La Cura

La SPI e la Psicoanalisi di coppia e famiglia. G. Trapanese e M. Siragusa

14/10/21
Louise Bourgeois, «Couple», 2004

Louise Bourgeois, «Couple», 2004

Nata come “cura della parola” (S. Freud) all’interno di una relazione a due, analista e paziente adulto, la Psicoanalisi ha introdotto già da tempo variazioni di setting importanti. L’avvenuto sdoganamento di una “psicoanalisi fuori divano”, adeguata a bambini, adolescenti e gruppi, ha successivamente permesso alla ricerca psicoanalitica, attraverso dispositivi specifici ed adattamenti del setting e della tecnica, di estendere la cura  a coppie e famiglie che si configurano come organismi complessi multidimensionali, con una loro identità trasmessa intergenerazionalmente, dominate da miti familiari che veicolano una parte della storia insieme a codici precisi per i singoli membri (Nicolò, 1990). In quanto sistema interiorizzato di relazioni, la famiglia funziona come anche un’organizzazione educativa (Meltzer,1983). Difese transpersonali e difese individuali vengono attivate rispetto ai piani fantasmatici e interfantasmatici presenti. Il focus del lavoro con le famiglie e le coppie si colloca sempre tra l’intrapsichico e l’interpersonale.

Utile sarà dare un breve panorama retrospettivo in grado di descrivere lo sviluppo che la ricerca psicoanalitica ha avuto nel corso dei decenni, e che ha rivelato una silenziosa rivoluzione metapsicologica, che ha potuto legittimare a pieno titolo una Psicoanalisi di Famiglia e di Coppia.  L’estensione del modello psicoanalitico ha, quindi, consentito al lavoro psicoanalitico di illustrare l’esistenza di più luoghi dell’Inconscio che rendono il soggetto un soggetto “singolare-plurale” (Kaes, 2008), proprio in quanto immerso in una rete di legami che consentono di inquadrare la realtà psichica come un processo in costante equilibrio tra lo spazio intrapsichico e quello relazionale. L’ascolto psicoanalitico, esteso a coppie e famiglie ha reso possibile  portare avanti la ricerca, con particolare attenzione a quelle delicate vicende che accompagnano il processo di soggettivazione. Una volta messa a fuoco la dimensione genealogica, è stata sollevata e indagata la questione relativa alla trasmissione psichica tra le generazioni e quindi relativa alle delicate vicende inerenti l’eredità psichica.  Le teorie del campo analitico e dei legami, riproponendo una rilettura del setting, hanno aperto a nuove forme d’ascolto dell’inconscio.   La silenziosa rivoluzione metapsicologica e della teoria della tecnica così avvenuta, attraverso una ridefinizione del campo di conoscenza dell’inconscio, ha riconosciuto allo “spazio specifico della realtà psichica” (Kaes, 2015)la funzione di spazio di strutturazione del soggetto. Lo sguardo psicoanalitico, che così si apre e si allarga spostandosi dal soggetto all’altro, sfonda infatti i tradizionali confini attribuiti alla comune nozione di individuo, mettendo a fuoco “spettri di identità” (de M’Uzan, 2005), che si appellano a nuove configurazioni dello spazio psichico (Kaes, 2008): intrapsichico, interpsichico, transpsichico. Siffatta impostazione  ridefinisce il concetto di confine, che si rivelerà mai stabile, piuttosto in grado di oscillare, estendersi e riassorbirsi, annullarsi e ricostruirsi, sfumare aprendosi o irrigidirsi chiudendosi, dando in tal modo centralità al concetto di legame. Proprio il legame sarà in grado di illustrare una modalità di relazione che, attivatasi “laddove la psiche può estendersi” (Kaes, ibid.), ammetterà che investimenti pulsionali, fantasmi, identificazioni e meccanismi di difesa dei singoli soggetti tenderanno a confluire e mescolarsi. L’area di legame che estende l’esperienza soggettiva al di là dei suoi confini individuali, darà origine, allora, a una modalità di rappresentazione di sé e del mondo in cui è centrale l’alterità.

Con queste premesse sarà evidente come la situazione analitica si presti a diventare “macchina acchiappafantasmi”,[1] campo di interfantasmatizzazione e luogo di passato e di futuro.

Nel 2000, in Italia, a cura della appena fondata Società di Psicoanalisi di Coppia e Famiglia (PCF) veniva organizzato a Napoli il Primo Congresso Internazionale che aveva per titolo Quale psicoanalisi per la coppia? Quale psicoanalisi per la famiglia? L’introduzione ai due volumi che ne ricalcano i titoli, e che ne raccolsero gli atti a cura di Anna Nicolò e Gemma Trapanese, accoglieva un’ampia e accurata disamina retrospettiva da cui si prenderà spunto per far descrivere anche in questa sede la storia di una ricerca che dava vita alla Psicoanalisi di Coppia e Famiglia, in Italia, in Europa e in altre nazioni come l’Argentina e gli USA.

