La Ricerca

La prospettiva intersoggettiva nella psicoanalisi e nelle neuroscienze. Giuseppe Moccia

22/05/23
La prospettiva intersoggettiva nella psicoanalisi e nelle neuroscienze: implicazioni per le teorie dello sviluppo e della clinica psicoanalitica G.Moccia

SOL LeWITT

Parole Chiave: Psicoanalisi, Empatia, Ricerca, Inconscio

La prospettiva intersoggettiva nella psicoanalisi e nelle neuroscienze: implicazioni per le teorie dello sviluppo e della clinica psicoanalitica

G. MOCCIA

 Il rapporto fra psicoanalisi e neuroscienze si è sviluppato, nelle ultime due decadi, lungo una faticosa quanto necessaria fase di confronto interdisciplinare, di riconoscimento reciproco delle differenti epistemologie e metodologie dei due campi di ricerca. L’oggetto della psicoanalisi infatti è la vita psichica e le sue osservazioni cliniche richiedono spiegazioni fondamentalmente psicodinamiche che non possono essere sostituite dai dati empirici della ricerca neuroscientifica pena il rischio di una assimilazione acritica di assunti provenienti da un altro contesto scientifico.

Tuttavia, i dati provenienti dalle neuroscienze esercitano pur sempre una rilevanza indiretta sulla psicoanalisi nel favorire un clima di dibattito, contrastare le tendenze verso l’isolamento e il riduzionismo mentalista e in definitiva stimolare la ricerca concettuale psicoanalitica e l’evoluzione dei nostri concetti.

Un terreno sul quale le scoperte neuroscientifiche, le ricerche sull’infanzia e lo sviluppo concettuale della psicoanalisi si sono trovate a confrontarsi è rappresentato dalla comune evoluzione verso una concezione intersoggettiva della nascita del sé, dello sviluppo psichico e della teoria dello scambio clinico.

Nel campo delle ricerche sull’infanzia si è accumulata una mole di dati circa l’originaria potenzialità del bambino di percepire l’altro, già all’inizio della vita, non solo come appoggio oggettuale delle proprie pulsioni, ma anche come soggetto indipendente dotato a sua volta di affetti personali, intenzioni e iniziative, alternando momenti di similarità con altri di complementarità Sé-altro, propri di una dimensione relazionale più differenziata. Evidenze empiriche di una intersoggettività primaria sostenuta da una spinta motivazionale primaria ad interagire, e osservabile, nella stretta coordinazione reciproca tra il «gesto spontaneo» del figlio e la percezione della madre, nella sincronizzazione dei movimenti, delle espressioni facciali, della anticipazione delle intenzioni l’uno dell’altro. Una intersoggettività il cui sviluppo, nell’interazione più o meno armonica, conscia e inconscia, cerebrale e cognitiva, fra madre e bambino, sarà alla base della formazione della struttura e del sentimento di sé o della sua patologia.

 In linea con queste ricerche sono state anche le scoperte neuroscientifiche corrispondenti sulla memoria implicita, ovvero sull’iscrizione mnestica di esperienze di modulazione affettiva sé-altro, appresi precocemente in epoca preverbale e per questo incontrollabili, inaccessibili al ricordo e tendenti alla ripetizione in azione. Ma molto importanti sono state anche le scoperte sui neuroni specchio che dimostrano a livello neurale una consonanza intenzionale, una risonanza intercorporea, a livello neurale, con le azioni e le emozioni degli altri, come se facessimo esperienza delle azioni intenzionali degli altri, dirette ad uno scopo, ma anche delle emozioni, senza dovere necessariamente eseguire le stesse azioni o provare le stesse emozioni. Infine ricorderei le ricerche sulla duplice natura dell’emozione, come regolazione omeostatica ma anche come organizzatore della interazione sociale, in quanto l’emozione di un individuo attiva risonanze inter- soggettive attraverso la percezione inconscia che gli altri hanno di quella emozione.

Tutte queste ricerche hanno rilevanza per la psicoanalisi perché in buona parte rappresentano delle concordanze con molti dei concetti relazionali presenti nella evoluzione della teoria psicoanalitica dello sviluppo e della situazione psicoanalitica.

Ho in mente l’evoluzione relazionale dei concetti relativi la teoria della clinica psicoanalitica. L’espansione del significato semiotico dell’azione, dalla sua iniziale formulazione come dimensione del transfert  alle sue attuali concezioni di drammatizzazione congiunta analista-paziente di una dinamica transfert-controtransfert (enactment) oppure il riconoscimento dei limiti della neutralità psicoanalitica, la critica cioè ad una concezione idealizzata della oggettività dell’analista e della situazione psicoanalitica caratterizzata dalla rigida divisione fra soggetto osservante e oggetto osservato e infine la partecipazione inconscia dell’analista al dispiegamento del transfert che hanno messo in luce una concezione più interattiva dello scambio clinico. Oppure la teoria della comunicazione paziente-analista (dalla metafora freudiana dell’inconscio dell’analista come organo ricevente delle trasmissioni inconsce del paziente (Freud, 1912), alle concezioni attuali sulle comunicazioni inconsapevoli fra analista e paziente attivate dalla percezione inconscia di una miriade di segnali paralinguistici e corporei. In questo senso anche il concetto di identificazione proiettiva è evoluto da una iniziale formulazione kleiniana come proiezione di una fantasia relativa all’oggetto, al significato di comunicazione inconscia, trasmissione di contenuti psichici attraverso le «pressioni interpersonali» del paziente che inducono comportamenti egoalieni dell’analista, fino alle attuali riformulazioni, ispirate alle ricerche empiriche per le quali l’identificazione proiettiva appare come un fenomeno ubiquitario di risonanza intersoggettiva, di sensazioni ed emozioni, una correlazione, più che una trasmissione da un soggetto all’ altro di contenuti psichici, mediata a livello corporeo dalla attivazione di sistemi neurali specchio che si attivano alla percezione delle emozioni altrui senza bisogno di alcuna pressione.

Così si può dire in conclusione che il rapporto fra psicoanalisi e neuroscienze si fonda su una reciproca influenza, da una parte la psicoanalisi può indicare nuovi terreni di ricerca per le neuroscienze sulla base della sua centenaria ricerca sulla soggettività, dall’altra le neuroscienze ci stimolano ad integrare qualcosa di ‘nuovo’ che sopraggiunge dai campi scientifici limitrofi ma anche dalle nostre osservazioni cliniche nella cura di nuove popolazioni cliniche e forme del disturbo psichico, dove il ‘nuovo’ inevitabilmente interroga i concetti esistenti, spingendoci ad integrare il nostro sistema concettuale o in altri casi ad abbandonare i vecchi concetti e introdurne di nuovi.


La prospettiva intersoggettiva nella psicoanalisi e nelle neuroscienze: implicazioni per le teorie dello sviluppo e della clinica psicoanalitica

GIUSEPPE MOCCIA

La teoria psicoanalitica è evoluta nel tempo accogliendo concetti inter-soggettivi accanto alla tradizionale prospettiva intrapsichica dello sviluppo e della situazione psicoanalitica. Così, sebbene la psicoanalisi contemporanea si differenzi attorno ai grandi temi della pulsione, dell’oggetto, dell’Io e del Sé,si può dire che i modelli psicoanalitici condividono un comune lavoro di integrazione di concetti relazionali … Leggi tutto l’articolo

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