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Intervista a Cosimo Schinaia a cura di Giulia Aloisio

10/06/15

Intervista a Cosimo Schinaia a cura di Giulia Aloisio

Offending and non-offending pedophiles

1) In your book “On Pedophilia”(Karnac Bopoks, London 2010), you explain that many pedophiles respond to psychotherapy with a defensive approach that shows either apathy or boredom; you suggest that they do as they are faced with an “emotional paralysis” regarding their victims. However, this description concerns offenders, people who inflicted sexual violence on a child. Is the reaction different when it comes to non-offending pedophiles? 

(Nel suo libro “On Paedophilia”, viene descritto come molti pedofili rispondano alla terapia con un approccio difensivo, spesso apatico o annoiato; la sua spiegazione a quest’attitudine è che, in molti casi, i pedofili sviluppino una sorte di “paralisi emotiva” nei confronti delle loro vittime. Tuttavia, questa descrizione riguarda i pedofili che hanno compiuto atti di violenza su bambini. Come si differenzia la reazione dei pedofili “non-offending”?)

The original title of my book, “Pedofilia Pedofilie. La Psicoanalisi e il Mondo del Pedofilo” (Bollati Boringhieri, Torino, 2001) [translated in English On Paedophilia (Karnac Books, London, 2010), but in French La Pedophilie, les Pedophilies (L’Harmattan, Paris, 2015) and in Spanish Él Duende, Madrid, 2011) and Portuguese (EDUSP, São Paulo, 2015) Pedofilia Pedofilias] is aimed at indicating the common mistake of using the word “paedophilia” in all-inclusive terms. The profiles of pedophiles differ both in terms of behavior and from a psychopathological perspective; time-by-time, it is necessary to make distinctions between different cases, identifying the right diagnosis, the prognosis and a possible treatment. If some pedophiles, in a totally narcissistic and destructive way, do not show feelings of compassion towards their victims, who become inanimate objects of their pleasure, some others transform their victims into accomplices, attributing to them attractions, feelings or passions that are not part of their emotional baggage.

The possible condescension, passive or not, is sometimes related with the need of protection or, in other cases, with the need for attention, affection, the need of someone who takes care of them. It is common to say that children would do anything to be loved, sometimes even forgiving the worst mistakes of adults (e.g. their parents).

The psychological mechanisms that underlie the experiences of non-offending pedophiles do not necessarily differ from those of other pedophiles. In some cases, the fear of a social disapproval, interiorized as moral law, prevails; in some other cases, the child is idealized as someone who is ready to receive and enjoy sexual attentions; in other cases, however, the child is seen as a suffering creature with whom the pedophile identify himself and, therefore, someone that he would like to protect, comfort of love through his actions, not realizing that the sexualization of emotional needs leads to an unrealistic perception of the child.

It is specifically with non-offending pedophiles that the prevailing image is that of a suffering child, not loved enough, in need of care, to whom the pedophile think it is necessary to give an affective response, tinged with sensuality. However, if the affective response has characteristics of sexual excitement, there is not a real recognition of the child’s needs, but only a distortion of them.