Ma non si possono tralasciare i primi ed embrionali riferimenti alla terapia familiare che compaiono già in alcuni scritti di Sigmund Freud (1856-1939) che, nonostante abbia sempre e solo centrato l’asse del lavoro clinico sull’individuo, e mai sulla famiglia e la coppia, fa risalire la pulsione sociale e “le origini della sua formazione a un cerchio piuttosto ristretto, come quello della famiglia” (1921).  

Anche in “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci” (1910), Freud riportava all’attenzione la costellazione familiare, ma sul piano teorico, un grande salto epistemologico fu operato con “Psicoanalisi delle masse e analisi dell’Io” (1921), in cui si ribadiva che  “nella vita psichica del singolo l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto, in quest’accezione più ampia, ma indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è al tempo stesso, fin dall’inizio, psicologia sociale”. Lo sviluppo delle stesse tematiche si possono intanto rintracciare anche in alcuni contemporanei e allievi di Freud. Sia Federn che Ferenczi misero in risalto la centralità delle relazioni della primissima infanzia madre/bambino e le sue conseguenze nell’adulto.

Con Melanie Klein e Anna Freud la psicoanalisi del bambino e della relazione madre-bambino, intanto, cresce e si evolve. Si vanno affermando prime teorizzazioni sulla coppia e sulla genitorialità (S.Ruszczynsky, Fisher, S.Box, B. Copley, J. Magagna, G. Polacco, R. Britton), alle quali il successivo sviluppo della Psicoanalisi di coppia e famiglia avrebbe attinto. In particolare, il meccanismo di identificazione proiettiva, particolarmente all’opera all’interno delle famiglie, può considerarsi una sorta di ponte concettuale tra la psicologia individuale e quella interpersonale. 

Il IX Congresso Internazionale di Psicoanalisi del 1936, tenutosi a Nyon in Svizzera, che ebbe come titolo “Nevrosi familiare e famiglia nevrotica”, vide come relatore principale Renè Laforgue che per la prima volta riportò la sua esperienza analitica con la famiglia. Gli atti di quel Convegno, curati da Renè Spitz testimoniano ancora quella pionieristica esperienza che, comprensibilmente per l’epoca, non riscosse però molto seguito. 

Con Harry Stack Sullivan (“Ogni essere umano ha tanta personalità quante relazioni”) e Freida Fromm-Reichmann l’interesse si spostò sulle relazioni e il contesto.

Nel contempo Winnicott riconosceva alla famiglia una crescita propria e indipendente dai singoli membri: “La famiglia è creata con il contributo di tutti i suoi membri, non solo dei genitori, anche dei figli, anche del bambino più piccolo”. Invitava, intanto, a tenere conto delle risorse della famiglia e a stimolarle, soprattutto nei casi di figli malati fisicamente e psichicamente.

Con John Bowlby (1949) alla Tavistock Child Guidance Clinic di Londra si iniziarono ad utilizzare interviste familiari congiunte, come ausili per le sedute individuali. Lo studio delle relazioni patogene all’interno di famiglie fortemente disfunzionali trovava, intanto, con Searles un suo chiaro sviluppo: il suo saggio “Il tentativo di far impazzire l’altro partecipante al rapporto: una componente dell’etiologia e della psicoterapia della schizofrenia” viene ancora considerato, per chi si occupa di terapia familiare, un testo fondamentale. Successive scoperte avrebbero presto contribuito a sviluppare teorizzazioni e sperimentazioni tecniche che si sarebbero rivelate decisive per lo sviluppo della cura analitica di famiglie e di coppie. 

Al modello sistemico, intanto affermatosi negli anni ’60, molti psicoanalisti attinsero per sviluppare alcune strutture concettuali quali “la massa indifferenziata dell’Io” (Murray Bowen), “la lealtà familiare”, “i legami invisibili” (Boszormenyi-Nagy). In particolare, la teoria delle relazioni oggettuali di Fairbairn che ipotizzava l’esistenza di strutture relazionali interiorizzate sarebbe stata  ripresa e  sviluppata da Framo, mentre il lavoro con famiglie di psicotici portava Theodore Lidz a mettere a fuoco situazioni di follia a due, “scisma coniugale” o follia familiare.

