La Ricerca

Trauma e Difese tra Psicoanalisi e Neuroscienze. Gruppo Ricerca SPI Commento di R. Nacinovich

26/05/23
Trauma e Difese tra psicoanalisi e neuroscienze. Gruppo coordinato da G. Mattana

ALLORA & CALZADILLA, 2004

Parole chiave: Psicoanalisi, Neuroscienze, Difese, Trauma, Emozioni, Affetti

Trauma e Difese tra Psicoanalisi e Neuroscienze

Gruppo coordinato da G. MATTANA

Recensione a cura di R. NACINOVICH

Il gruppo Psicoanalisi e Neuroscienze [1] della Società Psicoanalitica Italiana, coordinato da Giorgio Mattana, è un gruppo interdisciplinare nella sua composizione dove la dimensione teorica risulta preponderante rispetto alla riflessione clinica e si occupa di indagare il rapporto tra le due discipline. Il gruppo comprende Michele Di Francesco, filosofo della mente, Vittorio Gallese, Neuroscienziato che da tempo collabora con la SPI, e gli psicoanalisti Giuseppe Bruno, Gabriella Giustino, Teodosio Giacolini, Amedeo Falci, Renata Nacinovich, Cristiana Pirrongelli, Maria Ponsi, Anatolia Salone, Rosa Spagnolo.

Il lavoro di questi due anni prende avvio dalla ricerca, esitata nel paper “Impact of civil war on emotion recognition: the denial of sadness in Sierra Leone,” Frontiers of Psychology, 2013 (4), 1-10 di Maria Alessandra Umiltà et al. La presente relazione riporta la prospettiva interpretativa, offerta da ciascun partecipante, della relazione esistente tra psicoanalisi e neuroscienze e del concetto di difesa. Il dato neuroscientifico (categorizzazione errata di alcune espressioni facciali e interpretazione delle stesse sbilanciata verso emozioni negative) in bambini e adolescenti vittime di maltrattamento in tempi di guerra ha sollecitato diverse possibili interpretazioni nei termini di trauma e difesa, da cui il titolo dell’incontro: Trauma e Difese tra psicoanalisi e neuroscienze.

Come esplicitato nelle relazioni introduttive di Mattana e Di Francesco, nonostante le diverse prospettive epistemologiche e professionali, i membri del gruppo concordano su  una posizione di pluralismo esplicativo (le spiegazioni delle neuroscienze e quelle della psicanalisi possono essere valide su diversi piani e coesistere), non riduzionista (i meccanismi evidenziati dalla psicoanalisi non possono essere “ridotti” e assorbiti da meccanismi più “fondamentali”/basici riguardanti il funzionamento del cervello, messi in luce dalle neuroscienze). D’altra parte, come ricordato da Di Francesco, anche il naturalismo della scienza oggi è pluralista: la scienza non è una piramide ma assomiglia piuttosto ad un mosaico.

Anche Gallese ha affermato la necessità di parlare delle neuroscienze in modo critico, dopo l’entusiasmo pioneristico legato al rapido progresso reso possibile dall’evolversi degli strumenti di studio. Dopo aver illustrato il tema delle difese corporee disfunzionali dal punto divista neurofisiologico, giunge alla conclusione che tale approccio in terza persona risulti incompleto senza l’approfondimento psicoanalitico dell’esperienza in prima persona delle conseguenze del trauma. Se non può esserci psicologia senza cervello, senza psicologia non sappiamo bene cosa fare del cervello; il problema è come integrare le conoscenze, considerata la polisemia dei linguaggi. Viene sottolineato come sia faticoso ma produttivo lavorare sui concetti da una costellazione di prospettive diverse.

Anche Falci riprende il problema della capacità di riformare i linguaggi di aggiornamento tra psicoanalisi e le altre scienze della mente.  C’è ancora uno iato, un salto epistemologico che impedisce la connessione tra linguaggi, modelli, cognizioni diverse.

Ad es. il tema degli affetti, che ha una sua storia in ambito psicoanalitico, e le emozioni: non sono la stessa cosa. Spesso assimiliamo in modo abbreviato concetti o acquisizioni di altre scienze riducendole nel nostro contesto, creando una grande confusione terminologica.

