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“Cinema e Psicoanalisi” Francavilla al Mare (CH), 1-2/07/2023 Report di D. Di Sante ed E. Marchiori

19/07/23
“Cinema e Psicoanalisi” Francavilla al Mare (CH), 1-2/07/2023 Report di D. Di Sante ed E. Marchiori

Parole chiave: Trauma, Perdita,Rinascita, Individuazione, Cinema, Psicoanalisi

Terza Edizione dell’evento A.S.I.P.P. “Cinema e Psicoanalisi”, Francavilla al Mare (CH), 1-2 luglio 2023: “Vite al limite: nasce l’uomo a fatica”

Report a cura di Daniela Di Sante ed Elisabetta Marchiori

Ha avuto un grande successo la Terza Edizione di “Cinema e Psicoanalisi”, organizzata da A.S.I.P.P. (Associazione per lo Studio e l’Intervento della Psicoterapia Psicoanalitica), che da anni promuove la cultura psicoanalitica sul territorio abruzzese. È stata possibile grazie alla preziosa collaborazione del comune di Francavilla (nella persona della Sindaca Luisa Russo e dell’Assessora alla Cultura Cristina Rapino), dell’ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Psicologi) e ha ottenuto i patrocini dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi d’Abruzzo, della Regione Abruzzo e della Società Psicoanalitica Italiana (SPI).

“Cinema e Psicoanalisi” propone tradizionalmente la visione di due film a cui segue un dibattito tra registi, produttori, psicoanalisti, intellettuali e pubblico in sala.

Quest’anno le curatrici Alessandra Di Giacinto (Psicologa, Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico, Phd) e Daniela Di Sante (Psicologa, Psicoterapeuta, Candidata SPI), hanno scelto il titolo “Vite al limite: nasce l’uomo a fatica”. Prendendo ispirazione dal verso leopardiano tratto dalla poesia Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, hanno proposto il quesito se sia possibile rinascere (o nascere per la prima volta) dalle macerie affettive che traumi precoci, spesso cumulativi, possono lasciare nella vita di un soggetto, sanando le proprie ferite, saldando frammenti di Sé e attraversando terre di confine, tra passato e presente, tra generazioni che si scontrano e si incontrano. I personaggi dei film proposti sono uomini e donne, genitori, figli e figlie, che tentano un dialogo aprendo, forse, alla speranza di una vita degna di essere vissuta.

I film scelti sono stati “L’immortale” (2019) di Marco D’Amore (in streaming su Netflix, Sky, Now, Prime e altre piattaforme https://www.youtube.com/watch?v=mNz2Y0RHZBc) e due episodi della serie televisiva “Django” (2023), di cui è direttrice artistica e regista di quattro dei dieci episodi Francesca Comencini (in streaming su Sky e NOW https://www.youtube.com/watch?v=XeRf2tvCndA).

Ospiti della prima serata sono stati il regista Marco D’Amore, noto al pubblico principalmente per il ruolo di Ciro Di Marzio nella serie “Gomorra”, di cui è divenuto anche regista nella quarta e quinta stagione, Antonio Buonanno (Psichiatra, Psicoanalista SPI) Luca Briasco (Editor di Minumum Fax)   Elisabetta Marchiori (Psichiatra, Phd, Psicoanalista SPI), Anatolia Salone (Psichiatra, Phd, Psicoanalista SPI) e Riccardo Tozzi (produttore cinematografico e televisivo, fondatore di Catteleya).

“L’immortale” è uno spin-off della serie televisiva “Gomorra” che “fa resuscitare” il personaggio di Ciro Di Marzio, creduto morto. Le vicende rappresentate si svolgono parallelamente a quelle della quarta stagione e raccontano di come Ciro sia miracolosamente sopravvissuto, ancora una volta, al proiettile sparato dall’amico Genny. Costretto a fuggire in Lettonia, ritrova figure del passato che lo hanno segnato profondamente e lo hanno reso l’uomo che poi è divenuto. Attraverso una serie di flashback fa conoscere allo spettatore la sua drammatica infanzia di orfano, cresciuto per diventare un feroce camorrista, segnata da eventi di grande impatto traumatico, che ne hanno plasmato la personalità. Lo spettatore può cogliere la profonda drammaticità del vissuto di un soggetto che non può scegliere il bene, perché, forse, non lo ha mai conosciuto davvero. Il terremoto, con cui il film si apre, e dove i genitori di Ciro hanno perso la vita, rimanda a quella voragine che si apre quando si nasce e si cresce senza essere nella mente di qualcuno, quando non si ha la possibilità di investire in un legame affettivo adeguato nell’arco della propria vita.

