Cultura e Società

Django. Unchained

31/01/13

Titolo: Django Unchained

Dati sul film: di Quentin Tarantino, 2012, USA, 165 min. 

Trailer:  

Giudizio: 5/5 ***** 

Genere: western/allegorico 

Recensione: Django è per definizione “un” film western. Lo è per il film girato da Sergio Corbucci nel 1966. Il nome è stato poi utilizzato in numerose pellicole successive. In questa occasione, per molti aspetti un omaggio a Corbucci, è anche un pretesto per raccontare la stagione della schiavitù negli Stati Uniti del Sud alla vigilia della Guerra Civile. Nel consueto scenario immaginario dei film di Quentin Tarantino (preparatevi…il sangue torna a scorrere come ai tempi di Pulp Fiction…), tra una storia di “ordinaria giustizia”, una di “civiltà” e una d’amore, si entra a contatto con il genere western con il quale viene rivisitato un pezzo di storia americana.

 

Perché andare o meno a vedere il film: per verificare come il cinema sia sempre lo strumento per eccellenza che ci permette di sognare (una storia improbabile), immaginare (una miriade di strumenti cinematografici messi in campo), vedere (una meravigliosa fotografia), ascoltare (una colonna sonora sorprendente, nostalgica, varia e poliedrica), divertirsi (c’è una deliziosa ironia), spaventarsi (in almeno tre momenti vi verrà voglia di uscire dalla sala…), passare il tempo (non ci si annoia), stupirsi e sentirsi ignoranti (vedi le curiosità…).

 

La versione dello psicoanalista: forse non è originale come ipotesi, ma ho pensato che il film sia una sorta di rivisitazione in chiave moderna dei film di Walt Disney. In una classica battaglia tra il bene e il male, l’inizio è divertente e sorprendente, in mezzo c’è il dramma e alla fine un happy end…con qualche perdita. Siamo a confronto con la natura del male, quindi, e con i sentimenti più disumani e brutali che possano accompagnare il comportamento degli esseri umani. Per fare ciò, in una sorta di percorso di espiazione e di liberazione, verremo accompagnati attraverso la finzione (un dentista cacciatore di taglie), il mascheramento (ricercati che si riciclano persino come sceriffi), la legge del più forte, la brutalità e lo spirito di sopravvivenza. In realtà mi sembra che il passaggio necessario e possibile sia quello che compie Django il quale, per diventare credibile agli occhi dei negrieri, deve apparire ancora più spietato e incarnato nel male degli stessi padroni bianchi. Tanto è vero che un passaggio del film (che non svelo per rispetto di chi dove ancora vederlo…) ci fa capire come solo chi è stato dall’altra parte può comprendere e svelare il sotterfugio sottostante il trucco narrativo. La vendetta, evidentemente momento necessario e catartico per Tarantino, per essere tale deve accompagnarsi allo scempio dei corpi e allo scorrere di fiumi di sangue. Il film è, a mio avviso straordinario, ma davvero il genere umano non ha a disposizione altre risorse di elaborazione?

 

Curiosità:http://www.sorrisi.com/2013/01/23/django-unchained-le-risposte-a-tutte-le-vostre-domande-sul-nuovo-film-di-quentin-tarantino/

 

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