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“La mente sensoriale e lo spettro allucinatorio”di A. M. Nicolò, G. Giustino e M. Vigna-Taglianti. Recensione di G. Mattana

29/08/22
Bozza automatica 40

La mente sensoriale e lo spettro allucinatorio – Risonanze tra psicoanalisi e neuroscienze –

A cura di Anna Maria Nicolò, Gabriella Giustino e Massimo Vigna-Taglianti

(Franco Angeli ed., 2022)

Recensione a cura di Giorgio Mattana

La lettura di questo volume a più voci si raccomanda per molteplici ragioni, la prima delle quali è l’apertura interdisciplinare che lo caratterizza, in modo particolare relativamente al dialogo con l’universo neuroscientifico, intrapreso e ritenuto ineludibile ormai da tempo da settori sempre maggiori della comunità psicoanalitica. Un altro motivo di interesse è l’ampio spettro dei temi trattati e la grande competenza dei contributi che se ne occupano, che toccano molti tra i campi più teoricamente e clinicamente significativi della psicoanalisi mettendoli a confronto con le acquisizioni neuroscientifiche. A ciò si lega un’altra virtù, consistente in quell’antidogmatismo direi fisiologico che è connaturato al confronto con ambiti diversi, dai quali vengono raccolti stimoli e impulsi al ripensamento teorico e alla revisione di assetti consolidati, ma rivelatisi nel tempo poco plausibili della propria disciplina. Da ultimo sottolineo il grande equilibrio epistemologico che caratterizza il modo in cui nel libro è concepita la relazione tra psicoanalisi e neuroscienze. L’impostazione prevalente è infatti quella di non cedere a un facile riduzionismo neurobiologico, tenendosi al tempo stesso lontani da un dualismo spiritualistico che proprio l’accumulo delle conoscenze neuroscientifiche rende sempre meno plausibile. L’assunto sottostante potrebbe essere definibile come una sorta di «principio di coerenza», in base al quale psicoanalisi e neuroscienze sono due discipline diverse che si occupano del soggetto da punti di vista diversi, con metodi e sistemi concettuali diversi. Tali prospettive si illuminano l’una con l’altra e arricchiscono congiuntamente la conoscenza dell’oggetto di indagine, portando risultati e specificità tra loro non riducibili, ma non per questo reciprocamente contraddittori. Il pluralismo epistemologico che caratterizza il volume non è infatti privo di vincoli, poiché se è prevedibile che una disciplina di livello «alto» come la psicoanalisi porti conoscenze non ricavabili a livello di un’area di «base» come quella neuroscientifica, è viceversa meno plausibile che le acquisizioni psicoanalitiche siano contraddittorie con quelle di quest’ultima.       

Il volume è curato da Anna Maria Nicolò, Gabriella Giustino e Massimo Vigna-Taglianti, rispettivamente presidente, segretario generale e segretario scientifico della SPI nell’Esecutivo 2017-2021, e contiene nell’ordine, accanto ai contributi dei curatori, quelli di Antonio Imbasciati, Vittorio Gallese, Mark Leonard Solms, Giuseppe Moccia, Amedeo Falci, Anatolia Salone, Georg Northoff, Franco De Masi, Antonello Correale, Filippo Maria Ferro, Cristiana Pirrongelli e Teodosio Giacolini. All’origine della pubblicazione sono due seminari della SPI dedicati al rapporto tra psicoanalisi e neuroscienze, il primo tenutosi a Bologna il 21 e il 22 settembre 2019 con il titolo «Allucinatorio, Allucinazioni, Psicosi e oltre», il secondo a Roma il 26 settembre 2020 con il titolo «L’Inconscio Oggi: Intrecci Prospettici tra Psicoanalisi e Neuroscienze» e alcuni panel presentati al XIX Congresso Nazionale della SPI, dedicato al tema «Inconscio/Inconsci». I capitoli del libro, che rappresentano una selezione e una rielaborazione degli argomenti trattati nei suddetti incontri, spaziano dalle tematiche di ordine teorico più generale della prima parte, come il rapporto tra la metapsicologia freudiana e i risultati delle neuroscienze, o la revisione della relazione freudiana tra coscienza e inconscio, agli argomenti più specificamente teorico-clinici della seconda, concernenti le allucinazioni e le origini del processo psicotico. Non è qui possibile dare conto in modo compiuto dei diversi contributi, cosa che costituisce un ulteriore stimolo a farsene un’idea di prima mano leggendo il volume, ma può essere utile considerarli da un punto di vista generale soffermandosi sulla struttura polifonica e dialogica dell’opera, le cui parti entrano tra loro in risonanza con una rete di rimandi espliciti e impliciti che ne costituisce la complessa e articolata unità tematica.