Uno dei poli più importanti della terapia della famiglia diventava, intanto, il Family Mental Health Clinic, fondato da Nathan Ackerman che nel 1962 nel suo saggio Family Psychotherapy and Psychoanalysis: implications of Difference delineava i concetti su cui impostare la tecnica della terapia della famiglia, raffrontandoli alla teoria e alla tecnica psicoanalitica classica. Si applicava per la prima volta il concetto di “capro espiatorio”.

Alla fine degli anni Sessanta, in Europa, in Inghilterra, Francia e Italia, la terapia familiare prendeva vigore proprio in coincidenza col  movimento antipsichiatrico. Importanti pubblicazioni di Laing, allievo di Winnicott, restano la precisa cifra di quel fertile periodo che rivolse grande attenzione ai processi interattivi: L’Io diviso, L’Io e gli altri, La politica della famiglia.  Grande scalpore riscosse, intanto, La famiglia che uccide di Morton Shatzman, psichiatra americano trasferitosi a Londra, dove intanto, negli anni Settanta, erano già sorti nuovi centri di lavoro clinico con le famiglie, in cui lavoravano e facevano ricerca Dicks, Turquet e altri. In Tensioni coniugali: studi clinici per una teoria psicologica dell’interazione, tradotto solo nel 1992 in Italia, H.V.Dicks, nell’impostare un lavoro sistematico con le coppie, introduceva concetti chiave, come il concetto di membrana diadica, di collusione, di scelta inconscia del partner. Negli Stati Uniti, nel contempo, interessanti ricerche e nuovi approcci venivano sviluppati da autori come ad esempio Roger Shapiro che applicava alle famiglie le teorizzazioni di Bion sui piccoli gruppi (Esperienze nei gruppi, 1961).  

Negli anni ’80, proprio a partire dal lavoro di Bion,  Donald Meltzer  sviluppava un interessante modello sulle organizzazioni familiari e sul ruolo educativo della famiglia.

Anche la Psicoanalisi francese intanto iniziava a dare notevoli contributi. Psicoanalisti come Albert Eiguer ( con la teoria gruppale dei legami), André Ruffiot, Evelyn Granjon, accomunati dalla concezione di René Kaes di apparato psichico familiare, insieme a  Decherf, Decobert sviluppavano il concetto di fantasmi originari, che sono alla base delle fantasie sulle origini della famiglia, portatori di differenziazione tra generazioni e sessi, in grado di mobilitare la capacità della famiglia a stabilire legami,  di garantire individuazioni e cambiamenti, di assorbire traumatismi e di elaborare perdite e lutti. Nelle sue ricerche sui piccoli gruppi, Kaes (2008), teorizzando l’articolazione tra soggetto e gruppo, arrivava a proporre il soggetto come il risultato delle alleanze inconsce (2009) che lo costituiscono a sua insaputa, e dei legami che lo tengono in relazione con gli altri. La questione della trasmissione avrebbe reso conto, così, di una realtà intrapsichica che si sposta (con la possibilità di trasformarsi o meno), trasferendosi da un soggetto all’altro, transitando attraverso gli spazi intrapsichici-intersoggettivi dei legami, la funzione specifica dei quali consisterebbe nell’ unire i soggetti, pur distinguendoli nell’ordine della differenza dei sessi, delle generazioni e della differenza tra vivi e morti.

 Con Racamier si sarebbe messo a fuoco nelle famiglie psicotiche il funzionamento antiedipico ed antidepressivo, l’annullamento delle differenze di sesso e generazione. Si sarebbe rintracciato il cosiddetto “fantasma di autogenerazione” che vede il soggetto mettersi al posto dei genitori. Nel contempo, si sarebbero illustrati i meccanismi che nelle famiglie gravemente disfunzionali prevedono il sopravvento della fusionalità, delle comunicazioni paradossali, del diniego della dipendenza e della tendenza all’indifferenziazione.

In Argentina, intanto, Pichon Riviere andava sviluppando la teoria del vincolo, struttura complessa capace di includere il soggetto, l’oggetto e la loro mutua interazione, attraverso processi di comunicazione e apprendimento all’interno di una cornice intersoggettiva. Suo, il concetto di gruppo interno, costituito da un insieme di relazioni interiorizzate, in permanente interazione e sottoposte all’attività di meccanismi difensivi. Dando un notevole contributo alla teoria del “vinculo”, un allievo di Pichon Riviere, Bleger,avrebbe intanto proposto una Psicologia degli Ambiti, in nome della quale l’appartenenza gruppale, istituzionale e di comunità assumeva una centralità al fine di dare una corretta lettura alla condizione dell’individuo e delle sue organizzazioni. 

