
Parole chiave: bullismo, femminicidio, INCEL, scissione della personalità, violenza
Gli Incel
Uomini che odiano le donne. Riflessioni sulle nuove fragilità maschili
Rossella Valdrè
Abstract
L’articolo vuole portare un contributo, all’interno della complessa riflessione sul femminicidio, portando in luce e tentando una prima riflessione sul fenomeno contemporaneo dei cosiddetti “Incel”, i celibi involontari. Si tratta di una vasta subcultura nata on line, diffusa ormai in tutto l’Occidente che, mescolando teorie deterministiche e rigide categorizzazioni, fa delle donne un possibile bersaglio di misoginia. Contraddistinguono il fenomeno, rispetto al passato, l’enorme cassa di risonanza della platea virtuale e l’abbassamento dell’età dei ragazzi partecipanti, come evidenziato dalla serie TV Adolescence. Descrivendone il tipo di filosofia sottostante e il linguaggio, l’articolo vuole, da un lato, presentarne le caratteristiche peculiari e, dall’altro, ipotizzare alcune letture psicoanalitiche, tenuto conto che si tratta di un fenomeno recente e ancora poco studiato.
Si sono tenute in considerazione le dinamiche inconsce gruppali, la scissione schizoparanoidea all’interno delle personalità e l’importante ruolo socioculturale svolto dall’indebolimento della struttura edipica e delle funzioni paterne. Si ritiene che su tutti questi aspetti, la psicoanalisi possa fornire un suo valido contributo.
A margine di articoli che vogliono tentare di esplorare il complesso fenomeno dei femminicidi, ci è parso opportuno includere una riflessione su un fenomeno contemporaneo che non può chiamarsi fuori dal clima culturale che anima oggi il nostro contesto sociale: i cosiddetti Incel, i celibi involontari che popolano la rete.
Chi sono gli Incel?
Nato negli anni Novanta in un blog canadese che voleva offrire uno spazio di ascolto alle persone queer che non trovavano partners (l’Alana Voluntary Celibacy Project), il termine e il concetto di Incel (Involuntary Celibate) se ne distaccò successivamente, creando una diffusa subcultura on line a cui aderirono ragazzi e uomini di tutti i Paesi, prevalentemente bianchi eterosessuali, che si definiscono ‘celibi involontari’ in quanto rifiutati, scartati dalle donne. Prima di addentrarci in questo complicato universo, che mescola insieme teorie di determinismo biologico con odio di classe e misoginia, occorre tentare di darne una descrizione e comprenderne il linguaggio.
Come in ogni comunità chiusa, autoriferita e che intenda definire e fornire identità ai suoi membri, i gruppi Incel, che oggi costituiscono un variegato panorama sempre più esteso, hanno inventato un loro proprio linguaggio, un glossario entro il quale comunicare e riconoscersi.
Ogni suo membro, così, scontento della vita e rabbioso per sentirsi uno “scarto” dalle scelte sessuali delle donne (le donne belle e giovani), smette di essere un nessuno: è diventato un Incel.
È qualcuno, tra molti altri come lui con cui riconoscersi. Un primo motivo del successo dei gruppi risiede, quindi, nell’affermazione identitaria e nell’uscita, virtuale, dall’isolamento e l’anonimato.
Ma andiamo con ordine.
Il fenomeno comincia ad attirare attenzione dopo alcuni famosi delitti, in particolare la strage di Isla Vista, in California nel 2014 e quella di Toronto nel 2013. In entrambi i casi, un attentatore solitario, giovane, bianco, uccise diverse persone scelte a caso per la strada giustificando in seguito il massacro come necessità di vendicarsi e di colpire “le persone felici”; Eliot Rodger, l’assassino di Isla Vista, lasciò un video, prima di suicidarsi, in cui descrisse in dettaglio la sua vita di adolescente bullizzato, la sua rabbia e frustrazione per essere ancora vergine e non aver mai dato un bacio a una ragazza. Lo scritto di Rodger venne presto assunto come vero manifesto di quello che si può chiamare un movimento sovranazionale, con sue proprie regole e leggi.
