Cultura e Società

Desdé Allá (From Afar, Da lontano)

11/09/15

Desdé Allá (From Afar, Da lontano)

Lorenzo Vigas, Venezuela, Messico, 93′

In concorso

Commento di Elisabetta Marchiori

Un esordio sorprendente quello del venezuelano Lorenzo Vigas, un’opera prima originale, forte, che si addentra in campi  “minati”, su cui è difficile non esplodere, con stile e ritmo. Dopo tante incursioni nella terra madre, qui siamo nel territorio del Padre, della sua assenza, della sua violenza. In un universo tutto maschile, dove è la madre a essere ‘evaporata. 

Il registro prevalente è quello della perversione.

Applauditissimi in sala il regista e gli straordinari interpreti, Alfredo Castro (Armando) e il giovane Luis Silva (Elder).  Armando è un signore di mezza età, dall’aspetto innocuo, proprietario di un laboratorio di protesi dentarie, che adesca ragazzi e li paga profumatamente per portarli a casa sua e guardarli “da lontano”. Da lontano spia anche un anziano signore, il padre, da cui si intuisce sia stato traumatizzato. L’incontro-scontro con Elder, un teppistello che lavora in una officina e non accetta subito le sue richieste, cambierà l’esistenza di entrambi.

In un crescendo di tensione, fatta di avvicinamenti e allontanamenti, di sguardi e gesti d’intesa o rifiuto, che non hanno bisogno di spiegazioni, il film racconta la storia di “un’adozione impossibile”, in contrappunto con quella che invece riesce a realizzare la sorella di Armando. Lei riesce in qualche modo a lasciarsi alle spalle un passato che il fratello non può dimenticare, ma è giusto un’apparizione, come lo sono le madri dei protagonisti.

La violenza e il trauma, incompatibili con la tenerezza e la possibilità di entrare in autentica relazione con l’altro, non sono mai esposte, ma se ne vedono le terribili conseguenze, fisiche e psichiche. La città di Caracas, con la sua confusione, in cui i protagonisti si perdono e si ritrovano, si alterna, come ambientazione, alla casa tranquilla, ordinata e silenziosa di Armando. La pacatezza e il controllo di quest’ultimo si contrappongono all’impulsività, alla incapacità di difendersi  di Elder.

Nel mostrare questo e far intuire molto altro, il regista riesce a non essere mai eccessivo, ridondante, moralista o retorico. Lavorando per “via di levare” è essenziale e arriva in profondità (a parte, forse, qualche elemento simbolico in eccesso).

Un film così intenso e imprevedibile che necessita, per me, di un tempo di elaborazione maggiore per aggiungere altro. Ci sono questioni che le immagini riescono a toccare e dire molto prima e meglio delle parole.

10 settembre 2015

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

11^edizione di “Cinema e Psiche. La figlia” Cesena, 2-9-16-23 ottobre. Report di M. Montemurro

Leggi tutto

Dall'80° Festival del Cinema di Venezia: le Recensioni

Leggi tutto