La Ricerca

Cutting -Tagliarsi

7/04/15

A cura di Maria Naccari Carlizzi

Definizione

Si chiama Cutting la diffusa e     attuale tendenza da parte dei     teenager, di solito ragazze, a     tagliare, incidere, ferire la superficie della propria pelle, soprattutto di gambe e braccia, con lamette, coltelli affilati, temperini, punte di vetro, lattine usate, o quant’altro. Può trattarsi di un singolo episodio o diventare abituale. Il cutting può diffondersi in modo epidemico in gruppi di amici, o di pari anche grazie alla rete, con un escalation di progressiva emulazione e autoemulazione.

Gli adolescenti di oggi, infatti, usano il corpo, la superficie della pelle e le sue modificazioni autoindotte come mezzo per reclamare il corpo e per comunicare con un segnale potente un potenziale disagio. In un crescendo variabile di concreti linguaggi lungo la linea che va dai tatuaggi, ai piercing, alle marchiature, alle bruciature, sino al self cutting, il cutting si colloca,  nella maggior parte dei casi, nell’ambito dell’autolesionismo “superficiale/moderato” (DSM-5).

Ma perchè la pelle, viene adoperata come superficie d’iscrizione, una tela, suggerisce A. Lemma (Lemma, 2005), su cui la sofferenza psichica viene esteriorizzata e lavorata?

Il corpo è l’interfaccia tra l’individuale ed il sociale. Dall’origine della vita la superficie della pelle svolge molteplici funzioni nello sviluppo della personalità: quella di involucro psichico, di mediatrice dell’attaccamento e delle relazioni attraverso le esperienze corporee primarie madre bambino, legate alla vista, allo sguardo e al contatto fisico e emotivo. La percezione del corpo è una costruzione progressiva che si realizza a livello intrapsichico, intersoggettivo, interpersonale e sociale. In adolescenza le trasformazioni psichiche e somatiche contribuiscono a determinare la riorganizzazione delle rappresentazioni di sè, l’integrazione del nuovo corpo sessuato, dei nuovi aspetti dell’aggressività, del narcisismo, dell’identità.

Ogni lesione cutanea autoindotta ed il selfcutting, in particolare in adolescenza, rappresenta, un fenomeno complesso da decodificare, che risponde a diversi bisogni psicodinamici e a organizzazioni mentali spesso differenti.

A livello gruppale può essere sotteso da molteplici variabili sociologiche e antropologiche (Le Breton, 2004) come le dinamiche psichiche che legano l’adolescente al gruppo dei pari, dove il cutting può essere usato per sancirne l’appartenenza e per definire l’identità comune.

Bisogna, quindi, valutare in modo specifico quale funzione, nell’economia psichica di un ragazzo, ad un particolare punto del suo sviluppo psichico, in una data famiglia e in una specifica cultura,  rappresenta l’uso del linguaggio del cutting.

Il cutting, di solito, costituisce un codice non verbale, per esprimere la sofferenza iconica, ancora non verbalizzabile ma proiettabile e rappresentabile  sulla propria pelle, un tentativo di tagliarla via per il fallimento del contenimento dell’ambiente e dei processi di simbolizzazione.

Soprattutto in questo caso C. Chabert (2000) parla di “tentativi di figurazione” … “tra l’intenzionalità conscia e inconscia”che funzionano quindi come “una difesa e un’elaborazione”. L’adolescente prova a comunicare, talvolta in modo impulsivo col cutting, attraverso la superficie della pelle, tentando di trovare in se stesso e/o nell’ambiente a cui implicitamente chiede aiuto, delle risorse per prendere tempo, poter cambiare e trasformarsi.

Più il cutting è diffuso a tutto il corpo e grave, più la psicopatologia sottostante è complessa e suggerisce vari gradi di compromissione del processo, specifico dell’adolescenza, di integrazione del nuovo corpo sessuato. Così il corpo da “involucro narcisistico”che garantisce la sicurezza del bambino diventa un “involucro di sofferenza” (Anzieu 1985). Il corpo può essere negato, odiato e sottoposto a scissione, attaccato come un oggetto esterno o estraneo, sino ad agire veri e propri tentativi di suicidio, anche se nella maggior parte dei casi chi si ferisce con il cutting non vuole uccidersi.

Lemma (Lemma 2005) descrive numerose fantasie inconsce, che possono sostenere la ricerca di modificazioni corporee e, quindi, del cutting:

– Negare “la separazione o la perdita, con la fantasia inconscia di fusione con l’oggetto ed il rifiuto di elaborare il lutto per il corpo perduto”, ed in adolescenza a mio avviso, il riferimento va al corpo dell’infanzia ed al legame con il corpo della madre.

– Tentare “la separazione con la fantasia inconscia di strappare, tagliar via l’altro alieno, sentito risiedere dentro il corpo” ed, in adolescenza, ritengo che si tratti spesso della difficolta di riconoscere come proprio il corpo sessuato.

– “Coprire un corpo vissuto con vergogna, con la fantasia inconscia di distrarre e controllare lo sguardo dell’altro” ed in adolescenza, oltre che alle già citate problematiche, ci si può riferire al campo delle dismorfofobie e della bruttezza immaginaria.

– “Risanare un senso interno di frammentazione, con la fantasia inconscia di identificazione con l’immagine dell’altro che ristabilirà un senso di coesione interna”ed in adolescenza possiamo chiamare in causa, per esempio, le difficoltà di integrazione delle nuove sensazioni generate dal corpo e le difficoltà identitarie in genere.

