Cultura e Società

Devs – Commento di G. Miotto

20/05/20
Devs - Commento di G. Miotto

Autore: Giovanni Miotto

Titolo: “Devs”

Dati sulla serie: di Alex Garland, USA, 2020, 8 puntate da 50 minuti, FX, Hulu, Disney+

Genere: fantascienza

 

 

 

 

 

“Devs” è una miniserie creata da Alex Garland, autore della sceneggiatura di “28 Giorni dopo”, del libro “The Beach” e di numerose produzioni fantascientifiche, tra le quali consiglio, per gli appassionati del genere androidi, il film “Ex Machina”.

I ritmi spesso dilatati e una colonna sonora d’eccezione suggellano i picchi di lirismo di una serie che riflette, da un lato, sul tema del libero arbitrio e del potere derivante dal controllo dei dati, dall’altro sul trauma e sul dolore.

“Devs”, termine inglese per definire gli sviluppatori di un software, è il progetto cardine dell’industria high-tech di proprietà di Forest, interpretato da Nicholas Offerman, l’ineffabile Ron Swanson della serie “Parks and Recreation”.

Forest, dopo aver perso tragicamente la figlia, si rifugia nella convinzione che la vita sia mero determinismo, per sollevarsi dal senso di colpa e di responsabilità. L’obiettivo del progetto “Devs” è quello di costruire un computer così potente da poter scomporre la realtà nelle sue parti più infinitesimali, in un insieme di dati dai quali estrapolare fedelissime simulazioni del passato, anche remoto (dal Cristo in croce a un sex tape ante litteram con Miller e la Monroe), e del futuro. Probabilmente anche Freud, accanito determinista ma, al contrario di Forest, non meccanicista, sarebbe stato incuriosito dai temi trattati in questo telefilm: in un universo deterministico, in cui la storia diventa un matematico conseguirsi di causa ed effetto, che spazio rimane per il libero arbitrio? È possibile scomporre il dolore in parti talmente piccole da poterle controllare? Se il controllo dei dati diventa il controllo della realtà, uno sviluppatore (devs) può diventare un messia (deus)?

Queste sono alcune delle domande che la serie si e ci pone accompagnandoci piacevolmente per otto puntate, peccando forse solo per il finale, non così convincente, difetto che accomuna molte delle opere di Garland e forse anche della fantascienza (post?) moderna in generale.

Aprile 2020

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

L’uomo nell’alto castello - Commento di S. Monetti

Leggi tutto

Alphonse - Commento di C. Nichini

Leggi tutto