A questi omicidi di massa, ne seguirono molti altri; anche in Italia, nel 2020, il ventunenne De Marco uccise la coppia di coinquilini, fidanzati di Lecce, per invidia e risentimento: nel suo diario, fu trovato scritto che “erano troppo felici”, si amavano e progettavano un futuro, mentre lui doveva andare a prostitute. Il frequente riscontro di video e diari dimostra il profondo bisogno di riconoscimento e di essere visti, anche attraverso il gesto estremo. I casi, ormai numerosi, sono analoghi: storie di uomini infelici, arrabbiati, che si sentono rifiutati dalle donne, spesso con un passato di bullismo, e che ritengono che, per loro, non ci sarà speranza. Il rifiuto femminile, infatti, per l’Incel sarà un destino inesorabile, poiché l’interscambio tra uomo e donna, nella loro filosofia, è oggi regolato da regole biologico-culturali ferree che li vedono e li vedranno sempre esclusi.
La prima di queste regole è racchiusa nella sigla LMS: look, money, status.
Le donne belle, quelle biologicamente più appetibili, cercano solo uomini altrettanto belli, ricchi, e che corrispondano ad un preciso status sociale, dato da fama e successo. A questo stereotipo maschile viene dato il nome di Chad, ossia il maschio alfa muscoloso, alto, sicuro di sé. Anche le donne non sfuggono alla categorizzazione: classificate secondo un punteggio da 1 a 10 in base al loro “valore di mercato”, alle donne più belle spetteranno più possibilità (al 10 troviamo la Stacey, del tutto inaccessibile). Idea di fondo dell’Incel, in ogni caso, è che le donne se la passino sempre meglio degli uomini (una donna che sia 6 o 7, può ambire a un uomo LMS, ma il contrario non vale per l’uomo).
A determinare il comportamento femminile sarebbe una rigida spinta biologica darwiniana: le donne sono geneticamente portate a “ipergamare”, ossia a cercare (per la futura prole, si suppone) solo uomini belli, dominanti, ricchi, mentre scartano i deboli, i remissivi, i brutti. Il corrispettivo sito italiano degli Incel, infatti, è chiamato forum dei brutti. Gli eroi dei siti Incel sono identificati in coloro, come l’iniziatore delle stragi Eliot Rodger, che hanno saputo eccellere sia nel descrivere ed incarnare questa posizione di esclusione, sia nel compiere atti violenti liberatori. Altro riferimento è Adrew Tate, citato anche nella serie Adolescence, molto noto nel Regno Unito dove ha subito diverse condanne per stupro, trumpiano di ferro, esaltatore della misoginia, idolo della generazione Z.
Insomma, il mondo, secondo gli Incel (mondo che essi chiamano ‘manosfera’), è rovinato dalle donne; è l’odio per la donna il collante che tiene insieme questi gruppi e ne richiama sempre nuovi aderenti.
Le donne, fin dalla prima adolescenza, li hanno rifiutati, umiliati, sminuiti; più sono attraenti e più sono crudeli, attratte solo dai Chad, i vincenti. Un mondo di looser e vincitori, quello degli Incel, rigidamente diviso in categorie, che odia la debolezza, e che ha identificato nella donna la radice di tutti i mali. Va da sé che il mondo dei social amplifica la dittatura dell’immagine e della ricchezza, e che alla misoginia facilmente fa seguito il razzismo, l’odio per gli immigrati, e l’odio per le differenze in generale.
L’Incel tipico, come detto, è un bianco eterosessuale marginalizzato; spesso vive nelle periferie, ma non sempre, ha un lavoro non prestigioso, non ci sa fare né con le donne né col successo, non è un predatore, conosce l’umiliazione e la vergogna come un marchio che lo perseguita fin da bambino, e nessuno ha visto la sua sofferenza. Se si leggono questi siti, non ci sono accuse alle famiglie ma alla società nel suo insieme, ai valori che impone di ricchezza, status e bellezza.
Far fuori una donna che ti rifiuta, stuprarla, può diventare un diritto.
Non vogliamo con questo dire che in ogni Incel si annida un femminicida, certo che no; ma che il fenomeno vada seriamente preso in esame quando si riflette sulle cause dei femminicidi dilaganti, anche nei giovanissimi come ci mostra la cronaca italiana. Due sono infatti gli sbocchi per un Incel: il suicidio e l’omicidio.
Da un lato, la presenza del gruppo in rete può costituire un contenitore delle angosce e della rabbia dell’Incel, che trova, finalmente un gruppo che lo accetta e lo comprende; dall’altro, su alcuni può agire da detonatore di una violenza che, senza l’approvazione del gruppo, resterebbe solo immaginaria. Il gruppo legittima, dà valore all’azione, esalta l’atto a discapito della riflessione.
