Cultura e Società

Giovane e bella

13/11/13

Dati sul film: regia di Fracois Ozon, Francia Belgio, 2013, 94′

Trailer:

Genere: drammatico

Trama.

Il film “Giovane e Bella” è l’ultima opera del regista francese Francois Ozon che, come nel precedente  “Nella casa”, di cui è protagonista il sedicenne Claude, ci fa entrare nelle perturbanti vicissitudini dell’adolescenza.  Questa volta è la diciassettenne Isabelle ad essere a seguita, al ritmo, anche musicale, delle quattro stagioni di un anno, cornice temporale che evoca la ripetitività di una storia  che ha l’ambizione di una metafora universale.

Durante l’estate conosciamo Isabelle, in vacanza con la sua famiglia (la madre, il fratello minore, suo confidente e complice, il patrigno), alle prese con la ricerca e la scoperta di un piacere sessuale distaccato dagli affetti e dai sentimenti che creano legami. La ritroviamo poi, rientrata nella quotidianità della sua vita parigina, vivere una doppia esistenza di studentessa imbronciata che, nel tempo libero, si prostituisce procurandosi gli appuntamenti attraverso un sito internet. Con inquietante indifferenza e assenza di emozioni e pensieri, si vende per denaro che non spende ma accumula, simbolo di un vuoto interiore che cerca invano di vitalizzare. Un imprevisto drammatico la smaschera: potrebbe essere un’occasione di cambiamento, Isabelle sarà in grado di coglierla?

Andare o non andare a vedere il film?

L’interesse del film è sostenuto dall’attualità di un tema, quello della prostituzione minorile, che ci interpella inesorabilmente, rendendo quasi cinica e provocatoria la definizione dell’adolescenza come ‘una bella età’, data da uno dei personaggi. Il  regista sembra volerci presentare la complessità della ricerca identitaria adolescenziale, in un mondo dove l’autorità genitoriale si è indebolita, le intimità familiari sono poco fruibili e i ragazzi rimangono soli, cercando tra di loro alleanze alternative al mondo virtuale della play-station o di internet. Gli adulti del film sono “normali” genitori della nostra società, di cui si evidenzia l’inconsistenza e povertà di pensiero;  incapaci di cogliere il pericolo da cui proteggere i figli, si dibattono nel vano tentativo di mantenere un rapporto a cui viene dedicato troppo poco spazio e tempo, nella prevalenza dell’agire sul sentire e pensare. Il preservativo lasciato in vista dalla madre di Isabelle, a suggerire ‘rapporti protetti’,  sostituisce il parlare e pensare insieme sui bisogni e sulle incertezze dei propri figli.

La versione dello psicoanalista

Isabelle ci appare difendersi dalla fatica del contatto con le emozioni facendo ripetute operazioni di scissione; sembra cercare eccitamenti nel piacere sessuale, nel gioco pericoloso del vendere il suo corpo a sconosciuti che la desiderano. Così cerca rispecchiamenti, frammenti di identità da integrare, significati da dare alla sua vita. Nei pochi momenti in cui sembra entrare in contatto con i suoi sentimenti, si commuove, mostra imbarazzo o paura, trova spazio una speranza di cambiamento per lei e nello spettatore, travolto, attraverso le immagini, da profondo sgomento e tristezza. Alcuni incontri sembrano segnare la sua storia, con persone che la fanno sentire importante (l’amante anziano), che contengono le sue parti distruttive (lo psicoterapeuta), che le comprendono (la moglie dell’amante anziano) sollevandola dalla colpa per ricondurla alla responsabilità che ha di sé. Quell’Isabelle  sdoppiata che si guarda smarrita nel suo primo rapporto sessuale senza trovare un sentire corrispondente, nella scena finale si ritrova invece allo specchio, in una nuova consapevolezza di sé che non sappiamo dove la porterà: il finale aperto lascia lo spettatore libero di gestire il turbamento che questo film ha generato. E in questo ha un ruolo significativo la scelta del lasciare le cause dei fenomeni poco (forse troppo poco) esplicitate.

Novembre 2013

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