Cultura e Società

Algunas Chicas

30/08/13

Eccoci arrivati alla nostra terza, faticosa ma ricca di stimoli, giornata.

Vi propongo oggi una pellicola argentina, “Algunas Chicas” di Santiago Palevicino; cinematografia, il recente cinema argentino, di sicuro interesse (ripenso al bellissimo ‘Il segreto dei tuoi occhi’ di alcuni anni fa). A seguire, un altro film tedesco (presenza invece, quella tedesca, che quest’anno occupa uno spazio significativo), lungo filmone che presagisce un certo interessse… Si tratta di “Die Frau der Polizei” (La moglie del poliziotto) di Philiph Groening. Se resisteremo…buona lettura!

  • Autore: Rossella Valdrè
  • Titolo: Algunas chicas (Alcune ragazze)
  • Sezione: Orizzonti
  • Dati sul film: regia di Santiago Palevicino, Argentina 2013, 100’min
  • Giudizio: ***
  • Genere: drammatico, thriller
  • Trama: Difficile narrare la trama di un film che, di fatto, trama non ne ha, ma procede piuttosto scucito, volutamente frammentario, alternando il registro del reale con l’immaginario, del sogno con la coscienza, dell’oggi con l’incombere della memoria. Protagoniste un gruppo di giovani donne al cui centro è la chirurga Celina che, in preda a una profonda crisi esistenziale per cui abbandona ogni cosa (marito, lavoro, casa)  torna per alcuni giorni nella casa di campagna di una vecchia amica, che non vede da quando erano studentesse, piene di sogni e speranze. Si accorge subito che qualcosa che non va: sulla casa, ma già durante il viaggio in taxi, incombe un’atmosfera di mistero. Che ne è della giovane Paula, che vive con l’amica Delfina? Nella prima mezz’ora tutti la nominano, la evocano, strane figure femminili quali la mistica Nené, la disillusa Maria, lasciando presagire un destino di morte intorno a Paula. Scopriamo infatti che ha più volte tentato il suicidio, seguita da una clinica psichiatrica che non ne comprende la profonda sofferenza, ma scopriamo anche che il mistero avvolge ognuna di queste donne, la stessa Celina che si sottrae ad ogni domanda sul matrimonio e su di sé. Ad accomunarle è l’idea fissa della Morte, cercata, corteggiata, evocata nel canto comune “verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, una sorta di rituale recitato come una preghiera. L’arrivo del marito che viene a cercarla, diversamente da quanto lo spettatore si aspetta, non sembra dipanare più di tanto il dubbio e il mistero….
  • Andare o non andare a vederlo?: Film intrigante, interessante nella scelta di una cifra che resta in bilico tra reale e immaginario, sogno e veglia, senza sposare troppo la suspence del classico giallo, né appiattirsi in vuoti simbolismi (cui si presterebbero le immagini ricorrenti di sogni e incubi con cavalli, piscine, un uomo in smoking…). L’attenzione resta sospesa, insatura…forse troppo, se dobbiamo – a mio avviso – cercare un limite in questo film. Andare comunque a vederlo come tentativo di esplorare il mondo femminile attraverso non il canone usurato della ‘crisi’, che resta ovviamente tema di sfondo, ma piuttosto la centralità del mondo interno, della vita psichica come “casa da cui non si esce, che non si lascia”, come recita una delle frasi centrali, a mio parere, del film.
  • La versione di uno psicoanalista: E’ di conseguenza proprio quella poc’anzi citata: non si fugge da se stessi, la nostra mente è una “casa” che, nonostante ogni tentativo (il facile ricorso alle droghe che las chicas fanno, gli stessi tentativi di suicidio quasi compulsivi), ci rincorre ovunque e dalla quale tuttavia, come sempre recita uno dei pochi personaggi maschili, occorre sapersi allontanare. Ambiguità, difficoltà irriducibile del vivere: come non poter fuggire da qualcosa che pure dobbiamo in parte saper lasciare? Ecco che il regista, anche sceneggiatore, sceglie la chiave per noi interessante dell’onirico, della coscienza alterata (non dalla malattia psichiatrica come dicono i clinici, ma dalla condizione umana in quanto tale) per cui i registri del comune sentire, la logica dei fatti e la consequenzialità degli eventi vengono a perdere tutto il loro significato. Ricordandomi una pellicola quale il bel “La doppia ora”, dell’italiano Capotondi, anche “Algunas chicas” è profondamente psicoanalitico nel senso più bioniano (mi si passi il termine) possibile: chi ha detto che la Veglia ha più ragione del Sogno, che la coscienza si riduce a quell’area ristretta di cui siamo consapevoli, che non possiamo essere sognati dall’inconscio di un altro, come avviene alla piccola Nenè che ‘sogna ciò che è successo a Paula’? La stessa ricerca della morte, assume qui non tanto il significato di fine della vita quanto quello di vita “altra”, esperienza differente, ma che ci appartiene in quanto esseri umani, non eliminabile dalla logica. Essa accompagna il viaggio di Celina dalla prima scena in cui sale sul taxi, e lo spettatore con lei, costretto a vedere confusamente il mondo attraverso i suoi occhi….

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

11^edizione di “Cinema e Psiche. La figlia” Cesena, 2-9-16-23 ottobre. Report di M. Montemurro

Leggi tutto

Dall'80° Festival del Cinema di Venezia: le Recensioni

Leggi tutto