Il titolo del mio libro “Pedofilia Pedofilie” in italiano (“Pedofilia Pedofilias” in spagnolo e in portoghese e “La pedophilie, les pedophilies” in francese, mentre in inglese è stato preferito “On Paedophilia”) sta ad indicare la difficoltà, anzi l’errore nell’uso della parola pedofilia in termini omnicomprensivi. I quadri pedofili sono differenti sia dal punto di visto comportamentale, che dal punto di vista psicopatologico e, di volta in volta, bisogna fare delle distinzioni, individuando la diagnosi e quindi la prognosi e la possibile terapia. Se in alcuni casi, in termini assolutamente narcisistici e distruttivi, alcuni pedofili non mostrano sentimenti di compassione verso le loro vittime, che diventano meri oggetti inanimati del loro piacere, in altri trasformano le loro vittime in complici, attribuendo loro attrazioni, sentimenti, passioni che non fanno parte del loro bagaglio emotivo – affettivo. L’eventuale, passiva o meno, condiscendenza ha a che vedere talvolta con il bisogno di protezione, talaltra con il bisogno di affetto, di attenzione, di qualcuno che si prenda cura. Si dice che i bambini sono pronti a tutto per un po’ d’amore, a perdonare anche gli errori più grossolani degli adulti (per es. i propri genitori). I meccanismi psicologici che sottostanno ai vissuti dei pedofili non-offending non necessariamente sono diversi da quelli dei pedofili conclamati. In alcuni casi prevale il timore della riprovazione sociale, più o meno interiorizzata come legge morale, in altri casi si alternano immagini del bambino idealizzato e pronto a ricevere, godendo, tutte le attenzioni sessuali, in altri ancora invece, il bambino è un bambino sofferente con cui il pedofilo si identifica e vorrebbe, attraverso i suoi atti magicamente proteggerlo, consolarlo, amarlo, non comprendendo che la sessualizzazione dei bisogni affettivi comporta un’immagine irrealistica del bambino. Specificamente nei pedofili non-offending prevale l’immagine di un bambino non amato a sufficienza, sofferente, bisognoso di cure, a cui bisogna dare una risposta affettiva venata di sensualità. Se la risposta affettiva però assume caratteristiche eccitate, sensuali, si ha una deformazione di quei bisogni e non un loro autentico riconoscimento.

2) In your book, you also argue that pedophiles often suffered violence from their parents when they were children and that, many times, they were affected by the lack of role models during their youth’s years. Can you deepen this point for us? According to the above analysis, do you think that it is possible to assume that pedophilia generally develops as a result of cultural-societal influences and life experiences? Or is there a biological factor?

(Nel suo libro, Lei sostiene che i pedofili, in molti casi, siano persone che hanno subito violenza (sessuale e non) da parte dei loro genitori durante l’infanzia o che, nei giovani anni della loro vita, abbiamo sofferto per la mancanza di un valido modello in famiglia. Può spiegarci in maggior dettaglio questo ragionamento? Secondo questa analisi, crede sia possibile stabilire che la pedofilia si sviluppi come risultato di influenze socio-culturali ed esperienze di vita? O esiste, invece, un fattore biologico?)

While it is true that the stories of many pedophiles are characterized by past violence, traumas or micro traumas, both at the physical and the mental level (indeed, today we can also talk about family mental abuse or developmental trauma disorder DTD, because trauma is pervasive in the first ten years of development)), it is not automatic to assume that someone who has been abused as a child will turn into a pedophile. In this respect, it is important to avoid stereotypes that can violate twice the abused child. That said, it is clear that family, as well as the micro-social and socio-cultural environments or negative encounters, can foster the development of the disorder. Many scholars have tried to identify a biological factor (someone identifies as a cause an alteration of the production of serotonin or dopamine, or an alteration of the blood concentration of testosterone or of prolactin), but the gene (or bacterium) of pedophilia was never found. The facts that the interplay between environment and genetic makeup and biological and psychological mechanisms is inextricable and that environment can influence the genetic makeup and vice versa should be the starting point for any multifactorial reflection.

Se è vero che nelle storie di molti pedofili si evidenziano violenze, traumi, microtraumi, fisici e mentali (oggi si parla anche di abuso familiare mentale; Bessel van der Kolk (2005) propone l’introduzione della diagnosi di disturbo traumatico dello sviluppo), in quanto il trauma ha il suo impatto più pervasivo durante il primo decennio di vita), non è automatico, scontato che chi ha subito una violenza da bambino sia destinato a diventare pedofilo. Dobbiamo evitare luoghi comuni che possano violentare due volte il bambino abusato. Detto questo, è evidente che l’ambiente familiare, microsociale, socio-culturale, alcuni incontri negativi possano favorire l’insorgenza del disturbo. Molti hanno cercato di individuare un fattore biologico (alcuni hanno individuato come causa alterazioni della serotonina, della dopamina, della concentrazione ematica di testosterone o di prolattina), ma non è mai stato trovato il gene (o il batterio) della pedofilia. Che poi l’intreccio tra ambiente e corredo genetico sia inestricabile e che l’ambiente modifichi il corredo genetico e viceversa, questo ormai dovrebbe essere il punto di partenza per ogni riflessione che non deve avere i caratteri dell’assolutezza, ma invece quelli della multifattorialità, della concausalità.

