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“Umano, troppo umano” nella clinica psicoanalitica di A. Oliva De Cesarei. Recensione di M. P. Ferrigno

10/09/25
“Umano, troppo umano” nella clinica psicoanalitica  di O. De Cesarei. Recensione di M. P. Ferrigno

Parole chiave: Fattori traumatici, Inconscio non rimosso, Legame corpo-mente, Analisi infantile

“Umano, troppo umano” nella clinica psicoanalitica.
Oliva De Cesarei
Franco Angeli Editore, 2025
Recensione di Maria Paola Ferrigno

Anna Oliva De Cesarei intitola il suo libro ispirandosi all’Opera di Friedrich Nietzsche, “Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi”. È così che, già a partire dal titolo, ci annuncia e ci traghetta in un territorio di ricerca e di libertà, una condizione umana e psicoanalitica intrisa di coraggio e audacia nell’avvicinare la tragica umanità dei suoi pazienti. Forse non è un caso che, come il testo di Nietzsche, anche il volume di Anna Oliva De Cesarei sia un libro che testimonia la maturità della Autrice, una maturità di pensiero che trova piena espressione nella clinica e, in parallelo, nella teoria che sostiene il suo lavoro.

Già nel suo precedente libro, “Alla ricerca del filo con la vita. Identificazioni primitive e struttura narcisistica del carattere”, l’Autrice ci aveva offerto una profonda riflessione, sia teorica che clinica, maturata nel corso della sua lunga esperienza di lavoro psicoanalitico con bambini e adulti, sulle conseguenze psicopatologiche dei fattori traumatici transgenerazionali offrendoci un puntuale resoconto dell’intenso lavoro della cura per liberare i pazienti dalle identificazioni patologiche e restituire loro il diritto ad una piena esistenza.

In questo nuovo libro l’Autrice prosegue nella sua ricerca clinica aggiungendo un ulteriore tassello alla comprensione dei disfunzionamenti degli stati mentali primitivi che risalgono a un’epoca non verbale e preverbale dello sviluppo e che possono intrappolare la nascita del Sé: il territorio dell’inconscio non rimosso.

Come annuncia nel titolo di nietzschiana ispirazione, il suo procedere psicoanalitico nella clinica è descritto con un linguaggio semplice e al contempo profondo, testimonianza di un pensiero libero e generativo, un modo autentico di parlare al paziente e anche al lettore che risuona come l’evidenza della capacità di ascolto analitico, aperto allo stupore e alla meraviglia (Di Chiara, 1990).

Ma in cosa si esprime la libertà dell’Autrice? Credo, leggendola, che sia una libertà fatta della capacità di mostrare come la raffinata base teorica che si intravvede nel suo lavorare sia talmente incarnata da riuscire a trovare la sua espressione in un linguaggio vivo, personale, creativo e aperto al confronto; una libertà che le consente di potersi muovere liberamente anche nel cambiamento di setting quando l’Analista si offre allo sguardo del paziente ‘come elemento di coesione e aggregazione’ (pag.124). Il dialogare con i suoi pazienti e, in parallelo, con i vari Autori a cui il suo pensiero si ispira, diventa anche un dialogare con il lettore e Anna Oliva si esprime senza essere intrappolata dai modelli, ma mostrandosi capace di addentrarsi con curiosità e interesse anche tra i contributi delle neuroscienze per trovare un’ulteriore conferma dei legami corpo-mente che la psicoanalisi ha intuito.

Il libro si apre con la narrazione dell’intenso lavoro analitico con Mario, portatore di un mandato transgenerazionale mortifero. L’analisi di questo piccolo paziente viene descritta dettagliatamente, con lunghe sequenze cliniche, in modo che se ne possa cogliere tutta la processualità trasformativa offrendo al lettore una piena esperienza del faticoso procedere quotidiano della cura psicoanalitica e della dimensione creativa- ed anche poetica- propri della funzione analitica. L’analisi di Mario si presenta come un percorso difficile, dove la coppia analitica vive penose oscillazioni tra squarci di vita e periodi di ‘senza vita’, un percorso/processo intriso di sofferenza, sia del paziente che dell’analista, dove ogni passaggio trasformativo viene descritto con puntualità nella coinvolgente lotta tra il caos delle angosce primitive e il ‘suffer’ (Grotstein, 2007) assegnatore di senso, che l’analista vive.

Mi sono chiesta se la scelta che l’Autrice fa iniziando il libro con due analisi infantili, Mario e Marco, oltre a testimoniare la sua personale e ricca storia di formazione nella psicoanalisi infantile, sia anche una sorta di dichiarazione ‘teorico/clinica’: la formazione sull’analisi infantile rappresenta un essenziale strumento anche per il lavoro analitico con pazienti adulti. Chi impara a navigare nel ribollente mare aperto del lavoro analitico con l’infanzia potrà disporre di una adeguata strumentazione di elaborazione controtransferale per affrontare le insidiose secche dell’analisi di pazienti adulti, in particolar modo dei pazienti gravi.

In tutto il lavoro c’è una costante presenza dell’impegno dell’analista in un’elaborazione controtransferale, un costante working through (Brenman Pick 1985), da cui possa nascere un’interpretazione, un commento o una condivisione degli stati emotivi del paziente che aprano a passaggi trasformativi: “Come analisti siamo a contatto, a volte invasi come il paziente, dall’ombra cupa della madre depressa che dice ‘non ce la farai mai’ e, contemporaneamente, ingaggiati da un paziente oppresso da angosce di annientamento, ‘se tu analista non mi dai la tua luce, io non esisto, un legame fondamentale per sentirsi vivo” (pag. 44).