Gli Incel, le cui idee sono fortemente radicate nella biologia deterministica, detestano il femminismo e, ovviamente, la psicologia con tutti i suoi correlati. Non credono nelle motivazioni psicologiche alle cose umane; ciò, forse, limiterebbe il loro status di vittime.
Per l’Incel il mondo è una giungla dove vince il più forte, il più spietato. Homo homini lupus.
Che cosa può dire la psicoanalisi su tutto ciò?
Un primo punto di riflessione è dato dal gruppo; anche se esistono come soggetti reali, gli Incel vengono intercettati, nascono e vivono in rete. Valgono per i gruppi in rete le stesse dinamiche inconsce che conosciamo per ogni gruppo: ricerca del capro espiatorio su cui proiettare tutto il male (le donne); idealizzazione di leader rappresentativi dell’Ideale dell’Io di ciascuno; assunto di base persecutorio in attacco e fuga. Appartenenza, identità, vittimizzazione.
Quest’ultima è un tratto importante. Collocandosi in una posizione vittimaria, gli Incel professano di sottrarsi ad ogni percorso trasformativo; come scrive Giglioli (2014), nella storia dell’umanità sono stati gli oppressi a lottare per una vita migliore, le vittime reclamano di essere viste e aiutate, ma non cambiano. Se si aggiunge la ferma convinzione biologico-deterministica, si comprende come sia arduo ragionare con un Incel, modificarne le posizioni stereotipe.
Non è la donna, infatti, che li rifiuta, ma la rappresentazione della donna che si sono costruiti (e anche del maschio). Catalogate in numeri le prime, e in lettere greche i secondi, la rappresentazione diventa convincimento ferreo che oscura la realtà. Un funzionamento psicotico? Perverso? Come in tutti i deliri collettivi, vi è al fondo un nocciolo di verità (Freud, 1937)? Anche le adolescenti femmine, indubbiamente, sono cambiate, come scrive Carolina Bandinelli in Le postromantiche (2024); l’Autrice osserva come il mondo delle app di incontri, frequentatissime dai giovani, alimentino un mercato dello scontento, poiché “per guadagnare l’app ha bisogno che gli utenti continuino a usarla, cioè che gli utenti non trovino la persona giusta. All’apparenza può sembrare poco logico, ma per funzionare queste piattaforme non devono funzionare”. Adolescenti bellissime e provocanti cercano ragazzi Chad, pongono requisiti elevatissimi.
Le categorie di diagnosi psichiatriche che sono state evocate per descrivere gli utenti Incel sono varie e ipotizzo che possono includere autismo, dismorfofobia, fobie sociali, ansia generalizzata, depressione, ma l’approccio diagnostico non basta a comprendere il fenomeno.
Una domanda sorge spontanea: quale generazione non ha sofferto il rifiuto in adolescenza? Chi non è stato goffo e brufoloso, a macerare di invidia per i compagni più fortunati? Eppure, si soffriva in silenzio e intanto si cresceva, in qualche modo se ne veniva fuori. Il fenomeno, quindi, anche se appoggia in eterne problematiche umane, appare squisitamente contemporaneo.
Il nocciolo comune che unisce queste personalità resta l’odio verso la donna, ritenuta avvantaggiata non solo dalla natura, ma oggi anche da politiche che la favoriscono, sia nel lavoro che nell’immaginario collettivo: la vittima, dicono gli Incel, è sempre la donna.
Si inizia a sentirsi Incel nell’adolescenza, nella pubertà. Ai primi approcci con l’altro sesso, l’adolescente inferiorizzato, incapace di una regolazione narcisistica, di un’appartenenza, fallisce nell’incontro. La ragazza lo rifiuta o, dopo una breve relazione, lo lascia. Il gruppo dei pari non è disponibile, le agenzie sociali collettive come la scuola, hanno fallito, non si trova il lavoro dei sogni: non resta che la rete. Lì, l’incontro rassicurante ed esaltante di una comunità che vive gli stessi dilemmi. Da un lato, il gruppo enfatizza ancora di più la solitudine e gli stereotipi, dall’altro può servire da spazio transizionale per accedere ad un’adultità un po’ meno tormentata. Dipende.
