilevante e porta con sé la dote straordinaria che è la ricchezza della molteplicità.

Permettetemi però, nel finire, di tornare alle mie cronache marziane, racconti un po’ romantici di un autore di fantascienza, Ray Bradbury, ma sopra tutto di ricordare un altro suo libro: Fahrenheit 451, che descrive un mondo dove per i cittadini è un reato leggere. Tutti i libri vanno bruciati ed i cittadini devono obbedire al compito di istruirsi guardando solo la televisione: i cittadini dovranno vivere serenamente, senza altra forma di comunicazione dato che la tv dirà cosa è giusto o no. La diversità va abolita e così ogni altra informazione che possa spingere a sviluppare idee diverse dall’ortodossia. A certi livelli ognuno è marziano per l’altro, ma a volte mi sembra proprio che la sfida in istituzioni come le nostre sia accettare la diversità in un mondo che cambia.

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Una libera e semiseria cronaca dal Board

dicembre 2012

Sospetto che gli psicoanalisti, chiamati a votare periodicamente per le elezioni dei vari membri del Board dell’IPA, si siano molte volte interrogati su quali siano le mansioni, i compiti o i vantaggi di un “representative” (così si chiama il membro del Board dell’IPA che viene eletto tra i vari che si presentano). Forse, per iniziare, potrebbe essere interessante avere notizie di carattere generale.

I membri del board sono, in tutto il mondo, ventuno: sette per ogni continente dove sia stata storicamente presente la psicoanalisi. Da poco si sta affacciando in questo panorama l’Asia. I representatives non rappresentano però la loro nazione di origine, ma devono lavorare super partes. A ciascuno di essi è affidato poi un piccolo gruppo di società psicoanalitiche, di cui è link (ne cura perciò l’informazione e il legame con tutto il Board). Concretamente il lavoro si svolge attraverso riunioni (almeno quattro ogni anno), ma nel corso dell’anno esiste, fatti salvi pochi giorni per le feste canoniche, un lavoro quotidiano di scambio tramite e-mail e continue proposte o “conference call” (appuntamenti telefonici di gruppo) su vari aspetti della vita dell’IPA, questioni da studiare o accordi da prendere. Le spese di viaggio sono rimborsate per le riunioni ad personam solo in due casi su quattro, perché si presuppone che due di questi appuntamenti coincidano con i convegni dell’IPA e della FEP, ai quali viene di fatto richiesta una partecipazione obbligatoria. Nell’insieme alla fine si tratta di un impegno economico abbastanza oneroso, ma non nego che tutto questo impegno sia affascinante.

Ogni riunione è anche accompagnata dallo studio di molto materiale e da moltissime mail di confronto con gli altri:. , E’ come entrare dietro il sipario e guardare lo spettacolo nel suo organizzarsi. Problemi, che non si erano mai immaginati, si concretizzano davanti agli occhi, con urgenza, preoccupazione e ammirazione, in special modo per tutti quei paesi che da poco si affacciano all’IPA con grande impegno ed enorme sacrificio. Mi diceva recentemente il Presidente di un’associazione, solo da pochi anni membro dell’IPA, che la quota associativa costa a ciascuno dei soci l’equivalente di otto sedute di lavoro e che spesso i suoi colleghi gli chiedono cosa sia l’IPA e perché dovrebbero farne parte. E lui si sforza con entusiasmo di convincerli, e racconta loro cosa succede a Londra, a Broomhills, ma dal suo discorso si può sospettare che la realtà sia idealizzata e trasformata da molte fantasie. Eppure questo lavoro, questo incarico, ti dà un’immagine globale dell’Istituzione psicoanalitica, in tridimensionale, con luci e ombre e con un’enorme complessità. E le teorie, quelle che ti sei portato dietro con tutti i tuoi pazienti, la fatica che hai fatto nel curarli, proprio nel campo di un lavoro che sembra amministrativo, si personificano e ti viene da impegnarti, da lavorare, perché credi in quello che fai e nell’avvenire di un’illusione.