3) In your analysis of pedophilia, you state that the pedophile is “dogmatically convinced of the rightness and lawfulness of his inclinations and desires”. However, the two non-offending pedophiles we spoke with were profoundly ashamed of their urges towards children and recognise that adult-child sex is something wrong, which they will never do. How would you comment it?

(Nella sua analisi sulla pedofilia, Lei scrive che il pedofilo “dogmaticamente convinto che le sue inclinazioni e i suoi desideri siano giusti e legittimi”. Tuttavia, i due pedofili non-offending che abbiamo intervistato si sono mostrati pieni di vergogna per i loro istinti verso i minori e consapevoli che il sesso tra adulti e bambini sia una cosa sbagliata, che loro mai faranno. Al proposito, ci piacerebbe avere un suo commento al riguardo)

It is all about defensive modes, somehow specular, depending on how the subject has incorporated ethical models of socio-cultural order. Let me be clear. The dogmatic regarding the building of a pedophilic desire deemed to be legitimate is a powerful defense against the guilt for not recognizing the generational difference. Pedophiles often compensate for the pain (and, sometimes, guilt) towards their inclinations with a sort of biological or pathological explanation for the nature of their urges. If the guilt prevails, the response of pedophiles is to accentuate the characteristic of rightness of their guilt; if the biological explanation prevails, the urgency and unsustainability of the feelings is emphasized, although pedophiles are well aware of the abusive aspect of the matter. One of my patients used to say: “I would want to oppose these insane ideas, but I cannot do it, it is something inherent to my person.”

Si tratta di modalità difensive in un certo senso speculari, a seconda di quanto e come alcuni modelli etici di ordine anche socio-culturale siano stati introiettati. Mi spiego. La dogmaticità circa la costruzione di un desiderio pedofilo ritenuto legittimo rappresenta una potente difesa nei riguardi del senso di colpa a proposito del non riconoscimento delle differenze generazionali. Il vissuto di sofferenza (e talvolta di colpa) nei riguardi delle proprie inclinazioni pedofile spesso si associa a una sorta di naturalità (biologica o patologica) delle proprie inclinazioni. Nel primo caso la risposta è accentuarne le caratteristiche di giustezza (giustificazionismo) nel secondo, pur riconoscendone le caratteristiche di abuso, vengono amplificate le caratteristiche di urgenza, di insostenibilità (vorrei oppormi  a queste insane idee  – diceva un paziente – ma non ci riesco, è qualcosa di connaturato alla mia persona).

4) On a similar note, you treated several non-offending pedophiles as a psychiatrist and psychoanalyst. How reliable do you think that non-offending pedophiles generally are when they say that they will never offend? Have you ever faced cases of pedophiles who defined themselves as “ethical” and then could not resist the impulse of physically approaching a child? 

(Rimanendo sul discorso dei pedofili non-offending, Lei mi ha detto di averne avuti alcuni in cura. Quanto affidabili crede che essi siano, quando asseriscono che non faranno mai violenza a un bambino? Le è mai capitato d’incontrare un pedofilo che si definisse “etico”, ma che poi non sia stato in grado di resistere all’impulso di rapportarsi in maniera fisica con un bambino?)