Jorge Garcia Badaracco a cui si deve la fondazione della psicoanalisi multifamiliare, intanto si occupava della psicosi all’interno del gruppo familiare, mettendo in luce le identificazioni alienanti, già descritte da H. Faimberg (1981-1985), a carattere patologico e patogeno. E’ suo il concetto di oggetto che fa impazzire (1985). Come all’interno del setting familiare, all’ ascolto psicoanalitico capace di cogliere l’ascolto che si fa dell’ascolto (ascolto dell’ascolto, Faimberg), è affidato il compito di rintracciare la realtà psichica, di dedurla proprio da ciò che l’analista pensa di aver interpretato e da ciò che gli arriva  controtransferalmente rispetto al modo con cui si ascolta quello che  viene detto. L’orizzontalità dei legami intersoggettivi e la verticalità temporale e fantasmatica dei legami che tengono insieme le generazioni descriveranno la storia di ciò che si trasmette dalle generazioni antecedenti alle generazioni successive. Decisivi i contributi di Abraham e Torok (1978) e il concetto di cripta. Esiste sempre un mandato familiare, trasmesso al nuovo nato attraverso un contratto narcisistico, che inscriverà il bambino nella catena generazionale e nel gruppo familiare, assegnandogli un posto e un ruolo, rispetto ai discorsi che lo hanno preceduto e che lo hanno investito come erede (Aulagnier, 1975), mettendolo nella condizione di assicurare la continuità, l’unità del gruppo familiare.

In Italia Giannakoulas e Giannotti negli anni ’80  portavano avanti studi sulle relazioni tra le fantasie inconsce genitoriali e il mondo interno del bambino. Negli anni ‘90 Simona Taccani e Anna Maria Pandolfi, ispirate dagli studi di Racamier lavoravano sul segreto, l’antiedipo, l’incestuale.

 Nel 1992 Anna Maria Nicolò e Giulio Cesare Zavattini con “L’adolescente e il suo mondo relazionale” affrontavano il tema della diagnosi familiare e di coppia, all’interno di un setting integrato, individuale e familiare.

Negli stessi anni, un gruppo di psicoanalisti SPI ha lavorato e ancora lavora intorno alla Rivista Interazioni-Clinica e Ricerca psicoanalitica,  su individuo-coppia-famiglia, fondata nel 1992 e diretta da Anna Nicolò. Tra il primo Congresso di Napoli (2000) su Psicoanalisi di coppia e famiglia e l’ultimo Congresso organizzato sempre a Napoli (2019) dal PCF e dalla Commissione Coppia e Famiglia dell’IPA, si inserisce tutto un fervido movimento di psicoanalisti operanti nel campo istituzionale e privato che ha prodotto ricerche, pubblicazioni, confronti. Nel 2017 la Commissione di Studio e Sviluppo della Psicoanalisi di Coppia e Famiglia, istituitasi all’interno della SPI, avviava un importante momento di censimento e poi di aggregazione di soci interessati alla Clinica Psicoanalitica di Coppia e Famiglia e alla sua ricerca. Vari i filoni di ricerca individuati che ancora ci si propone di portare avanti: L’inconscio e l’altro; La permeabilità dell’inconscio materno e familiare; il Destino sulla discendenza; il neonato: potenzialità e mobilità dell’inconscio; La famiglia degli Atridi e i loro miti; I legami fraterni; I luoghi dell’inconscio; Le nuove famiglie.

Malgrado Freud in Pulsioni e loro destini (1915) già ipotizzi un’articolazione tra il concetto di soggetto, il pulsionale e il legame con l’altro, è la ricerca psicoanalitica post-freudiana a dare particolare risalto al processo di formazione del soggetto e della sua trasformazione in un io capace di pensare la sua condizione di soggetto dell’inconscio, e quindi soggetto dei legami nell’intersoggettività (Kaes).  

Recentemente, nel settembre 2021, in un incontro del Presidente, Vicepresidente e Segretario Scientifico della SPI, con il gruppo di aggregazione creato dalla Commissione di Studio e Sviluppo istituita nel 2017 dal precedente Esecutivo SPI, è stata ufficialmente sancita l’ammissione della Psicoanalisi di Coppia e Famiglia come strumento di lavoro della SPI nell’ambito dell’estensione del campo di applicazione del metodo psicoanalitico, a coronamento di un lungo lavoro di preparazione.

Le principali  Riviste che documentano la ricerca clinico-teorica della Psicoanalisi di Coppia e Famiglia:

 Interazioni- Clinica e Ricerca psicoanalitica, su individuo-coppia-famigli; Revue Internationale de psychanalyse du couple et de la famille, Couple and family psychoanalysis, Le divan familiale, Dialogue.


[1] termine coniato da C. Traversa, riportata da Chianese D. in Il vivente e il sacro ( 2021)

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