Nell’IPA, il Board è una sorta di parlamentino e la capacità di prendere decisioni è in realtà concordata tra il Presidente, che ha certamente un potere rilevante, e il Board, che,  dovrebbe ratificare le decisioni prese dal presidente a seconda dei casi. Naturalmente l’accordo tra maggioranza del Board e Presidenza, analogamente a quanto accade in politica, garantisce una maggiore facilità di governo rispetto a tendenze a volte discordanti. Il representative è tenuto a un’assoluta riservatezza. Questo è forse l’elemento che sollecita di più le fantasie dei colleghi, rendendo a volte difficili le comunicazioni. All’inizio del suo lavoro, il representative si è impegnato per iscritto a questa regola, che in genere viene globalmente mantenuta.

Da qualche anno esiste una commissione apposita per gli “Appointments”, e cioè le nomine dei colleghi alle varie commissioni, che ha il compito di proporre nomi per i vari incarichi che il presidente può accettare o no. Tutto questo va naturalmente ratificato nelle riunioni finali che, come si può facilmente arguire, sono dense di decisioni da prendere, questioni da discutere, rapporti da leggere o da studiare, interviste a colleghi su vari temi. Il lavoro si svolge a tutto campo. L’IPA è una realtà molto complessa e articolata, fatta di un vasto numero di commissioni per vari scopi: dalla formazione, dalla ricerca, all’outreach, all’etica, alla didattica, alla ricerca. Essa naturalmente si interessa anche di editoria, ma in genere tratta ciascuno dei vari problemi che le molteplici società o study groups psicoanalitici propongono. L’aspetto più interessante e complesso è quello non ufficiale, ma certo è anche il più difficile. Come si può immaginare, l’organizzazione politico-burocratica dell’IPA è enorme ed è percorsa da correnti di politica scientifica e di politica della formazione che corrispondono alla molteplice realtà della psicoanalisi nel mondo. Accettare o no alcune proposte, nominare quel collega o quell’altro in un committee più o meno significativo, equivale in realtà a incidere in modo rilevante sulla politica. Eleggere in un committee un intersoggettivista o piuttosto un freudiano DOC o un kleinaino della prima ora, significa determinare spesso un orientamento. E su questo si possono scatenare difficoltà o dibattiti. E poi c’è la questione del cambiamento. Noi non siamo una società commerciale, anche se a un certo livello siamo travolti anche da problemi economici. In una società commerciale il fine è il lucro, e questo rende più semplici le cose. I nostri fini sono altri, la clinica, la ricerca, la formazione, ma anche la continuazione della nostra esistenza, la diffusione della psicoanalisi, etc…, e quindi il raggiungimento di fini tanto complessi rende il lavoro molto più arduo e molto più articolato il cambiamento.

Se posso evocare un’immagine figurativa, direi che i mutamenti nell’IPA si determinano come il lento approssimarsi delle onde di un mare calmo. La marea va e viene. A volte, e apparentemente senza preavviso, vi sono tsunami e, come in tutte le istituzioni o nei gruppi, questi sommovimenti invece fanno sempre paura e da molti sono evitati. Non possiamo immaginare quanta paura desti il cambiamento anche tra gli psicoanalisti, cioè tra gli esperti di cambiamento!!. Ma è anche necessaria la prudenza, dato che spesso, e senza che nessuno ne sia veramente responsabile, si determinano gli effetti valanga e cioè una piccola decisone presa a New York, può avere un effetto a Madrid e diventare una valanga a Timbuctu!! E poi c’è un’altra questione, anche questa importante negli equilibri nel Board, e cioè la divisione tra i representatives: tra i professionals e i non professionals. C’è di fatto una pericolosa separazione tra coloro che ripetutamente si candidano per entrare nelle leve del potere, i cosiddetti professionals dell’IPA, e coloro che invece effettuano questo lavoro, per la prima o la seconda volta, senza provenire dal lungo training politico che li ha visti presidenti di quella commissione, membri di quell’altra, presidenti di quella società o componenti di quell’altro comitato. Ma vi sono anche gli outsiders, persone che sono elette per caso o invece per una strana alchimia della sorte si trovano in quei posti. Tra i due, almeno all’inizio, esiste una differenza nella conoscenza del contesto, dei problemi, e questo è ovvio ma esiste perfino una differenza di linguaggio. Potete mai immaginare stando all’esterno cosa significano EXCOM, ALLREPS, NAMREPS, LAMREPS, BECRTF, APPCOM, CAPR, etc….? Per fortuna, l’efficientissimo staff di Broomhils si rende assolutamente conto dei problemi e soccorre la new entry.