– “Attaccare l’oggetto, con la fantasia inconscia di infliggere un dolore e punirlo”, dove l’oggetto in adolescenza è il corpo dell’adolescente stesso e il legame con il corpo della madre.

Il cutting svolge per l’adolescente molteplici funzioni (cfr. voce SPIPEDIA Autolesionismo, Rossi Monti e D’Agostino 2009) volte a:

– “Concretizzare” (Rossi Monti e D’Agostino, 2009): -Voglio tagliarmi per far vedere che soffro! … col taglio tiro fuori il dolore, guarda mamma come soffro!- Il cutting serve a trasformare il dolore psichico in dolore agito, fisico, corporeo distribuito sulla superficie del corpo, per dare una forma a sentimenti incontrollabili nel tentativo di conoscerli,  o riempire il vuoto interno con il dolore, esterno, fisico, reale, quantificabile e controllabile, dato che è autoprodotto.

– “Punire, estirpare, modificare la parte cattiva di sé e purificarsi” (Haas, Popp, 2006).- Mi taglio quando sto troppo male e mi calmo solo quando inizia ad uscire il sangue!- Il cutting rappresenta un tentativo protoverbale di liberarsi da un passato traumatico, del nuovo corpo adolescenziale divenuto estraneo ed origine di sensazioni perturbanti per cui, diventa oggetto da attaccare, odiare, aggredire.

– “Regolare l’umore disforico” (Rossi Monti e D’Agostino, 2009) dell’adolescente borderline, impadronendosi del proprio dolore interiore. – Quando non cela faccio più vado al bagno a scuola e mi tagliuzzo un po’ con una lametta sul braccio, poi quando mi sento meglio, torno in aula!-.

– “Comunicare senza parole”e trovare un canale espressivo per qualcosa che le parole non riescono a dire perchè evocativo del trauma subito, come nei casi di abusi fisici e psichici, per controllare comportamenti ed emozioni altrui o per favorire risposte di accudimento come negli adolescenti deprivati che vivono in comunità o istituzioni – mi piace quando dopo che mi taglio vengo lavata, medicata e fasciata!-

– “Costruire una memoria di sé”, -Il mio corpo è un diario!- come si legge in “Quando la pelle parla” di Educazione siberiana, (Lilin, 2009) dove i tatuaggi rappresentano un linguaggio che aiuta le persone nella reciproca conoscenza. L’adolescente, o l’adolescente borderline, che ha difficoltà nell’integrazione della storia dei suoi eventi emotivi, usa il cutting per non dimenticarli, fissandoli sulla pelle con una cicatrice  e poter così ritrovarli in futuro.

– “Volgere in attivo, cambiare pelle” – Del mio corpo faccio quello che voglio!- Il cutting ribalta l’esperienza di passività tipica dell’adolescenza trovando un senso, consentendo una nuova figurazione, o infrange “l’esperienza di depersonalizzazione” (Rossi Monti, D’Agostino, pag 85) in cui l’adolescente  vive.
Bibliografia: 

–  Anzieu D. (1985), L’Io pelle. Roma: Borla 1987.

– Bick, E. (1968), L’esperienza della pelle nelle prime relazioni oggettuali. In  L’osservazione diretta del bambino. Torino: Boringhieri, 1989.

– Chabert, C. (2000), Le passage à l’acte: une tentative de figuration? Adolescence,     Monographie ISAP, pp57-62

– Fattori L. Un’adolescente disabile: la pratica del self cutting su un corpo già-ferito-     Rivista di Psicoanalisi, 2013, LIX,1Gennaio/marzo 2013

– Freud S. (1922) L’Io e L’Es (pag 488) OSF , vol.9 Torino: Boringhieri.

– Haas, B., Popp F., (2006), Why DoPeople Injure Themselves?, in “Psychopatology”, 39,    pp.10-8.

– Lemma A. (2005), Sotto la pelle. Psicoanalisi delle modificazioni corporee. Milano:Raffaello Cortina (2011).

– Le Breton, D. (2004), La profondeur de la peau: les signes d’identitè à l’adolescence. Adolescence,  22,2, pp.257-271

– Lilin N. (2009), Educazione siberiana. Torino: Einaudi

– Naccari Carlizzi M., Adolescenti postmoderni. Intervento nel dibattito   SPIWEB  L’adolescente e il suo corpo (15 febbraio-15 maggio 2013).

– Nicolò A.M., Corpo e difese patologiche in adolescenza. Relazione introduttiva nel dibattito SPIWEB L’adolescente e il suo corpo (15 febbraio-15 maggio 2013).

– Rossi Monti M., D’Agostino A. L’autolesionismo, Roma: Carocci editore (2009).

– Ruggero I., Il corpo dell’adolescente: un familiare estraneo. Relazione introduttiva nel dibattito SPIWEB L’adolescente e il suo corpo (15 febbraio-15 maggio 2013).

– Winnicott D.W. (1949), L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche soma. In tr.it Dalla pediatria alla             psicoanalisi, Firenze: Martinelli 1975.

– Winnicott D.W. (1967), La funzione di specchio della madre e della famiglia nello      sviluppo infantile. Tr.it in Gioco e realtà, Roma: Armando, (1974), pp 189-200.

– Winnicott D.W. (1970) Le basi di sè nel corpo. Tr. it. In Esplorazioni  psicoanalitiche.Milano: Raffaello Cortina, 1989, pp 284-295.

Aprile 2015

Vedi anche in Eventi, Report/Materiali:

Anna Maria Nicolò – Organizzazione difensive nei breakdown

Vedi anche in Dibattiti:

Dibattito su: “L’Adolescente e il suo Corpo” a cura di F. Carnaroli e A. Nicolò

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