La prima parte è introdotta da Imbasciati, che molto opportunamente fa il punto sull’inversione della relazione tra coscienza e inconscio nell’ambito delle neuroscienze e delle scienze cognitive, stimolando pertanto la psicoanalisi a interrogarsi maggiormente sulle caratteristiche e le modalità della coscienza: come e perché certi contenuti mentali divengono coscienti? Il testimone è raccolto da Gallese, che proponendo la sua teoria dell’intercorporeità e della simulazione incarnata interloquisce dialetticamente con Solms, discutendone la minimizzazione del ruolo della corteccia relativamente alla coscienza e difendendo una concezione dello sviluppo della mente più accentuatamente relazionale. Vigna-Taglianti illustra e motiva quello che si potrebbe tranquillamente definire il cambiamento di paradigma avvenuto in psicoanalisi negli ultimi decenni, con il passaggio da un inconscio costituito dalla rimozione di desideri e affetti incompatibili con la coscienza, a un inconscio composto dall’interiorizzazione di relazioni interpersonali, che la ricerca neuroscientifica conferma essere il principale fattore di sviluppo della mente. A Gallese fa eco Moccia, che attingendo ai dati dell’infant research propone anch’egli una visione più interattiva e relazionale dello sviluppo e considera criticamente alcuni assunti di Solms, in modo particolare la concezione dell’affetto come scarica e l’adesione a un modello della mente tendenzialmente unipersonale. All’interlocuzione con Solms perviene anche Falci, che ne contesta l’assimilazione del concetto di freie energie di Freud a quello di free energy del neuroscienziato e matematico Friston, con discutibile sovrapposizione tra la prospettiva energetica del primo e quella cognitivo-informazionale del secondo. Da parte sua Solms, fondatore della neuropsicoanalisi, ribadisce e rilancia alcune delle sue tesi di fondo, in particolare relative ai bisogni pulsionali innati dell’infante, all’origine sottocorticale della coscienza, radicata a suo giudizio nei sistemi motivazionali di base e non nella corteccia, e più in generale alla necessità di dotare la psicoanalisi di un fondamento neurobiologico che ne assicuri la scientificità.