Non è una tragedia, direte voi!! Basta fornirsi di pazienza, di un foglietto con le abbreviazioni, di qualcuno che ti soccorre e di Freud che ti pensa dall’aldilà se esiste. Ma naturalmente la conoscenza del linguaggio è potere ed è anche potere la conoscenza delle procedure. Una procedura sbagliata può far fallire una richiesta, mettere in cattiva luce un procedimento, impedire la presentazione di una domanda. Questi inghippi sono strumenti di potere e di lavoro, non facili per uno psicoanalista. In certa misura anche i professionals dell’IPA, che forse non sono simpaticissimi a sentirne parlare così, sono utili dato che sono i maggiori esperti delle regole e degli andamenti ufficiali e ufficiosi. Il pericolo è piuttosto quando i professionals diventano troppi come numero, oppure quando una sola persona raccoglie, come non dovrebbe per regola succedere, troppi incarichi. Questo è veramente un enorme problema perché, senza che nessuno se ne accorga, il bene dell’istituzione viene confuso con il bene del singolo. Chi mai ci salverà dai salvatori della psicoanalisi, da coloro che sono strenuamente convinti che lo spirito di Freud, ritornato in vita, ha affidato a loro, proprio a loro e solo al loro, la salvezza del messaggio? Certo può essere molto difficile confrontarsi con l’idea messianica che in fondo alberga in ognuno di noi, e che ci fa ritenere che solo con quella drastica posizione, con quella difesa ad oltranza, si potrà evitare lo sfacelo della psicoanalisi. Il fatto grave è che, al di là di tutti i commenti possibili, siamo veramente in un momento di grave crisi della psicoanalisi e quasi tutti noi lo sappiamo. La carenza di pazienti disponibili, la diminuzione di candidati in training, il rilevante invecchiamento degli analisti in tutto il mondo (il cosiddetto problema dell’ageing), la sparizione degli analisti nei servizi pubblici e soprattutto nelle Università, dove vengono sostituiti dai terapisti cognitivo-comportamentali, questi e molti altre questioni rendono questo momento difficilissimo.

Quale sarà la soluzione? Chiudersi del tutto ritagliandoci uno spazio limitato nel sociale, come alcuni suggeriscono convinti che, mantenendo un livello di altissima specializzazione e senza confonderci o sporcarci le mani, prima o poi noi analisti IPA vinceremo? O invece adattarci, rispondendo alle richieste di una realtà che cambia e correndo il rischio (dicono gli altri) di una sorta di “imbastardimento” che impedirebbe di differenziare il nostro faticoso training e il nostro articolato intervento – l’oro insomma – da quello di tutti gli altri, certo per lo più approssimativi (anche se non è naturalmente una regola generale)? Che fare? Certo è difficile sempre e comunque districarsi tra la necessità della continuità e l’esigenza del cambiamento, che sono alla base della nostra identità. Credo che ormai tutti sappiamo che non possiamo più restare all’interno dei nostri studi protetti dal setting, e dai pazienti. La politica ci riguarda, come avremmo detto negli anni ‘70, ma abbiamo bisogno di un costante dialogo, anche di natura istituzionale. Anche se non ce ne rendiamo conto, c’è un’osmosi terribile tra questi due mondi, i nostri studi professionali e l’Istituzione di cui facciamo parte, in modo continuo e forte. Ecco perché io credo che non bisogni troppo delegare, ma entrare nel vivo e sporcarci le mani, informarsi, interrogare, capire e anche prendere posizione.

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