Assieme a Giustino, Falci avanza l’ipotesi che la fenomenologia evidenziata dai soggetti della ricerca sia riconducibile a un meccanismo dissociativo, inserendosi nella più recente teorizzazione psicoanalitica delle difese dal trauma. La dissociazione potrebbe rappresentare un’utile ipotesi esplicativa dei dati osservati: la riposta deficitaria, intrusiva o aggressiva dell’oggetto verosimilmente attiva una forte angoscia di annichilimento del Sé. La difesa dissociativa potrebbe costituire un tentativo di evitamento di tale angoscia.

Complementare con tale ipotesi è quella dell’identificazione con l’aggressore, altro classico meccanismo psicoanalitico di difesa, riconducibile al più ampio paradigma dissociativo, illustrato da Ponsi. Riprendendo la teoria della “confusione delle lingue” di Ferenczi l’«identificazione con l’aggressore» si realizzerebbe con una forma di imitazione primitiva, che si sviluppa quando un bambino si trova in pericolo, senza possibilità di protezione o fuga. In questa situazione, aderisce con una modalità automatica al suo aggressore, del quale assimila «con una specie di mimetismo» le caratteristiche. Questa parte dissociata, installata nell’organizzazione psichica della vittima, permette una qualche forma di sopravvivenza e di controllo nella situazione di abuso.

Ci si interroga sulle possibili corrispondenze tra questo “mimetismo” ed il concetto di “simulazione incarnata” di Gallese: possibile spiegazione di eventi psichici o suggestiva metafora?

 A tali considerazioni si collega la prospettiva evoluzionistica di Giacolini, che inquadra le difese corporee osservate nell’ambito dei sistemi emotivo-motivazionali teorizzati dalle neuroscienze affettive e delle loro complesse interazioni filogenetiche e ontogenetiche.

Siamo contesto-dipendenti; nella ricerca condotta in Sierra Leone il sistema motivazionale dominante è quello della competizione ovvero della dominanza/sottomissione anziché quello dell’attaccamento, con conseguenti correlati neuroendocrini (ad es. l’aumento del testosterone in situazione di attacco per predisporsi al contrattacco).

Salone, proseguendo la riflessione sulla funzione adattiva o disadattiva delle difese messe in atto in conseguenza della precoce esposizione a traumi ripetuti, sottolinea la centralità della relazione per lo sviluppo psichico e come gli aspetti neuroendocrini correlati agli stili di attaccamento, contribuiscano all’organizzazione delle strutture cerebrali, (v. gli studi sulla «Neurobiologia dell’affiliazione»).

Un’eventuale integrazione delle conoscenze relative alle storie di vita dei soggetti esaminati con un’analisi dei loro stili di attaccamento, permetterebbe di indagarne i fattori di vulnerabilità e di resilienza. Si ipotizza che anche i bambini gravemente e precocemente traumatizzati potrebbero avere accesso a trasformazioni derivate da un nuovo ambiente relazionale, eventualmente da una terapia, attingendo ad auspicabili tracce esperenziali sufficientemente sicure risalenti a precocissime fasi di vita.

Pirrongelli, facendo riferimento alla disarmonia corpo-mente evidente nel caso di traumi e abusi, come nel campione dello studio condotto in Sierra Leone, porta la sua attenzione nella stanza d’analisi anche sul corpo dell’analista in quanto ambiente potenzialmente trasformativo o ritraumatizzante.

Facendo riferimento agli studi di Stephen Porges (2014) sulla teoria polivagale, suggerisce di rivolgere l’attenzione alla dinamica vagale dell’analista in seduta: è importante l’attivazione del vago ventrale, che predispone alla massima calma e apertura verso l’altro, evitando disconoscimenti della propria ansia che possano pregiudicare l’offerta di un adeguato holding al paziente.

Nei commenti finali Rosa Spagnolo sottolinea come le neuroscienze ci abbiano obbligato a riconsiderare il modello fisiologico della mente, e l’importanza del neurosviluppo per la sua strutturazione.

Il lavoro del gruppo continuerà con l’intento di portare avanti il dialogo ed il confronto pluralistico, tenendo presente la specificità della psicoanalisi non solo come terapia ma anche come metodo di conoscenza.

Impact of civil war on emotion recognition: the denial of sadness in Sierra Leone, Frontiers of Psychology, 2013 (4), 1-10 di Maria Alessandra Umiltà et al.


[1] Presso il Centro Milanese di Psicoanalisi, 20 Aprile 2023 si è svolta la serata di Presentazione del Gruppo Nazionale della SPI, Psicoanalisi e Neuroscienze, introdotta da C. Riva Crugnola, segretario scientifico del CMP, e da S. Thanopoulos, Presidente della SPI

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