Sul piano psicoanalitico, sono ancora pochi gli studi su questo fenomeno recente e sommerso.
Citerò i due a mio parere più significativi. Da un punto di vista delle relazioni oggettuali, James Sterrit (2023) ipotizza un fallimento precoce della capacità di pensare di questi soggetti, ed una prevalenza di meccanismi psicotici e schizoparanoidei. Da un’altra angolatura, ispirata alla psicoanalisi lacaniana e a filosofi quali Deleuze e Foucault, si ritiene che il fenomeno Incel rappresenti uno dei prodotti del liberalismo, dove le regole del consumismo hanno condizionato le relazioni umane, trasformandole in oggetti di consumo. La cultura neoliberista, promettendo a tutti ricchezza e fortuna, finisce per escludere tutti coloro che non si vedono così rappresentati; il maschio, inoltre, sarebbe il più colpito dall’indebolimento edipico delle nostre strutture sociali (Panasiuk, 2024).
Qui ci viene in aiuto Adolescence, la fortunata serie TV britannica dove Jamie, un ragazzino tredicenne, uccide una compagna di scuola che lo rifiuta e lo bullizza considerandolo un Incel.
Jamie non era un Chad, si sentiva respinto. Una scena illumina la catena transgenerazionale di queste nuove fragilità maschili: durante il colloquio con la psicologa, emerge il fil rouge delle violenze subite dal padre di Jamie, dal nonno, subite tacitamente, passivamente e incorporate come un corpo estraneo mai elaborato, mai pensato. Una virilità umiliata e non integrata passa di padre in figlio, come un nucleo di impotenza che nel figlio diventerà un odio sordo. Fin dall’inizio, Jamie cerca il padre, lo vuole accanto, questo padre smarrito, onesto lavoratore della lower class, che ci ricorda tanti padri smarriti che abbiamo imparato a conoscere dalle cronache. Adolescenti rapiti dai social che gli adulti, i padri, non sanno più intercettare: caricato dalle aspettative di un padre che lo desiderava sportivo, Jamie, non portato per gli sport, cresce nella rabbia. La rabbia trova un facile oggetto su cui spostarsi nelle ragazze da cui viene rifiutato.
L’evoluzione dei quattro episodi della serie, credo ci indichi un possibile ruolo della psicoanalisi. Dall’iniziale negazione (non ho fatto niente di sbagliato), rabbia e proiezione della colpa, Jamie affronterà un percorso di responsabilizzazione (sono stato io) e presa di contatto con quelle parti fragili di cui si vergognava. Così come Jamie deve affrontare il lutto di un Ideale dell’Io abnorme e malato, anche il padre, alla fine, affronterà il lutto del figlio ideale. Concordo con Panasiuk quando afferma che il fenomeno non si possa comprendere se non all’interno di una complessa lettura psicoanalitica e sociale, dove l’indebolimento della struttura edipica, l’opacità del Padre che impedisce ai ragazzi l’identificazione in una sana mascolinità, giocano un ruolo centrale.
La crescita di Jamie, attraverso i colloqui con gli psicologi e il nuovo setting che gli viene offerto, mostra le grandi potenzialità del nostro intervento, non solo in sede terapeutica ma anche preventiva.
Bibliografia
Bandinelli C. (2024): Le postromantiche. Laterza, Bari
Freud S. (1937): Costruzioni nell’analisi. OSF XI, Boringhieri, Torino
Giglioli D. (2014): Critica della vittima. Nottetempo, Milano
Panasiuk M. (2024): The Incel Phenomenon: neoliberism, Oedipal crisis, and masculinity. In: Philosophy and Political Science, 2024
Sterrit J. (2023): Without memory, desire, or sex: contemplating the incel identity. In: Journal of Forensic Psychoteraphy, vol. 5, n. 1, July 2023, pp. 35-44
Serie TV Adolescence di Philip Barantini, 2025, Gran Bretagna
Suggerimenti bibliografici per l’approfondimento di alcuni dei temi trattati
Bion W. R. (1961): Esperienze nei gruppi e altri saggi. Armando, Roma, 2009
Freud S. (1921): Psicologia delle masse e analisi dell’Io. OSF VIII, Boringhieri, Torino
Girard R. (1982): Il capro espiatorio. Adelphi, Milano, 1987
Kaes R, Faimberg H. et al. (2005): Trasmissione della vita psichica tra le generazioni. Borla, Roma