There is no absolute answer, as the psychopathological picture of the pedophile is very important. It is fundamental to establish if the pedophile’s mental framework is neurotic or psychotic, or if aspects of perversion or perversity prevail. Certainly, the non-offending element is a good starting point for the possibility of undertaking a potentially successful treatment. It happened to me to have patients who, despite having expressed abhorrence towards child-abuse, have then succumbed to their urges. But I also had patients who did not manifest tendency towards seductive abuse or child molestation, but who then acted violently towards other people or towards themselves (serious suicide attempts). In these cases we can see the transformation of the pedophile’s aggressiveness. These experiences should make us think twice about treatments such as castration (chemical or physical), as the problems of these people, as I would say in Italian, are “nella testa, non nei testicoli”, which means the problems are in their psyche rather than in their testes.

Non è in assoluto il passaggio all’atto, l’unico elemento distintivo per una prognosi. Conta molto il quadro psicopatologico. Se si tratta di un quadro nevrotico o psicotico; se prevalgono aspetti di perversione o di conclamata perversità. Certamente il non passaggio all’atto è un elemento favorente la possibilità di intraprendere un percorso di cura con potenziale successo. Si, mi è capitato di persone che pur avendo manifestato tutta la loro repulsione per i comportamenti di abuso sui ragazzini, poi abbiano ceduto alle loro inclinazioni. Ma mi è capitato anche di pazienti che, pur non avendo evidenziato manifestazioni di abuso seduttivo, abbiano avuto agiti eteroaggressivi violenti, o autoaggressivi (gravi tentativi di suicidio). Queste esperienze dovrebbero farci riflettere circa alcune cure quali la castrazione, fisica o chimica che sia, perché, come mi capita di dire in un gioco di parole italiano, i problemi di queste persone sono nelle teste e non nei testicoli.

5) Do you think that Western societies are doing enough to provide non-offending pedophiles with the help they need? What do you think of those online forums and communities, created and managed  by  non-offending pedophiles themselves, aimed at providing each other with support? 

(Pensa che le moderne società occidentali stiano facendo abbastanza per offrire ai pedofili non-offending l’aiuto di cui hanno bisogno? Qual è la sua opinione riguardo alla comunità virtuali create e gestite da pedofili non-offending per sostenersi reciprocamente?)

Just recently, I read articles regarding how the American legislation does not foster the treatment of non-offending pedophiles, as they risk losing their jobs if they declare their disorder in order to have access to treatments. If a school bus driver admits to be addicted to drugs, he can be cured, while being moved to another job in the meanwhile. On the other hand, if a preschool teacher declares its own pedophilic feelings, it is suspended from his job, than fired and not assisted into being moved to another job. Part of this failure stems from the misconception that pedophilia is the same of child molestation. Without legal protection, a pedophile cannot risk seeking treatment or disclosing his status to anyone for support. In Western societies, the treatment of pedophiles, offending or not, is underestimated, while giving the opportunity to be treated to someone who admits to have certain inclinations would favor an essential secondary prevention. I said secondary, because the primary prevention should be to protect the role of children in our society, in advertising, in the wrong sexualization of the child as an object, in the oscillation between the angelic and the diabolic child that characterizes particularly the Catholic religion, in the underestimation of the effects of violence in the media, etc.…. I know some virtual communities, e. g. the community of Virtuous Pedophiles. I think that it can be a good emotional supporting experience, but also that there is the risk of the first step for a sort of social and cultural recognition of paedophilia, not as a serious mental disorder that has to be treated, but as a natural state that calls for visibility like what historically happened for homosexuality. But the two existential and psychological conditions are completely different; in any case paedophilia is a mental disorder, homosexuality is an existential condition like hetrosexualityv.  What is required, therefore, is a joint effort by many scholars in the various fields involved: together with the psychiatrist and the psychoanalyst, the partecipants must definitely include the sociologist, the educationalist, but above all the politician and the legislator. In interpreting new social phenomena and proposing new laws, it is the task of the latter two categories to protect the individual and the community, dinamically harmonising individual needs with those of community life.