La discussione si è focalizzata su diversi temi: il conflitto tra il bene e il male, l’impossibilità di rinascere laddove le esperienze primarie non hanno consentito l’identificazione con un caregiver sufficientemente buono e, da qui, quanto un bambino sia disposto a rinunciare a parti di Sé, pur di salvare una figura con cui identificarsi. Dal pubblico, diversi interventi hanno sottolineato quanto l’ambiente, non solo familiare e sociale, ma anche nei suoi aspetti architettonici e concreti, possa o meno favorire un buon sviluppo del soggetto e quanto il film abbia evidenziato intenzionalmente questo aspetto, con una fotografia e una scenografia essenziali e minimaliste.

La povertà dell’ambiente familiare, sociale ed emotivo mostra infatti che Ciro sopravvive, resta in vita, non muore, è immortale, ma “si sente morto”. La sua appare una non vita,in cui resta incastrato: è uno zombie tormentato che si aggira nell’esistenza in cerca di riscatto, che tuttavia sembra impossibile da ottenere. L’importanza nella vita della speranza (in questo caso la mancanza di essa), è stata dunque sottolineata durante la serata e ha creato un fil rouge con la successiva.

Per quest’ultima gli ospiti in sala sono stati la regista e direttrice artistica Francesca Comencini della serie “Django”, presentata alla Festa del Cinema di Roma e premiata ai Nastri d’Argento 2023,  Antonio Buonanno, Elisabetta Marchiori, Luca Briasco, Riccardo Tozzi ed Enrico Perilli (Presidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi d’Abruzzo).

“Django”, liberamente ispirato al film di Sergio Corbucci (1966), già nelle prime scene ci presenta un luogo che nasce da un rifiuto, ma che si fa forza della sua fragilità, nella speranza di un futuro possibile: apre infatti le sue porte in prima battuta New Babylon, una città nata sulle macerie della guerra secessionista e che fa da scenario a storie familiare in cui padri, madri, figlie e figli attraversano ferite e traumi nell’estremo tentativo di affrontarli e, possibilmente, di elaborarli.

Anche qui i flashback — che rimandano all’atemporalità dell’inconscio, ciò che sembra appartenere al passato si ripropone ed è vivo nel presente — ci conducono in un intreccio di vicende umane che si dipanano, tentando una riparazione che qui appare possibile, anche se non per tutti i protagonisti. Ripercorrere insieme la propria storia diviene così un’opportunità di riconoscere i propri fantasmi e affrontarli, integrarli per poter vivere davvero una vita che sia ricca e autentica, certo non senza conflitti o fatica.

Trasformazione, riparazione e processo di individuazione sono stati i temi al centro del dibattito, oltre a una riflessione sul linguaggio cinematografico di oggi: la serialità odierna è figlia del cinema, le serie televisive sono grandi racconti cinematografici. Il produttore Riccardo Tozzi ha definito la serie “Django” “un western psicoanalitico”, sottolineando la profondità con cui Comencini ha delineato i suoi personaggi e le dinamiche messe in gioco. La regista, che valorizza i ruoli femminili e mostra eroi maschili che si espongono nelle loro fragilità, non ha mancato l’occasione per dire quanto ancora oggi nel mondo del cinema essere una regista donna presenti non poche difficoltà.

Dal pubblico è nata poi una questione: trauma e perdita possono essere considerati sinonimi?

Entrambi i film senz’altro hanno aiutato a riflettere su quanto le perdite possano essere vissute come traumatiche quando non c’è nessuno insieme a te che possa accogliere, comprendere e condividere il dolore. Il trauma così può segnare la vita di un individuo, alterandone il percorso di crescita, di soggettivazione e di individuazione, rendendolo molto difficile e doloroso.

La buona riuscita dell’evento ha confermato ancora una volta quanto il Cinema condivida con la Psicoanalisi la capacità di entrare in contatto con emozioni profonde e con il proprio inconscio: nei film ci sono storie, personaggi e vicende che si srotolano davanti ai nostri occhi e coinvolgono tutti i nostri sensi, conducendoci là dove risiede la natura umana più profonda, proprio come accade in una buona seduta di analisi in cui si sviluppano, a partire dai racconti delle nostre e dei nostri pazienti, trame significative su cui poter costruire dei nuovi significati.

La grande partecipazione del pubblico, numeroso, attento e interessato, ha reso le due serate profondamente emozionanti, dinamiche e vivaci, ribadendo la necessità di continuare a creare spazi di ascolto, scambio e condivisione in cui poter valorizzare la cultura e l’arte in ottica psicoanalitica, creando curiosità e interesse per la Psicoanalisi.

Luglio 2023

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