Al di là della diversificazione degli argomenti e della molteplicità degli accenti, anche la seconda parte del volume è percorsa da una sostanziale unità tematica. Nel caso specifico si tratta della psicosi e ancora più specificamente della dimensione allucinatoria che la attraversa. Inaugurano il discorso le osservazioni sulla schizofrenia di Northoff, introdotte con grande chiarezza da Salone, basate sulla teoria della struttura spazio-temporale del Sé, che affonda le sue radici a livello cerebrale incarnando in certo senso neurobiologicamente l’«esserci» heideggeriano, che nel processo psicotico sarebbe alterata e perderebbe la capacità di discriminazione tra stimoli esterni e interni, compromettendo il senso di identità e la capacità di distinguere tra sé e mondo esterno. De Masi illustra la sua concezione della psicosi come originata da un ritiro sensoriale precoce che progressivamente invade la mente dissociandola dalla realtà esterna e da quella interna delle emozioni, dando vita a un decorso spesso irreversibile. Giustino, integrando le tesi di Northoff sull’iperattivazione del cervello degli schizofrenici nello stato di riposo con altri dati neuroscientifici, tratta la dimensione sensoriale della psicosi in relazione al sogno, mostrando dati clinici alla mano come i sogni degli psicotici siano caratterizzati da elementi sensoriali che escludono la componente simbolica e inclinano verso l’allucinazione, con una significativa consonanza con la teoria bioniana di quest’ultima come evacuazione di elementi sensoriali non elaborati. Correale sottolinea come la mente dello psicotico sia invasa da contenuti sensoriali che non sa nominare e capire, individuando anch’egli nella sensorialità la dimensione fondamentale della psicosi e distinguendone i processi di depersonalizzazione da quelli del disturbo post-traumatico da stress. Ferro rivisita la storia del concetto di allucinazione dal sensismo filosofico settecentesco, alla psichiatria otto-novecentesca e alla psicoanalisi, passando da Freud alla Klein e a Bion, ma rifacendosi in modo particolare a Winnicott e alla sua concettualizzazione degli stati di non integrazione primari, concependoli con Correale come causa dei fenomeni allucinatori. Pirrongelli affronta l’argomento sulla scorta delle neuroscienze affettive, soffermandosi sui processi che Panksepp pone alla base della percezione del Sé individuale e sulla concezione fristoniana del cervello predittivo, presupposto per l’istituzione del continuum, già intuito da Freud, tra la percezione come allucinazione «controllata» e l’allucinazione come fenomeno patologico. Alle neuroscienze affettive si rifà anche Giacolini, integrandole con la psicologia e la psichiatria evoluzionistiche, inquadrando il tema della psicosi all’interno di un’ottica adattativa e proponendo il concetto di trauma evolutivo, riferito al cruciale e talvolta patogeno passaggio dal mondo protetto dell’infanzia a quello dell’adolescenza e della sessualità. Chiude la sezione Nicolò, che introduce il concetto di spettro allucinatorio, caratterizzato da un’ampia gamma di situazioni che si collocano tra la normalità e la patologia, al fine di distinguere tra breakdown psicotico e rottura evolutiva adolescenziale, sempre possibile in presenza dell’assalto sensoriale prodotto dalle trasformazioni corporee caratteristiche dell’età.

Nell’insieme si tratta di un’indispensabile e aggiornata panoramica sullo stato della ricerca interdisciplinare di psicoanalisi e neuroscienze attorno alle modalità fondamentali di funzionamento della mente e ad alcuni aspetti centrali della sua psicopatologia come quelli presenti negli stati psicotici. Non mancano peraltro significativi riferimenti ad ambiti disciplinari come l’infant observation o ai più recenti sviluppi della ricerca clinica in psicoanalisi, come nel caso del Three Levels Method of Clinical Observation. Il libro è dunque uno strumento prezioso per chiunque sia convinto che la psicoanalisi abbia un futuro solo accettando di confrontarsi con le altre discipline e riconquistando per questa via una posizione di primo piano nel dibattito scientifico e culturale contemporaneo, ivi compreso un suo ritorno nelle università sulla base di un accrescimento delle sue credenziali scientifiche. Accettare il confronto e la contaminazione con le altre discipline che si occupano del soggetto, in primo luogo le neuroscienze e i loro imponenti sviluppi, raccogliendone le suggestioni e sviluppandole in termini psicoanalitici, rappresenta al tempo stesso per la psicoanalisi un importante fattore evolutivo. Da ultimo, non bisogna dimenticare che i vantaggi del dialogo sono reciproci e che il punto di vista in terza persona delle neuroscienze, basato sull’indagine del sistema nervoso, richiede a sua volta di essere integrato da quello in prima persona della psicoanalisi, capace di accrescere la comprensione degli stessi risultati neuroscientifici illuminandone il significato soggettivo.  

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