Proprio di recente leggevo quanto la legislazione americana, per esempio, non protegga la possibilità di cura dei non-offending pedophiles in quanto, se si dichiarano tali per accedere alle cure, rischiano di perdere il posto di lavoro. Se un autista di scuolabus dice di essere tossicodipendente può curarsi e nel frattempo può essere spostato ad altra mansione. Se un insegnante di scuola materna dichiara le proprie attrazioni pedofile, viene allontanato, eventualmente licenziato e, quindi non protetto dallo spostamento a eventuale ad altre mansioni. Gran parte di questa mancanza si basa sull’errore che avere inclinazioni pedofile e avere comportamenti di abuso infantile siano la stessa cosa. Senza una protezione giuridica, un pedofilo non può correre il rischio di richiedere un trattamento o di rendere pubblica la sua condizione a qualcuno per richiedere sostegno psicologico. Il problema della cura in generale dei pedofili, offending e non-offending è sottovalutato nei paesi occidentali. E si che dare la possibilità di cura a chi sente di avere in sé tali inclinazioni favorirebbe una vera e propria prevenzione secondaria. La prevenzione primaria dovrebbe riguardare il ruolo del bambino nella società attuale, nella pubblicità, la sua errata sessualizzazione come oggetto di consumo, l’oscillazione tra il bambino angelicato e quello diabolico presente nella religione soprattutto cattolica, nel giovanilismo imperante, nella sottovalutazione degli effetti della violenza nei media, ecc.

Conosco alcune comunità virtuali, per esempio quella dei Pedofili Virtuosi. Penso che possano rappresentare una buona esperienza di sostegno emotivo, ma esiste anche il rischio che possano rappresentare un primo passo di una sorta di riconoscimento sociale e culturale della pedofilia, non come un grave disturbo psichico che deve essere curato, ma come uno stato naturale e socialmente accettabile che richiede visibilità, come è avvenuto storicamente con l’omosessualità. Ma si tratta di situazioni esistenziali e psicologiche completamente diverse; n ogni caso la pedofilia è un disturbo mentale, l’omosessualità è una condizione esistenziale come l’eterosessualità. Si richiede allora uno sforzo congiunto di molti studiosi delle varie forze in gioco: certamente insieme allo psichiatra e allo psicoanalista, anche il sociologo, l’educatore, ma soprattutto il politico e il legislatore. Questi ultimi hanno il compito, interpretando i nuovi fenomeni socilali e proponendo nuove leggi, di proteggere l’individuo e la comunità, armonizzando dinamicamente l’esigenza individuale con quella del vivere collettivo.

6) Finally, would you like to illustrate to us one of the case of the non-offending pedophiles patients that you treated, to allow us to better understand the steps of the therapy and the characteristic of a non-offending pedophile who approach a psychiatrist and psychotherapist for the first time? 

(Infine, potrebbe illustrarci il caso di un pedofilo non-offending che lei ha curato, per permetterci di capire quali siano i vari passi che costituiscono la terapia e quali siano le caratteristiche predominanti di un pedofilo non-offending che per la prima volta si rapporta con uno psichiatra e psicoterapeuta?)