Anche nella descrizione delle analisi di pazienti adulti l’infantile traumatico risuona potentemente, a volte richiamando l’agonia primitiva (Winnicott, 1974), ed emerge  il delicato lavoro necessario di fronte al rinnovarsi, nella relazione analitica, della ripetizione del trauma affinché il dolore si presenti nelle ‘piccole dosi’ che il paziente è in grado di tollerare: “L’analista porta su di sé il peso dell’oggetto traumatico, nel transfert, è suo compito ora tollerare e graduare il peso delle angosce che il paziente può sopportare, esercitare una buona funzione di filtro e modulazione, essere un oggetto nuovo che apre e accompagna il dischiudersi di una storia nuova” (pag. 84).

L’ingaggio del corpo e della sensorialità, così presente nelle analisi infantili, diventa territorio di comprensione delle memorie somatiche originarie anche del paziente adulto: il corpo ingessato di Elio, il corpo imprigionato come un robot in una seconda pelle di Aldo, il corpo de-animato di Eva e, in risonanza, il corpo dell’Analista aperto a fruttuose rêverie.

Ogni narrazione clinica, nell’intimo dialogo tra mente e corpo di pazienti e analista, racconta il percorso ontologico, fondamento dell’esistenza umana, con i suoi ineludibili limiti e lutti che avvicinano alla possibile verità emotiva di ciascun paziente: “…possiamo chiamare verità ciò che non possiamo cambiare; metaforicamente, essa è la terra sulla quale stiamo e il cielo che si stende sopra di noi” (Arendt, 1995, pag. 76).

L’Autrice ben descrive come, nel lavoro analitico con pazienti che hanno subìto gravi violazioni al senso di Sé e che cercano nell’onnipotenza una difesa dal dolore, “…un problema fondamentale riguarda come costituire uno spazio generativo, quel luogo psichico che era mancato nel trauma originario, per ospitare angosce di annichilimento e l’informe (l’inerzia nella quale è schiacciata l’essenza del Sé nel bisogno d’amore e il magma informe che giacciono nell’ES)” (pag.97).

Anna Oliva De Cesarei porta anche l’esperienza di due analisi in due tempi, dove il ritorno dei pazienti, non è solo un tornare ma anche un andare indietro, nel secondo tempo analitico, su ferite antiche, su fallimenti precoci nella speranza, inconscia, che possano avere destini diversi, una sorta di rivisitazione ‘estetica’ forse anche favorita dall’esperienza di essere stati attesi, accolti nuovamente e non solo ascoltati e compresi, rispettando il tempo del paziente.

È un Volver, un tornare,che è anche un Volverse, un poter ‘cambiare idea sul proprio destino’ (Mendesohn, 2024) potendo tornare, insieme all’analista, dopo un tempo di latenza necessario, su qualcosa che prima non era pensabile, sul ‘nocciolo duro’ della ferita traumatica che possa ‘tener viva la speranza di una riunione con un Sé bambino che è stato così schiacciato nei suoi bisogni, affetti e desideri’ (pag. 122).

È soprattutto attraverso i sogni, quelli numerosi dei pazienti ma anche alcuni sogni di controtransfert, che l’Autrice ci mostra come mantener viva la speranza di cogliere le valenze vitali maltrattate per ‘rendere miti, temperate, le temperature bollenti, il magma e come essere “fattore coagulante e aggregante di risorse vitali” rispetto alle angosce emorragiche e straripanti prodotte dal disgelo’ (pag. 114)

Nell’ultima parte del libro Anna Oliva De Cesarei offre al lettore l’insieme degli Autori che, oltre a Winnicott, hanno ispirato alcuni aspetti del suo lavoro analitico con i pazienti le cui storie analitiche ci ha narrato, armonizzando e integrando le loro diverse voci: Mahler, Milner, Roussillon, Alvarez, Ogden, Hernandez, Giannakulas, Tustin, Bick …

È un libro che intreccia la narrazione antropologica con la cultura psicoanalitica, offrendo al lettore, allo stesso tempo, un’esperienza emotiva e un’esperienza culturale.

La prefazione di Franca Meotti e la postfazione di Paolo Fabozzi, infine, sembrano assolvere, garbatamente, a un compito di accompagnamento alla lettura di un libro che aggiunge alla clinica psicoanalitica italiana un contributo di indiscutibile rilievo.

Bibliografia
Arendt H., (1961), Verità e politica- La conquista dello spazio e la statura dell’uomo, in ‘Tra passato e futuro’, Boringhieri, Torino, 1995

Bion W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Armando, Roma, 1972.
Di Chiara, G., (1990) La stupita meraviglia, l’autismo e la competenza difensiva. Rivista di Psicoanalisi, 36:441-457

Green. A (1983) La madre morta. In Narcisismo di vita, narcisismo di morte. Borla Roma, 1985
Grotstein J. (2007) Un raggio di intensa oscurità, Cortina, Milano, 2010.

Mendelsohn D., (2024) Estasi e terrore: Dai greci a Mad Men, Le donne di Almodovar, Boringhieri Torino

Ogden, T.H., (1989), Il limite primigenio dell’esperienza, Astrolabio, Roma, 1992
Oliva De Cesarei A. (2001). Trauma e violazione del senso di esistere. Seminario tenuto presso il Centro Milanese di Psicoanalisi, maggio 2001.
Oliva De Cesarei A. (1994). Narcisismo onnipotente e identificazioni fuse del Sé e dell’oggetto nel campo analitico. Congresso SPI, Rimini

Oliva De Cesarei A. (2010), Alla ricerca del filo della vita, Franco Angeli, Milano

Cortina Editore Milano, 1995.

Pick, I. Brenman, (1985), Working through in the countertransference, International Journal of Psychoanalysis, 66, p. 157-66
Winnicott, D.W. (1974). Gioco e realtà. Armando Editore, Roma

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