Mark is a 29-year-old man, the 3rd of three children, coming from a poor economic background. The priest of his hometown worked hard to find him a place in a boarding school, where the patient could study, earn a baccalaureate and learn how to play the organ. Despite his intellectual skills, his success in playing the organ and in his studies, he decided not to enter the seminary; however, his deep tie with religion made him chose to become part of a catholic organization that carries out voluntary activities for socially disadvantaged individuals. It is during one of these activities that he starts to feel attracted towards a little girl, partially handicapped, that he takes care of. He defies the attraction, becoming authoritarian and irascible to create the condition for a refusal from the child, to the point that the activity is suspended and he is assigned to other duties. Subsequently, he becomes part of another religious group and goes living in a convent. With time, he becomes the religious head of the boy-scout group of the church near his convent. His ability is immediately appreciated: he knows how to make the kids play and he plays with them. He makes them sing in chorus, accompanying them with the organ. Soon, he also become a confidant and a confessor for many of them, being a friend and someone who knows how to listen to them, but able to exercise moral authority. He gets really interested into an African child and he works hard to provide him and his family with economic and social support. However, the attentions towards the child become excessive. He becomes overprotective with him, wanting his exclusive attention and neglecting the other kids; he also becomes arrogant towards the child’s parents, regarding them as inadequate to take care of him. However, Mark starts to get worried when he realizes that he feels sexual excitement when thinking about the child, that he would like to travel with him, adopt him and live together. His first defensive response is the transformation of excessive care into exaggerated reproaches and emotional distance; however, he feels guilty and then reacts with equally exaggerated outbursts of attention and generosity towards him. He maintains a balance by drinking. He drinks alcohol to hold off his thoughts, which are becoming more and more lubricious in relation to the child. When he realizes that not even drinking can help him anymore, he speaks to his boss, expressing his difficulties. The boss heard of me, so he invites Mark to contact me and come to my city to talk. Together, we agree that he has to move for a while from his religious community and resign from head of boy-scouts. He accepts it immediately and finds accommodation into a religious house in my city, but he considers the need to be closed to the child (whom he never touched) as intolerable. During our treatments, he has the chance to retrace the most important phases of his life, among which the pain for the separation from his family, the inability to play with the other children on the street, the need to be always up to the expectations of his teachers; all these experiences seem to have fostered an intense identification with the African child, who comes from a poor background and from a family of immigrants. In his perspective, he was the only one able to understand how much that child was suffering and his desperate need of love. Thanks to our therapeutic relationship, he was able to understand that he was projecting his experience as a deprived kid on the African child and he started to distance from the excitatory situation, albeit with great suffering. He wanted to be the perfect father, the one he never had, the one who would given full happiness to his child, but realistically he couldn’t even be a good enough teacher. Currently, the patient is trying to understand the deep meaning of his life choice (or, better, a kind of obligation) and told me that he feels attracted to a woman and he is reflecting upon his stay within the community, thinking to leave it to devote more time to his artistic skills. His reflections on the possible decision to leave the religious order are very difficult and painful, but they are the result of a reevaluation of choices that he did not fully elaborate and might determine his path towards inadequate modes of relationships.

X è un giovane uomo di ventinove anni, terzo di tre figli, proveniente da una famiglia di condizioni economiche disagiate. Il parroco del suo paese di provenienza si è prodigato per trovargli un posto in collegio, dove il paziente. ha potuto studiare, conseguendo la licenza liceale e dove ha imparato a suonare l’organo. Il giovane, nonostante le sue riconosciute capacità intellettuali, di studio e di abilità nel suonare l’organo, non vuole entrare in seminario, ma i suoi legami con la religione sono molto intensi per cui aderisce a un’organizzazione cattolica che svolge attività di volontariato per persone socialmente disagiate. E’ proprio durante una di queste attività (occuparsi di una bambina delle scuole elementari parzialmente disabile; andare a prenderla a scuola, accompagnarla a casa ed aiutarla a fare i compiti) che comincia a provare attrazione verso di lei, quando per esempio la prende in braccio. Tiene testa all’attrazione, diventando autoritario, irascibile, creando cioè le condizioni di un rifiuto da parte della bambina, per cui quest’attività viene sospesa e gli vengono affidati altri compiti. Successivamente aderisce  a un ordine mendicante e va a vivere in un convento. Svolge mansioni via via più importanti e infine diventa responsabile religioso del gruppo di boy scouts che fanno riferimento alla chiesa situata nei pressi del convento. La sua abilità viene subito riconosciuta; è capace di far giocare i ragazzi e lui stesso gioca con loro; per di più li fa cantare in coro accompagnandoli con il suono dell’organo; non solo, ma ben presto diventa confidente e confessore di molti di loro, un loro amico e si mostra capace non solo di ascoltarli, ma di esercitare anche una buona autorità morale. Un bambino nato in un paese africano lo interessa particolarmente e si adopera perché a lui e alla sua famiglia vengano dati tutti gli aiuti economici e sociali possibili. Le attenzioni nei riguardi di questo bambino cominciano però a diventare eccessive. Diventa iperprotettivo nei suoi riguardi, esclusivo nelle sue attenzioni, lasciando in secondo piano gli altri ragazzi; comincia ad essere arrogante e aggressivo con i suoi genitori, giudicati incapaci di occuparsi adeguatamente di lui. Quando però avverte anche eccitazione sessuale nel pensare a lui, quando comincia a fantasticare viaggi con lui e solo con lui in luoghi meravigliosi, quando pensa di adottarlo e di vivere con lui, comincia a preoccuparsi. Le prime risposte difensive sono la trasformazione dell’iperaccudimento in rimproveri esagerati, distacco, disattenzione che, però, avvertiti con senso di colpa, si trasformano in slanci di affetto e di generosità subitanei e altrettanto esagerati. L’equilibrio sembra essere mantenuto dall’uso di alcol. Beve alcol per tenere a bada i suoi pensieri che diventano sempre più lubrichi, pensando al bambino. Quando si accorge che neanche l’alcol riesce a ridurre la sua tensione, si rivolge al suo Superiore, confidandogli le sue difficoltà. Al Superiore viene fatto il mio nome, per cui indirizza X dalla città in cui si trova la comunità religiosa a me, perché possa parlarmi di queste sue difficoltà.

Concordiamo che, vista la disponibilità del responsabile della comunità religiosa, di cui fa parte, si allontani per un certo periodo dal luogo e dal ruolo di responsabile dei boy scouts. Subito si dice d’accordo, per cui viene ospitato in un pensionato di religiosi sito nella città in cui io vivo, ma il bisogno di stare accanto al bambino (che non ha mai toccato) viene vissuto come intollerabile. La possibilità di ripercorrere nelle sedute le fasi salienti della sua esistenza, tra cui il dolore per il distacco dalla famiglia di origine, l’impossibilità a giocare per strada con gli altri bambini, l’essere sempre bravo e all’altezza delle aspettative dei suoi maestri sembra avere favorito un’intensa identificazione con il bambino povero e figlio di immigrati africani. Soltanto lui era, a suo parere, in grado di avvertire quanto quel bambino soffrisse e di quanto amore avesse bisogno. Quando è stato possibile per lui vivere nella relazione terapeutica l’esperienza di bambino deprivato degli affetti primari e quanto mettesse nel bambino straniero quei suoi bisogni insoddisfatti, ha cominciato, seppure con grande sofferenza, una presa di distanza dalla situazione affettiva ed eccitatoria. Lui avrebbe voluto essere il padre assolutamente perfetto, quello che non aveva mai avuto, quello che avrebbe dato la piena felicità al bambino, quello che sarebbe bastato per tutto, ma non riusciva però ad essere realisticamente neanche  un educatore sufficientemente buono. Attualmente il paziente sta cercando di capire il senso profondo della sua scelta di vita, (se proprio di scelta si tratta o di una sorta di obbligo) e ha cominciato a confidarmi che si sente attratto da una donna e che questo lo sta facendo riflettere circa il senso della sua permanenza in comunità, per potere invece dare spazio alle sue qualità artistiche come organista. Le riflessioni su una sua possibile decisione di abbandonare l’ordine religioso sono molto faticose e dolorose, ma hanno il senso di una rivisitazione di scelte non pienamente elaborate, e che possono come un’ombra determinare un cammino verso modalità relazionali inadeguate.

25 Maggio 2015

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